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Autore: Walpurgisnacht    30/03/2013    0 recensioni
Versione riveduta e corretta di Two-Part Secret Heart. Riciclo l'introduzione della versione grezza perché non c'ho la sbatta.
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Nerima è un paese diverso dopo Secrets. Incontrato gente, fatto cose, visto posti, rotto equilibri. Poi un ragazzotto con la bandana e il senso dell'orientamento di un opossum morto torna dopo un anno.
Avete preparato l'armatura per difendervi, vero?
[EIP fra _Mana e Kaos, seguito di Secrets of the Heart Split in Two]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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L’atmosfera all’Ucchan si era fatta pesante.
Nessuno aveva più parlato, dopo che Konatsu si era ritirato nella sua stanza. Ukyo aveva provato a bussare, chiedere se avesse bisogno di qualcosa, ottenendo solo risposte monosillabiche. Alla fine aveva gettato la spugna: probabilmente la cosa migliore era lasciarlo in pace e sperare che le sue ferite si rimarginassero da sole. Per quanto le sue intenzioni fossero buone, lei era probabilmente la persona meno adatta ad aiutarlo.
Ora erano tutti al piano di sotto. Lei e Ryoga seduti al bancone, Akane e Ranma seduti ad uno dei tavoli.
Il silenzio durava ormai da un po’ ma nessuno osava fiatare. Non c’era molto da dire, in fondo.
Ukyo lasciò vagare lo sguardo attraverso la saletta, tanto per distrarsi; prese mentalmente nota di alcuni ingredienti che stavano per finire, e notò che Ranma e Akane erano del tutto persi in chiacchiere che non riusciva a sentire. Sorrise, e si voltò a guardare Ryoga, perso anche lui nei suoi pensieri.
Arrossì ripensando alla domanda che le aveva fatto prima... e alla sua risposta. Non si capacitava ancora di quel si che le era uscito così naturalmente, così voluto e sentito. Era spaventata ma anche eccitata dalla novità.
“Credi che starà bene?”. La voce di Ryoga la scosse dai suoi pensieri.
“Come?”.
“Konatsu, intendo...” bisbigliò “mi sento in colpa per lui...”.
Ukyo sorrise, intenerita. “Anche io mi sento in colpa... so che non dovrei ma...” disse, con un’alzata di spalle a concludere la frase.
Ryoga sospirò. Non gli piaceva proprio la situazione, ma non poteva davvero fare nulla per il ninja. D’altronde non aveva nemmeno previsto che si sarebbe preso una cotta per l’unica ragazza con cui aveva avuto infinite discussioni, durante i loro folli piani per separare Ranma e Akane.
E, quasi gli avesse letto nel pensiero, Ukyo lo prese per mano. Il cuore di Ryoga saltò un battito, rischiando di farlo collassare lì sullo sgabello.
"Ryoga... tutto bene?" chiese Ukyo stringendogli ulteriormente la mano. L'aveva visto sbiancare tutto ad un tratto.
Naturalmente non si rese conto che, così facendo, peggiorò solo le sue condizioni. Tanto che si portò una mano sul petto, gemendo.
"Oh santo cielo. Ryoga, stai male?" disse ancora, con tono di voce più alto. Abbastanza alto da attirare anche l'attenzione dei coniugi Saotome, ancora intenti a cianciare dei fatti loro.
"Che succede, Ukyo?" fece Akane, moderatamente preoccupata, mentre si avvicinava agli altri due seguita dal fidanzato. Dalla sua posizione, di spalle rispetto al bancone, non riusciva a vedere cosa avesse preoccupato la sua amica.
Ukyo non le rispose. Si limitò a sventolare una mano davanti alla faccia di Ryoga, il quale continuava a fare versi strani e poco identificabili. Fra gli altri si poteva cogliere il suo respiro, terribilmente frammentato e irregolare.
"Ryoga?" esclamò Ranma prendendolo per le spalle e cercando di girarlo verso di loro. Venne fermato dalla mano di Akane che, silenziosamente, gli disse di non muoverlo.
"Ragazzi..." riuscì finalmente a dire l'eterno disperso.
"Che cosa? Che c'è?".
"... io... sono felice... per la prima volta in vita mia... sono felice...".
"Stupido ma... ledetto!" esplose Ranma lasciandolo andare e girandosi in direzione. Per fortuna ebbe la prontezza di spirito di trattenersi e di non chiamarlo maiale di fronte ad Akane.
Il suddetto maiale si fece versare un bicchiere d'acqua e, dopo averlo ingollato alla velocità della luce, si mise di buona lena per cercare di recuperare un ritmo di respirazione più umano.
Quando poi, alla fine, ce la fece...
"Sono affranto per Konatsu, dico sul serio. Ma questo non mi impedisce, e non può impedirmi, di dire di essere felice per come le cose stanno andando".
A Ukyo nacque un sorriso luminoso sul volto. Ancora una volta non riuscì a reprimere il pensiero di quanto si sentisse fortunata.
E, senza nemmeno pensarci, stampò un bacio sulla guancia di Ryoga. Causando al ragazzo un collasso e un’emorragia dal naso.
“Oddio Ryoga, tutto bene?!” si affrettò Ukyo, non rendendosi conto di essere lei la causa di quelle reazioni esagerate.
“Ok signori, è il caso di togliere le tende, siamo di troppo!” commentò Ranma, ridacchiando e già pronto ad avviarsi alla porta. Venne fermato da Ryoga, che lo tirò per un polso.
“Saotome non osare lasciarmi solo nel momento del bisogno” ringhiò “non te lo permetto!”.
“Hibiki, non farmi proposte strane, sono un ragazzo candido e ingenuo io”.
“Non prenderti gioco di me, lo sai che tendo ad agitarmi!”.
“Chiamala tendenza...”.
“Ehm, ragazzi...”. L’atmosfera ilare venne interrotta da Akane che indicò qualcosa alle loro spalle.
“Scusate se vi interrompo di nuovo... ecco, volevo solo salutarvi. Ho deciso di andare via”.
Konatsu, in piedi davanti alle scale e con una sacca in spalla, li guardava con occhi lucidi.
Ukyo sentì una fitta al petto. Il senso di colpa per Konatsu continuava ad attanagliarla... davvero non poteva fare nulla per lui?
“Non si affligga per me, signorina Ukyo” la rassicurò Konatsu, quasi le avesse letto nel pensiero “è la cosa migliore, per tutti quanti”.
I quattro si ammutolirono.
Nessuno ebbe il coraggio di dire che quella non era la cosa migliore per tutti. Nessuno ebbe il coraggio di fermarlo mentre attraversava la sala da pranzo e si avviava verso la porta. Nessuno ebbe il coraggio di dirgli che quella era la più grossa stupidaggine che potesse venirgli in testa.
Quest'ultima, molto probabilmente, perché nessuno di loro lo pensava realmente.
Prendiamo Akane, una a caso.
Nella sua testa vedeva solo un grosso e ingarbugliato casino di fili, giocattoli rotti e speranze infrante. Per quanto incredibile possa sembrare non si poteva prendere uno, indicarlo con fare accusatorio e dirgli "È colpa tua, disgraziato che non sei altro! Adesso alzi le chiappe e sistemi il bordello che hai combinato" perché non era stata opera volontaria di nessuno. Eppure c'era una persona là in mezzo, una persona schiacciata dal peso di quanto le stava accadendo attorno e che, per salvaguardarsi, aveva visto come unica possibile via d'uscita l'allontanarsi fisicamente.
Che cosa poteva fare o dire per fargli cambiare idea senza risultare superficiale, insensibile o peggio?
Ci pensò per qualche istante e non trovò nulla.
L'assenza di Konatsu faceva bene a Ukyo, a Ryoga e alla loro nascente... storia? Forse era un po' esagerato chiamarla così, ma qualcosa stava venendo fuori. Quindi non si poteva neanche dire che quella decisione non avesse dei lati positivi. Ma il povero kunoichi? Era davvero giusto che sparisse così, col cuore a pezzi? La risposta, ovviamente, era no.
Non esternò niente di tutto questo. Pensò bene di tenerselo stretto nella propria testa.
Konatsu arrivò alla porta. Fece per girarsi, in perfetta tradizione dei filmoni drammatici in bianco e nero, per fare la sua ultima dichiarazione prima di abbandonare il posto che, ormai per parecchio tempo, aveva avuto l'onore di chiamare casa.
Non ci riuscì perché si sentì afferrare per le spalle e trascinare fuori.
"Che... chi è?" chiese, scombussolato. Non aveva proprio capito che cosa fosse successo.
Quando lo sguardo affranto di Ukyo incontrò il suo fu degno di una tragedia shakespeariana.
"Konatsu, non... non può andare così. Non puoi...". Stava per chiedergli di ripensarci.
Il ninja la guardò con uno sguardo colmo di tristezza e gratitudine: era un gesto che si aspettava da Ukyo. E questo rendeva la sua decisione ancora più difficile e dolorosa.
“Signorina Ukyo, io la ringrazio per le sue premure” disse, scostando gentilmente le mani della ragazza “ma davvero non posso rimanere. Sarebbe... troppo per me”.
L’improvviso ritorno alle formalità da parte di Konatsu ferì Ukyo, ma in fondo non poteva biasimarlo; probabilmente mettere le distanze era qualcosa che lo aiutava a soffrire di meno... o quantomeno si augurò che fosse così.
“È solo che... è così ingiusto!”.
“Non è ingiusto... è così e basta” sorrise Konatsu “nessuno ha colpa in questa situazione, e io non sono arrabbiato o altro, davvero. Ma come non posso impedirvi di essere felici non posso neanche impedire a me stesso di soffrire. Lei e Hibiki non avete alcuna colpa, davvero... ma io ho bisogno di allontanarmi, di concentrarmi su qualcos’ altro per alleviare la mia sofferenza. E credo che lei possa capirmi, vero?”.
Ukyo non rispose ma si limitò ad annuire. Konatsu c’era quando scoppiò la rivoluzione a Nerima per colpa di un cinese miope stufo di fare lo zerbino; c’era quando Ukyo si ritrovò ad aiutare il ragazzo che amava a dichiarare i suoi sentimenti ad un’altra ragazza; c’era quando, coraggiosamente, si era rimessa in piedi da sola e aveva affrontato la sofferenza.
“Promettimi almeno che... tornerai, prima o poi”.
Konatsu sorrise, un sorriso sincero. Perché non riusciva a non sorridere di fronte alla dolcezza di Ukyo.
“Te lo prometto... dammi giusto il tempo di riprendermi”. E rimasero in silenzio. Non c’era più molto da dire, ormai.

“Dite che dovrei andare a dirgli qualcosa?”.
Ranma inarcò un sopracciglio in direzione di Ryoga, la cui espressione seria e pensierosa era rovinata da un pezzo di carta igienica che gli penzolava da una narice per tamponare l’emorragia di prima.
“A Konatsu, intendo...” aggiunse.
Ranma e Akane si scambiarono uno sguardo interrogativo. Fu lei a rispondergli per prima: "No Ryoga, credo sia una cattiva idea".
"Ma perché?".
"Perché non è una mossa appropriata, in questo momento. E poi sentiamo, cosa vorresti dirgli? Che ti dispiace e che non volevi ferirlo? Sono sicura che tutte queste cose gliele ha già dette lei. E poi, perdonami, ma come credi che possa reagire alla tua presenza se, allo stato attuale, sei l'involontaria fonte di gran parte delle sue pene?".
Ryoga sbuffò. Aveva totalmente ragione, andare lì fuori sarebbe significato solo peggiorare le cose. E già erano sufficientemente complicate per i fatti loro.
"Temo che tutti noi dobbiamo rassegnarci e accettare la situazione" riprese Akane dopo una breve pausa in cui aveva scambiato con Ranma uno sguardo che mendicava approvazione "Abbiamo le mani legate, Ryoga. Io e Ranma possiamo fare del nostro meglio e cerchiamo di farlo, ma non sta a noi e non ci è proprio possibile strofinare la lampada magica e desiderare la soluzione divina. Tu cosa puoi fare? Schiacciare il bottoncino dietro la nuca e cancellare il protocollo su Ukyo dal tuo sistema? E lei cosa può fare, lo stesso con i nomi invertiti? E Konatsu, cosa vuoi che faccia Konatsu se non cercare di allontanarsi da quello che in questo momento gli fa più male di un tuo pugno a massima potenza? Ryoga, io capisco che tu ti senta in colpa. Mi sentirei in colpa anch'io se fossi al tuo posto. Ma voglio pensare che riuscirei a essere abbastanza lucida da capire che non è in nostro potere fare alcunché. Se mi si concede di essere poetica: la ruota della vita ha girato e non ci sono crediti extra".
Arrivò un piccolo applauso dalle sue spalle, alla conclusione del lungo monologo.
CLAP. CLAP. CLAP. CLAP.
Akane strinse il pugno sinistro e lasciò che la rabbia la invadesse. Questo, si disse, non rientra nei limiti della promessa. Non saprei dire in base a cosa, ma è questo che pensò.
Stava per girarsi e piantare un diretto sul naso di quel cafone del suo ragazzo...
"Approvo in tutto e per tutto. E sei riuscita a esprimerti mille volte meglio di quanto avrei mai potuto fare io".
“Non che ci voglia molto ad esprimersi meglio di te...”.
Akane ignorò la battuta caustica di Ryoga e il conseguente battibecco con Ranma, impegnata com’era a rimanere imbambolata. Non era ancora abituata ai complimenti sinceri del fidanzato, che avevano su di lei un effetto quasi destabilizzante.
La baruffa venne interrotta dalla porta del locale che si riapriva e Ukyo che vi si appoggiava esausta.
“È andato via” disse senza aggiungere altro.
Gli altri non risposero. Stavolta non c’era davvero più nulla da dire.
“Scusate ma credo andrò a farmi un bagno, ho bisogno di rilassarmi...” disse Ukyo, e senza voltarsi indietro salì le scale.
“Credo sia il caso che andiamo via anche noi” aggiunse Akane, seguita a ruota da Ranma... ma vennero di nuovo fermati da Ryoga, paonazzo in viso.
“N-non potete lasciarmi qui da solo!”.
“Ma non sei da solo, c’è Ukyo! Dovresti essere contento!” commentò Ranma, senza capire il nuovo dramma dell’uomomaialino.
“M-ma è n-n-n-uuuudaah e e e ei-i-i-i m-m-miei vestiti sono a-a-a-ancora a casa v-v-ostraaah!” piagnucolò.
“Approfittane allora!” sorrise sornione Ranma, ottenendo l’ennesimo collasso di Ryoga e una gomitata da parte di Akane.
“Smettila di provocarlo, non vedi che va in crisi facilmente?” borbottò “E poi ha parlato il macho di Nerima, il cui primo bacio era stato con un uomo...”.
Ranma ringhiò, piccato. Non c’era davvero bisogno di tirar fuori certi episodi imbarazzanti, ecco.
“Ryoga” disse Akane, dolcemente “ti sentiresti più tranquillo se uno di noi due andasse a prenderti i tuoi vestiti?”. Il ragazzo annuì, in un misto di gratitudine e disperazione.
“Perfetto. Ranma, vai su!”.
“Perché io?”.
“Perché Ryoga da solo rischierebbe di perdersi, e quando si riprenderà magari vorrà sfogarsi su qualcuno riguardo Ukyo e tutta questa situazione... e tu faresti solo danni”.
“Grazie della fiducia eh! Va bene va bene, vado...” borbottò, e si avviò verso casa Tendo.
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“Bentornato, Saotome. Noi abbiamo ancora dei discorsi in sospeso, lo sai?”.
Ovviamente, nella migliore delle situazioni che non potevano che peggiorare, a casa trovò Nabiki ad attenderlo al varco.
"Ohnonononononononononono" cominciò a ripetere Ranma tipo disco rotto dopo essersi paralizzato di fronte a lei. Perché Nabiki doveva proprio palesarsi in quel momento, cavolo? Messa lì così, con le braccia conserte, le caviglie incrociate e la schiena appoggiata contro il muro della palestra le risultava ancora più odiosa.
"Che c'è, mezz'uomo? Hai perso la lingua per strada? Su, se ti metti a dire sempre la stessa, brutta cosa poi mi annoio. E tu non vuoi che io mi annoi". Non era una domanda, era una cruda constatazione col contorno di minaccia e una spolverata di vaniglia.
Vedendo che lui non reagiva decise di premere sull'acceleratore. Si mosse con fare studiato, quasi da felino che sta per zompare addosso alla vittima designata. E non era una descrizione poi troppo lontana dalla realtà.
"Adesso che mi sei di nuovo sottomano non ti mollo neanche per sbaglio. Ti seguirò ovunque come un'ombra: a scuola, a casa, fuori e dentro, sopra e sotto, nel bagno e nel letto".
"Dio santo Nabiki, vuoi lasciarmi lo spazio per respirare?".
"No".
"Grrrrrrrazie, gentilissima. Cosa vuoi dalla mia vita, si può sapere?".
"Non fare il finto tonto, Saotome. Sai cosa voglio: la riscossione del debito tuo e di Ryoga".
"E allora facciamola finita, una volta per tutta. Dicci di che morte dobbiamo morire e siamo tutti felici".
"Oh, ho una mezza idea in proposito. Ma prima di esportela portami dove si trova Ryoga, così che debba parlare una volta sola per tutti e due".
"E poi cos'altro, la carrozza con le ruote placcate in oro?".
"Se paghi tu non mi offendo di certo".
"Immagino di non aver modo di farti desistere senza picchiarti a sangue, vero?".
"Immagini bene. E visto che ti conosco e so che non tocchi le donne neanche con un fiore...".
"Tsk. Mi chiedo da dove tu e tua sorella abbiate ereditato la capacità di approfittarvi dei maschi. Se tanto mi dà tanto non corre in famiglia, vedendo Kasumi". E per sua fortuna trovò la lucidità di fermarsi, visto che stava per tirare in ballo la loro mamma. Chissà quanti squarci avrebbe riaperto con la sua sensibilità da ramarro.
Dopo aver recuperato i vestiti di Ryoga le fece strada verso l'Okonomiyaki Ucchan.
Quando vi giunsero davanti lei gli impose di chiamarlo fuori, dopo essere venuta a sapere che c'era anche Akane lì. La sua presenza avrebbe portato solo guai e non ne voleva.
Ranma, da bravo ometto braccato dagli strozzini, fece quanto gli era stato detto: mise la testa dentro il ristorante e chiamò fuori il suo compagno di sventura, senza accennare nulla di fronte alla minore delle Tendo.
I due condannati erano lì, di fronte a lei. Umili e sottomessi. Quanto si sarebbe divertita.

Immersa nella vasca da bagno, Ukyo pensò alla casualità della vita: anche quando aveva avuto a che fare con l’assurda farsa di Shan-Pu ai danni del Gran Consiglio amazzone, in cui avevano finto di essere una coppia, si era ritrovata nella vasca da bagno a piangere e sfogarsi.
Stavolta però non riusciva a versare una lacrima, e non perché non le dispiacesse per Konatsu. Semplicemente, si rendeva conto che non poteva fare davvero nulla per lui, se non sperare che superasse il suo dolore... e che magari trovasse qualcuno che lo rendesse felice, perché no. Quel ragazzo meritava tutto il bene del mondo e lei gli augurava davvero di trovare qualcuno che gli stesse vicino.
Come lei aveva trovato Ryoga.
Arrossì, lasciandosi scappare un sorrisone. Ora che aveva tempo e modo di poter pensare con calma, si sentiva ancora più agitata. Quel piacevole sfarfallio allo stomaco si faceva vivo ogni volta che pensava a lui, e alle sue reazioni imbarazzate per ogni gesto d’affetto che lei gli mostrava.
Sorridendo, uscì dalla vasca, e velocemente si rese di nuovo presentabile.
Aveva un uomomaialino ad attenderla.
   
 
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