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Autore: chi_lamed    07/04/2013    0 recensioni
"Davanti a lui la libertà di una strada vuota che si diramava in altre vie, altri percorsi di vita. E per quelle strade avrebbe dovuto risanare ciò che le cure magiche non avevano potuto: la sua anima ancora ferita in cerca di un posto nel mondo."
Tre quadri, tre racconti di un unico momento: quello dell'inizio di un nuovo cammino per Severus Piton.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
 
Trittico
 
 
*** Ogni vita è un viaggio ***
 
 
L’uomo camminava con tranquilla lentezza lungo il marciapiede, lasciando che la brezza di quel principio d'estate scherzasse con i suoi capelli corvini, accarezzandoli con dita invisibili. Sopra di lui il cielo all'imbrunire giocava con la tavolozza dei colori come un pittore impressionista in piena ispirazione.
Un'automobile sfrecciò veloce e rumorosa, scomparendo poco lontano, oltre l'angolo. La strada tornò nel silenzio e frequentata da qualche sporadico passante che s’affrettava a rientrare a casa. Lui non aveva alcun bisogno di nascondere la propria presenza accompagnata dal nero intenso del mantello ripiegato sul braccio: non sarebbe stato notato comunque. Il mondo Babbano aveva fretta, sempre. Correva senza sosta, guardava al futuro, ignaro dell’enorme pericolo da cui aveva rischiato di essere travolto per esserne infine schiacciato come un molesto ed inutile moscerino.
Gli ultimi negozi spensero uno ad uno le loro insegne e la luce dei lampioni iniziò a regnare sovrana, contrastando con l’indaco che da est avanzava inesorabile. La luna quella sera non sarebbe sorta, il palcoscenico della notte era tutto riservato alle stelle.
L’uomo osservò due innamorati che ciondolavano adagio lungo il marciapiede opposto, mano nella mano, parlando fitto sottovoce. Progetti di vita futura, semplice chiacchiera intrisa di romanticismo o chissà cos’altro. Una lieve fitta di doloroso rammarico lo punse in pieno petto, giusto al’altezza del cuore. Passò oltre, lasciandosi alle spalle il loro bacio appassionato.
Fermò i propri passi davanti ad una vetrina colma di oggetti Babbani in esposizione – articoli elettrici di ogni tipo – di quelli che avrebbero mandato in visibilio Arthur Weasley. Gli riuscì di vedere la propria figura riflessa, quasi giustapposta alla merce in vetrina: il suo se stesso lo osservò, squadrandolo da capo a piedi.
Si guardarono, anzi, si scrutarono, il pizzico d’incredulità che traspariva dal loro volto tramite un sopracciglio alzato. Un gesto consueto all’interno di un evento che consueto non era, non poteva essere.
Ritrovarsi vivi. Respirare, vedere, camminare. Pensare.
E non sapere il perché di tutto questo, non trovare alcuna valida ragione.
L’uomo tornò a fissare la strada, il lungo marciapiede vuoto davanti a sé. Era quasi un segno tangibile di quel che lo aspettava. E che, in una non poi così minima parte, lo lasciava spaesato.
Ma non era il nuovo cammino da intraprendere ad intimorirlo.
No, era la libertà che finalmente ed incredibilmente si ritrovava tra le mani.
Parola rara, questa libertà, parola preziosa a volte più della vita stessa. Più che preziosa e rara era per colui che per anni era stato avvinto da doppia catena, una più straziante dell’altra. Amicizia e redenzione, dovere e spionaggio, sorrisi ed inchini… in una sola parola: dolore.
Sempre.
Entrambi i suoi padroni gli avevano procurato notti insonni lavate con il pianto del rimorso. Uno odiato come nemico giurato, l’altro – l’amico paterno – amato con devozione filiale.
Adesso non c’era più nulla di entrambi.
L’uomo era solo.
Libero e completamente solo.
Dietro le sue spalle, distante qualche centinaio di metri, il San Mungo. Là il suo corpo martoriato era stato curato con unguenti, pozioni ed incantesimi.
Davanti a lui la libertà di una strada vuota che si diramava in altre vie, altri percorsi di vita. E per quelle strade avrebbe dovuto risanare ciò che le cure magiche non avevano potuto: la sua anima ancora ferita in cerca di un posto nel mondo.
Alzò gli occhi al cielo, riabbassandoli poi, lentamente, su ogni edificio di quel quartiere Babbano. Abbracciò in un unico sguardo tutto quel che lo circondava, naturale o artificiale che fosse.
Pensare. Camminare, vedere, respirare.
Vivere.
Poteva farlo ancora.
O forse, poteva farlo davvero per la prima volta.
Respirò a fondo. Una volta, poi due.
Infine una terza.
Si decise.
Un passo avanti, poi un altro ed un altro ancora. Verso un futuro che non conosceva, verso una decina di diverse possibilità di vita. Quale sarebbe stata la prescelta?
L’uomo ancora non lo sapeva.
E per quella notte si decise che non lo avrebbe saputo. Si sarebbe preso tutto il tempo necessario per comprendere, per valutare, per scegliere.
Giunto ad un incrocio si fermò, lasciando che fosse il caso a decidere la nuova direzione da prendere.
Un impiegato in completo elegante e ventiquattrore sbucò dall’angolo procedendo quasi di corsa, urtandolo appena e distogliendo l’uomo dai suoi pensieri. Attraversò la strada velocemente, borbottando qualcosa circa un lavoro tanto odiato quanto necessario. L’uomo ne osservò il cammino, fin quando in lontananza non sopraggiunse un taxi che si fermò a raccogliere quel passeggero stanco ed imbronciato.
 
Automobilisti solerti, lavoratori frustrati, coppiette innamorate e ritardatari cronici.
 
Ognuno di questi era un viaggiatore lungo il sentiero della vita.
Ognuno aveva una destinazione da raggiungere, o anche da sognare, perché no?
 
E lui?
Fermo all’incrocio, sostò a lungo sotto ad un lampione, lasciandosi avvolgere dalla luce arancione, mentre tutt’attorno calavano le tenebre stellate.
 
E lui?
 
Anche lui adesso era come gli altri.
 
Anche lui era un viaggiatore, seppur alquanto anomalo. Il suo sentiero non era mai stato né agevole, né pianeggiante. Al contrario, era costellato da discese e risalite, tutte faticose, soprattutto le ultime. E quando aveva creduto di aver raggiunto il traguardo, ecco la beffa della sorte: niente finale, quel momento era stato un nuovo inizio. La vita aveva voluto sentire ancora i suoi passi, questa volta lungo altri tipi di strade.
Il problema era che l’uomo ancora non sapeva quali fossero.
 
Ogni vita è un viaggio, pensò guardandosi attorno.
 
Cercò la strada più vuota tra le tre che gli si presentavano dinanzi. L’avrebbe colmata passo dopo passo con il lento fluire di pensieri e considerazioni che quella notte di nuova vita scaturivano senza sosta dalla sua mente. Anni ed anni impegnati a calcolare, rimuginare, rimpiangere, spesso seduto accanto al caminetto freddo e spento in un sotterraneo di un antico castello.
 
Invece ora aveva una strada tranquilla e deserta a disposizione.
 
Si lasciò andare ad un lieve sospiro, un misto tra rassegnazione e serena presa di coscienza. Non si era tirato indietro quando era stato il momento di rialzarsi, combattere e perfino uccidere. Non si sarebbe tirato indietro ora che era il momento di vivere davvero.
 
Aveva una strada tranquilla e deserta a disposizione per pensare che il suo – di viaggio – era appena cominciato.


*****

Un "grazie" a chi passa a leggere e rimane silenzioso.
Un "grazie con inchino" a chi passa a leggere, rimane silenzioso e non mi lancia pomodori e simili.
Un "grazie infinite con riconoscenza" a chi passa a leggere e mi lascia qualche parolina. Sono ben accette critiche costruttive ed anche sinceri suggerimenti di darmi all'ippica.
Chiara
  
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