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Autore: Bryluen    05/10/2007    5 recensioni
Nulla può fermare il tempo e niente impedisce lo scorrerere dei pensieri, quando in sottofondo c'è solo la solitudine.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dante
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho gli occhi persi nel vuoto, nel nero di un televisore spento, la spina dello stereo abbandonata sul pavimento sembra un serpente morto in un deserto mai esplorato, penso con un sorriso privo di allegria. Sposto il mio sguardo dallo schermo nero al pavimento, le piastrelle rosso cupo sono coperte di polvere, minuscoli granelli caduti inesorabilmente uno dopo l'altro come i minuti di un giorno, di mesi, di una vita. No, non sono mai stato bravo nelle pulizie. Sospiro senza voglia di fare altro. Il corpo abbandonato sul divano in una posa scomposta, i vestiti maltrattati, le pistole legate ancora ai fianchi.
Che strana cosa il silenzio, alcuni pensano che rappresenti l'assenza di rumore, che grandissimi imbecilli! Io lo sento il silenzio: le sue urla in un giorno soleggiato, la sua musica dolente in un tramonto infuocato, proprio come adesso. C'è silenzio, ma io sento quelle note, di un antica canzone, gravi ed echeggianti come di un pianoforte nascosto. Forse sono io a nasconderlo dentro di me. Il silenzio è la voce della solitudine e la solitudine è la donna che mi tiene tra le proprie braccia seducenti, che mi guarda, con quegli occhi carichi di oblio. Mi ci sono abbandonato,soltanto oggi, almeno oggi.

Chiudo gli occhi ma continuo a vedere: ci sono mostri che mi  attaccano, vedo i loro occhi di brace i loro artigli letali come pugnali intrisi di veleno. E' stato così facile ucciderli, annientarli sotto l'impeto di un energia cieca o di una muta indifferenza. E' stato ieri, o forse stamattina, o forse ogni giorno da qualche anno a questa parte. Allungo le mani a toccarmi le gambe, tento di rilassarmi con la testa ancora reclinata, sento Ebony ed Ivory, fredde al tocco, eppure loro custodiscono il calore della vita, della mia salvezza e dalla fine degli esseri a cui hanno rubato l'esistenza. Demoni, così orribili, inaccettabili...mio padre era uno di loro, più di loro, ed io?  Così diverso, anche se celo  la paura di scoprire, un giorno, in me stesso quella metà marcia del mio cuore.No, non è possibile, ho già fatto in modo di ucciderla da tempo, di soffocarla una volta per l'eternità, fino a che in me ci sarà sangue, fino a che il sole avrà luce. Ma tu invece?

Respiro, la mia cassa toracica si alza e lentamente si abbassa, non ho bisogno di aprire gli occhi per sapere che di fronte a me il cielo è purpureo, e quelle nubi, così scure, sembrano ambasciatrici di morte. Forse questa sera ci sarà lavoro per me. Ero davanti a questa stessa finestra, neanche venti quattro ore fa. C'era la luna, io ero in piedi, svegliato dal mio inconscio.
Stanotte ho fatto un sogno. Camminavo per un lungo corridoio, sembrava uno di quei palazzi eleganti che piaceva tanto visitare a mia madre, e quella galleria con il pavimento marmoreo, le pareti bianche ed il soffito d'oro, tutto inondato di luce. La parete est era occupata da grandi balconi, uno dopo l'altro, ma non davano su un giardino, non davano su niente, credo. C'era solo la luce che entrava accecante ferendomi gli occhi. Aprii una porta davanti a me, c'era un altro corridodio uguale al primo, "non voglio entrare" pensai, ma i miei piedi si mossero, come se varcare quella soglia facesse parte di un destino ineluttabile. Diventai bambino, vidi molti volti accanto a me, persone che non ci sono più , ma li osservavo soltanto senza capire. Poi riuscii ad articolare qualche pensiero, ero felice guardando mia madre che sorrideva, mio fratello che mi invitava a giocare con lui, era  piccolo. Mi resi conto che ero piccolo anche io, ma io caminavo, e ad ogni passo crescevo un poco di più.
Un raggio di sole mi colpì in viso, come se mi fosse entrato nel cervello ricordai che quelle persone che vedevo non c'erano più, morte o abbandonate da chissà quanto. Provai il bisogno feroce, irrazionale, di ritrovarle, stringerle fino a farmele entrare in corpo, per non perderle: per cambiare le cose. Mamma ricordo la tua tomba, è in marmo bianco come questo pavimento, non posso più fare nulla per te, ti lascio la mano che stringevo nella mia, quel tocco dolce come un ultima carezza.

Con te invece è diverso, è sempre stato diverso. Che strana parola che ho scelto, forse l'unica che, guardandoci, non si può usare. Siamo gemelli. Guardarti è come vedere me stesso senza aver bisogno di uno specchio. Il tuo corpo non è coperto di terra, il tuo cuore non è fermo, nè corroso, o forse corroso si. Tu semplicemente non ci sei. Finito chissà dove nell'altro mondo. Tu hai scelto da che parte stare, e quella non è la mia posizione. Tu mi stai di fronte come allora, ma adesso sei un nemico. Nel sogno mi dibatto, cercando di sottrarmi alla sorte, come un naufrago in balia di un onda che sarà la sua fine. So che se ti lascio andare, non ti riavrò più, che sarò solo. Ma i miei piedi come giudici arbitrari continuano ad avanzare. Grido silente, muto dolore. Mi volto, ma continuo a camminare, è strano andare avanti guardando indietro! E' quello che sto facendo ora. Tento di raggiungerti, lottando contro ogni legge divina o naturale, contro ogni ordine costituito. Ti vedo, ti guardo ma quando allungo una mano per afferrarti e aggrapparmi a te, la mia mano si ferisce contro un muro di piombo trasparente, nulla neanche una bomba atomica potrebbe rompere questa beffarda parete. Niente può ingannare il tempo che passa. Io cammino ancora andando non so dove, e tu nel mio passato e contemporaneamente da solo in un altra galleria come questa, lontana da me. Distante dalla mia vita è la tua presenza.

Apro gli occhi all'improvviso, la stanza è più buia di quanto la ricordassi, è calata la notte. Il bicchiere pieno di vino rosso è sempre lì. Osservo quel liquido, ha il colore del sangue: potrebbe essere la nostra storia fratello. Dividiamo lo stesso sangue, ci battiamo per conquistare il nostro respiro, per poi privarne l'altro. Una fitta, ma non è vero dolore, solo una proiezione della memoria. Posso vedere la tua mano  impugnare la spada che mi trapassa il cuore, che mi taglia il fiato. Ma non mi uccidi, io sono in vita perchè sono come te, perchè noi non siamo come gli altri: per questo ci fronteggiamo, per questo non siamo uniti ,perchè noi siamo uguali a noi stessi e diversi dal resto della gente. E tu li disprezzi. E io li amo.
E' finita quel giorno di pioggia sulla Temen Ni Gru, sapevo di doverti uccidere, ma ho tentato di salvarti. Come in quel sogno che dovevo ancora fare, ho tentato di strigerti la mano e tratterti, di evitare la perdita, ma tu non hai voluto, mi hai ferito, la tua ultima azione nei miei confronti: la lama della tua spada lambisce la mia mano tesa. E sei precipitato. Nel vuoto. Al di là... Ricordo che guardai la mia mano destra, ancora sangue per me.

Bevo quel vino rosso tutto d'un fiato. Rimetto il bicchiere sul tavolo, e lo sfioro. ancora liscio, nonostante tutto. Simbolo di quell'ultimo gesto. Il guanto tagliato dalla tua spada Vergil. Se chiudo gli occhi ti vedo, bambino, sorridere: perchè il tempo non si è fermato in quel momento?




Eccovi la mia prima one-shot su Devil May Cry, (le altre due sono originali horror ^^). Spero davvero che vi piaccia, perchè mi sono resa conto che in Doppia Coppia non emergo al massimo, mentre in questa storia sono riuscita a tirare fuori il mio vero stile....signore e signori eccovi la vera Bryluen!


          
  
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