Storie originali > Comico
Ricorda la storia  |      
Autore: Lady Five    20/03/2013    3 recensioni
“Beh, signora, se non è suo non è obbligata a tenerlo - disse il maresciallo - Visto che non ha tatuaggi né targhette di riconoscimento, lo porteremo in un gattile o qualcosa del genere…”
A quelle parole il gatto smise all’istante di fare le fusa, guardò il maresciallo con i suoi tondi occhi gialli e arruffò il pelo soffiando. Poi mi rivolse uno sguardo supplichevole e cominciò a miagolare penosamente, come se piangesse.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ROMEO

Una sera mio marito non tornò a casa dal lavoro. Di solito, quando ritardava, anche soltanto di mezz’ora, avvisava sempre, ma quella volta non si fece vivo. Il cellulare squillava a vuoto e in ufficio un suo collega mi disse che era uscito alla solita ora. Cominciai a preoccuparmi sul serio. Feci qualche telefonata ad amici e parenti, se per caso qualcuno lo aveva sentito, ma nessuno ne sapeva nulla. Alla fine andai dai carabinieri e ne denunciai la scomparsa. A parte sorbirmi il solito scetticismo, un po’ irritante, con cui in prima battuta vengono sempre accolte questo genere di denunce (sottinteso “suo marito si sarà preso una serata libera per spassarsela, ma poi vedrà che tornerà da lei”), constatai che non potevo fare altro e me ne tornai a casa, disponendomi a una angosciosa attesa. Mio marito non era tipo da “spassarsela” in giro e in ogni caso piuttosto si sarebbe inventato uno scusa, pur di non farmi preoccupare. Era sicuramente successo qualcosa.Non dovetti attendere a lungo. Il giorno dopo fui convocata dai carabinieri. Mi feci forza e andai con il cuore in gola.
“Abbiamo trovato l’auto di suo marito” mi disse uno appena mi fui seduta.
“E…?”
“No, solo l’auto, in perfette condizioni, in una stradina secondaria lungo l’itinerario che lui fa di solito tra casa e ufficio. Però ci sono alcune cose strane.”
“Cioè?”
“La macchina era chiusa, nessun segno di scasso o manomissione. Dentro c’erano cellulare, portafoglio, con soldi e documenti intatti, e… i suoi vestiti.”
“I vestiti? Intende dire la giacca?”
“No, tutti i vestiti, compresa… la biancheria. Erano sul sedile del guidatore, un po’ alla rinfusa.”
Ero senza parole.
“E questo che cosa può significare?” balbettai, incapace di formulare un pensiero di qualunque tipo.
“A dire la verità, signora, al momento non abbiamo elementi per formulare delle ipotesi. Certo, così combinato, suo marito non sarà andato lontano, quindi concentreremo le ricerche in quella zona, cercheremo dei testimoni…”
Mio marito non era evidentemente stato vittima di una rapina. E mi riusciva difficile pensarlo rapito da un maniaco. Forse qualcuno gli aveva portato degli altri vestiti… o li aveva già con sé. Ma questo significava una sola cosa: aveva voluto sparire, come i mariti dei film, e senza uscire a comprare le sigarette!
Lo dissi al maresciallo, che allargò le braccia, come a dire “se non lo sa lei…” Certo, perché le altre lo sanno, quando i marito vogliono scomparire!
“Cercheremo delle impronte, insomma, da parte nostra seguiremo tutte le procedure del caso, senza lasciare nulla di intentato, non si preoccupi. Ah, intanto le abbiamo riportato il gatto. Appuntato!”
“Gatto? Quale gatto? Noi non abbiamo nessun gatto!”
“Ah no? E quello allora?”
L’appuntato entrò tenendo in braccio un enorme gatto nero con gli occhi gialli, il quale, appena mi vide, emise un lungo miagolio di soddisfazione e mi saltò in braccio. Ero sempre più trasecolata
“E’ sicura che non sia suo? Perché lui sembrerebbe conoscerla molto bene.”
“Ma... dove l’avete trovato?”
“Mi sono dimenticata di dirlo: era nella macchina di suo marito e non abbiamo assolutamente capito come abbia fatto a entrare, visto che le portiere e i finestrini, come le dicevo, erano chiusi. Forse suo marito voleva farle una sorpresa.”
Guardai il felino, che intanto si era messo a fare le fusa. Era un gatto piuttosto pasciuto, con una testa tonda, pelo corto e ben curato, lunga coda pelosa. Non sembrava proprio un randagio. Notai che aveva un’aria vagamente familiare, che non avrei saputo definire né spiegare. Ma attribuii questa sensazione assurda allo stress emotivo.
“Beh, signora, se non è suo non è obbligata a tenerlo - disse il maresciallo - Visto che non ha tatuaggi né targhette di riconoscimento, lo porteremo in un gattile o qualcosa del genere…”
A quelle parole il gatto smise all’istante di fare le fusa, guardò il maresciallo con i suoi tondi occhi gialli e arruffò il pelo soffiando. Poi mi rivolse uno sguardo supplichevole e cominciò a miagolare penosamente, come se piangesse. Io non avevo molta voglia di accollarmi un animale, ma pensai che con tutta probabilità eravamo entrambi rimasti soli al mondo, quindi forse valeva la pena unire i nostri destini. Almeno per il momento.
“No no, lo porto con me. Beh, mi tenga informata sugli sviluppi, la prego.”
“Ma naturalmente, signora. E se a lei viene in mente qualcosa di utile, qualunque cosa, ce lo faccia sapere.”

Lasciai la caserma con il gatto tra le braccia, che strofinava il muso contro il mio collo. Non avevo mai conosciuto un micio così socievole e affettuoso con una sconosciuta. Lo portai a casa e lui non ebbe alcun problema ad ambientarsi. Anzi, sembrava che conoscesse benissimo l’appartamento. Mi procurai il cibo, la sabbietta, un trasportino e un bel cestino imbottito per dormire. Che lui però non degnò della minima considerazione. Fin dalla prima sera, pretese di dormire nel letto con me, acciambellato sul lato dove dorme (dovrei dire dormiva?) solitamente mio marito. Se tentavo di chiuderlo fuori dalla stanza, lui continuava a miagolare disperato e a grattare la porta finché, esasperata, non gli aprivo. Forse non era stata una buona idea portarlo con me. Forse avrei potuto trovargli una persona più disponibile che lo adottasse. Avevo giusto una collega fanatica… Così, prima di affezionarmici troppo, gliene parlai e la invitai a casa mia per conoscerlo. Non l’avessi mai fatto! Il gatto, che solitamente era tranquillo, fece il diavolo a quattro: graffiò subito la mia collega che tentava di accarezzarlo, arruffò il pelo soffiando come una belva inferocita, infine distrusse un cuscino del salotto, strappò il tappeto, si rifugiò sotto il divano e non si fece più vedere. Risultato: la mia collega cambiò idea immediatamente e mi commiserò per essermi presa in casa una bestia così intrattabile. Quando lei se ne fu andata, il felino uscì dal suo nascondiglio e si strofinò contro le mie gambe miagolando beato. A quel punto lo battezzai Romeo e lasciai perdere le mie idee di adozione.

Intanto di mio marito non si trovava traccia. Ma proprio nulla. Nell’auto c’erano solo le sue impronte. Da nessuna parte nei dintorni si rinvennero segni di lotta. Non furono scoperti cadaveri non identificati. Insomma, sembrava proprio che avesse deciso di sparire di sua volontà e avesse organizzato la cosa per bene, in modo da non farsi trovare in alcun modo. Il nostro conto in banca, però, era intatto e questo è strano: nessuno può cambiare vita senza soldi. Forse lui aveva una doppia vita sconosciuta a tutti. A un certo punto capii anche che io non ero proprio al di sopra di ogni sospetto, perché un giorno i carabinieri mi sottoposero a una sfilza di domande che aveva tutta l’aria di un interrogatorio. Ma poi lasciarono perdere: non c’era il movente. Non eravamo ricchi, nessuno ci aveva mai visto o sentito litigare, nessuno dei due aveva amanti noti all’altro. E come avrei potuto io da sola, che lavoro tra l’altro a 20 chilometri da lui, sbarazzarmi a quel modo di un uomo di 1 metro e 80 per 85 chili di peso?
Passata la paura di finire in prigione e lo sgomento della situazione, e quando cominciò a prendere corpo in modo consistente l’ipotesi della fuga, mi montò anche la rabbia. Ma che, si fa così? Si lascia una povera ragazza in questa situazione? Ho sempre pensato che, se mai io avessi fatto un gesto del genere, avrei comunque lasciato almeno un biglietto per rassicurare le persone che mi volevano bene. Lui, invece, ancora a distanza di settimane, niente, nemmeno una telefonata. E poi, se voleva il divorzio, non bastava dirlo? Ne avremmo almeno potuto parlare!

Intanto, in compenso, il mio menàge con Romeo andava a gonfie vele. Il felino si comportava esattamente come il padrone di casa. Alcuni suoi atteggiamenti erano però davvero inspiegabili: la sera si accoccolava sul divano, sul lato che preferiva mio marito, e non c’era modo di farlo spostare. Alla tv, prediligeva i programmi che amava mio marito, e se non lo assecondavo mi tormentava finché non cambiavo canale. Era poi davvero odioso se in casa venivano ospiti a lui non graditi: accettava i miei genitori, parenti vari e le amiche, mentre se per caso passava a trovarmi un amico maschio lo maltrattava senza nessun riguardo: graffiava, cercava di farlo inciampare infilandosi di soppiatto tra le sue gambe e una volta a uno fece addirittura la pipì sulla giacca incautamente appoggiata sul divano. Era quasi peggio che avere un marito geloso! A nulla servivano le sgridate e gli scappellotti. Con me, invece, era sempre affettuosissimo, anche troppo, per essere un gatto. Mi seguiva ovunque per casa, mi faceva le feste quando rientravo dal lavoro. Accettava di buon grado perfino di viaggiare, pur di stare con me, cosa che in genere i gatti non amano affatto. Ma le rare volte in cui lo lasciavo a casa da solo per qualche giorno, dando l’incarico a qualcuno di accudirlo, mi teneva il muso per 1 settimana almeno. Così mi organizzai in modo da portarlo sempre con me. Alla fine, mi convinsi che in qualche modo la bestiola mi fosse stata mandata per sentirmi meno sola.
Passarono i mesi, senza nessuna novità. Qualcuno mi convinse a lanciare un appello a una nota trasmissione televisiva: il succo era “non importa se vuoi rifarti una vita, ma fammi almeno sapere se sei vivo”. Ma senza alcun risultato.

Adesso, dopo 2 anni, gli amici cercano di convincere me, a rifarmi una vita. Che significa, per loro, trovarmi un nuovo compagno. Non capiscono che in fondo la mia vita non è così cambiata rispetto a prima. E poi, che cosa sono io: una vedova? Una separata? E a chi chiedo il divorzio? E soprattutto, come faccio con Romeo?

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: Lady Five