Film > Le 5 Leggende
Ricorda la storia  |      
Autore: SunliteGirl    14/04/2013    4 recensioni
Prima classificata + Premio Maestria al contest "Before to become a Guardian" indetto da _Atreius_ nel forum di Efp, nella sezione "Altri Guardiani"
William Sanderson è un artigiano di Londra, muto e dagli strani occhi ambrati. Vive una vita tranquilla, in compagnia dei suoi piccoli amici e di una ragazza molto speciale, cercando di comunicare al mondo esterno i suoi sentimenti attraverso la pittura. Mai si sarebbe aspettato di essere accusato dall'Inquisizione, ma ancora di più di essere scelto per divenire il Guardiano dei Sogni.
La mia prima storia sul fandom "Le 5 Leggende" :D Quello che richiedeva il contest era di immaginare un'ipotetica vita di uno dei nostri amati Guardiani (oppure di Jack Frost, nella sezione "Jolly"), precedente alla morte, e magari pensare per quale motivo quel personaggio possa essere stato scelto come Guardiano dall'Uomo nella Luna.
Spero la leggerete in molti, e che magari lascerete delle recensioni per farmi sapere ciò che ne pensate ;)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandman
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sandman

Nome autore (Efp/forum): SunliteGirl

Personaggio scelto: Sandman

Rating: Giallo

Genere: drammatico, introspettivo, romantico

Note: tema delicato

Note dell’autrice: Questa storia l’ho “sentita” molto e, dato il tema delicato, è stato difficile scriverla; inoltre è la prima volta che scrivo qualcosa sul fandom “Le cinque Leggende”, nonostante abbia visto il film milioni di volte. Sandman è il mio guardiano preferito (insieme a Jack, ovvio) e ho cercato di spiegare il motivo per cui potrebbe essere stato scelto nel miglior modo possibile, ma non sono sicura del risultato (?). Infondo, è un personaggio di cui si sa molto poco, e perciò ho cercato di creare un passato e una personalità decenti ad un Guardiano così enigmatico, ricollegandomi comunque a dei particolari notati nel film :) Inoltre ho inserito una figura molto somigliante a Pitch Black, all'interno del racconto. Potrebbe essere lui, come anche no, lascio tutto libero all'interpretazione :D
Fatte queste premesse, spero che la storia vi piaccia e che magari mi facciate sapere che ne pensate :D

 

Prima classificata + premio maestria al contest “Before to become a Guardian”  indetto da _Atreius_ sul forum di Efp

 

 


La voce dei sogni

 

 

 

Un dolore lacerante attraversa la sua schiena, piegata in una posizione innaturale. Non si stupirebbe, se scoprisse che in realtà il suo corpo è diviso in due.  China il capo, sconfitto infine dal dolore, e si sente ricadere in avanti, anche se le catene legate intorno ai suoi polsi gli impediscono di atterrare sul pavimento freddo, tenendolo sospeso a pochi metri dalla superficie di pietra.
Il silenzio opprime la stanza vuota ed isolata dal mondo esterno, se non per una piccola finestrella posta esattamente nella parete di fronte a lui. William Sanderson, umile e gentile figlio di un artigiano, ancora non riesce a capire cosa possa aver fatto per trovarsi in quel luogo. Avrebbe voluto gridare mentre la sua carne veniva tagliata numerose volte, mentre uomini dai volti mascherati e l’alito che puzzava continuavano a dirgli di confessare di essere un seguace del demonio, ben sapendo che non avrebbe potuto rispondere. Perché?
E poi era entrato lui, vestito di nero, i capelli corti e neri, la barba ispida e quei piccoli occhi scuri, freddi. Lo aveva guardato con un piccolo sorriso compiaciuto e poi aveva dato la sua testimonianza di fronte agli inquisitori. «Quest’uomo si è macchiato di orribili crimini. L’ho visto con i miei stessi occhi parlare con un gatto nero e insegnare arti oscure ai nostri bambini, cercando di spingerli fra le braccia del demonio». William avrebbe voluto dire loro che si trattava solo di una terribile menzogna dettata dalla gelosia, ma quando aveva aperto la bocca, ancora una volta non ne era uscito alcun suono. Allora aveva semplicemente chiuso gli occhi, mentre cominciava un'altra tortura.

Dai suoi occhi gonfi e violacei cominciano ad uscire delle lacrime, mentre le sue spalle sono scosse dai singhiozzi. Ed è inevitabile che i suoi pensieri tornino a suo padre, Jake Sanderson, che lo aveva accolto nella sua famiglia come un vero figlio, quando nemmeno sua madre aveva voluto prendersi cura di lui, un bambino muto dagli occhi di uno strano colore ambrato. Cosa avrebbe pensato di lui, se fosse stato ancora vivo? Cosa avrebbe fatto, al suo posto?
Improvvisamente sente dei passi pesanti avvicinarsi alla cella in cui è rinchiuso e, come per riflesso, subito comincia a tremare per la paura di un nuovo turno di sevizie. Quando sente la porta di legno massiccio aprirsi e la guardia avvicinarsi a lui, subito percepisce il bruciore di nuove ferite lungo il suo corpo. Ma si stupisce, quando la guardia si limita a sbattergli sotto il naso una ciotola d’acqua e un pezzo di pane vecchio. «Goditi la tua ultima notte, maiale» gli dice la guardia, sprezzante, prima di sputare per terra. William rimane immobile fino a quando non sente i passi perdersi nel corridoio silenzioso, allora abbassa la testa e si fionda sulla ciotola, cercando di intrappolare qualche sorso d’acqua all’interno della bocca. Poi si accascia di nuovo, questa volta cercando di appoggiarsi alla parete di roccia. La stanchezza prevale anche sul dolore, permettendogli di sedersi e chiudere gli occhi doloranti. La mia ultima notte. William cerca di aggrapparsi ai bei ricordi, mentre sente la disperazione impossessarsi di lui. E subito, invece che in una cella buia, immagina di trovarsi di nuovo sul prato della campagna, all’ombra della quercia che spesso gli aveva fatto compagnia in pomeriggi interminabili.

 

«Will, cosa stai disegnando?» gli chiede la piccola Sum Johnson, mentre lo osserva dipingere uno strano animale su di una tela bianca. «Cosa glielo chiedi a fare, sciocca? Quando avrà finito lo vedrai» dice Joy Sullivan, incrociando le braccia al petto e guardando Sum con aria di sufficienza. Sum apre la bocca per rispondergli a tono, ma viene zittita dalla mano di William, che si posa gentile sulla sua testa. Le fa un cenno con la mano, intimandole di aspettare, poi prende dal taschino della giacca un foglio e una mina. Scrive la risposta e poi la passa a Sum, che legge ad alta voce «Si tratta di una tigre, piccola Sum. E tu, Joy, sii più educato con le signorine». Sum comincia a ridacchiare, seguita dalle altre bambine lì presenti, mentre Joy arrossisce fino alle punte delle orecchie. «La tigre che stai disegnando è bellissima, Will, mi piace tanto. Però, non ne ho mai vista una qui a Londra» esclama Rachel Finnigan, seduta per terra accanto a Sum. William ride e Joy dice «Ovvio che non ne hai viste. Ho letto nel libro che Will mi ha prestato che vivono in India». Il ragazzo annuisce e sorride al bambino, contento che abbia davvero letto quel libro di racconti. «Oh, che cosa affascinante!» dice un'altra bambina di nome Kate, e tutti i presenti annuiscono di rimando. «Io non direi» esclama però John Jackson. Una volta attirata su di sé l’attenzione dei presenti, continua « Mio padre è stato in India per i suoi commerci e mi ha raccontato che tutti hanno paura delle tigri, perché mangiano i bambini, specialmente quelli che si comportano male. Mi ha detto anche che, se un bambino disubbidisce ai genitori, potrebbe venire una tigre a portarselo via». Compiaciuto, osserva gli altri bambini scambiarsi sguardi impauriti. William, però, gli lancia un’occhiata di rimprovero, e poi ripesca il foglietto e la mina. Sum dice, leggendo di nuovo il biglietto ad alta voce «Ma questa è una tigre diversa e lei non farebbe mai dei male ai bambini». John sgrana gli occhi e chiede, scettico, «E cosa fa, allora?». William rimane per un attimo assorto nei suoi pensieri, poi i suoi occhi ambrati si illuminano, colti da un’idea improvvisa. Utilizzando le dita al posto del pennello, disegna un bambino seduto in groppa alla tigre e il muso dell’animale, anziché essere feroce, appare sorridente e buono. Il bambino ride e abbraccia la tigre, aggrappandosi alla sua pelliccia folta. I suoi piccoli spettatori rimangono in silenzio e ammirati, poi cominciano a ridere e uno di loro esclama «Ma porta a passeggio i bambini!». William sorride e si volta a guardare di nuovo la tela. Questo è il modo in cui lui comunica con il mondo esterno. La sua arte è tutto ciò che ha, eppure a volte si stupisce di quanto essa sia più efficace di mille parole. Tutto ciò che può fare, per rendere la sua vita meno inutile, è donare a quei bambini piccoli attimi di felicità e aiutarli a sognare un mondo migliore. «La vorrei anch’io una tigre domestica» sospira Sum, con occhi sognanti.

 

William si stupisce del ricordo che, fra tutti, affiora nella sua mente. Cerca di sorridere al pensiero dei suoi piccoli amici, ma le labbra secche e aride si aprono in tante piccole ferite, da cui cominciano ad uscire piccole gocce di sangue. William comincia a sentire il freddo e il peso della solitudine, che gli attanaglia le viscere in una morsa. Non capisce il perché, ma proprio in quel momento pensa a Jane. La sua Jane. E mentre la luce della luna penetra dalla finestrella, circondandolo con il suo candore, lui apre le labbra e cerca di pronunciare il nome di quella ragazza che, per tutti quegli anni, lui aveva amato. Sin dal momento in cui i suoi occhi si erano posati sulla snella figura di Jane Sullivan, i suoi capelli scuri e il suo modo di fare timido e ingenuo, non era più riuscito a pensare ad altro.

 

William sta per uscire dal negozio che ormai gestisce da solo, quando si accorge di uno strano oggetto proprio accanto alla porta. Raccoglie fra le mani il cestino di vimini e solleva un panno candido, rivelando due pagnotte ancora calde e un fiore di campo giallo e arancione, bellissimo. Sorride, mentre inspira il profumo di quel dono inaspettato. Lo ricopre con il panno e poi esce, chiudendo la porta a chiave. Però, appena si volta, decide di fare una deviazione per tornare a casa. Si avvia perciò lungo un sentiero che porta fuori città, dove le abitazioni si fanno più rade. Si ferma solo quando raggiunge la casa della famiglia Sullivan, non lontano dalla riva del Tamigi. Non si stupisce nel vedere Joy e il suo migliore amico Steven ancora intenti a giocare nel piccolo giardino. Estrae dal taschino due fogli piegati e poi, camminando con passo veloce, si avvicina ai due bambini e consegna un biglietto a Joy, in cui gli chiede di consegnare una cosa alla sorella maggiore, Jane, da parte sua. Joy annuisce e promette solennemente, dopodiché prende fra le mani il rotolo che William gli porge e corre in casa, salutandolo.
Il giorno dopo, mentre William è intento a pulire le mensole del negozio dalla polvere, Jane Sullivan entra nel negozio, le guance rosse e lo sguardo timido. «Buongiorno, signor Sanderson» lo saluta, accennando ad un inchino. William china il capo, rivolgendole un silenzioso saluto. I due rimangono per alcuni minuti in silenzio, osservandosi di sottecchi. William non si aspettava quella visita, ma ne è felice. Sente il cuore battere più forte del normale e un improvviso calore, che gli imporpora le guance e lo fa sudare. Si sente sempre più nervoso quando Jane è di fronte a lui. Rimane a lungo a guardarla, i capelli mossi raccolti in una crocchia e un vestito blu che le avvolge il corpo snello. La ragazza, dopo essersi sistemata una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio, solleva improvvisamente il volto e con troppa enfasi esclama «Il ritratto che mi ha regalato è meraviglioso, ma, davvero, mi rende troppo onore, io non sono così bella». Arrossisce ancora di più e abbassa di nuovo lo sguardo, guardandosi le mani che si stanno torturando a vicenda. «Io ci tenevo a ringraziarla e… spero che il pane fosse di suo gradimento» dice, poi. William rimane per un attimo immobile e imbarazzato, ma una volta ripresosi dal momento, prende un pezzo di pergamena e scrive su di esso un messaggio per Jane. La ragazza prende fra le mani il biglietto e, dopo averlo letto, sorride felice alzando di nuovo lo sguardo. Osserva William, alto e robusto, con folti capelli biondi, un sorriso gentile e un paio di bellissimi occhi ambrati, e sente i suoi occhi castani annebbiarsi per le lacrime. «Oh, William. Io vorrei volentieri fare una passeggiata con lei. Mi renderebbe davvero felice» sussurra poi, sorridendogli. William annuisce e subito fa quei pochi passi che gli permettono di oltrepassare il banco del suo negozio e raggiungere Jane, cui porge il braccio. La ragazza fa passare il suo braccio sotto quello di lui e appoggia una mano sul suo avambraccio, prendendolo a braccetto. I due oltrepassano l’entrata insieme, poi, una volta chiuso il negozio, camminano insieme lungo la via principale. Jane gli parla spesso, raccontandogli delle attività che svolge durante la giornata, delle sue letture pomeridiane e delle passeggiate nei campi. Poi gli svela anche di aver amato molto il libro di fiabe che William aveva regalato a Joy. Anche se William non può parlarle, spesso scrive dei bigliettini e lei li legge ad alta voce, commentando o rispondendo. La passeggiata trascorre nel migliore dei modi possibili, finché non appare qualcuno a rovinarla.
Si trovano accanto ad una bancherella di dolciumi, quando la voce sgradevole di un uomo interrompe quella di Jane. «Jane, che ci fa lei qui?». I due si voltano subito per vedere Christian Rowley di fronte a loro, con i suoi piccoli e meschini occhi neri che li scrutano sospettosi. «Non mi dica che sta accettando la corte di quel muto». William si irrigidisce, ferito da quelle parole, mentre Jane trova il sufficiente coraggio di rispondere «Non deve importare a lei, signore, di chi io accetti la corte». Christian li guarda con odio, mentre dice «Dovresti scegliere quella di qualcuno che ti meriti di più». «Nessuno mi merita più di lui» dice ancora una volta la ragazza, sorpresa da tutto il coraggio che all’improvviso sembra averla scossa. «Come preferisce» sussurra lui, ma poi, prima di andarsene, si rivolge a William «Te ne pentirai».

 

William sussulta e comincia a tremare al ricordo di quell’episodio. Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a tanto per ottenere la sua vendetta. Apre gli occhi gonfi e si stupisce nel vedere, attraverso la piccola finestra, la Luna. Lo avvolge con la sua luce, quasi per volerlo consolare in quel momento terribile. Sembra volergli ridare la forza con cui aveva sempre spinto gli altri a sognare, a vedere un mondo migliore di come fosse in realtà. E lui le parla, in silenzio. Con una muta richiesta le chiede di proteggere Jane, di donare una vita felice a quei bambini che, in un mondo in cui gli adulti lo avevano disprezzato, gli erano rimasti sempre accanto. Ma soprattutto, chiede che davvero il mondo diventi un luogo in cui non esistano uomini come Rowley o come quelli che l’hanno torturato. Un mondo in cui le tigri si prendono cura dei bambini e in cui non esistono “brutti sogni”. Parla alla Luna e lei gli risponde con parole gentili e silenziose, da lontano. Lo culla e gli infonde coraggio, spingendolo piano piano fra le braccia di Morfeo, in cui tutti gli orrori del presente saranno cancellati dai ricordi, e lui si ritroverà ancora seduto su quel prato, in compagnia dei suoi amici, la sua amata e suo padre. Dove, per l’ultima volta, trascorreranno ore felici.

 

Viene svegliato da un doloroso calcio nell’addome ancora prima che le prime luci dell’alba squarcino le tenebre. È slegato dalle catene della cella, subito sostituite da una vecchia corda, legata in modo tanto spesso da lacerargli la carne dei polsi. Si stupisce, nel momento in cui si rende conto di essere ormai immune al dolore. Non sente nulla, nemmeno nel momento in cui lo strattonano e lo sbattono contro le rocce taglienti.
Circondato dalle guardie, viene trascinato lungo un corridoio oscuro e poi una scalinata, percorso che aveva già seguito quando era stato portato nella sala della tortura. Ma questa volta il tragitto subisce una modifica, e viene condotto attraverso un’ulteriore rampa di scale. Si ritrovano in un grande atrio, in cui lo attendono l’inquisitore e un paio di uomini incappucciati. Mentre William viene condotto all’aperto e, successivamente, su un carro di legno, pensa a quale morte lo attenda. Ha assistito solamente a due esecuzioni nella sua vita, e in entrambi i casi non era riuscito a osservare la scena per più di dieci secondi. Ricorda di essersi tappato le orecchie per non sentire le urla angoscianti di quelle persone, sopraffatto dal dolore per tutta quella crudeltà. E ora che sarebbe stato lui stesso il protagonista, chissà se qualcuno avrebbe provato pena per lui.
Non appena giungono nella piazza centrale della cittadina, comincia a sentire gli insulti della gente e i loro sguardi d’odio. Li guarda spaventato e confuso, cercando qualche espressione amichevole o compassionevole fra tutti quei volti. All’improvviso, un alto grido supera le schermaglie. William alza lo sguardo e scorge la figura di Jane farsi spazio fra la folla. Allunga una mano verso di lui, sopra il carro, ma viene allontanata dalle guardie. «William!» grida, vedendolo ormai allontanarsi. Ma il ragazzo le sorride tranquillo, poi appoggia una mano all’altezza del suo cuore e la indica poi, con l’indice. Jane rimane immobile e sorride fra le lacrime, annuendo. William vede anche Sum e John, fra la folla, guardarlo con gli occhi pieni di lacrime. Lui sorride e li saluta con un cenno della testa, fingendo che tutto vada bene.

Nell’ora che trascorre, viene trascinato su un palco di legno e legato sopra una catasta di legno e fieno, mentre l’inquisitore gli intima ancora una volta di confessare i suoi peccati e di chiedere perdono a Dio. William rimane in silenzio e chiude gli occhi, preparandosi a subire quell’ultima ingiustizia. Non una lacrima esce dai suoi occhi chiusi, nessuna manifestazione di disperazione viene mostrata dal suo volto. Aspetta, semplicemente.
Il fuoco lo circonda in pochi attimi. Il ragazzo cerca di urlare per il dolore, ma la bocca aperta fa penetrare solamente il fumo nero , che lo soffoca. Le fiamme raggiungono i suoi piedi e le sue braccia, cominciando a divorare la sua carne. In quei brevi ultimi istanti di vita, William Sanderson prova un immenso dolore. Ma poi, all’improvviso, tutto tace e viene circondato dalle tenebre. Vede solo la luna, alta nel cielo, prima di dissolversi in tanti granelli di sabbia e perdere coscienza.

Apre gli occhi di scatto, ma non vede nulla al di fuori delle tenebre. Si alza velocemente, tanto da essere colto da un giramento, una volta in piedi. Stordito a causa della cecità e la sorpresa, cerca di avanzare nel buio, tendendo le braccia davanti a sé, pronto a captare possibili ostacoli. Accade tutto in modo tanto improvviso da farlo cadere a terra. Un enorme fascio di luce appare davanti ai suoi occhi, accompagnato da un vento gelido e forte. Comincia a respirare affannosamente, mentre ripara gli occhi con una mano e percepisce l’aria sferzagli gli abiti e i capelli. Una sagoma appare all’improvviso e cammina attraverso tutta quella luce, fermandosi solo a pochi metri da lui. Si guardano alcuni minuti, prima che l’uomo apra la bocca e chieda «Chi sei?». Nel sentire per la prima volta la propria voce, l’uomo si copre la bocca con le mani, incredulo. Com’è possibile? La figura rimane in silenzio alcuni secondi, poi, con una  voce potente e profonda, chiede a sua volta «E tu, chi sei?». L’uomo, guardando la figura con sguardo perplesso, fa per rispondere «Io sono…», ma poi si zittisce, insicuro. «Io sono…Sandman. E tu sei l’Uomo nella Luna». La figura annuisce, ma senza aggiungere altro. «Perché hai scelto me?» sussurra, osservando una strana sabbia dorata comparire improvvisamente attorno alle dita delle mani.

«Perché sei tu».

 

 

***

 

 

Joy Sullivan giace abbracciato alla sorella, Jane. Vorrebbe dormire, ma è scosso da violenti singhiozzi e il volto è completamente bagnato di lacrime. All’improvviso, i singhiozzi diventano tanto forti da farlo tremare in preda alle convulsioni. Il bambino cerca la sorella con la mano, ma stringe solo il lenzuolo ruvido e si rende conto di essere rimasto solo. Vede un grande fuoco che lo circonda e comincia a bruciare la stanza. Urla, ma nessuno arriva a salvarlo. Però, proprio quando la paura fa posto alla disperazione, una tigre con un unico balzo sorpassa il fuoco e, con un sorriso gentile, lo intima a salire sulla sua schiena. Joy non se lo fa ripetere due volte e, sedutosi in groppa all’animale, si aggrappa alla sua pelliccia. Rimane per un attimo stupito, nel momento in cui sente quanto sia morbido e lucido il suo pelo. Con un enorme balzo, la tigre e il bambino superano le fiamme e ricadono, stranamente, in una foresta lussureggiante. Mentre avanzano lungo un sentiero, Joy osserva ammirato le piante esotiche e gli strani animali che la abitano. Lancia un piccolo grido, non appena un grande serpente scende da una liana proprio vicino al suo viso, ma ancora di più rimane meravigliato quando questo lo saluta, in tono amichevole.
La tigre si ferma solamente non appena arrivano in prossimità di una grande radura, da cui in lontananza si scorge una di quelle strane abitazioni che erano illustrate nel libro di favole di Will. «Non capisco» sussurra, dando finalmente voce ai suoi pensieri, «Cosa ci faccio qui? È un sogno?». Joy sussulta, non appena la tigre gli parla «Potrebbe essere un sogno, ma chi vi dice che non sia la realtà?». La tigre volge il muso verso il bambino e Joy sorride, non appena i loro sguardi si incrociano. Saprebbe riconoscere quegli occhi ambrati fra mille. «Will» sussurra, e la tigre sorride, mostrando una fila di denti bianchi e appuntiti.

Uno strano ometto basso e cicciottello, osserva in silenzio il bambino addormentato nel suo letto fra le braccia della sorella. Soffia su di loro una fina sabbia dorata, che subito si posa sulle loro teste e cancella ogni traccia di paura dalle loro menti. L’uomo dai capelli dorati e gli occhi ambrati sorride nel vedere i loro volti sereni. Vorrebbe trascorrere ancora molto tempo con loro, ma nella sua testa e nel suo cuore sente altre mille voci chiamarlo e dirgli di avere bisogno di lui, dei sogni che lui può donare loro. È giunta l’ora di dire addio.
Dopo aver posato le labbra sulla fronte della ragazza, dona un’ultima carezza al bambino addormentato. È proprio quando ha ormai dato loro le spalle e raggiunto la finestra della camera da letto, che la voce del bambino lo ferma. «William, grazie» sussurra nel sonno, ancora addormentato, e l’uomo sente una stretta al cuore. Alza lo sguardo al cielo e la Luna è proprio davanti a lui, in alto, e sembra osservare la scena. Senza smettere di guardarla, si alza nel cielo notturno circondato da una sottile sabbia dorata e, una volta raggiunta una tale altezza da poter osservare l’intera cittadina dall’alto, distende le braccia e chiude gli occhi, concentrandosi. La polvere dorata si unisce improvvisamente formando delle strane creature e subito milioni e milioni di sogni dalle forme diverse avanzano danzando nell’aria, pronti a raggiungere i bambini che addormentati nei loro letti li aspettano. E colui che un tempo fu William Sanderson, in silenzio ringrazia l’Uomo nella Luna per il dono che ha voluto fargli.

 

Lui si chiama Sandman ed è un Guardiano.

Il suo compito, proteggere i bambini da Pitch e dai suoi incubi.

Con la sua forza, è ora in grado di far sognare un mondo migliore.

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Le 5 Leggende / Vai alla pagina dell'autore: SunliteGirl