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Autore: Will Turner    25/04/2013    3 recensioni
Cosa succede quando una ragazza scopre la verità che rischia di distruggere la storia d'amore attesa da una vita? Da quando ha incontrato Max, Faith ha imparato a sognare: il suo tormentato passato sembra ormai superato per sempre, ma un tremendo segreto incombe su di lei senza lasciarle alcuna possibilità di fuga e mettendole davanti la scelta più difficile. Un racconto d'amore fatto di romanticismo, passioni, tormenti e lacrime che riuscirà a strappare anche qualche risata.
Aggiornamento periodico mensile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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53. N OTTE INFINITA
Parte Seconda

    All'interno del Devil's Kitchen il tempo pareva essersi fermato, persino i clienti sembravano addirittura gli stessi di un anno prima, mentre loro due, entrando, si sentirono repentinamente più vecchi.
- Una vera e propria passeggiata lungo il viale dei ricordi.- Commentò Max inarcando un sopracciglio.
- Mi piace.- Replicò Faith con convinzione.
    Il ragazzo la osservò sollevando un angolo della bocca.
- Si. Anche a me.-
   Aguzzando la vista alla ricerca di un tavolino libero, Max apprezzò nuovamente lo stile retrò del locale. Ogni oggetto costruito interamente in legno era stato lucidato e rispecchiava le luci gialle e rosse dei faretti sospesi sopra di loro, a riprodurre i nostalgici tramonti del vecchio West. Sul palco vicino al bancone alcune ballerine si stavano esibendo in un raffinato numero di burlesque, rievocando il fascino degli anni Trenta, una mescolanza azzeccata con l'atmosfera del posto.
   Il ragazzo scovò un tavolo poco lontano dal juke-box, momentaneamente spento per consentire al pubblico di assaporare la potente voce della cantante biondo platino eseguire un brano di Etta James.
- È davvero brava!- Esclamò Faith togliendosi il cappotto e accomodandosi sulla sedia che Max le aveva scostato.
- Devo dire che hai avuto una bella idea a portarmi qui.- Constatò lui sedendosi a sua volta.
- Beh, non volevo che la serata finisse.- Confessò candidamente Faith.
    La sincerità con cui pronunciò quelle parole lo disarmò. La guardò negli occhi ed ebbe l'impressione che avesse qualcosa di importante e urgente da dirgli. Ma la ragazza tacque, e scosse la testa perplessa, scoprendo un sorriso preoccupato.
- Che c'è? Ho sbagliato a rivelarti il mio pensiero?-
- No, no!- Ribatté lui prontamente - Sono contento di essere qui con te stasera.-
    Lei annuì, incerta.
- Bene.- Concluse non troppo convinta, allungando le braccia sul tavolo e incrociando le dita delle mani, mentre tornava a prestare attenzione allo spettacolo per allontanare il lieve imbarazzo che era calato tra lei e Max.
    Una cameriera dalle gambe lunghissime e i capelli vaporosi saltellò davanti al loro tavolo.
- Ciao, ragazzi! Cosa vi porto?- Domandò con il marcato accento del nord.
- Per me una Diet Coke, per favore.- Rispose Faith, e Max le rivolse uno sguardo confuso.
- Per stasera credo di aver bevuto abbastanza.- Si giustifico lei.
    Il ragazzo sorrise, poi ordinò un Jack Daniels.
- Perfetto! Tra poco sarò da voi!- Ringraziò la donna infilandosi la matita nella folta chioma di capelli a mo' di fermaglio, e il taccuino nella tasca del grembiule orlato di pizzo bianco.
    Nel frattempo la bionda sul palco si agitava tra enormi piume rosa e collane di perle, nel fragore di urla e applausi dei clienti appostati nei primissimi posti sotto il palco.
  Anche Faith applaudì, poi, a spettacolo finito, prese a chiacchierare con vivacità della cena all'Astor, raccontando a Max le sue impressioni e il discorso che le aveva fatto Lynda, di come andava il suo lavoro a Los Angeles e della visita di Addison alla sfilata della sera prima, mentre lui si limitava ad ascoltare, sorridendo e annuendo di tanto in tanto,  godendosi la sua compagnia.
- Immaginavo che sotto ci fosse il tuo zampino!- Ammise la ragazza.
- Mia madre era così impaziente di farti le sue scuse, così ho approfittato della tua sfilata per farvi incontrare.- Confessò Max stringendosi nelle spalle.
- E mi ha fatto davvero tanto piacere rivederla.- Replicò sincera lei, piegando la testa di lato, e i suoi occhi lampeggiarono.
    Poi lo scambio di battute cedette il posto ad una lunga pausa, e la domanda che più ossessionava Max uscì fuori.
- Come va con Jason?-  Chiese di punto in bianco.
   Faith spostò lo sguardo stupito dal viso della cantante sul palco a quello di Max, sbattendo le palpebre come per schiarirsi la vista, e socchiudendo le labbra.
- Non aspettavi di chiedermi altro da tutta la sera?- Ribatté quasi per temporeggiare. Eppure sapeva che l'argomento sarebbe venuto allo scoperto.   Era o non era andata in quel locale apposta per parlarne? Ma ora che il momento sembrava arrivato, desiderava rimandarlo ancora, e un inspiegabile fastidio le fece uscire di bocca soltanto quelle parole.
- Beh, se io non avessi accettato il tuo invito a venire qui, non avrei chiesto niente.- Affermò laconico Max arrossendo leggermente. La studiò ancora per qualche istante, augurandosi di non aver rovinato ogni cosa, poi decise di proseguire con il discorso con dolcezza, nel tentativo di salvare la situazione.
- Te l'ho chiesto perchè è da quando siamo entrati qui che ho la sensazione che tu debba dirmi qualcosa.-
    Faith tentennò un poco e fece vagare lo sguardo cercando il modo di parlargli senza ferirlo. Fu salvata in corner dalla cameriera, che ritornò con le bevande, e i due ragazzi la ringraziarono.
   Notando che Max continuava a fissarla in attesa di una risposta, Faith prese un lungo respiro e vuotò il sacco.
- Jason mi ha chiesto di sposarlo.- Lo informò tentennando un poco, passandosi un dito sul sopracciglio.
    Max si irrigidì con il bicchiere a mezz'aria per alcuni secondi, poi, per non farsi vedere scioccato ai suoi occhi, bevve un po' di liquore, senza tuttavia gustarne il sapore.
    Ma Faith non se ne accorse. Continuava a guardare il palco con gli occhi lucidi e la mente altrove.
- Guardami, Faith, per favore.- La pregò Max.
    La ragazza voltò il viso verso di lui.
- Hai accettato la sua proposta?-
    Lei asserì con un lieve cenno della testa, e Max si sentì stringere lo stomaco in una dolorosa fitta.
- Ma... lo ami?- Sapeva bene che era una domanda azzardata e irrispettosa, tuttavia sentì che era giusto porgliela.
    Faith si trovò impreparata a rispondere, ma allo stesso tempo realizzò che era inutile portare ancora avanti quell'indecisione. Le porte che la separavano dai suoi mostri interiori erano state abbattute da quelle poche parole pronunciate da Max, e lei fu catapultata dritta di fronte alla scelta che la tormentava ormai da mesi.
- Io... vorrei uscire a prendere un po' d'aria.- Si congedò scostandosi una ciocca di capelli.
   Con un terribile peso interiore, Max non riuscì a comprendere il suo stato d'animo, ma la lasciò andare ugualmente, e lei si infilò velocemente il cappotto per poi fiondarsi fuori dal locale, lasciandolo solo al tavolo.
    Il ragazzo sentì il cuore implodergli in milioni di domande senza risposta, e si sforzò di allontanare la presunzione di credere che lei provasse ancora qualcosa per lui. Non avrebbe reagito in quel modo se fosse stata innamorata di Jason, ma c'era comunque qualcosa che non gli tornava nel suo comportamento.    Aveva accettato la sua proposta di matrimonio malgrado non lo amasse? E perchè aveva voluto prolungare la serata con lui portandolo in quel locale? Non avrebbe potuto dirglielo durante la cena? Si impose di aspettare ancora qualche minuto, poi uscì lasciando un paio di banconote sul tavolo.
    Non appena ebbe richiuso la porta del locale alle sue spalle, l'aria gelida della notte lo costrinse a stringersi nel cappotto e a sistemarsi meglio la sciarpa attorno al collo. Scese i pochi gradini davanti all'ingresso facendo attenzione a non scivolare sul ghiaccio, e vide Faith seduta su una panchina non molto lontana, così la raggiunse e le si sedette vicino senza dire nulla.
    Fu lei ad interrompere il silenzio, con la voce tremante e lo sguardo smarrito, sicura di ciò che stava per dire.
- Credimi, Max, sono stanca di chiedermi cosa fare della mia vita e di fingere che stando vicino a te io non provi più niente, perchè in realtà non è così. Ho trascorso l'estate e gli ultimi mesi quasi aspettandomi che tu tornassi da me, ma quando ti sei ripresentato a Los Angeles, inaspettatamente ti ho trovato... diverso. Dentro il mio cuore avevo imparato a convivere con la tua assenza, e il rivederti ha significato dover riaprire una porta che avevo già chiuso senza rendermene conto. Tuttavia, mi sono lasciata trasportare dal ricordo di ciò che siamo stati, e forse è stata una mossa sbagliata. La verità è che vorrei poterti dimenticare, ma a volte non ci riesco, ed ho il timore che non ci riuscirò mai.-
- Non si possono cancellare le persone, Faith, lo sai.- Mormorò il ragazzo prendendole delicatamente una mano.
    Lei alzò gli occhi su di lui e pianse.
- Posso sforzarmi e accontentarmi di qualcosa di meno, certo, ma non sarei una persona vera. Qual'è lo scopo di vivere la mia vita da spettatore e non da protagonista? Non voglio vivere dietro ad una maschera. E forse Jason non sarà la persona giusta per me, ma gli voglio bene, e so che lui ci sarà sempre, ogni volta che avrò bisogno di un sostegno.-
    Il ragazzo rimase in silenzio senza sapere cosa aspettarsi.
- Ci sarà sempre una parte di me che continuerà ad amarti, ma non riesco a trovare un motivo per cui è giusto che io torni con te, Max.-
    Lui avvertì un groppo in gola e sentì i suoi occhi divenire umidi.
- Perchè io ti amo, non è sufficiente?-
    Lei scosse la testa.
- Credere di amarci non mi basta, adesso...- Ammise in lacrime accarezzandogli una guancia - È  come se tutto ciò che di buono, spontaneo e genuino tu mi hai lasciato fosse stato irreparabilmente contaminato dalla tremenda ferita che mi hai provocato e che mi ha cambiato nei confronti della vita. Anche volendo non potrei più essere la ragazza che hai conosciuto un anno fa, per il semplice fatto che io non mi sento più così.- Asciugò una lacrima che scendeva lungo il viso di lui - Io vorrei stare con te, ma non è giusto. Non saremmo più come eravamo. Mi sento lontana anni luce da te, da noi.-
  Max la guardò a lungo negli occhi, e lei provò un brivido: il suo sguardo appariva profondamente ferito e deluso.
- Ci ho provato, Max, credimi, e ho sperato con tutto il cuore e con tutta me stessa di riuscire a fingere che tu non te ne fossi mai andato. Ho trascorso notti intere a piangere e pensare a cosa è giusto per me. Io ti amo, e so che non amerò mai nessun altro come amo te. Ma sento che devo andare avanti, perchè tornare insieme vuol dire fare un passo indietro che io non posso concedermi.-
   Si sentì un mostro vedendo che lo stava facendo soffrire, ma quella era la pura verità, e malgrado tutto, si sentì meglio per avergli parlato dei suoi sentimenti.
    Max distolse lo sguardo e sospirò, smarrito.
- Da quando me ne sono andato da Los Angeles prima dell'estate non ho fatto che pensare a te. Mi sono sforzato di tenere la mente occupata con altri pensieri, con il mio lavoro. Ma non appena la giornata terminava, tu stavi sempre lì, dietro ogni riflessione, ad aspettarmi, per tormentarmi, farmi sentire in colpa per il mio comportamento sbagliato. Potevo allontanarti ancora, ma sapevo che tu non mi avresti lasciato in pace. Mi addormentavo ogni notte con il tuo viso davanti, e la mattina appena sveglio mi voltavo con il timore di trovarti al mio fianco, vedendoti dormire come quel mattino nella casetta sull'albero. Con il passare del tempo ho accettato che tu sei il centro di tutto, lo sei sempre stata, la base su cui ho costruito la mia vita e attorno alla quale ruota ogni mio singolo pensiero. Temevo che il tuo cuore battesse per qualcuno che non ero più io. Non potevo negarti, fingere che tu non esistessi più, per il semplice fatto che io ti amavo ancora, nonostante ti avessi lasciato. Come un bambino ho cominciato a credere che ogni cosa tra noi sarebbe tornata a posto.- Alzò le spalle, sorridendo amareggiato, e la guardò in viso con il cuore che gli doleva - Non ha funzionato.-
    Lei piegò la testa di lato, poi la scosse leggermente, rammaricata.
Perchè la vita è dannatamente complicata?” Si chiese quando lui lasciò la sua mano e si alzò schiarendosi la voce.
- A questo punto non mi resta che augurarti di trovare ciò che potrà farti stare bene, Faith.-
    Lei si commosse ancora.
- Posso... posso avere un ultimo abbraccio?- Gli chiese timidamente.
   Lui restò immobile, e lei intuì che non se la sentiva. Dentro di se, Max avvertì crescere una silenziosa rabbia, ma capì che non aveva più senso provare rancore. Quello che desiderava era soltanto la sua felicità. Anelava abbracciarla forte e non lasciarla più, ma l'orgoglio lo frenava. Alla fine, lei aveva soltanto fatto la sua scelta, e non avrebbe potuto dire nulla.
- Cosi, finisce qui, dove tutto è cominciato.- Constatò tristemente lei alzandosi in piedi e guardandosi intorno.
    Max annuì e frugò in una tasca del cappotto, estraendo una busta bianca.
- Anche se ormai non ha più valore, questa è per te.- Mormorò porgendogliela.
    Lei la osservò perplessa.
- Cosa c'è dentro?-
- La prova che volevi.- Rispose mantenendo un tono di voce fermo per celare il suo dispiacere, e le lacrime che gli pungevano gli occhi lo obbligarono a tenere basso lo sguardo.
    La ragazza esitò qualche attimo, poi prese la busta con la mano tremante.
- Ciao, Faith.- La salutò lui con un sorriso triste.
   Faith lo osservò voltarsi e allontanarsi senza aggiungere altro. Le dispiaceva che fosse finita così, ma la decisione era stata presa, e non voleva più tornare indietro e soffrire.
   Rammaricata, guardò a lungo la busta, pensando se sarebbe stato un bene aprirla, o se sarebbe stato meglio gettarla via. La accartocciò in una mano, e si avvicinò ad un bidone lungo la strada, accingendosi a buttarla, ma cedette.    Decise di aprirla, e scoprì che conteneva  due fotografie molto simili tra loro. Le studiò e notò che si trattava della fotografia che lei gli aveva regalato il giorno di capodanno, mentre l'altra, un po' più ingiallita e sgualcita, era quasi identica, ma recava una scritta sul retro:  

Max e Faith, Cleveland 1979

    La ragazza scosse la testa confusa, poi sgranò gli occhi e si portò una mano alla bocca non appena ebbe collegato ogni fatto riordinando la sequenza degli eventi. Si lasciò di nuovo andare sulla panchina sentendosi improvvisamente mancare le forze, mentre il suo cuore aveva iniziato a picchiare a cento all'ora, in una sensazione mai provata in vita sua. Tante coincidenze incomprese ora si spiegavano, e gli occhi verdi che lei sognava da bambina non erano stati solo frutto di un'invenzione. Erano gli occhi di Max che le avevano lasciato una traccia indelebile nei suoi ricordi, offuscati dalla polvere del tempo. Le tornò subito alla mente il discorso di Holly riguardo al destino e alle anime gemelle, e scoppiò a piangere di felicità.
- Quella pazza aveva ragione, di nuovo!- Esclamò piena di entusiasmo e incredulità.
    Il fato non aveva fatto altro che agire per farli incontrare continuamente, e come una bolla d'aria che emerge sulla superficie dell'acqua, una frase di Claude Gallay si fece largo tra i suoi pensieri.
- Vi sono esseri il cui destino è incrociarsi. Dovunque siano, ovunque vadano, un giorno si incontreranno.- Recitò tra se fissando il vuoto.
   Ripresa dall'attimo di confusione, chiamò Max ad alta voce alzando lo sguardo, quasi a cercarne una conferma, ma si ricordò con delusione che lui non c'era più.
    Osservò nuovamente le due fotografie, tremando come una foglia, mentre il suo cuore continuava a battere veloce, e nella sua testa si ripetevano le apparentemente folli teorie di Holly, mescolate alle numerose coincidenze che l'avevano unita a Max.
    Si alzò di scatto, come punta da uno spillo, e corse a cercarlo, alimentando la speranza di poter recuperare quello che doveva essere l'unico grande amore della sua vita, ma non fu un'impresa facile con il vestito che si ritrovava addosso.
Non devi essere andato tanto lontano, Max, a meno che tu non abbia preso un taxi! Ti verrò a cercare fino in capo al mondo, se necessario!” Pensò tra se, pregando Dio di ritrovarlo al più presto e sperando che non fosse troppo tardi per rimediare al suo sbaglio.

    La storia era finita. Difficile da accettare, impossibile da credere. Con le mani infreddolite infilate nelle tasche, Max camminava lentamente nella neve tenendo lo sguardo basso per non farsi scoprire a piangere. Emozioni e sensazioni si scontravano nel suo cuore riempiendogli le orecchie di parole dette, che parevano non avere più senso, e il dover per forza cercare una risposta a tutto iniziava a tormentarlo. Non era possibile psicanalizzare la scelta di Faith. Forse, pensò, non era sufficientemente maturo per comprendere i motivi che l'avevano portata a prendere quella decisione. Cosa poteva spingere una persona a non realizzarsi e vivere la propria vita in base alle aspettative altrui? Magari Faith non avrebbe sposato Jason, ma perchè sprecare l'occasione di avere al proprio fianco la persona che il cuore ritiene perfetta per se?
    Si trovò d'accordo sul punto in cui la scelta di lasciarla mesi prima aveva inesorabilmente influito sulla loro storia, e sul modo della ragazza di guardare alla vita. Ma lui riteneva che entrambi erano maturati, che ciò che li aveva divisi, li avrebbe uniti, più forti di prima, e che avrebbero portato la loro relazione ad un livello superiore.
    Poi un nuovo, terribile pensiero: il timore di non saper affrontare il futuro senza l'unico punto di riferimento che aveva fermato la sua esistenza, dandogli le certezze che lui aveva sempre inseguito.
    Non aveva mai incontrato nessuno come Faith: lei era l'unica persona con la quale si sentiva se stesso, senza riserve, colei che lo completava come nessuno aveva mai saputo fare. Ed ora si sentiva privo di un obiettivo, senza alcuno scopo nella vita.
    Avrebbe voluto prendere un aereo e tornare a Londra, fuggire da New York, la città maledetta che li aveva uniti e poi divisi, lasciandogli come unica cicatrice il capitolo più bello e, allo stesso tempo, più brutto della sua vita.
    Nonostante l'orario le vie della metropoli continuavano ad essere affollate, e il rumore sempre più forte di una macchina spargisale che stava risalendo la strada lo distolse dai suoi pensieri, proprio pochi secondi prima di sentire lo stridio acuto e prolungato dei freni di un'automobile e le grida di alcune donne dietro di lui, sul marciapiede.
    Voltò la testa, incuriosito dal chiasso, e scoprì con terrore che la ragazza che aveva appena salutato stava distesa inanimata su un gelido tappeto bianco che si macchiava lentamente di rosso.

    Quello che avvenne in seguito lo ricordava a tratti. Alcune parti erano state rimosse dalla paura, dal dolore, dal freddo nelle ossa, dal rumore fastidioso delle urla e delle auto, divenuti improvvisamente troppo elevati per i suoi timpani.

    Circondato dalle persone che iniziavano ad affollare il posto, Max rimase chino sul corpo inerme di Faith, chiamandola per nome dieci, cento, mille volte, e urlando invano a squarciagola, affinché si risvegliasse da quel sonno innaturale che le impediva di aprire gli occhi e di rispondere.
    Si tolse il cappotto e lo utilizzò per coprirla, avvolgendoglielo attorno con cautela.
    L'autista del mezzo che aveva travolto la ragazza si avvicinò con le mani sul viso contratto per lo spavento e il dispiacere.
- Ti ho trovato, finalmente.- Mormorò la ragazza respirando con fatica, gli occhi socchiusi.
    Lui ringraziò il cielo.
- Ti amo, Max. Non ho mai smesso di farlo, e perdonami se non ho saputo riconoscerlo. Spero che non sia troppo tardi per dirtelo.-
- Non è mai tardi per dire a qualcuno che lo ami.- La rassicurò con un sorriso accarezzandole la fronte - Ti amo anch'io, tanto.-
    Passandole una mano tra i capelli, sentì il sangue riscaldargli le dita, e capì che una profonda ferita dietro un orecchio stava rendendo pericolosa la situazione.     Di scatto fece per prendere il cellulare dalla tasca e chiamare i soccorsi, ma lei lo guardò come se stesse per salutarlo una seconda volta, quella sera.
- Vorrei che mi baciassi, Max, per favore.- Lo pregò sottovoce, ansimando.
  I suoi occhi, aperti a stento, lo preoccuparono, e piangendo Max posò delicatamente le labbra sulle sue, completamente stordito.
    Non appena si rese conto che Faith aveva smesso di rispondere al suo bacio, rialzò il viso e rimase in silenzio, osservandola incredulo con il respiro affannato.     L'abbracciò forte posando la testa sul suo petto, e la giacca di lana si tinse di rosso scuro, facendogli avvertire un fugace tepore.
    Si guardò intorno, mentre in lontananza si udiva il suono ovattato delle sirene delle auto della polizia. Di lì a poco sopraggiunse anche un'ambulanza, e gli uomini in divisa si misero prontamente in azione per tenere lontano i curiosi e bloccare il passaggio alle altre vetture.
    Gli infermieri si chinarono sollevando con prudenza il corpo di Faith per poi posarlo sulla barella, e fu allora che Max notò alcuni fogli tra la neve, a pochi passi da lui. Obbligandosi a riprendere il controllo sul suo corpo, si mosse lentamente, li colse e realizzò che si trattava delle fotografie sgualcite che avevano segnato l'inizio e la fine di tutto.
    Allora pianse, stringendole forte al cuore.


54. L E RAGIONI DEL CUORE

    L'essere rimasta sola davanti all'altare le aveva lasciato dentro una grande amarezza e una pesante solitudine. Ma fu uno stato d'animo che non durò a lungo: la sensazione di libertà e di accettazione del suo unico grande amore allontanò da lei ogni negatività. Le dispiaceva per ciò che era appena accaduto con Jason, certo, ma era finalmente riuscita a capire qual'era la strada giusta da intraprendere per vivere davvero. Si rese conto che la sua vita pretendeva di essere goduta come meritava, che era giunto il momento di smettere di rimandare una decisione che aveva già una soluzione che lei stessa aveva paradossalmente portato sempre nel suo cuore, ma che si era ostinata a non voler comprendere. Negare che Max era il suo destino le aveva soltanto fatto perdere tempo. Ora voleva riprendersi ciò che aveva perso.    L'auto-convincimento era stato un lavoro per cui aveva dedicato forze che avrebbe potuto investire in altri modi.
    Scomparvero tutte le persone presenti alla cerimonia, scomparvero i fiori, la chiesa. Ma lei non avvertiva alcun timore.
    La sete di risposte era stata placata, la voglia di riemergere era soffocante e rassicurante al tempo stesso. La eccitava, la coinvolgeva, le donava il coraggio di ammettere a se stessa di aver sbagliato.
    Era Max l'uomo della sua vita, ed ora che lo aveva compreso e accettato, desiderava soltanto abbracciarlo per non lasciarlo più andare via. Dirgli che lo amava come non aveva mai amato nessun altro, e ripeterglielo infinite volte. Lui era la sua salvezza, il suo mondo, il suo cielo, l'inizio e la fine di ogni sua giornata.
    Doveva correre da lui, guardarlo negli occhi e lasciare che le loro anime si fondessero in una sola, imparare che le ragioni del cuore non esistono, per il semplice fatto che l'amore vero non è mai costruito sui perchè.
    Una fortissima luce bianca la avvolse attirandola inesorabilmente a se, e lei camminava, raggiungendo lentamente l'apice di quella fonte chiara, sospinta da una forza invisibile. Il momento della rinascita si stava avvicinando, il tempo di cominciare il nuovo anno accanto alla persona più importante della sua intera esistenza stava arrivando.
   Man mano che avanzava, il buio che si lasciava alle spalle si allontanava trascinando via i dolori, le insicurezze e i rimpianti degli ultimi mesi, come fumo nero che svanisce nell'aria senza lasciare tracce.
    Si accorse con  stupore di essere scalza e di non avvertire alcun contatto con la superficie.
    Guardò indietro per l'ultima volta, e si lasciò andare.


E PILOGO
Dedicato a Monica


Spiaggia di St. Alexander, 19 aprile 2008

Peter Gabriel "The Book Of Love"
http://www.youtube.com/watch?v=k3rHErrrZ20
    Lo stretto sentiero che portava alla Spiaggia dei Desideri era rimasto lo stesso di dieci anni prima, e il profumo delle rose selvatiche che punteggiavano delicatamente di giallo e arancio i cespugli lungo la scogliera si univa al canto dei grilli nascosti nell'erba, a creare un'atmosfera carica di una dolce malinconia.    L'aria era straordinariamente calda per la stagione, e Max ispirò a fondo quella fragranza agrodolce e salmastra che la impregnava e lo riportava con la mente ai ricordi di una vita che non era più la sua da molto tempo, ma che non per questo rinnegava.
   Anzi, la custodiva dentro di se come il periodo più bello, quello che lo aveva aiutato a capire se stesso, ad accettarsi per quello che era, e ad apprezzare le sue qualità come i segni distintivi e più importanti in una persona.
    Dopo quella tragica notte a New York, aveva deciso di dare una svolta radicale alla sua vita. La perdita di Faith gli era servita come monito per apprezzare la vicinanza delle persone che lo amavano, e capire che tutto il tempo trascorso lontano da loro gli aveva fatto perdere di vista gli affetti e i valori fondamentali per l'esistenza di ogni essere umano.
   Una nuova ragazza era riuscita ad entrare nel suo cuore, dandogli un figlio, Alex, dopo pochi mesi di matrimonio. Insieme avevano deciso di trasferirsi a Santa Monica, in una graziosa casetta vicino all'oceano, con il giardino e un dondolo sotto il portico, e Max, insieme al cugino e ad Addison, aveva aperto un piccolo ristorante sulla spiaggia, che nei week end era sempre al completo.
    Ma, nonostante questo, non aveva mai dimenticato il suo amore per Faith, né lo aveva ricercato in altre persone, poiché sapeva benissimo che l'anima gemella era una soltanto, e nessun altra ragazza avrebbe mai potuto sostituirla. I momenti trascorsi con lei erano stati irripetibili nella loro bellezza, e proprio l'unicità li aveva resi stupendi e preziosi.
    Non si era dimenticato dell'appuntamento che lui e Faith avevano fissato per il 19 aprile del 2008. Aveva atteso da tanto l'arrivo di quel giorno, ma, quando arrivò, il suo cuore lo percepì come la fine di un racconto rimasto in sospeso per troppo tempo, forse per merito dei tanti ricordi che avevano affollato la sua testa da mesi e che erano riemersi con maggior prepotenza dal momento in cui aveva fermato la macchina sul lato della Pacific Coasthighway.  
- Ci siamo quasi, Alex! Coraggio! Guarda che meraviglia!- Disse al bambino che stava pochi passi dietro di lui.
    Max aveva insistito per portarlo fino alla spiaggia sulla schiena, ma Alex era tutto intenzionato a muoversi per conto suo, fermandosi di tanto in tanto per esplorare l'ambiente circostante.
- Ci sono, papà.- Rispose il bambino, incespicando nei piccoli ciottoli lungo il sentiero.
    Un cartello di legno consumato dalla sabbia faceva capolino da dietro il tronco di un arbusto, indicando il punto di arrivo, e poco dopo, quando il ragazzo alzò lo sguardo, i suoi occhi si assottigliarono e diventarono lucidi di commozione: non ci sarebbe stata fotografia al mondo che avrebbe saputo rendere giustizia a quello spettacolo.
   L'oceano gli si mostrò esattamente come la prima volta che lo aveva visto. Con le sue mille tonalità di verde e di blu, la superficie del Pacifico risplendeva in una distesa di minuscoli diamanti, e il cielo, infinito nella sua profondità, sprigionava una striscia arancio e rossa, che annunciava l'avvicinarsi del crepuscolo.
   Sullo sfondo, i tre scogli della costellazione dell'Ariete si ergevano maestosi, coperti di una folta vegetazione, e Alex li indicò, chiedendo al padre il motivo di quella particolare disposizione.
    Max lo prese per mano incamminandosi verso alcune rocce che lui conosceva bene, e raccontandogli la stessa storia dei desideri che gli aveva narrato Faith.
- E tu non hai mai scritto un desiderio lassù?- Gli domandò candidamente Alex.
- No, ma li ho scritti qui dentro.- Rispose Max estraendo una bottiglia da una cavità parzialmente celata dalla rena e da alcuni rami secchi.
    Non appena la toccò, una tempesta di emozioni lo travolse, facendosi largo nel suo cuore, e gli venne voglia di piangere. Non per dolore, bensì per la nostalgia di una persona che gli aveva restituito la vita salvandolo da un passato doloroso dal quale non era mai stato realmente in grado di liberarsi.
    Stappò con cautela la bottiglia ed estrasse due pezzi di carta arrotolati, sotto lo sguardo attento e silenzioso del figlio. I desideri di due persone ora erano racchiusi tra le sue mani, e lui li custodì come un tesoro per alcuni minuti immaginando di averli scritti soltanto il giorno prima.
Improvvisamente sentì che non sarebbe stato corretto leggere i pensieri di qualcun altro, violare la sua intimità. Ma si ricordò di averlo promesso, e lentamente srotolò i biglietti.
    Tirò un sospiro di sollievo: il primo era il suo.
Avere la fortuna di amare davvero almeno una volta nella vita.
    Non aveva alcun dubbio di esserci riuscito.
   Mise da parte il foglietto e guardò a lungo il secondo, sul palmo della mano.    Alzò lo sguardo sul figlio, e nei suoi occhi verdi trovò il coraggio di aprirlo, e scoprire un altro pezzo di se. L'ultimo.
  La calligrafia era quella di Faith, e come poteva non esserlo? “Povero stupido!”, si disse mentalmente. Ripensò a lei nel momento esatto in cui lo aveva scritto quel giorno di primavera, e fece scorrere le dita sulla carta, quasi aspettandosi che l'inchiostro gliele macchiasse, come simbolo di qualcosa che era rimasto ancora vivo dopo tanto tempo.
Cambiare la vita di qualcuno con il mio amore forse è una richiesta assurda, ma voglio provarci. Per te, Max, l'unica persona al mondo che ammiro e apprezzo per quella che è: un ragazzo alla continua ricerca di se stesso negli altri. Perciò desidero solamente che tu sia felice per il resto della vita. Io ho te, e non posso chiedere altro.
   Max chiuse gli occhi, e rivide lo sguardo dolce e sereno di Faith riaffiorare dietro le palpebre.
Anche il tuo desiderio si è avverato.” Pensò guardandola negli occhi.
    E lei gli sorrise.



R INGRAZIAMENTI

Nato con l'intenzione di ricordare mio padre, questo romanzo ha accompagnato, durante la sua stesura, diversi anni della mia vita, in cui tante e diverse cose mi sono accadute.
Eventi tristi, divertenti, teneri. A seconda del momento vissuto, ho voluto annotare con precisione quasi maniacale i pensieri che ho ascoltato e i sentimenti che ho provato, con lo scopo di non farli mai risultare banali, falsi o scontati, ma il più possibile vicini alla realtà.
Ho conosciuto persone che, con le loro idee, le loro speranze e i loro principi mi hanno aiutato a descrivere al meglio le emozioni e le sensazioni dei personaggi che ho raccontato.
Confesso che parecchie volte mi sono trovato in difficoltà a proseguire nella stesura, ma proprio grazie a queste persone sono stato in grado di perfezionarla, migliorarla e, soprattutto, ultimarla.
Io stesso, nonostante ne sia il “creatore”, ho imparato tanto da questo romanzo, sono cresciuto un po' insieme a lui, e posso tranquillamente affermare che “Le Ragioni del Cuore” appartiene anche a tutti coloro che mi sono stati - e mi sono tuttora - vicini.
Il romanzo termina proprio nel momento in cui ne inizia per me uno nuovo: la vita reale.
Max rappresenta ciò che ero, che sono e che vorrei diventare.
Faith è l'anima gemella, cioè la persona che tutti cercano, non tanto per le sue qualità o i suoi difetti, ma per la figura che completa ciascuno di noi, come noi stessi meglio crediamo. La persona che pochi riescono a trovare, come dice Holly in uno degli ultimi capitoli, o che addirittura pochi riescono a riconoscere.
Chiamatemi sognatore o visionario, ma sono convinto che da qualche parte nel mondo ci sia una sorta di incastro perfetto tra due persone predestinate a stare insieme.

Ed ora passiamo ai veri ringraziamenti!
Alla mia fantastica correttrice di bozze: grazie per i tuoi consigli, per le tue lavate di capo, per le notti trascorse a chiacchierare sempre delle stesse cose, e per la spalla che mi hai offerto in uno dei momenti più delicati della mia vita.
Ringrazio un'amica lontana - geograficamente parlando, ma sempre vicina nel mio cuore - per l'affetto e la comprensione donatami. Grazie a te sono riuscito a cambiare.
Grazie alla mamma per avermi fatto diventare quello che sono. Ti voglio bene!
Grazie a chi mi ha fatto male, perchè se non l'avesse fatto, non avrei capito un tubo di me stesso.
Grazie alle persone che sanno farmi emozionare anche solo per un istante.
Grazie a tutti i miei recensori: mi avete scritto parole bellissime, che spesso mi hanno fatto riflettere.
Grazie a chi non è più qui con me, che ho amato e che non potrò - né vorrò - mai dimenticare.

Un abbraccio,



M arco
  
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