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Autore: Walpurgisnacht    29/03/2013    1 recensioni
Versione riveduta e corretta di Two-Part Secret Heart. Riciclo l'introduzione della versione grezza perché non c'ho la sbatta.
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Nerima è un paese diverso dopo Secrets. Incontrato gente, fatto cose, visto posti, rotto equilibri. Poi un ragazzotto con la bandana e il senso dell'orientamento di un opossum morto torna dopo un anno.
Avete preparato l'armatura per difendervi, vero?
[EIP fra _Mana e Kaos, seguito di Secrets of the Heart Split in Two]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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"Allora, non vuoi proprio dirmi com'è andato il tuo appuntamento con Ryoga?".
Ukyo sorrise maliziosa, assaporando un pezzo di okonomiyaki e lasciando che Akane si struggesse ancora un pochino in attesa di dettagli succosi.
Si stiracchiò, rilassandosi contro la ringhiera che delimitava il tetto della scuola.
"E' andato... alla grande!".
"E tu che ti preoccupavi tanto!" la provocò Akane, dandole una giocosa gomitata al fianco. "Racconta, su!".
Ukyo arrossì, lasciando che il suo sorriso si allargasse e che un vivace rosso le colorasse le guance.
"Beh, non c'è poi così tanto da dire" cinguettò, giocherellando con una ciocca di capelli "abbiamo parlato... tanto. Davvero tanto. Ci siamo raccontati un po' di cose per conoscerci meglio, sai com'è...".
"E poi...?".
"E poi... ci siamo accordati per un secondo appuntamento".
Akane proruppe in una moltitudine di versetti isterici, simili a squittii, seguita a ruota da Ukyo. Era un momento tra ragazze, con confidenze tra ragazze, di conseguenza doveva -e voleva- squittire come una ragazza... infatuata. Parlare d'amore era prematuro, ma che si fosse presa una bella sbandata per Ryoga Hibiki era sicurissima.
"Avete già deciso quando vedervi?".
Ukyo rise. Akane era decisamente su di giri, neanche stessero parlando di un appuntamento per lei. Questo le ricordò che aveva un piano da mettere in atto e un favore da fare a Ranma.
"Non ancora, in effetti. Quindi vedete di mettergli un guinzaglio bello lungo e legarlo a un palo nel giardino di casa Tendo, giusto per non perderlo di vista!".
"Sarà fatto!".
"Bene. Ora, signorina Tendo" disse Ukyo, con un tono più serio "veniamo a te".
"Uh?" chiese lei, sorpresa. Di cosa poteva volerle parlare? Davvero non lo capiva ed espresse questa incertezza guardandola con uno sguardo da baccalà.
"Akane, ieri sera ho visto Ranma...".
Oh. Ecco cos'era.
Nella stessa identica situazione la vecchia Akane Tendo, quella che non sarebbe mai stata disposta a confessare i suoi sentimenti, avrebbe cominciato a tramare vendetta tremenda vendetta nei confronti del ragazzo col codino. Sicuramente era stato lui a mandarla in avanscoperta per questa storia. Quella Akane, invece, accolse la notizia con neutralità. Sapeva di avere dei torti, dei grossi torti nella questione e pertanto non ci vide nulla di troppo sbagliato in un tentativo di mediazione da parte di un'amica comune.
"Hai visto Ranma. Come sta il suo naso?".
"Gonfio. Un giorno mi dovrai dare lezioni su come si picchiano i maschi. Credo ti si possa ufficiosamente considerare la campionessa regionale in materia".
Risero assieme della battuta, anche se ad Akane faceva un po' male.
"È stato un caso, comunque. Credo fosse sul tetto o qualcosa del genere quando ho riaccompagnato Ryoga a casa vostra e ci ha visti arrivare. Un bozzo simile non passa inosservato e non ho potuto fare a meno di impicciarmi. Inoltre non voglio che si crei una crepa fra di voi, non quando stavate raggiungendo un buon equilibrio e stavate imparando a smussare i vostri lati più... frenetici. Vedervi tornare come prima non è piacevole per me come spettatore esterno, quindi non voglio neanche immaginare come dev'essere per voi due".
"Già, ci hai azzeccato. Sono stata molto male per quel che è successo e la cosa che mi fa più imbufalire è che non sono riuscita nemmeno ad accettare le sue scuse. Ormai, salvo casi eccezionali come quello di ieri, non riesco a tenergli il muso per più di dieci minuti alla volta".
"Prova a raccontarmi per bene cosa hai provato".
"Semplice: rabbia. Di quella che brucia come lava di un vulcano. Anche in passato ero giunta raramente a un tale livello. Non era mia intenzione aggredirlo in quel modo, in nessuna delle due occasioni. Il mio corpo si è mosso da sé e ho finito per ricadere nelle vecchie abitudini, quando prima picchiavo e poi chiedevo spiegazioni. Pensavo... speravo che quei tempi fossero finiti. A quanto pare mi sbagliavo".
Ukyo provò pena per lei. Non le piaceva davvero vederla così sofferente. Anche prima che lei e Ranma ufficializzassero il loro rapporto l'aveva considerata un'amica. Magari non delle più vicine, per ovvie ragioni, ma avevano sempre avuto un buon rapporto. E ora che potevano considerarsi davvero amiche le dispiaceva tanto sapere che stava soffrendo, e tutto per una stupida incomprensione tra fidanzati.
Questa laurea in psicologia la pretendo sul serio, pensò ironicamente.
"Senti un po' " disse dopo un lungo silenzio "ho idea che tutto sia cominciato per quella stupida battuta di Ranma sul mio look per l'appuntamento. Sbaglio?".
Akane fece cenno di no con la testa, tenendo lo sguardo basso.
"Ma davvero tu credi che lui non ti trovi carina?".
"È quello che mi ha sempre detto" disse, un velo di amarezza quasi tangibile nella voce "e come biasimarlo... tutte le sue altre spasimanti erano più belle, formose e aggraziate di me. Io ero solo il maschiaccio che per una stupida promessa tra i nostri padri sarebbe stato costretto a sposare, un giorno".
Ukyo rimase in silenzio, incredula. Non pensava che la situazione fosse così seria per Akane.
"Sai quante volte ho provato invidia guardando te o Shan-Pu?" continuò Akane "Come dare torto a Ranma se preferiva la vostra compagnia a me?".
"Akane... ma tu ti rendi conto di cosa dici?" la interruppe Ukyo, basita da quanto stava sentendo "Hai idea di quante volte ho desiderato che Ranma guardasse me nello stesso modo in cui guarda te, quando non te ne accorgi?".
Prese le mani di Akane tra le sue e continuò, addolcendo il tono: "Ranma può blaterare quanto vuole dandoti del maschiaccio, ma quante volte ha messo in pericolo la sua vita per te? La verità è che ucciderebbe per difenderti da tutto e tutti. Se non è amore questo, come lo chiami?".
Akane la guardò trattenendo le lacrime.
"Razionalmente lo so" sussurrò, stringendo le mani dell'amica "ed è per questo che mi detesto... ma è inutile. Io non mi sentirò mai abbastanza per lui: mai abbastanza bella, abbastanza elegante, abbastanza gentile, abbastanza... tutto".
Ukyo fissò Akane impotente, chiedendosi cosa poteva fare per lei.
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Non molto lontano una figura le osservava. E origliava.
Si sentì un po' in colpa perché non voleva spiarle. Ma non riusciva ad attendere la fine delle lezioni per sentire quanto Ukyo aveva da dirgli. Si sarebbe scusato poi, quando l'avrebbe vista.
Ora era troppo impegnato ad ascoltare... e sentirsi un verme. Continuando a celare la sua presenza con l'Umisenken, Ranma lasciò il tetto e tornò in classe.
Si sedette al suo banco, pensieroso e disturbato. Sentire quel che aveva sentito lo aveva ferito. E non perché erano state dette delle cose brutte su di lui. Ma perché, forse per la prima volta in vita sua, aveva cominciato a capire quanto quelle prese in giro nei confronti di Akane avessero minato la stabilità emotiva di lei.
Ranma non era mai stato serio quando la chiamava "maschiaccio", "vita larga", "rozza" e via discorrendo. Oddio, c'era un buon fondo di verità ma non erano mai epiteti mirati a far male. Si era ritrovato a usarli senza neanche pensarci, quasi come un meccanismo di difesa per non mostrare il formicolio alle dita e la secchezza della gola che spesso e volentieri gli facevano visita quando aveva a che fare con lei. Per come era stato cresciuto, e per come era caratterialmente di suo, Ranma Saotome non riusciva a mostrarsi debole -un concetto tutto suo di debolezza, peraltro- e doveva sopperire alzando la cresta e sminuendo l'avversario. Senza rendersi conto che le ferite si accumulavano sulla pelle di lei, come dei piccoli tagli con la lametta che presi singolarmente non hanno nessuna conseguenza, ma se assommati diventano una cicatrice profonda.
Improvvisamente gli balenò in testa una frase di cui non si ricordava per nulla la provenienza: "le scuse sono le chiacchiere preferite dagli inetti". Si rivide mentre rideva della stupidità di quell'aforisma senza minimamente immaginarsi che, un giorno lontano, si sarebbe trovato con la melma fino alla vita.
Stupido Ranma. Stupido. Stupido. Stupido. Stupido.
Diede un paio di testate al banco che, non abituato a venire colpito da tanta selvaggia volontà autolesionista, si crepò. I pochi alunni presenti nell'aula si voltarono verso di lui, anche perché l'azione aveva provocato un discreto casino che non sarebbe passato inosservato facilmente.
"Ranma? Tutto ok?" gli chiese Hiroshi avvicinandosi a lui.
"No, non va bene. Ma grazie per la preoccupazione" gli rispose voltandosi nella sua direzione e sorridendogli, uno di quei sorrisi così carichi di tristezza da uccidere un rinoceronte.
"Ranma..." fu l'esclamazione di genuino sgomento di Daisuke, anche lui presente e anche lui non abituato a vedere il suo buzzurrissimo amico ridotto in quello stato pietoso.
In quel momento non poteva sopportare la presenza di nessuno. Si sentiva come un cucciolo circondato da un branco di lupi.
Trovò come unica soluzione quella di scappare via. Ma, in pieno stile Ranma, ignorò la banale porta e si tuffò fuori dalla finestra. Chiusa.
CRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAASH.
"R-Ranma!" gli urlarono dietro Hiroshi e Daisuke, guardandolo increduli saltare giù in cortile e fuggire via come una saetta.
"Mi dispiace, devo andare!" urlò, senza curarsi se la risposta fosse giunta o meno.
"Poteva usare la porta..." disse Hiroshi, incredulo.
"... o magari aprire la finestra" concluse Daisuke per lui, osservando il vetro distrutto.
Una voce alle loro spalle richiamò la loro attenzione. "Ragazzi, avete visto Ran... oh".
Ukyo non ebbe bisogno di una risposta, le condizioni della finestra parlavano chiaro.
"Codardo, non mi ha nemmeno aspettata per avere il resoconto!".
Poco più indietro Akane fissava i vetri rotti sul pavimento. Temeva così tanto la risposta di Ukyo?
Certo, avrebbe preferito parlargli di persona... ma in fondo era stata proprio lei a dirgli, la sera prima, che avrebbero parlato quando sarebbe stata in grado di gestire la sua rabbia. E poi, si disse, probabilmente voleva evitare un'altra gomitata al naso...
Ma d'altronde non poteva continuare a delegare i suoi problemi a Ukyo. Avrebbe dovuto affrontare Ranma, prima o poi, o non ne sarebbe uscita.
"A quanto pare quel cretino è scappato" la destò Ukyo dai suoi pensieri "ma non temere, non mi sfuggirà in eterno!”.
Akane sorrise, confortata dalla presenza di Ukyo e dal suo sostegno.
Quest’ultima la osservò in silenzio per un attimo, poi il suo viso si illuminò di uno strano sorriso che preoccupò Akane.
“Dimmi un po', signorina Tendo... hai da fare più tardi?”.
“Eh? No, non credo... perché?”.
“Che ne dici di un pomeriggio tra ragazze?”.

Di solito Ranma affrontava i problemi eliminandoli alla radice. Ma non potendo fisicamente distruggere il suo attuale problema -un po' perché di natura emotiva, un po’ perché non avrebbe mai torto un capello ad Akane- si limitò a sfogare la rabbia e la confusione che provava sui blocchi di cemento. Per fortuna casa Tendo era deserta a quell’ora e poteva sfruttare il dojo in santa pace.
Era ancora scombussolato per quanto aveva sentito, ma non aveva idea di come risolvere. Come sempre i sentimenti erano l’avversario più difficile da battere, e lui si ritrovava senza difese e senza strategie per affrontarli.
“Nervoso per qualcosa, Ranma?”.
Si voltò verso la voce. Appoggiato allo stipite della porta, Ryoga lo osservava con uno sguardo curioso, in parte consapevole dei tormenti che affliggevano l’eterno rivale.
“Vuoi parlare?”.
“Preferisco combattere”.
Ryoga fece spallucce. “Per me va bene, è pur sempre un modo per sfogarsi”.
"Mi dai una gran bella notizia. Finalmente qualcosa di più duro di 'sti blocchetti di cartapesta da rompere".
"Ranma, ti ricordo che sono stato via più di un anno. Non hai idea di quali fantastiche tecniche sono entrato in possesso".
"Feh. Ciancia di meno e muovi di più quelle zampette rachitiche, P-chan".
"Ooooooh. Poi non dire che non ti avevo avvertito".
-
Ranma si lasciò cadere per terra e sorrise, pur ansimando molto. Ryoga gli aveva dato un gran filo da torcere e dovette ammettere con se stesso che era stato un sostanziale pareggio. Inoltre, c'era da dargli credito, aveva accuratamente evitato di prendere di mira il suo naso. Che si stesse dimenticando di tutte le volte che urlava "Ranma, ti ammazzo!"?
"Cavolo maialino *anf*, sei migliorato parecchio *anf* dall'ultima volta".
"Lo stesso *anf* vale per te, travestito *anf*".
Non c'era alcun intento offensivo in quegli epiteti. I due erano decisamente più sul piatto amici che su quello nemici della bilancia che sosteneva il loro annoso, complicato rapporto.
Stettero a farsi i complimenti ancora per un po', naturalmente senza far trasparire più del dovuto la reale ammirazione che ognuno sentiva nei confronti dell'altro e della sua forza. Più che un anno sembrava passato un secolo perché entrambi avrebbero usato i se stessi del passato come stracci per pulire le cacche dei piccioni dalla finestra.
Poi, una volta recuperato un ritmo di respirazione normale, Ryoga si rialzò ringraziandolo in maniera casuale per l'utile esercizio. Mentre se ne stava andando colse l'altro in contropiede: "Adesso che ti sei sfogato vuoi parlare?".
Ranma lo guardò. Da quando Ryoga era così sensibile e desideroso di aiutarlo?
"Mi nascondi qualcosa, per caso? O hai fatto un casino in casa e stai cercando di farti perdonare in anticipo?".
"Non sei divertente. Mi preoccupo solo per te".
"Sì, certo. Aspetterò la neve viola a Natale".
"Finiscila! Ho mille motivi per non volerti vedere così. Già ieri sera anche uno emozionalmente handicappato come me aveva capito che soffri come un cane per quel che sta succedendo fra te ed Akane. E non mi va".
Gli tese una mano per aiutarlo a ritirarsi in piedi.
Il codinato la guardò a lungo. Oltre al semplice gesto pratico quella mano rappresentava il sicuramente bizzarro, ovviamente peculiare tentativo di Ryoga di farlo stare meglio.
Sorrise afferrandola.
"Beh, in realtà non c'è molto altro da dire, oltre quanto vi ho raccontato ieri sera" disse rialzandosi "non saprei cos'altro aggiungere...".
"Oh davvero?" chiese Ryoga, con una certa malizia nella voce "Non hai niente da dichiarare riguardo le carinerie con cui hai sempre apostrofato Akane?".
Ranma lo guardò sorpreso e persino un po' piccato.
"Cos'è, tu e Ukyo avete anche la telepatia adesso? Quand'è che ti ha raccontato della sua chiacchierata con Akane?".
"Non l'ha fatto" replicò pacatamente Ryoga "non ancora almeno. Ma ti conosco Ranma, potrei ripetere a memoria ogni singolo insulto che hai riservato ad Akane da quando la conosci, ed ero presente quando hai fatto quella battuta sul look di Ukyo. E persino io sono capace di fare due più due".
Colpito e affondato. Ranma si morse un labbro, spiazzato. A quanto pareva era un libro aperto per mezza Nerima tranne che per se stesso.
"Ti assicuro che parlare non ti ucciderà" continuò Ryoga "mentre l'ulcera causata dal volersi tenere tutto dentro potrebbe. O il mio Shishi Hoko Dan". Ranma si lasciò scappare un risolino al tentativo di ironia di Ryoga e sentì la tensione allentarsi un pochino.
"Sii sincero Ranma" chiese Ryoga, serio "pensi davvero che Akane sia un maschiaccio sgraziato? Che sia brutta se paragonata alle tue ex fidanzate?".
Ecco. Immaginatevi Ranma Saotome posto di fronte a una domanda diretta di quel genere.
La reazione che vi aspettereste? Vederlo diventare viola, verde e rosso tutti assieme; ficcare la testa sotto terra o dentro un muro; cominciare a balbettare alfabeti stranieri e formule algebriche; fuggire su Plutone; esplodere.
Non fece nulla di tutto questo.
"IO AMO AKANE!" si trovò a urlare in modo del tutto incosciente. Al Furinkan la professoressa Ninomiya sentì le vibrazioni e fu solo in quel momento che si accorse dell'assenza di Saotome il teppista. Gli mise una nota sul registro mentre si succhiava le dita della mano non impegnata a scrivere.
Ryoga venne assordato, esattamente come qualsiasi essere vivente provvisto di apparato uditivo nel raggio di cinquecento metri. Si portò le mani sulle orecchie cercando di far fermare il concerto in ottoni, trombone e sassofono appena partito.
"RANMA! CHE CACCHIO URLI! NON SONO... NON ERO SORDO!" disse in tono sostenuto per tentare di sentirsi.
L'altro lo ignorò platealmente. Stava sperimentando in prima persona cosa significava essere soverchiato da una pura scarica di sentimento che dribblava con maestria il controllo dell'io razionale. Era la stessa cosa provata da Akane in entrambe le funeste situazioni del giorno prima, con la differenza che per lei si trattava di rabbia e per lui di amore incondizionato.
Era come se la sua stessa anima si stesse ribellando al suo modo di fare da cialtrone insensibile.
Una sensazione... spaventosa. Non tanto per quanto aveva detto, che era tutto sommato la verità senza scherzi, prese in giro, sarcasmo a mascherarla e imbruttirla. Era il brivido di denudarsi del tutto di fronte a un quesito secco, che non ammetteva tergiversamenti.
Ci volle qualche minuto affinché Ryoga tornasse fisicamente completo. Quando ci riuscì lo osservò sconvolto, chiedendosi da quali anfratti del suo corpo potesse essere uscito un grido tanto disperato.
"Ci tenevi a farmi sfogare, Hibiki? Sei contento ora? Ecco cosa penso della mia fidanzata" bisbigliò Ranma, quasi a voler controbilanciare l'eccesso precedente.
"Io...".
"Lasciami in pace, ti prego". E se ne andò verso la cucina, mollando il ragazzo con la bandana piantato nel centro del dojo a chiedersi se una scenata del genere era davvero necessaria.
   
 
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