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Autore: Chara    31/03/2013    11 recensioni
Phoebe è una semplice ragazza inglese, dal carattere un po' spigoloso e una modesta esperienza di uomini imbecilli. L'incontro con Joseph Morgan le aprirà gli occhi su quanto non sia il caso di fare di tutta l'erba un fascio, anche se ci vorrà un bel po' di tempo prima che il suo cervello accetti che quella che prova nei confronti dell'attore non è semplice attrazione fisica.
STORIA DA REVISIONARE!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joseph Morgan, Joseph Morgan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 30

 

- Sei una stupida –

Beh, fin qui nulla di nuovo.

Da quando avevo conosciuto Joseph sembrava che Amber non avesse nulla di diverso da dirmi, o forse ero io ad essere diventata un’incredibile stupida da quella mattina nel bel mezzo di Londra. Forse, cercando di evitare di finire sotto quel black cab assassino, avevo sbattuto la testa senza rendermene conto e peggiorato il mio già difficile carattere.

- Grazie – borbottai apatica, ma ormai non sapevo nemmeno più che reazione avere. Sapevo di aver sbagliato, d’accordo, ma ci avevo provato subito a rimediare al mio comportamento. Peccato che Joseph avesse eretto un muro tra lui e me, impedendomi di chiarire. Sogghignai con amarezza: io, che da sempre mi nascondevo dietro ad una muraglia per evitare di espormi troppo, mi lamentavo di una persona che per una misera volta si era comportata come me. Quello avrebbe dovuto dirla lunga su quanto mi sentissi odiosa anche per me stessa.

- Che hai da ridere? – sbottò la mia migliore amica, in piedi di fronte a me con i pugni sui fianchi. Le mancava giusto un grembiule in vita e un cucchiaio di legno tra le mani e sarebbe potuta passare tranquillamente per un personaggio comico.

- Niente – sospirai, smettendo immediatamente di sogghignare – Non c’è proprio nulla di divertente, lo so –

- Meno male – soffiò acida, lanciando un’occhiatina di superiorità prima a me e poi alla foto che continuavo a rigirarmi tra le dita. Ritraeva me e Joseph nel bel mezzo di Londra e non ricordavo nemmeno di averlo incontrato, in quel preciso punto della città. Ovviamente i nostri sguardi erano saldamente allacciati e lui sorrideva. Ma la cosa stupefacente era che anche le mie labbra erano incurvate leggermente in un sorriso appena percettibile, ma sicuramente sincero.

- Senti ma si può sapere che diavolo vuoi? – sbottai infine, non riuscendo più a reggere quel suo sguardo pieno di accuse e insulti trattenuti a stento.

- Voglio che tu vada da lui – mi disse seccata, con il tono di una maestra con poca pazienza che deve rispiegare la stessa cosa ad una bambina poco perspicace – Gli devi delle scuse –

- Se proprio vogliamo essere sincere gliele avrei già fatte – protestai piccata. Se doveva essere antipatica allora lo sarei stata anch’io, dopotutto mi riusciva facile. Soprattutto quando ero di pessimo umore come quel giorno.

- Dubito che tu sia stata convincente, se proprio vogliamo essere sincere – mi scimmiottò, provocandomi un fortissimo prurito alle mani. Avrei voluto strapparle quei capelli corti tutti spettinati che si ritrovava.

- Sarà in aeroporto adesso, non farei comunque in tempo a raggiungerlo -

Già, perché partiva il maledetto. Se ne tornava ad Atlanta a recitare nel suo maledetto show sui vampiri, in cui ogni tanto veniva ammazzato ma poi magicamente risorgeva, per la gioia di tutti tranne che per la mia.

E se pensavo che nemmeno me l’aveva detto in faccia ma mi aveva informata via twitter come se fossi una sua semplice ammiratrice urlante andavo su tutte le furie. D’accordo, avevamo litigato, ma pensavo di avere almeno il diritto di sapere che entro poche ore sarebbe stato dall’altra parte del mondo e non sarebbe tornato per chissà quanto. Ultimamente passavano circa tre settimane, per carità, non sarei invecchiata nel frattempo, ma avrei comunque preferito saperlo.

Alzai lo sguardo, trovando Amber attaccata al cellulare che mandava messaggi. Fantastico, aveva deciso di ignorarmi anche lei.

- A chi scrivi? – borbottai senza reale interesse.

- Duff – rispose rapida e tagliente come un coltello – Lavora a Heatrow, lo sai no? –

Annuii, tornando ad osservare la fotografia che avevo in mano. L’avevo imparata a memoria, ormai. Conoscevo ogni dettaglio, ma non mi stancavo di osservarla. Si era persino stropicciata agli angoli.

- Il volo di Joseph parte alle tredici da Heatrowh – disse subito dopo, il tono più morbido e un’improvvisa scarica di adrenalina che riuscì a trasmettermi. Alzai di scatto lo sguardo su di lei, la vidi sorridere e fui tentata di farlo a mia volta. Ma erano già le undici, prima di tutto. E secondo, se anche l’avessi raggiunto cosa gli avrei detto?

- Amber… - sospirai, ma le mie parole furono interrotte da un paio di jeans e una maglietta che mi furono lanciati addosso con una rapidità tale da farmi gemere dalla sorpresa.

- Non voglio sentire nulla, hai capito? – sbraitò agitando il telefono, e di nuovo mi venne in mente il cucchiaio di legno. Dopotutto quale madre non aveva minacciato i propri figli con uno di essi? Quelli più sfortunati l’avevano anche assaggiato sulla schiena, ma fortunatamente non era il mio caso – Adesso tu prendi quei vestiti, ti levi quello sciatto pigiama e corri a Piccadilly a prendere la metropolitana, perché devi arrivare a Heatrow entro un orario decente per parlare con Joseph, per dirgli qualsiasi cosa, digli anche che sei incinta ma devi sistemare questo casino maledetto! –

- Io non sono incinta, ti è dato di volta il cervello? – allibii con una risatina sconvolta mentre cercavo di infilare contemporaneamente entrambi i piedi nei pantaloni. Fu un’impresa piuttosto ardua, perché la fretta rendeva sempre le persone più incapaci, ma alla fine ci riuscii.

Mi guardai rapidamente allo specchio, rendendomi conto di non essere particolarmente presentabile: i miei occhi erano rossi e gonfi a causa delle lacrime che avevo versato durante la notte e avevo anche due vaghe occhiaie a dimostrare la mancanza di sonno. Non era certo un aspetto che avrebbe reso Joseph più bendisposto nei miei confronti.

- Lo so che non sei incinta, brutta scema che non sei altro, ma adesso vattene. Non voglio rivederti qui almeno prima di tre ore – blaterò di nuovo, spingendomi praticamente alla porta. Mi piazzò in mano la borsa e, senza controllare che fosse presente l’abbonamento della metro o dei soldi per qualche eventuale biglietto, mi sbatté fuori dalla porta.

Fui tentata di andare a fare un giro per negozi, oppure di andare dalla signora Flynn ad aiutarla nonostante Amber le avesse chiesto al mio posto un giorno di malattia. C’erano mille cose che avrei potuto fare e che mi avrebbero portato via tre ore o magari anche di più, ma quando mi trovai a correre senza nemmeno rendermene conto verso la fermata della metro di Piccadilly capii che non avrei fatto nessuna di quelle cose. Heatrow sembrava una calamita per me, in quel momento, e fu uno strazio passare più di tre quarti d’ora su quel maledetto treno sotterraneo che portava in aeroporto. Contai non meno di una decina di volte le fermate che mi separavano da Joseph: erano diciotto e ogni volta sembrava che non saremmo mai ripartiti. Ci fu anche un inghippo più o meno a metà strada e rimanemmo fermi quasi un quarto d’ora: mi domandai per quale motivo fossi così sfortunata, perché proprio quando imploravo chissà quale divinità di fare in fretta tutto sembrava scorrere con la moviola.

Ma alla fine ci arrivai, a Heatrow. Erano le dodici e venti e avevo ancora venticinque minuti prima che il gate chiudesse. E sarebbero stati i minuti di corsa più sfrenata che avessi mai compiuto in tutta la mia vita. In seguito mi sarei stupita di come i miei polmoni fossero riusciti a non collassare, ma in quegli attimi riuscivo solamente a pensare quanto mancasse ancora prima di arrivare al gate da cui partiva il volo di Joseph.

Quando finalmente giunsi a destinazione, mi fermai di botto. Lui era là, la hostess gli sorrideva mentre gli strappava il biglietto e lui sorrideva di rimando. Provai delle sensazioni contrastanti appena i miei occhi si posarono sulla sua figura, così contrastanti da darmi un capogiro.

Lo odiavo. Sì, lo odiavo a morte perché non doveva sorridere così a qualcuna che non fossi io. Non doveva sorridere e basta, e non doveva nemmeno guardarle con quei maledetti occhi cristallini. Mi sentii una stupida: volevo avere l’esclusiva su un uomo che avevo negato di amare proprio nel momento in cui lui mi aveva chiesto di confessarglielo. Ero una bugiarda, oltre che stupida. Perché lo amavo, no? Avrei potuto non farlo?

E fu peggio di un pugno nello stomaco rendermene conto così, in quel momento, impiantata nella sala d’attesa dell’aeroporto più grande della Gran Bretagna, mentre decine di persone continuavano a passarmi davanti impedendomi la visuale dell’uomo che amavo. E piansi.

Piansi anche quando lui, inavvertitamente, si voltò e mi vide. Perse il suo sorriso, naturalmente. Non sarebbe potuto essere felice di vedermi, non dopo ciò che era successo poche ore prima. Eppure mi fece soffrire ugualmente non vederlo corrermi incontro a braccia aperte e non importava se ormai non poteva più andare in una direzione diversa da quella che portava al suo aereo. Volevo che scavalcasse le transenne per venire da me, baciarmi e dirmi che sapeva che ero una stupida e che non era arrabbiato.

Ma mi avvicinai io, senza nemmeno dare il comando alle mie gambe di muoversi io ero già lì, mentre stringevo il nastro rosso che lo separava da me.

La hostess di poco prima indurì i lineamenti ma, quando Joseph con uno sguardo le chiese il permesso di parlarmi, non riuscì comunque a dirgli di no. Nessuno riusciva a dirgli di no.

- Cosa ci fai qui? – mi chiese. La sua voce così indifferente, apatica, fece scendere un’altra lacrima dai miei occhi e mi morsi il labbro, nel tentativo di evitare almeno di singhiozzare.

- Volevo… - tentai, fissando i bottoni della sua maglietta senza avere il coraggio di guardarlo in viso. Ma non si meritava che gli parlassi così e quindi alzai lo sguardo fino a puntarlo nelle sue iridi celesti – Volevo salutarti –

- Beh, lo stai facendo – annuì di nuovo. Fece per dire qualcos’altro, ma poi si fermò.

C’era imbarazzo, forse ce n’era così tanto che mi avrebbe impedito di dirgli tutto quello che volevo.

- E volevo dirti anche un’altra cosa – presi un respiro profondo ma tremai, stremata dalla corsa e anche dall’agitazione – Volevo dirti che avevi ragione –

- Su cosa? Sul tuo carattere? – sul suo viso c’era confusione, ma anche curiosità. Non mi dispiaceva affatto che avesse deciso di non approfittare delle sue doti recitative.

- No – scossi il capo, per poi incurvare le labbra in un sorriso amaro – Beh, anche. Ma io parlavo di quel pugno che non ti ho dato –

 - Cosa? – allibì. Forse si aspettava di tutto, ma non si sarebbe mai aspettato quello. E nemmeno io. Quando Amber mi aveva sbattuta fuori di casa ero convinta che, se anche fossi andata in aeroporto, sarei comunque stata incapace di aprire il mio cuore per davvero, che l’orgoglio avrebbe vinto un’altra volta.

- Hai capito – sorrisi di nuovo, questa volta più sollevata. Il peso che sentivo sul petto si stava dissolvendo, indipendentemente da ciò che mi avrebbe risposto – Non ti ho dato quel pugno perché probabilmente ti amavo già allora –

- Davvero? – mi chiese di nuovo. Fu indubbiamente colpito dalle mie parole e anche le sue labbra si piegarono lievemente in un sorriso, che sembrò ai miei occhi ancora più luminoso del sole.

Annuii, incapace di parlare.

- Anch’io ti amavo già allora, forse ti amo da quando ti ho vista la prima volta tentare un suicidio nel traffico londinese – sussurrò, carezzandomi una guancia.

- Mi scusi? – la voce fastidiosa della hostess s’intromise tra di noi, gelida e invidiosa – Il volo partirà tra dieci minuti –

- Non importa – rispose Joseph, facendomi spalancare gli occhi.

- Non ti azzardare – sbottai puntandogli un dito contro il petto – Non fare il ragazzino! –

Scoppiò a ridere, baciandomi rapido ma con un’intensità dirompente, e si allontanò da me, sempre ridacchiando.

- Torno fra tre settimane –

- Ti aspetto – sorrisi, mandandogli un ultimo bacio di arrivederci.

Non era un lieto fine quello, forse piuttosto un inizio. C’erano ancora un sacco di questioni da sistemare: Dave che si era montato la testa e che sicuramente avrebbe preteso da me molto di più di quanto non avessi intenzione di dargli, Tiana che senza dubbio avrebbe sospettato di me per il furto di tutte le foto su me e Joseph e non avrebbe esitato a vendicarsi e, in ultimo ma ancora più importante, un rapporto ancora da definire con un attore famoso che mi avrebbe messa di fronte alla totale mancanza di vita privata. Ma, se l’attore famoso in questione fosse stato Joseph, sarei stata ancora più agguerrita a difendere la mia felicità.

Fine?



***



Salve! Sono arrivata alla fine anche con questa storia, ammetto che un po' mi dispiace ma è anche un po' una liberazione, per la complessità del carattere di Phoebe che l'ha portata più volte a scontrarsi con chi leggeva xD Avrei voluto fare grandi discorsi ma mi sono resa conto che l'ultimo capoverso parla da solo. Non è una fine, Phee deve ancora fare i conti con il suo carattere e con tutto quello che lei e Joseph si sono lasciati alle spalle negli ultimi due capitoli. Però sono cose che non ho voluto raccontare, un po' perché temevo di non esserne in grado e un po' perché l'obiettivo di questa storia è sempre stato un altro: la chiusura di Phoebe nei confronti del genere maschile e la conseguente apertura grazie a Joseph. Quindi, posso dire che un cammino c'è stato e ne sono abbastanza soddisfatta perché, come già vi avevo detto, questa protagonista è molto simile al mio carattere ed era per questo che, un po' scherzando e un po' no, vi avevo detto che avrei preso sul personale ogni critica al suo carattere e nei suoi confronti in generale.
Ma, a parte questo, passiamo ad altre cose: come avevo già detto, non ci sarà nessun missing moment, perché ritengo che la storia sia completa così, e ormai questi piccoli spin-off fini a se stessi, in cui non si fa altro che sfogare gli ormoni, non mi piacciono più. I miei gusti sono molto cambiati e così anche i miei fandom, quindi penso proprio che da queste parti non mi rivedrete più, se non per qualche sporadica one shot che, al momento, non è in cantiere (e non c'è nemmeno nessuna idea). Avevo intenzione di revisionare la mia storia vecchia, Too Lost In You, ma al momento ho altre cose da fare e non ho tempo per quella. Se vi va ho sempre quella raccolta di flashfic, ormai chiusa, che non si è filato nessuno, ma per il resto ho totalmente cambiato genere, visto che ho anche deciso di smettere di vedere The Vampire Diaries.
Poi boh, ho già sproloquiato da morire e non vi ho ancora ringraziate per le bellissime recensioni, per le fidatissime che non mancano mai, per le preferite, le seguite, le ricordate, chi ancora mi mette negli autori preferiti e poi anche chi legge soltanto. E Serena, che mi ha betata e mi ha regalato la bellissima copertina.
Non ho nient'altro da dire (e meno male xD), ci risentiremo presto o forse no, il mio profilo è sempre qui e, anche se i personaggi non sono più britannici dall'accento sexy o americani con gli occhi di ghiaccio, sono sempre io. Grazie di tutto, alla prossima ;3

Giuggi

P.S. Aggiungo queste due righe dieci giorni dopo la pubblicazione del capitolo. Se mai qualcuno leggerà di nuovo vorrei far presente che c'è un'altra storia bellissima su Joseph, che purtroppo è stata pubblicata quest'estate, durante il famigerato deserto dell'EFPSahara, e si intitola Light in the desert. Sono dieci capitoli, niente di esagerato, quindi se vi avanza un po' di tempo vi assicuro che merita tanto :)

   
 
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