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Autore: Ivola    26/04/2013    19 recensioni
Le storie di Panem sono varie e numerose. Avete mai sentito parlare dei promessi del Distretto 6, quei due ragazzi che avrebbero fatto di tutto pur di ammazzarsi a vicenda e non sposarsi? Loro sono solo una sfocatura, come tanti altri.
Klaus e London. London e Klaus.
Un altro matrimonio combinato, le persone sbagliate, un cuore solitario, e tutto ciò che (non) può essere definito amore.

▪ VI: « Che cosa mi stai facendo? » ansimò la ragazza, tentando di aggrapparsi alle sue spalle. Era decisamente una domanda stupida, visto che era piuttosto evidente cosa il ragazzo stesse facendo. [...]
Klaus non si degnò neanche di rispondere, ben concentrato a muoversi sul suo corpo con gli occhi distanti e le labbra socchiuse. Non aveva né la voglia né la forza di ribattere, per cui la zittì con un bacio rabbioso. « Taci » le sussurrò, corrugando la fronte e mantenendo le labbra a pochi centimetri dalle sue nel caso London avesse deciso di parlare ancora.

▪ XIII: « Perché lo state- no, perché lo stai facendo? »
L’altro lo guardò bene negli occhi, con un’espressione che Klaus non seppe decifrare.
[...]
« Mert szeretlek » rispose Ben semplicemente.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
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Prima che cominciate a leggere questa storia, sono necessarie delle note (niente di troppo estenuante, lo giuro!).
Innanzitutto, i protagonisti di questa storia, Klaus, London e Benjamin, sono OCs e quindi non personaggi della Collins. Il primo è sotto il mio copyright; la seconda e il terzo sotto il copyright di Martichan97.
Blur (il cui significato sarà chiarito soltanto più avanti) è la loro storia, la loro vita. Non riguarda quasi per niente le vicende narrate nella trilogia di Hunger Games, ma il contesto in cui si collocano è quello, con tutti i problemi annessi.  
Se avete sbirciato tra gli avvertimenti, avrete notato “Contenuti forti”, “Incest” e “Triangolo”.
Per i contenuti forti, beh, non c’è da spiegare: il primo contenuto forte è il linguaggio colorito, proprio dei personaggi. Questa cosa deriva dal fatto che sia Klaus che London, infatti, pur essendo di nobile famiglia, hanno entrambi un carattere… puntiglioso. Estremamente.
Per l’incest, invece, devo spiegare brevemente una cosa: London ha un gemello, come vedrete, Benjamin, con cui ha una relazione incestuosa, ma nulla sarà mai trattato con troppa nonchalance. Badate bene, comunque, che non sarà l’avvertimento più rilevante della storia e spero che questa cosa non vi blocchi la lettura.
Per il triangolo, poi… nulla da dire. Non pensate ai classici triangoli in cui la ragazza è eternamente indecisa tra i due bei fusti (infatti ho inserito anche Slash tra le coppie). Di conseguenza, un’altra cosa che mi sta a cuore spiegarvi è il contenuto della storia in sé per sé. Potrebbe sembrare il più viscido dei cliché, quello dei promessi sposi o dei due ragazzi di turno che si odiano a morte, ma con l’aiuto di Marty ho cercato di renderlo il più originale possibile, perché a queste tre scapestrate creature ci tengo davvero tanto. Probabilmente, la cosa più originale (o meno banale, se la mettiamo su questo piano) saranno i loro caratteri, tutt’altro che positivi.
Non so voi, ma non credo che le persone siano perfette – specialmente ‘sti qua – per cui cercherò con il massimo impegno di sottolineare tutti i loro difetti, per renderli il più umani e reali possibile.
Per chi conosce già Klaus e London (mi riferisco soprattutto alle mie adorate FolliH ♥), questo pseudo-delirio di storia sarà probabilmente abbastanza "familiare"; per chi non li conosce, invece, prometto di portarlo passo a passo, mano nella mano, nella loro psiche contorta. E che la sorte sia con me!
Un’ultima cosa, prima che queste note diventino più lunghe del prologo stesso: ogni capitolo avrà come titolo un pezzo estrapolato da qualche canzone, che citerò, come mi sembra doveroso, nelle note – che tral’altro metterò sempre all’inzio, come mi sembra più comodo.
Per fortuna non ho nient’altro da dire (credo…), se non che spero che la storia vi piaccia. Consideratela la fonte del mio sudore, ecco. Ci lavoro da tantissimo tempo e ci sono veramente, veramente affezionata. Per questo ci tengo ad avere le vostre opinioni :) Perciò, se vi va di lasciarmi un parere non ne sarei felice, di più.

Concludo qui!
Buona lettura ♥
EDIT: trailer (o semplicemente video, che dir si voglia) della storia QUI.

Il titolo del prologo viene da “Fix You” dei Coldplay.

















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Blur
∞ 
(Tied to a Railroad)




 
 
000. Prologue – Could it be worse?

 

L’orologio a pendolo nel grande e antico salone ticchettava incessantemente, rendendo l’atmosfera ancora più tesa di quanto già non fosse.
Tic, toc.  
Le fiamme nell'imponente camino al centro della parete scoppiettavano come se stessero deridendo quella scena di finta tranquillità.
I ritratti alla sua sinistra lo osservavano con cipiglio severo. Hector Wreisht, il suo bisnonno, sembrava fissarlo dal basso verso l’alto, mentre accarezzava un mastino dall’aria tutt’altro che amichevole; Ludvig Wreisht, suo nonno, aveva la fronte corrugata e il mento sporgente, in un atteggiamento autoritario; suo padre, Frantz, completava il terzetto dei quadri, un po’ più giovane di come lo conosceva.
Quasi come se stesse parlando – o meglio, pensando – del diavolo, questi apparve da una porta di lato, con un’espressione dura. Accostato al suo stesso ritratto faceva un certo effetto. I baffi neri erano appena più folti rispetto alla tela e la fronte più stempiata. Gli occhi gelidi, però, non erano cambiati e mai l'avrebbero fatto. 
« Comportati bene, Klaus » gli disse semplicemente, invitandolo a raggiungere l’atrio. «  Sono arrivati. »
Klaus, che per i suoi otto anni era un ragazzino già abbastanza alto e abbastanza sveglio, sbuffò e seguì il padre giù per le scale con il viso imbronciato.
« E stai dritto. »
Il bambino raddrizzò la schiena, ma, quando suo padre voltò di nuovo lo sguardo dinanzi a sé, sciolse i muscoli delle spalle, curvandole leggermente in un atteggiamento annoiato.
L’atrio era animato da un fitto chiacchiericcio. C’erano allegre voci di bambini. Appena mise piede nella stanza, Klaus represse a stento un altro sbuffo.
Quei quattro sembravano gente perbene. Elegantemente vestiti, portamento fine e spalle dritte.
Klaus raddrizzò nuovamente la schiena e si lasciò scappare quello sbuffo che aveva trattenuto appena qualche istante prima.

« Alfons, Erzsébet » disse suo padre con tono fiero e cordiale, « questo è Klaus, mio figlio. » Shyvonne, sua madre, una donna mingherlina e di media altezza vestita con colori scuri, mise una mano sulla spalla del marito.
I due Bridge osservarono il bambino interessati, poi sorrisero. Klaus non capì se fosse un cenno positivo o meno.

« E questi, Klaus » annunciò suo padre una seconda volta, « sono Benjamin e London. Lei sarà la tua futura moglie » aggiunse soddisfatto.
Klaus squadrò i due coetanei. Indubbiamente gemelli, dai capelli bianchi come la neve e gli occhi verde chiaro, quasi sul grigio. Così simili da risultare pressoché la stessa persona, se non fosse stato che la bambina aveva i capelli più lunghi legati in una soffice treccia. Dei singolari albini mancati, o forse no. Uno scherzo della genetica.
London incurvò le labbra in una sottospecie di sorriso tirato. 
« E’ un piacere conoscerti. » Quello chiamato Benjamin non disse nulla, standosene in disparte.
Fanno i finti simpatici, si disse.
I quattro genitori attendevano con grandi aspettative una sua risposta, che non tardò ad arrivare. 
« Aspetta, quindi mi stai dicendo che ti chiami “Ponte di Londra”? » domandò Klaus senza riuscire a trattenersi, scoppiando a ridere. « Che buffo! »
Il sorriso sulle labbra di London morì all’istante, così come quello degli altri.
Bene, pensò Klaus, il teatrino sta finendo. Prima si sarebbe conquistato la loro antipatia, prima avrebbero fatto di tutto per annullare la promessa.

« Proprio così » ripose la ragazzina, fissandolo direttamente negli occhi. Klaus non si sentì affatto intimidito, anzi, quasi fu felice che quella gli avesse risposto in modo altrettanto sgarbato. Alleati nella cattiva sorte. « Hai problemi con il mio nome? »
« Ma no, figurati » ribatté lui. « E’ soltanto… ridicolo. »
London digrignò i denti. « Rimangiatelo immediatamente. »
« Io non mi rimangio mai la parola, Bridge. Prendi appunti. »
Alfons ed Erzsébet si scambiarono delle occhiate deluse. Probabilmente non volevano che la loro figlioletta di sangue puro s’imparentasse con un ragazzino così tremendamente insopportabile. Shyvonne, invece, si portò una mano alla bocca. « Klaus! » esclamò quindi, indignata e già quasi in preda al panico per la brutta figura.
Frantz prese suo figlio per un braccio e lo portò nella stanza adiacente, uscendosene con un 
« Vogliate scusarmi » biascicato velocemente.
Una volta soli, nello studio al pian terreno, gli diede uno schiaffo. 
« Cosa ti avevo detto? »
Klaus, che era solito non demordere mai, lo fronteggiò senza paura. « Io non la sposerò, quella mocciosa! »
« E cosa te lo fa pensare? » quasi gridò suo padre, in preda alla rabbia. « Ti avevo avvertito! Niente storie! »
« Se tu pensi che farò tutto quello che dici, beh, sei caduto davvero in basso, papà. »
Un nuovo schiaffo, stavolta sull'altra guancia, leggermente più forte del precedente. « Quando imparerai a stare al tuo posto? » Non gli diede neanche il tempo di replicare, che lo portò nuovamente dai Bridge, stringendogli il polso in una morsa e sussurrandogli appena: « E adesso scusati, con tutti e quattro. » Il tono era irremovibile, adirato.
Klaus si premette una mano sulla guancia e la massaggiò debolmente. Infine rientrò nell'atrio, spostando il suo sguardo buio, arrabbiato e indagatore tra i presenti. « Io… » cominciò a bassa voce. « Volevo scusarmi. »
Shyvonne ed Erzsébet si addolcirono, mentre Alfons continuò a guardarlo in modo torvo. Nessuno, secondo lui, poteva permettersi di insultare i suoi figli.
« ... volevo scusarmi perché vi sto per mandare tutti a fanculo » aggiunse Klaus con un piccolo sogghigno furbesco. Dopodiché, prima che i suoi o qualcun altro riuscissero ad acciuffarlo per la collottola, uscì di casa correndo e si addentrò nelle polverose vie del Distretto Sei.
A nulla valsero le urla di suo padre.
Ma a nulla valsero anche tutte le proteste del ragazzino. Avrebbe dovuto sposare London, o meglio, il Ponte di Londra, ormai era già tutto deciso.
 












 
 
   
 
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