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Autore: Kagome_86    07/04/2013    8 recensioni
Post-Clockwork Princess. Attenzione SPOILER per chi non ha letto ancora il romanzo.
La gente lo guardava con sospetto, aspettando che da un momento all’altro seguisse le orme di suo padre. Lo Shadowhunter morto di sifilide demoniaca. Una vergogna per i Nephilim di ogni tempo. A nulla era valso il fatto che avesse aiutato Charlotte e gli altri a uccidere suo padre, e che anzi fosse stato l’autore materiale della sua morte. A nulla era servito combattere contro Mortmain e il suo esercito di automi. Lui sarebbe stato sempre il figlio di suo padre. E non era giusto voler condannare Cecily a una vita di sguardi e battutine sottovoce.
Ovviamente Heronwood. Protagonisti sono Cecily Herondale e Gabriel Lightwood.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cecily Herondale, Gabriel Lightwood
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Fece una giravolta, poi un salto. Raccolse le braccia e la spada angelica al petto e fece una capriola a terra avvicinandosi al nemico. Senza perdere tempo affondò la spada nel suo cuore e quello scomparve.
Un applauso leggero lo distrasse. Sapeva già chi era, era sempre lì quando si allenava. Si avvicinò a lei con passi lunghi e lenti, fermandosi a pochi centimetri dalla più bella ragazza che vivesse nell’Istituto.
« Piaciuto lo spettacolo? » le chiese, con un sorriso spavaldo e il cuore che batteva appena più velocemente del normale. Per la vicinanza di lei, non per l’allenamento.
« Se non fossi certa di sapere chi ho davanti penserei di parlare con mio fratello, » gli rispose, con la stessa aria divertita di sempre, scostandogli dalla fronte un ciuffo di capelli che era ricaduto lì durante le acrobazie.
« Non so se prenderla come un complimento o un’offesa, » scherzò lui.
Era una routine, la loro. Lei lo osservava allenarsi per ore, fino a quando non si stancava di stare a guardare il suo allenamento solitario e decideva di interromperlo. Alcune volte per allenarsi con lui, altre… ecco, era meglio se non pensava alle altre volte, altrimenti la sua reputazione di Shadowhunter tutto d’un pezzo sarebbe andata a farsi benedire. Insieme a qualche pezzo del suo corpo, se William avesse saputo qualcosa delle altre volte.
« Non so, io lo prenderei come complimento. In fondo a soli diciotto anni era a capo di un Istituto. E non di un Istituto qualsiasi. »
« Hai ragione, » disse, voltandosi. Raccolse la spada dal pavimento e iniziò a riordinare la stanza, convinto che quella sarebbe stata una delle altre volte. Cecily stava parlando troppo, di solito se voleva allenarsi si buttava subito nella mischia.
« Perché riordini? » gli chiese.
Gabriel si bloccò in mezzo alla stanza con i giochi in braccio.
« È dovere di ogni buon Shadowhunter prendersi cura delle proprie armi, Cecily. È la lezione numero uno, e vale tanto per l’allenamento quanto per il combattimento, » rispose, continuando a sistemare.
« E tu sei uno Shadowhunter perfetto, no? » il sussurro che gli sfiorò l’orecchio lo fece rabbrividire. Sorrise.
Era silenziosa, la sua Cecily. Una Shadowhunter con i fiocchi. E pensare che ricordava ancora quando aveva cominciato ad allenarla, tre anni prima.
« Non così tanto, se mi lascio cogliere di sorpresa da te. »
Lasciò andare le armi e si girò velocemente. Cecily non si spostò. Avrebbe potuto farlo, ma non aveva voluto . Ovviamente.
La strinse tra le sue braccia, mentre lei gli circondava la vita con le sue, più sottili, ma allo stesso tempo solide e muscolose. Le braccia di una guerriera, non più quelle di una elegante signorina di buona famiglia, come quando l’aveva conosciuta.
« Sei perfetto per me » gli sussurrò lei contro la spalla.
Gabriel sentì il sorriso sul volto allargarsi ancora di più, mentre scioglieva l’abbraccio quel tanto che bastava per poter posare una mano sul collo di lei, farle sollevare il viso verso il suo e finalmente posare le labbra su quella bocca dolcissima che oramai conosceva come una qualsiasi parte di se stesso, ma che non si stancava mai di assaggiare ed esplorare.
Sentì le mani di lei risalirgli lungo la schiena e allacciarsi dietro il collo, mentre la sua mano, quella che non era impegnata a tenere la bocca di Cecily il più vicino possibile alla sua, trovava posto proprio nell’incavo della schiena di lei.
Con Cecily era sempre così, non riusciva a trattenersi, ma sapeva che non era giusto. Per lei, per lui, per quello che erano e rappresentavano.
Non era giusto volere di più, perché, come gli aveva ricordato, lei era la sorella del capo dell’Istituto di Londra. Era una Herondale, veniva da una delle famiglie di Shadowhunters più importanti del paese, mentre lui era un Lightwood. La gente lo guardava con sospetto, aspettando che da un momento all’altro seguisse le orme di suo padre. Lo Shadowhunter morto di sifilide demoniaca. Una vergogna per i Nephilim di ogni tempo. A nulla era valso il fatto che avesse aiutato Charlotte e gli altri a uccidere suo padre, e che anzi fosse stato l’autore materiale della sua morte. A nulla era servito combattere contro Mortmain e il suo esercito di automi. Lui sarebbe stato sempre il figlio di suo padre. E non era giusto voler condannare Cecily a una vita di sguardi e battutine sottovoce.
Eppure lo voleva lo stesso. Voleva addormentarsi stringendola tra le sue braccia dopo aver fatto l’amore con lei, voleva svegliarsi al mattino ritrovandola lì dov’era quando si era addormentato. Non voleva più accontentarsi delle briciole di tempo che rubavano agli allenamenti, gli unici momenti in cui, da quando avevano iniziato a uscire insieme ufficialmente, era concesso loro di stare da soli all’interno dell’Istituto. E soltanto perché la porta non si chiudeva a chiave.
Cecily mise fine al bacio.
« Gab, cos’hai? » gli chiese, accarezzandogli una guancia, con il sorriso più dolce dell’intero globo terrestre e quel lieve accento gallese che non voleva andarsene.
In quel momento, davanti a quel sorriso, Gabriel non riuscì a mettere un freno alle sue parole.
« Sposami » le disse. Non era una domanda, ma una richiesta. E se ci pensava bene non era neanche una richiesta, ma una necessità. Aveva bisogno di sapere che sarebbe stata sua per sempre, che non l’avrebbe mai lasciato. Che era sicura di lui come lui lo era di lei.
Sorrise, perché forse non era stata la proposta più romantica del mondo, con gli abiti da combattimento sudati addosso e nella stanza degli allenamenti, e sorrise anche per la tensione. Aveva lanciato una bomba e ora aspettava le conseguenze.
Azzardò uno sguardo e vide una luce birichina danzare negli occhi blu che tanto amava.
« Anche domani » gli rispose, prima di sollevarsi sulle punte per baciarlo ancora. E ancora. E ancora.

***

Fu solo dopo molti baci, quando quella fame era stata placata ma non del tutto saziata, che si sedettero a parlare in un angolo della palestra.
« Mi dispiace non avertelo chiesto in un modo più… romantico, » le disse, con l’indice che continuava a sfiorare quel naso perfetto, i suoi zigomi alti, le sue guance e quelle labbra carnose ora gonfie per i baci.
« Mr Lightwood… » sospirò, senza riuscire a trattenere una risata. « Gabriel, era perfetto. Il momento era perfetto, tu sei perfetto e io… io mi sento perfetta, quando sono con te. »
« Sei tu che rendi il mio mondo perfetto, » disse sorridendo.
« Ti amo, Mr Lightwood. »
« Ti amo anch’io, quasi-signora-Lightwood. »
« Forse dovremmo pensare a chiamarti signor Herondale, con i figli di Charlotte e Henry l’hanno fatto - » la risata si spense sulle sue labbra, probabilmente qualcosa nella sua espressione l’aveva fatta desistere dal continuare. Aveva toccato una delle sue paure più grandi, quella che neanche lei lo accettasse per quello che era e che avesse paura del suo nome. Una di quelle paure che non aveva mai espresso ad alta voce, ma che lei doveva avergli letto sul volto, perché subito sulle sue labbra si formò il sorriso che dedicava solo a lui, quello dolce che le accendeva gli occhi, e pronunciò le parole di cui lui aveva più bisogno.
«Scherzavo, Gab. Signora Lightwood sarà perfetto.»


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Erano giorni che minacciavo qualche amica con l'idea di una Heronwood, la coppia che ho amato di più in Clockwork Princess, ma erano anche mesi che non mettevo mano alla tastiera o alla penna per scrivere qualcosa che non avesse a che fare con la medicina. Durante un viaggio a Londra che ho fatto recentemente, una sera, prima di addormentarmi, ho scritto questa storia. Non è lunga e non è neanche complessa. Ma l'ho scritta e ne sono felice.
Spero sia piaciuta anche a voi.

La dedico a tutti i romantici che non smettono di sognare, e in particolare al gruppo di lettura e sostegno che ogni giorno mi fornisce nuove letture. Voi sapete chi siete ^____^
   
 
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