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Autore: La Mutaforma    03/04/2013    2 recensioni
E non servì vestirsi di mille colori, perché il nero ce l’aveva dentro, e la bambina nera restava nera, come quelle macchie d’inchiostro che non vanno via dai vestiti.
“Voglio solo dimenticare questo dolore. Dolore? Volevo dire colore. Voglio solo dimenticare questo colore e diventare una bambola colorata”
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta un bambina nera; con i capelli neri, gli occhi neri, le scarpe nere, le mani piene di inchiostro nero. Aveva la pelle chiara, ma era una bambina nera, con le occhiaie scurissime sotto gli occhi neri.
Ma non era una bambina cattiva.
Era solo nera.
Gli altri bambini colorati la indicavano a dito: “Guarda quella bambina nera!”
La bambina nera si nascondeva nelle ombre nere, perché così nessuno la vedeva, e nessuno sapeva che era nera.
 
E non servì vestirsi di mille colori, perché il nero ce l’aveva dentro, e la bambina nera restava nera, come quelle macchie d’inchiostro che non vanno via dai vestiti.
Per la bambina nera c’era solo un angolo, con le sue bambole colorate, coi loro sorrisi di plastica più sinceri di quelli delle persone che la indicavano, i suoi fogli su cui disegnava persone colorate, e le sue canzoncine allegre.
E quella sua voce nera, che faceva sembrare lugubre ogni cosa.
“Voglio solo dimenticare questo dolore. Dolore? Volevo dire colore. Voglio solo dimenticare questo colore e diventare una bambola colorata”
La bambina nera era di umore nero, ma nessuno si era mai chiesto perché.
 
C’era una volta una donna nera che apriva il balcone.
Il problema era la poca luce, in quella stanza abitata dalle bambole.
Quando diventi grande, e sei una persona nera, capisci che la luce non ti schiva, non ti evita, perché la luce colpisce tutto, e rimanda agli occhi un colore che nessuno vede.
È perché non esiste tipologia di luce visibile che raggiunge gli occhi sconosciuti che possa esprimerci, che dia una minima sfumatura di noi persone fragili. Di noi persone nere.
Chimicamente, siamo luce assorbita, nascosta negli occhi che nessuno vede.
 
Chiuse gli occhi neri neri, e uscì sul balcone, con la sciarpa colorata al vento.
Non sono uno specchio. Non rifletto nulla.
Le sue canzoni erano ancora lugubri. Ma le persone nere conoscono i loro modi per non sembrare nere, per nascondersi, per essere persone colorate.
Se si guardava le mani, le sembrava di percepire quelle macchie nere d’inchiostro nero quando disegnava sui suoi fogli.
Condividiamo la stessa biologia delle persone colorate, ma noi siamo persone nere. Ed è più evidente del funzionamento oscuro del nostro organismo. Nessuno guarda dentro, nessuno guarda come i nostri cuori battono all’unisono. Perché siamo persone nere.
Sospirò.
La bambina nera era ancora lì, da qualche parte, con le sue bambole, con le canzoni, coi suoi disegni.
Coi suoi occhi neri.
Non importa di che colore ti vestirai, non importa cosa farai, o quale sorriso inventerai.
È la tristezza dei occhi che ci smaschera, che ci denuda. E non esistono occhiali che ci possano proteggere.
 
 
 
Noi persone fragili abbiamo gli occhi neri che più neri non si può, perché nessuno possa guardarci dentro e tirarne fuori qualcosa.
È un inferno, è il nostro cofanetto segreto, dove mettiamo i nostri incubi e le conchiglie trovate sulla spiaggia.
E nulla può uscire.

 
 
 
   
 
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