Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Lady Viviana    01/05/2013    4 recensioni
Storia di un ragazzino, di una vecchia macchina da scrivere e di un incontro destinato a essere dimenticato. Non è una condanna alla tecnologia, ma solo una riflessione su quanto velocemente il passato possa essere dimenticato e su quanto le cose Vecchie possano, invece, insegnarci.
Scritta in una fredda sera di fine aprile, ispirata da una canzone di Battiato ascoltata per caso alla radio.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alla vecchia Olivetti e a mia nonna, che mi permise di usarla nonostante fosse rovinata dagli anni e dal troppo uso.
E a Te, che mi hai fatto tornare l’ispirazione e la voglia di scrivere

 
La soffitta era buia e piena di polvere, accumulatesi in anni di dimenticanze e abbandono; ogni sei mesi, qualcuno si premurava di spazzarla via dal pavimento in prossimità della botola, ma nessuno si era preoccupato, negli ultimi quindici anni, di avventurarsi oltre i primi centimetri di consunto legno.
Quel giorno Andrea era salito per riporvi un pesante scatolone, frutto delle ultime pulizie di primavera che la madre l’aveva costretto a fare: conteneva tutti i giocattoli, fumetti, soldatini, macchine e un’accozzaglia di cianfrusaglie varie di quando era piccolo per cui non c’era più posto nella piccola camera.
Quando l’interruttore scattò, la luce tremolò leggermente per qualche secondo prima di calmarsi e spandere per la grande stanza un fioco alone giallo. L’idea era quella di appoggiare la scatola nel primo spazio disponibile e poi dileguarsi di sotto, a provare la nuova versione di Assassin Creed, ma qualcosa lo fermò dallo scendere la stretta scaletta, un vago senso di curiosità che pensava di aver dimenticato, da tanto tempo era assopito in lui. Avanzò, quindi, nella polvere, facendosi luce con una torcia che aveva preso dalla sua scatola (sapeva di essere solo e non si vergognò dei disegni infantili di Topolino che la ricoprivano), passando il debole fascio su ogni oggetto che vi era stipato, muovendosi sempre più avanti, verso gli strati più vecchi, i ricordi più antichi. Niente, tuttavia, colpì la sua immaginazione satura di videogame e computer, finché non giunse in uno degli angoli più bui e polverosi; qui, un vecchio oggetto coperto da un panno lacero e sporco sembrò calamitare il suo sguardo spento, quasi chiamandolo, quasi invitandolo a scoprire la sua natura.
Non appena lo toccò il cencio si sgretolò in modo irrecuperabile andandosi a mischiare alla sporcizia di anni che ricopriva le vecchie assi lignee: agli occhi del giovane ragazzino si rivelò una vecchia macchina da scrivere nera, le lettere ancora visibili nonostante il tempo, un foglio ancora sistemato con ordine sul carrello. Niente e nessuno potrebbe, perciò, spiegare l’attrazione che provò  lui, ragazzo abituato fin da piccolo a essere circondato da computer, iPad, iPhone e ogni altra diavoleria che la tecnologia avesse prodotto negli ultimi dieci anni, per quel vecchio ammasso di ferro nero , grande e pesante e per il foglio immacolato nonostante gli anni che vi era perfettamente incastrato. Non aveva idee di come un simile oggetto fosse finito nella vecchia soffitta, ma sapeva anche che, se avesse provato a indagare e chiedere spiegazioni ai genitori o all’anziana nonna, nessuno avrebbe saputo dargli una risposta soddisfacente, giacché nessuno di loro si preoccupava più di quel luogo da molti, molti anni. Le dita dapprima esitarono, troppo grosse per quei piccoli tasti, ma poi, come se li conoscessero da sempre, esse trovarono la giusta posizione, la giusta forza che occorreva perché il carattere fosse impresso bene sul foglio. La prima lettera che riuscì a scrivere in modo soddisfacente fu proprio la A con cui iniziava il suo nome e per qualche minuto rimase lì, fermo, meravigliato della sua creazione, anche se si trattava di un nulla in confronto alle potenzialità sue e del mezzo di cui si stava servendo. Ma – questa era la cosa più importante – l’aveva prodotto lui, non una sequenza lunghissima di 0 e 1, era frutto del suo lavoro, ci era arrivato da solo, con il ragionamento, nessun libretto di istruzioni o amico gli aveva suggerito come fare. E questo, come non accadeva da molto tempo, lo riempì di gioia e orgoglio.
Quando si riebbe, le dita iniziarono a correre veloci come il vento finché, in pochi minuti, il foglio non si riempì di parole, di pensieri, di sensazioni che Andrea si teneva da troppo tempo nel cuore, incapace di trovare il modo e il tempo per tirarle fuori, perfino con gli amici più cari, che mai avrebbero potuto capirlo.
La madre lo chiamò con insistenza dal piano di sotto mentre stava completando l’ultima frase, che dovette lasciare a metà, la paura che qualcuno scoprisse il suo segreto che si faceva strada sempre più prepotentemente in lui. Strappò quasi il foglio dal carrello e, senza nemmeno pensarci, lo cacciò in un vecchio baule dalla serratura arrugginita che si trovava lì a fianco, volando giù dalle strette scale prima che qualcuno potesse raggiungerlo lì sopra.
Ci mise molto tempo ad abituarsi alla luce del pomeriggio che invadeva la sua stanza, ma, quando lo fece, iniziò a chiedersi se ciò che aveva visto era stato reale oppure no e iniziò a farsi strada in lui l’impellente desiderio di tornare là, di cercare la macchina e il foglio e verificare che sì, era stato reale. Ma non poteva, era il prezzo da pagare per mantenere il suo Segreto al sicuro da tutti.
Decise che, per scacciare i pensieri, c’era un solo modo abbastanza efficace: rifugiarsi nella sua vita di sempre e nella tecnologia. Un panino grondante nutella stretto in una mano, si piazzò davanti al computer, comodamente allungato sulla sedia e iniziò a chattare con gli amici e spulciare youtube alla ricerca di video divertenti da condividere poi su facebook con le decine di amici che aveva (benché di molti di loro non sapesse molto di più del nome), un vuoto rassicurante che gli riempiva la mente come prima i pensieri l’avevano riempita. Pace. Libertà. Tranquillità. Oblio.
 
---
 
Andrea non tornò più nella vecchia soffitta, troppo preso dagli impegni di tutti i giorni, dalle partite a calcetto con gli amici, dalle uscite con la ragazza che gli piaceva e dai compiti, che i professori sembravano assegnargli in quantità sempre maggiori. Dieci mesi dopo la famiglia si trasferì in una nuova casa, più piccola e più vicina al centro della città della precedente; tutto ciò che era contenuto nella vecchia stanza polverosa fu lasciato lì, dimenticato ancora una volta e nessuno, neanche Andrea, se ne ricordò più, lasciando all’oblio e alla inevitabile distruzione operata dal Tempo la memoria di quelle pagine riempite da un ingenuo ragazzino che, per la prima e unica volta nella sua vita, aveva parlato di se stesso.

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Lady Viviana