La
deriva della civiltà. Prendi persone piccole, persone
dall’ego spropositato,
falle sentire importanti e potenti, mettigli davanti
un’emergenza, una
situazione critica più grande di loro e vedrai il mondo
collassare. Bastano
poche decine di anni per rendersene conto, Jack ha assistito a tutto
ciò
innumerevoli volte.
Una
bella tavolata di personalità, mente fresca e cuore leggero,
organizzano le
loro risorse, proteggono le loro famiglie e mettono in prima linea chi
è sempre
stato al margine, quel 10% di bambini che nessuno vuole.
Un’organizzazione
precisa e pulita, il materiale per la stampa e la vittima che si
caricherà il
peso della colpa e della pena, il governo ne uscirà
sconfitto e tutti non
potranno far altro che biasimare i 456. Requisizione 31, signor
Frobisher.
C’è
la
guerra civile nelle strade dei quartieri bassi di tutto il mondo,
soldati
armati per una battaglia fra pari, prelevano bambini con la forza, li
strappano
alle loro madri, forti di una minaccia; verrebbero colpiti anche loro,
altrimenti.
Un antico amico di Jack, un uomo saggio disse: “Un torto
fatto ad uno è un
torto fatto a tutti. E quando le persone si comportano seguendo questa
filosofia, la razza umana diventa la specie migliore
dell’universo.”
Ma
questo vecchio amico non sa che abbiamo parole, parole costruite per
queste
emergenze, parole che mettono un ordine nelle nostre vite quando
rischiano di
saltare per aria: Mio, miei, mia, mie.
Gwen ha inventato un bel gioco e porta diciannove bambini in fila
indiana fuori
dalla casa della sorella di Ianto. Ianto è morto e Jack non
ha avuto il tempo
di piangerlo. Avrà tutta l’eternità per
rimpiangerlo.
Uomini impotenti, gli uni contro gli altri. I manganelli spaccano la
faccia ai
civili, a quei padri che a pugni cercano di riprendersi figli e figlie.
<<
Andate via! Andate via! >>
Quella
bambina ricorderà per sempre il giorno in cui, nascosta in
un angolino di un capannone
abbandonato, lasciata indietro dal suo gruppo, ha visto dei soldati
fare
irruzione e trascinarla via per buttarla su un camion con altri bambini
terrorizzati.
We
are coming. We are coming. We are coming. We are
here.
Che
vantaggio, droga e messaggeri. Gli alieni hanno trovato un pianeta
arrendevole,
un pianeta facile, senza protezioni, senza tecnologia, senza eroi. La
loro unica
difesa sono i sacrifici.
Messi in
ginocchio da un virus, troppo, troppo semplice.
<<
Abbiamo l’80% dei bambini designati. E’
sufficiente? >>
La UNIT
contratta, spera nella benevolenza di grossi e viscidi mostri strafatti.
<<
Tutti quanti. Tutti quelli destinati a noi. >>
Perché
nessuno ha detto loro che non c’era bambino terreste ad
essergli stato
destinato.
Il
sacrificio di Clem ha dato una speranza, gioite, il grande Jack
Harkness
salverà i vostri figli!
<<
Non dobbiamo analizzare la lunghezza d’onda, solo copiarla.
Trasformarla in
un’interferenza costruttiva. Ma non abbiamo modo di
trasmetterla. >>
Gioite,
Mister Dekker, darà il suo contributo?
<<
Certo che sì. Nello stesso modo in cui lo fanno loro. I 456
usano i bambini per
stabilire la risonanza. Abbiamo bisogno di un bambino. >>
E quanti
bambini ci sono nei paraggi?
<<
No, papà. No, digli di no. >>
<<
Non abbiamo più tempo! >>
<<
Papà no! >>
<<
Capitano! >>
Un solo
bambino contro il 10% percento di infanti di tutte le nazioni del mondo.
<<
STEVEN! >>
Un altro
piccolo innocente, allontanato dalla madre, con la forza delle braccia
umane.
Non sa, non capisce. Che cosa vuole zio Jack? Che starà mai
succedendo? Perché
mamma urla?
<<
Oh, quel bambino friggerà. >>
Il
sorrisetto disgustoso di chi non ha nulla da perdere.
Ed ecco,
finalmente…
<<
Alcune volte il Dottore deve guardare questo pianeta e distogliere gli
occhi
dalla vergogna. >>
Martha
Jones era in luna di miele, non in un’altra galassia. I
telegiornali erano
impazziti e lei si era messa in moto ed aveva bombardato la UNIT per
cavare
fuori ogni sorta di informazione su quanto accaduto. Mickey da una
parte, nella
loro stanza, camminava avanti e indietro, braccia conserte, sbuffava
preoccupato.
Era
stato un racconto intenso, troppo, tanto che alla giovane donna era
caduto il
cellulare dalle mani prima di attaccare. Poi era rimasta immobile a
fissare un
punto nel muro e quando suo marito si avvicinò per
confortarla lo rifiutò con
un gesto secco.
Steven
udì un rumore fortissimo ed intermittente, uno strascicato
suono di sirena. Un vento
forte che fece svolazzare le falde della sua giacca e non si interruppe
finché
una magica apparizione non divenne concreta davanti agli occhi
increduli di zio
Jack.
Le porte
del TARDIS si spalancarono ed il signore con il lungo impermeabile
marrone ne
uscì con passo lento e sicuro. Nessuno in quella stanza ebbe
il coraggio di intervenire
quando lui, puntando un oggetto che emetteva uno strano ronzio e una
luce blu,
fece saltare tutti i macchinari in quella stanza. Il capitano aveva gli
occhi
umidi quando cadde sulle proprie ginocchia. I soldati lasciarono le
armi e scapparono,
alcuni si rifugiarono come conigli negli angolini più
angusti dell’edificio.
Il Dottore
tese una mano al bambino che gli corse incontro con un sorriso
emozionato e
naturale.
Ruggisci
creatura, non sarà sufficiente. Il Colonnello Oduya cadde in
terra e strisciò
contro il muro quando la cabina blu prese il suo posto nella sala.
<<
Chiedo udienza con i 456. >>
Una rete
grande quanto tutto il mondo, ogni TV, ogni stazione radio, ufficiale o
pirata,
ogni schermo si sintonizzò sulla medesima frequenza e tutto
il mondo poté
vedere, a tutto il mondo venne sbattuta in faccia la vergogna di cui si
era
ricoperto.
L’intero
globo trattenne il respiro.
<<
Mai più. >>
L’universo
poté udire il grido del popolo della terra.
I
telegiornali
ritornarono a funzionare, c’era chi rimaneva a fissare il
vuoto, chi piangeva,
chi aveva lasciato il posto vuoto.
I
soldati chiedevano pietà e i bambini ridevano. In file
ordinate, mano nella
mano, tutti ritornarono alle loro scuole, alle loro aule, a nessuno di
loro venne
torto un capello.
L’ultima
immagine trasmessa da quella rete globale fu quella di un uomo triste,
dentro all’habitat
artificiale per i 456, ormai completamente aperto, in ginocchio nei
fluidi
disgustosi lasciti dall’ambasciatore alieno dopo essere
sparito in una colonna
di fuoco. Tra le braccia aveva un corpo minuto, magro, praticamente
mummificato,
i vestiti vecchi e logorati che risalivano a quarant’anni
prima. Era ancora
vivo, i suoi ultimi istanti di vita li passò in pace tra le
braccia dell’ultimo
Signore del Tempo.
<<
Il suo primo pensiero era salvare la pelle. >>
Rimase
un ricordo indelebile, un trauma per tutti i nemici
dell’umanità, sia umani che
alieni. Nessuno parlò più del giorno in cui il
Dottore perse la pazienza.
Note
dell’autrice:
Sì, lo ammetto, è robaccia. Non
sono una cima con i flussi di coscienza ma questo…
agglomerato di parole
sconnesse, è stato il frutto di un pensiero che non mi ha
fatto dormire la
notte. Io adoro la terza stagione di Torchwood, è cruda,
cattiva, umana,
estrema. Nonostante la dipartita di Ianto la riguarderei fino a farmi
sanguinare le orbite. Ma mentre assistevo allo sfacelo della razza
umana mi
sono chiesta: e se il Dottore fosse venuto a saperlo?
I
brividi. Il decimo Dottore avrebbe potuto far morire di paura il globo
intero
se solo avesse voluto. Non ha colpito, non ha ucciso ma ha rimproverato
tutti,
usando solo lo sguardo; è come un padre severo ma giusto,
anzi, non è per
niente così severo. Ma penso proprio, che se qualcuno fosse
corso da lui e gli
avesse raccontato che la terra, era d’accordo, ad offrire
milioni di bambini ad
una razza aliena, che li avrebbe usati… bé, ira
funesta è dire poco. No, non
credo proprio che l’Undicesimo ne sarebbe stato capace,
così come Tenth
riusciva a trasmettermi una valanga di emozioni inarcando un
sopracciglio, lui
non mi da nulla nemmeno con tutte le sue ridicole mossette. SIA LODE A
TENNANT!