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Autore: Medea00    19/04/2013    16 recensioni
Era mai possibile svegliarsi di colpo tre anni nel futuro, con la sola eccezione di trovarsi nel presente?
Tratto dal capitolo 4:
Tre anni. Tre anni... equivalevano a millenovantacinque giorni.
Millenovantacinque giorni completamente cancellati dalla memoria. Vista da quella prospettiva, però, sembrava meno spaventoso: non erano dieci milioni, e nemmeno cento mila. Erano soltanto millenovantacinque. Un migliaio di giorni persi. Contando quanto il tempo passasse in fretta, e quanto i giorni si susseguissero senza nessun avvenimento rilevante, alla fine quanto potevo essermi perso? Duecento, trecento avvenimenti importanti?
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime, Otherverse | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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 Anche un orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno.
Herman Hesse






 

Quella notte feci un sogno strano.
Ero da solo, in una casa che non riconoscevo; intorno a me c’erano foto di persone che non avevo mai visto in vita mia, e io ero lì con loro, che sorridevo, salutavo verso l’obiettivo, a volte perfino abbracciavo qualcuno.
Ce n’era una mia insieme a Adam in completo da matrimonio, mentre ci scambiavamo le fedi nuziali; e poi un’altra, in cui ero in un parco con Blaine. Lui indossava dei semplici jeans e maglietta, io una tuta: eravamo seduti su una panchina a sorseggiare caffè, lui mi stava parlando di chissà cosa e io ridevo, accarezzandogli il dorso della mano.
L’ho detto io che era un sogno strano: non uscirei mai di casa in tuta.
 
 
Per una serie incalcolabile di minuti fissai il soffitto bianco e vuoto, mentre le immagini della sera precedente scorrevano davanti ai miei occhi come le diapositive che papà mi faceva vedere ogni estate, quando tornava dal campeggio con Carole. Sono quelle cose che non vuoi davvero vedere, di cui faresti volentieri a meno, ma sei obbligato a farlo; così come io ero obbligato a uscire da quel letto, farmi una doccia e prepararmi per la giornata.
Mentre lavavo i denti mi osservai allo specchio: le occhiaie erano ancora più violacee di prima, il volto leggermente più incavato. Per la prima volta in vita mia provai nostalgia verso quelle guance rosse e paffutelle che mi avevano sempre contraddistinto.  Poi, scacciando dalla mente quel pensiero, mi infilai sotto la doccia.
Era tutto talmente meschino da risultare anche un po’ ironico: proprio quando avevo avuto l’impressione di aver ripreso le redini della mia vita, iniziando a riempire gli spazi vuoti e quelli scoloriti, ecco che una folata di vento era arrivata a spazzare tutto quanto. E non ero nemmeno tornato al punto di partenza, no, ero ancora più indietro. Ma da qualche parte dovevo pur ricominciare.
Questo pensai, mentre l’ultimo ciuffo di capelli si asciugava sotto al getto d’aria calda del phon a ioni, e decisi di occuparmi personalmente di quella faccenda piuttosto strana. Quella faccenda che aveva un nome e un cognome, degli occhi nocciola, un sorriso semplice quanto disorientante.
Bene: se ero davvero l’amante di quel Blaine Anderson, quanto meno avrei dovuto trovare delle prove. Un regalo impacchettato maldestramente, un bigliettino spiegazzato, qualsiasi cosa. Così corsi in camera da letto, l’unico posto in cui avrei potuto nascondere qualcosa di incredibilmente pericoloso, e dopo essermi guardato un po’ intorno cominciai a frugare nel cassetto della biancheria. Insomma, avevo sempre nascosto lì le cose, quando non volevo che papà le trovasse; ma oltre a degli slip con delle borchie e un altro paio con la coda di coniglietto attaccata dietro – le buttai immediatamente nel cestino -, non c’era niente. Era tutto incredibilmente, terribilmente pulito.
Stavo quasi per esultare, facendo una piroetta su me stesso e sorridendo come un bambino, quando inavvertitamente scorsi, con la coda dell’occhio, un armadio. Il mio armadio. Il mio armadio a muro che se ne stava lì con aria innocente, buono buono in un angolo della stanza.
Un pericolosissimo armadio a muro che conteneva chissà quali scheletri.
Mi fiondai sulla mia preda e per poco non stritolai la maniglia di un’anta: era pieno di vestiti di tutti i tipi, camicie, giacche, perfino delle converse che non avevo mai visto in vita mia e- un momento. Le presi in mano osservandole accuratamente e facendo una smorfia: come diavolo mi era saltato in mente di comprare una roba simile? E poi con cosa le abbinavo, con dei pantaloni? Nemmeno fossi David Tennant.
Ma poi, mi ricordai di aver altro a cui pensare nel momento in cui trovai un piccolo baule. Era sotto a una pila di tracolle e felpe, chiuso con un lucchetto, una combinazione a quattro numeri.
Avevo sempre usato la stessa combinazione per quel genere di serrature, e sperai con tutto il mio cuore che in tre anni non mi fosse venuta la malsana idea di cambiarla: ma no, era proprio quella. La serratura si aprì senza nessuna difficoltà e non riuscii a trattenere un “Sì!” di vittoria, agitando i pugni in aria e rischiando di perdere l’equilibrio. Lo sapevo che la data di nascita di mio padre non mi avrebbe deluso.
Un momento. Perchè stavo esultando? Quello era un baule che avevo accuratamente sigillato, in modo che nessuno scoprisse il contenuto al suo interno. Qualcosa che nessuno doveva vedere.
Era giunto il momento? Allora, finalmente, avrei scoperto la verità su me stesso, e su quello che ero diventato?
Non riuscivo ancora a crederci. Non potevo crederci. Io, un amante.
Mi tremavano le mani quando sollevai il coperchio per rivelarne l’interno, con estrema lentezza e attenzione.
Mi ero immaginato uno scenario terribile. Lettere bagnate con delle lacrime innamorate in cui io e Blaine ci professavamo eterno amore, alle spalle dell’ignaro Adam, con tanto di fiori segreti, piccoli regali, magari... una promessa.
“Avevi intenzione di lasciare Adam. Per sposarmi.”
Il mio cuore non sapeva più come funzionare. Batteva all’impazzata, sintomo di un  imminente attacco di panico insieme ai brividi che stavano correndo lungo la schiena rigida, alla pelle d’oca,  ai sudori freddi.
Non stava succedendo davvero, non poteva succedere.
In effetti, non successe.
Non c’era nessuna lettera, nè alcuna prova della mia presunta relazione con Blaine.
C’era solo un cuscino a forma di persona. Con un braccio. Un cuscino che sembrava avesse la funzione di abbracciare persone. Sulla camicia – che, purtroppo, riconobbi essere una delle mie -, c’era un nome: Bruce.
“Kurt, che stai facendo?”
In meno di un secondo quel... quella cosa era tornata da dove proveniva, il baule era di nuovo sigillato e io ero in piedi di fronte ad Adam, con un sorriso a trentadue denti e un principio di mancamento.
“Chi? Io? Niente. Niente di niente. Tu piuttosto che facevi? Come stai? Che mi racconti?”
Alla faccia dell’attore: ero più finto del seno di Pamela Anderson.
“Ti ho sentito urlare”, disse lui. “Volevo sapere se fosse tutto okay.”
“Certo. Va tutto benissimo. Splendidamente.”
Se magari avessi smesso di sorridere in quel modo, forse, ci avrebbe anche creduto.
“... Come ti è sembrata la cena di ieri sera?”
“Bene. Cioè, bella. È stata una bella serata, sembrano tutti molto carini.”
“Quindi... ti sei divertito?” Mi chiese un po’ titubante, facendo un piccolo passo in avanti. “Voglio dire, non è stato troppo stressante, vero?”
Stressante?
“Non ce la faccio più. Kurt, io ti amo. E anche tu ami me, in realtà.”
“È stata una serata tranquillissima.”
Adam sembrò come illuminarsi a quella risposta, rilassando i muscoli tesi delle spalle e prendendo un lungo respiro liberatorio.
“Bene. E... a memoria, come andiamo?”
Bastò un piccolo cenno con la testa per fargli capire che non c’erano stati progressi. Sul suo viso comparve una smorfia, che tentò di mascherare maldestramente con un’espressione incolore; parlò con un tono di voce molto morbido, come se non volesse spaventarmi. “Non ti preoccupare Kurt, procediamo con calma.”
Non sono io che sto andando veloce, volevo dirgli. È il resto del mondo che è impazzito.
“Lo sai che puoi chiedermi tutto,” incalzò di nuovo, “Se hai qualsiasi dubbio, o domanda... non esitare a chiedere.”
Uhm. Sviai lo sguardo prima sul soffitto, poi sul pavimento sotto ai miei piedi.
Come dire.
Adam, che tu sappia, ho un amante?
"Ehm.. noi... sì insomma, come siamo?"
Inutile dire che restò piuttosto confuso da quella domanda, motivo per cui mi fissò per un attimo e poi mi chiese: "In che senso?"
"Che tipo di coppia siamo..." Mormorai, come per fare degli esempi casuali e del tutto innocenti, "Come ci comportiamo l’uno con l’altro... se ci... fidiamo.”
Forse l'ultima frase non era uscita in modo molto casuale. In realtà la mia voce era scesa di un'ottava e avevo il fiato corto e lo sguardo puramente colpevole. Non riuscivo a guardare Adam nemmeno con la coda dell'occhio. Tutto ciò che potevo fare era stare lì, in piedi, con le mani in mano, e pregare che non iniziasse a farmi un interrogatorio dal quale non sarei uscito del tutto integro.
"Kurt", Lo sentii pronunciare, in quel modo un po' strano e spiacevole, "Non vado a letto con il mio migliore amico, se è questo che intendi."
"No. Certo che no. Ah ah. Buona questa."
Qualcosa con cui uccidermi, per favore?
Ma poi lui si limitò a voltarsi dall’altra parte, dandomi le spalle, giusto un attimo prima di uscire dalla stanza. “Ci vogliamo bene. Quando hai finito di prepararti dimmelo: ti porto a far vedere il nostro teatro.”
 
Camminammo per quaranta minuti abbondanti. Adam mi aveva proposto di prendere la macchina, ma dopo l’ultima volta, optai per una sana e sicura passeggiata.
New York era sempre bella da vedere, aiutò a distogliere le attenzione da me stesso, riversandole sul mondo che mi circondava; un ragazzino aveva preso al volo un autobus che portava verso Soho e un fotografo aveva passato mezz’ora davanti a un insegna di un locale. Ogni volta che trovava la giusta luce, il sole intanto si era mosso, e quindi gli toccava far tutto d’accapo.
Adam era piuttosto silenzioso, mentre ammirava la città insieme a me. Forse, non aveva molto da dire. Se lo avessi conosciuto meglio avrei capito che stava pensando a qualcosa.
Dopo aver svoltato l’angolo si presentò davanti ai miei occhi un edificio piccolo e anonimo, fatta eccezione per una grande insegna sulla cima. E lì sopra, c’era il mio volto. Quello ero io. Quello era il teatro in cui avrei debuttato.
Adam si voltò verso di me e fu quasi stupito nel vedere i miei occhi velati dalle lacrime, così come le mie mani che si stringevano l’un l’altra cercando di fermare il tremore. Ma come potevo stare calmo, come potevo non sentirmi sopraffatto da quella realtà che assomigliava ancora a un sogno irrealizzabile?
Io a teatro. Io come personaggio principale. Magari l’incidente mi aveva mandato in coma, e quello faceva tutto parte di uno scherzo del mio subconscio; non era possibile che stesse succedendo davvero.
“Vieni, Kurt”, Incitò Adam afferrandomi una mano. “Andiamo a vedere dentro.”
Non riuscendo a formulare nessuna risposta sensata, mi lasciai trascinare da lui fin dentro al teatro, rimanendo sopraffatto dalle poltrone colorate, la platea centrata con il palcoscenico, il sipario nel suo impeccabile colore rosso cremisi.
“Ti piace?”
“È  bellissimo”, Riuscii a dire, tra un respiro spezzato e l’altro. Adam mi cinse le spalle con un braccio e sembrò assolutamente fiero di sè.
“Dovremmo organizzarci con le prove, contattare il resto della compagnia... ma si può fare. Manca poco, Kurt.”
Manca poco.
“Ah, ecco Blaine.”
Per poco non soffocai nel mio stesso singhiozzo.
“B-Blaine?”
“Sì, non te l’avevo detto? E’ venuto anche lui a vedere il teatro.”
Certo. Giustamente. Dopotutto è il compositore, ha diritto ad ammirare il suo successo più di noi. E poi è amico di Adam e, forse, anche amico mio. Ma potevamo veramente parlare di amicizia, dopo la cena del giorno prima? Dopo quello che mi accusava di essere?
Le sue parole continuavano a trafiggermi come se mi fossero state inflitte in quel preciso istante. Eppure, provavo anche una certa ansia all’idea che ci fosse un fondo di verità; ma poi ricordai a me stesso di aver setacciato la casa in lungo e in largo in cerca di qualche indizio, senza trovarne nessuno. Certo, in quanto relazione segreta, sarebbe stato un po’ stupido lasciare in giro delle prove, ma non avevo trovato assolutamente niente,  neanche l’ombra di qualcosa capace di farmi dubitare.
Quindi, non esisteva nulla che dimostrasse la mia presunta relazione con Blaine. Potevo stare calmo.
“Blaine, finalmente ce l’hai fatta a venire.”
“Avevo perso la fermata della metropolitana.” Con il suo impeccabile sorriso gentile, strinse affettuosamente la mano di Adam, per poi voltarsi verso di me rivolgendomi soltanto un misero “ciao”.
Ciao. Tutto qui? Quattro lettere informali, fredde, assolutamente banali? Non mi dava l’idea di una grande relazione segreta. Forse, perchè non ce n’era alcuna: Blaine non mi amava, io non amavo lui, ed ero felicemente sposato. A quell’idea, il mio cuore si era fatto un po’ più leggero.
Mi persi qualche discorso tra Adam e Blaine circa la grandezza del palcoscenico o l’adattamento delle coreografie, preferendo concentrarmi sull’ammirare quel posto e sognare il giorno in cui lo avrei vissuto appieno, spettacolo dopo spettacolo. Ma poi, sarei riuscito a farcela? Non ricordavo assolutamente nulla del copione, o delle canzoni, o delle coreografie. Diavolo, non ricordavo nemmeno la trama del musical. Come avrei fatto a recitare, o meglio, a evitare delle figuracce di dimensioni epiche?
Non mi ero nemmeno accorto della presenza di Blaine alle mie spalle, fino a quando non lo sentii sussurrare il mio nome facendomi completamente trasalire.
“Adam ha ricevuto una telefonata importante, ma mi ha detto di continuare il tour senza di lui.”
Oh. Perfetto. Io e Blaine da soli. Niente di grave, dopotutto non eravamo certo amanti.
“Sicuro che non sia una tattica per incatenarmi da qualche parte e approfittarti di me?” Chiesi guardingo, scrutandolo con i miei occhi pieni di risentimento; Blaine sembrò un po’ incredulo fino a quando non si sciolse in una risata, dicendo che non aveva bisogno di quei trucchetti per fare quelle cose.
Mi faceva imbestialire. Sembrava così sicuro; come se fosse assolutamente certo che io, da un momento all’altro, potessi trascinarlo nei camerini per fare... chissà cosa.
“Sei un illuso.”
A quella frase Blaine si voltò di scatto verso di me, rimanendo in silenzio.
“Ho messo a soqquadro tutta la casa. Non ho trovato nulla. Nè un biglietto, nè uno scarto di foto, nemmeno qualche sms ambiguo.”
Blaine stava per rispondere dicendo chissà quale falsità, ma prima la sua espressione si trasformò in un sorrisetto e fece un cenno impercettibile con la testa: "Ah, capisco. Hai trovato Bruce."
"... Non so di cosa tu stia parlando."
Dovevo liberarmi di quell'affare e il prima possibile.
"E non cambiare argomento. Ammettilo."
"Ammettere cosa?"
"Che la nostra storia non esiste."
Incrociai le braccia al petto, puntando i piedi verso di lui. Per un attimo, dall’espressione dei suoi occhi grandi e ambrati, credetti di averlo sorpreso; ma poi lo vidi sospirare e sorridere, quasi comprensivo.
“Certo che esiste. Non fare lo stupido.”
“Io stupido?”
Volevo dargli un pugno. E l’avrei fatto, solo che le mani mi servivano integre per lo spettacolo.
“Kurt, devi rassegnarti. Noi due ci amiamo.”
Più lo diceva, più ne sembrava assolutamente convinto.
“Certo”, commentai acido, “infatti due persone che si amano non hanno nemmeno una foto insieme, o non si fanno regali, o si salutano come se fossero due perfetti sconosciuti.”
Dopo qualche secondo, in cui metabolizzò quelle parole, lo vidi inarcare un sopracciglio, parlando con tono confuso: “Ti stai riferendo al saluto di prima?”
Certo che mi riferivo al saluto di prima.
“Kurt”, commentò. Stava trattenendo a stento un sorriso. “So che hai perso la memoria, ma non credo che tu abbia perso anche la tua intelligenza. Credi davvero che potessi salutarti diversamente, con tuo marito a mezzo metro?”
“Beh, ovviamente no. Ma insomma, non è che mi hai salutato e basta, tu mi hai praticamente ignorato per tutto il tempo.”
“Stavo parlando con Adam”, replicò perplesso lui.
“Ma possibile che in dieci minuti di conversazione tu non ti sia mai fermato a guardarmi? Nemmeno di sbieco, nemmeno un sorriso, nemmeno una particolare attenzione verso di me?”
Per un momento mi bloccai, perchè detta in quel modo sembrava quasi che mi interessasse ricevere delle sue attenzioni, e non era così. Solo, mi sembrava impossibile avere una relazione con quel ragazzo. Mi sembrava impossibile, perchè ero sposato, e perchè lui sembrava nutrire verso di me nessun riguardo particolare.
Ma poi, tutti i miei pensieri vennero brutalmente smontati nel momento in cui affermò: “Kurt, non siamo in un flim hollywoodiano. Non esistono sguardi sottintesi, parole non dette o far piedino sotto al tavolo. Io e te siamo due persone adulte che si amano. Non abbiamo certo bisogno di dimostrarlo con queste cose da bambini, soprattutto sapendo bene quanto possa essere rischioso.”
... Maledizione. Blaine riusciva a rendere tutto così convincente.
“Parli come se stessimo insieme per davvero.” Quella frase mi scappò senza nemmeno averci pensato; Blaine, in risposta, spalancò gli occhi, fissandomi a lungo e in un modo che non riuscii assolutamente a decifrare. Era così strano. Adam sembrava un libro aperto, in confronto a lui; quando era felice, sorrideva. Quando era deluso, si ammutoliva di colpo. Mi erano bastati pochi giorni per capire quelle cose fondamentali, e invece, non riuscivo proprio a capire quel Blaine.
Fu per quel motivo che mi stupii un poco quando lo sentii parlare con un tono rauco, spezzato da dei veri e propri fremiti di rabbia.
“Non puoi dire queste cose.”
Se possibile, però, quella sua prepotenza non fece altro che incitare la mia.
“Che ti piaccia o no, che tu lo voglia ricordare o meno”, puntualizzò, “Io e te abbiamo avuto una storia. E io ti amo. Ti amo più di ogni altra cosa Kurt.”
“Adesso smettila!”
Il mio urlo riecheggiò in tutto l’atrio, attraversando le quinte, i muri di cartongesso, le poltrone di pelle. E ne restai quasi sopraffatto: non ricordavo di aver una voce così potente. Ma mi ripresi in fretta, troppo arrabbiato per lasciar cadere quelle parole al vento.
“Io sono sposato.” Mi sforzai di abbassare il tono, nel caso Adam tornasse di punto in bianco. “Adam è un bravo ragazzo, ci tiene veramente a me, non hai il diritto di infangare quello che abbiamo. Devi smetterla di dire che siamo stati insieme e che mi ami alla follia!”
“No.”
Mi pietrificai. Lì, in un attimo. Incredulo della sua cocciutaggine e della sua sconfinata faccia tosta.
“Come sarebbe a dire ‘no’?!”
“No Kurt. Non smetterò mai di dirti che ti amo. Te l’ho promesso. Ho anchre promesso di cucinarti dei biscotti, almeno due volte l’anno. Perchè è vero che finisci sempre per bruciarli, Kurt, e dai sempre la colpa agli altri. Ho promesso di rispondere sempre alle tue telefonate e di stare dalla tua parte, anche quando hai torto. E ho promesso di baciarti, tutte le volte che vuoi. In pratica ti ho promesso di ricordarti, ogni giorno, quanto tu, nelle tue imperfezioni, sia perfetto per me .”
E fu il modo con cui lo disse, che fece scattare qualcosa dentro di me. Qualcosa di strano, di inspiegabile. Blaine mi aveva detto di amarmi svariate volte fino ad allora, e c’erano anche le dichiarazioni da parte di Adam... ma niente, niente era paragonabile a quella.
Il mio cuore stava battendo così forte che per un attimo temetti che si potesse udire, amplificato dall’architettura di quel teatro.
Allora Blaine mi amava sul serio. Non era una messa in scena, non lo diceva tanto per dire. Perchè non avrei mai potuto dubitare di quelle parole, non dette in quel modo, non quando mi fissava con quegli occhi carichi di emozione.
"M-ma non è possibile.” Mi allontanai da lui, come cercando di riguadagnare quel contegno in grado di non farmi svenrie. Ma era un’impresa molto difficile, dal momento che tutta quella storia, tutta quella vita, sembrava essere più complicata di quanto volessi e, soprattutto, mi stava portando a direzioni che non avrei mai pensato di conoscere.
“Io non sono un bugiardo.” Sussurrai quelle parole in modo incerto. Non ne ero più così sicuro.
“Non sono il tipo di persona che tradisce il proprio compagno."
"Nessuno lo è." Mi rispose. Lo guardai ancora una volta ma, dopo nemmeno un secondo, mi arresi all’evidenza di non riuscire a sostenere il suo sguardo.
"Non si tratta di diventare o non diventare, Kurt." Sembrava intento a tenere la sua voce rigorosamente calma e controllata. "Uno non tradisce il proprio compagno perchè si diverte. O meglio, sì, alcuni stupidi lo fanno. Ma non è il tuo caso."
"Infatti, perchè io non posso averlo tradito!"
"No. E' perchè tu non hai mai amato Adam, e invece ti sei innamorato perdutamente di me."
“Quanta confidenza in te stesso.” Stavo quasi per rispondergli male un’altra volta, ma lui fece un passo in avanti, sfiorandomi delicatamente un braccio, prima di ricordarsi che non gli fosse permesso e ritrarre la mano.
"Kurt", sussurrò, con un sospiro. Era strano: aveva un modo tutto suo di pronunciare il mio nome.
"Non sto dicendo che è semplice. Non sto nemmeno dicendo che sia giusto. Ne abbiamo parlato tanto, anche se tu non lo ricordi. “
Lo guardai esitante, decisamente incredulo: “Ne abbiamo parlato?”
“Sì”, affermò, con una forza tale da cancellare ogni mio stupore. “Credi davvero che sia stata una decisione presa a cuor leggero, senza rifletterci?”
Beh, di solito funzionava così, no? O almeno, nei film si vedevano “lui e lei” che non riuscivano più a contenersi e allora si ritrovavano a fare sesso selvaggio... Tra me e lui non era andata così?
“Kurt, di nuovo. Non siamo in un film.”
Non era possibile. Adesso sapeva anche leggermi nel pensiero?
“Abbiamo cercato di non innamorarci l’uno dell’altro. Dico sul serio. Ci siamo evitati, per evitare di peggiorare le cose, ma più stavamo lontani e più ci mancavamo ogni giorno, ogni minuto, arrivavamo a fare cose assurde pur di vederci.”
E mentre lo diceva, le sue labbra si erano incurvate in un sorriso così dolce che, per un attimo, mi ritrovai a fissarlo.
“Quando abbiamo capito cosa stesse succedendo, era troppo tardi. Il mio cuore era già tuo. E tu, a quel punto, hai fatto una scelta.”
Era così, allora: io avevo tradito Adam. Con Blaine. E per quanto mi sforzassi di trovare un minimo senso in tutto quel groviglio intricato di pensieri, un flashback, un suono, un'immagine... avvertivo il vuoto più assoluto.
La rivelazione di avere un amante era stata sconcertante quanto quella di essere sposato: semplicemente, perchè non riuscivo a credere a nessuna delle due.
"Senti” esordii, piano, calibrando ogni parola, “Mettiamo che io ti creda. Mettiamo che noi due siamo stati veramente... veramente..."
"Amanti."
"Sì. Quello." Balbettai. "In ogni caso, io non me lo ricordo. E' come se non l'avessi mai vissuto. Non posso provare sentimenti di cui non ricordo l'esistenza, nè per te, nè per Adam."
Il volto di Blaine si fece improvvisamente più serio. E quello, i suoi occhi chiari, le sue labbra increspate da una smorfia, mi portarono ad aggiungere un'altra frase; non sapevo nemmeno io da dove fosse uscita, fatto stava che ad un tratto mi sentii dire: "Perchè non proviamo... non proviamo ad essere amici? Un rapporto tranquillo, piacevole."
Non infedele e sporco. Ma Blaine, a quel punto, scoppiò in una piccola risata che mi fece innervosire non poco.
"Questo è assolutamente fuori questione."
"E perchè mai?" Incrociai le braccia, tentando di mostrarmi superiore al suo fare da so-tutto-io e alle sue espressioni eloquenti.
"Non siamo mai stati amici, Kurt. Ci abbiamo provato, per un periodo, ma non è mai andata bene."
“Cosa intendi dire? Nel senso che finivamo sempre per litigare?"
A Blaine spuntò un mezzo sorriso, per poi schiarirsi la voce e mormorare, un po’ incerto: "Nel senso che finivamo sempre per fare sesso."
 
 
 




***


Angolo di Fra


Sono di nuovo qui. E sono di nuovo io.
Non ho ben capito se quando dite "mi mancano le tue note chilometriche" mi prendete per il c*** oppure siete sinceri. Ad ogni modo sono scazzata e quindi ho voglia di straparlare.
Perchè tra il "Conclave" che dà più fumate nere delle zucchine che ho messo al microonde ancora surgelate, esami DI PURA FANTASIA in cui la professoressa di 33 anni è aretina e mi fa "Alò" quando le chiedo una spiegazione sul budget e Glee che rinnova di altre due stagioni (di cui mi fregherà soltanto della parte Klaine, sinceramente) non so più da che parte farmi.
Almeno mi sono divertita a scrivere questo capitolo. Spero che vi piaccia, non c'è granchè, ma visto che la storia è molto incasinata (ma dai? Non si era capito ndtutti) (sì lo so sono una baldracca ndme) voglio procedere con calma. Un WTF alla volta.
Basta ho straparlato abbastanza, vado a vedermi un po' Crozza che mi fa sempre ridere come una scema.
Fatemi sapere se vi piace questo capitolo, e questa storia in generale. Si accettano soprattutto critiche costruttive :) Saluto tutti e in particolare Rachele che è sempre una beta efficientissima nonchè una grande amica!
 
 

   
 
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