Ho gli occhi persi nel vuoto, nel nero di un televisore
spento, la
spina dello stereo abbandonata sul pavimento sembra un
serpente
morto in un deserto mai esplorato, penso con un sorriso privo di
allegria. Sposto il mio sguardo dallo schermo nero al pavimento, le
piastrelle rosso cupo sono coperte di polvere, minuscoli granelli
caduti inesorabilmente uno dopo l'altro come i minuti di un giorno, di
mesi, di una vita. No, non sono mai stato bravo nelle pulizie. Sospiro
senza voglia di fare altro. Il corpo abbandonato sul divano in una posa
scomposta, i vestiti maltrattati, le pistole legate ancora ai fianchi.
Che strana cosa il silenzio, alcuni pensano che rappresenti l'assenza
di rumore, che grandissimi imbecilli! Io lo sento il silenzio: le sue
urla in un giorno soleggiato, la sua musica dolente in un tramonto
infuocato, proprio come adesso. C'è silenzio, ma io sento
quelle note,
di un antica canzone, gravi ed echeggianti come di un pianoforte
nascosto. Forse sono io a nasconderlo dentro di me. Il silenzio
è la voce della solitudine e la solitudine è la
donna che
mi tiene tra le proprie braccia seducenti, che mi guarda, con quegli
occhi carichi di oblio. Mi ci sono abbandonato,soltanto oggi, almeno
oggi.
Chiudo gli occhi ma continuo a vedere: ci sono mostri che mi
attaccano, vedo i loro occhi di brace i loro artigli letali
come
pugnali intrisi di veleno. E' stato così facile ucciderli,
annientarli sotto l'impeto di un energia cieca o di una muta
indifferenza. E' stato ieri, o forse stamattina, o forse ogni giorno da
qualche anno a questa parte. Allungo le mani a toccarmi le gambe, tento
di rilassarmi con la testa ancora reclinata, sento Ebony ed
Ivory, fredde al tocco, eppure loro custodiscono il calore della vita,
della mia salvezza e dalla fine degli esseri a cui hanno rubato
l'esistenza. Demoni, così orribili, inaccettabili...mio
padre
era uno di loro, più di loro, ed io?
Così diverso,
anche se celo la paura di scoprire, un giorno, in me stesso
quella metà marcia del mio cuore.No, non è
possibile, ho
già fatto in modo di ucciderla da tempo, di soffocarla una
volta
per l'eternità, fino a che in me ci sarà sangue,
fino a
che il sole avrà luce. Ma tu invece?
Respiro, la mia cassa toracica si alza e lentamente si abbassa, non ho
bisogno di aprire gli occhi per sapere che di fronte a me il cielo
è purpureo, e quelle nubi, così scure, sembrano
ambasciatrici di morte. Forse questa sera ci sarà lavoro per
me. Ero davanti a questa stessa finestra, neanche venti quattro ore fa.
C'era la luna, io ero in piedi, svegliato dal mio inconscio.
Stanotte ho fatto un sogno. Camminavo per un lungo corridoio,
sembrava uno di quei palazzi eleganti che piaceva tanto
visitare a
mia madre, e quella galleria con il pavimento marmoreo, le pareti
bianche ed il soffito d'oro, tutto inondato di luce. La parete est era
occupata da grandi balconi, uno dopo l'altro, ma non davano su un
giardino, non davano su niente, credo. C'era solo la luce che entrava
accecante ferendomi gli occhi. Aprii una porta davanti a me,
c'era un altro corridodio uguale al primo, "non voglio entrare" pensai,
ma i miei piedi si mossero, come se varcare quella soglia facesse parte
di un destino ineluttabile. Diventai bambino, vidi molti volti accanto
a
me, persone che non ci sono più , ma li osservavo
soltanto senza capire. Poi riuscii ad articolare qualche pensiero, ero
felice guardando mia madre che sorrideva, mio fratello che mi invitava
a giocare con lui, era piccolo. Mi resi conto che ero piccolo
anche io, ma io caminavo, e ad ogni passo crescevo un poco di
più.
Un raggio di sole mi colpì in viso, come se mi fosse entrato
nel
cervello ricordai che quelle persone che vedevo non c'erano
più,
morte o abbandonate da chissà quanto. Provai il bisogno
feroce,
irrazionale, di ritrovarle, stringerle fino a farmele entrare in corpo,
per non perderle: per cambiare le cose. Mamma ricordo la tua tomba,
è in marmo bianco come questo pavimento, non posso
più
fare nulla per te, ti lascio la mano che stringevo nella mia, quel
tocco dolce come un ultima carezza.
Con te invece è diverso, è sempre stato diverso.
Che
strana parola che ho scelto, forse l'unica che, guardandoci, non si
può usare. Siamo gemelli. Guardarti è come vedere
me stesso senza aver
bisogno di uno specchio. Il tuo corpo non è coperto di
terra, il
tuo cuore non è fermo, nè corroso, o forse
corroso si. Tu
semplicemente non ci sei. Finito chissà dove nell'altro
mondo.
Tu hai scelto da che parte stare, e quella non è la mia
posizione. Tu mi stai di fronte come allora, ma adesso sei un nemico.
Nel sogno mi dibatto, cercando di sottrarmi alla sorte, come un
naufrago in balia di un onda che sarà la sua fine. So che se
ti
lascio andare, non ti riavrò più, che
sarò solo.
Ma i miei piedi come giudici arbitrari continuano ad avanzare. Grido
silente, muto dolore. Mi volto, ma continuo a camminare, è
strano andare avanti guardando indietro! E' quello che sto facendo ora.
Tento di raggiungerti, lottando contro ogni legge divina o naturale,
contro ogni ordine costituito. Ti vedo, ti guardo ma quando allungo una
mano per afferrarti e aggrapparmi a te, la mia mano si ferisce contro
un
muro di piombo trasparente, nulla neanche una bomba atomica potrebbe
rompere questa beffarda parete. Niente può ingannare il
tempo che
passa. Io cammino ancora andando non so dove, e tu nel mio passato e
contemporaneamente da solo in un altra galleria come questa, lontana da
me. Distante dalla mia vita è la tua presenza.
Apro gli occhi all'improvviso, la stanza è più
buia di
quanto la ricordassi, è calata la notte. Il bicchiere pieno
di
vino rosso è sempre lì. Osservo quel liquido, ha
il
colore del sangue: potrebbe essere la nostra storia fratello. Dividiamo
lo stesso sangue, ci battiamo per conquistare il nostro respiro, per
poi privarne l'altro. Una fitta, ma non è vero dolore, solo
una
proiezione della memoria. Posso vedere la tua mano impugnare
la
spada che mi trapassa il cuore, che mi taglia il fiato. Ma non mi
uccidi, io sono in vita perchè sono come te,
perchè noi
non siamo come gli altri: per questo ci fronteggiamo, per questo non
siamo uniti ,perchè noi siamo uguali a noi stessi e diversi
dal
resto della gente. E tu li disprezzi. E io li amo.
E' finita quel giorno di pioggia sulla Temen Ni Gru, sapevo di doverti
uccidere, ma ho tentato di salvarti. Come in quel sogno che dovevo
ancora fare, ho tentato di strigerti la mano e tratterti, di evitare
la perdita, ma tu non hai voluto, mi hai ferito, la tua ultima azione
nei miei confronti: la lama della tua spada lambisce la mia mano tesa.
E sei
precipitato. Nel vuoto. Al di là... Ricordo che guardai la
mia mano destra, ancora
sangue per me.
Bevo quel vino rosso tutto d'un fiato. Rimetto il bicchiere sul tavolo,
e lo
sfioro. ancora liscio, nonostante tutto. Simbolo di quell'ultimo gesto.
Il guanto tagliato dalla tua spada
Vergil. Se chiudo gli occhi ti vedo, bambino, sorridere:
perchè
il tempo non si è fermato in quel momento?
Eccovi la mia prima one-shot su Devil May Cry, (le altre due sono
originali horror ^^). Spero davvero che vi piaccia, perchè
mi sono resa conto che in Doppia Coppia non emergo al massimo, mentre in
questa storia sono riuscita a tirare fuori il mio vero stile....signore
e signori eccovi la vera Bryluen!