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Autore: Una Certa Ragazza    02/05/2013    3 recensioni
Come ci si sente ad essere un'anguria? Beh, naturalmente superiori agli esseri umani, che diamine! Soprattutto se si considera che gli esimi homini sapientis non sembrano avere nient'altro da fare che inseguire assurde mode e litigare fra di loro...
Genere: Comico, Demenziale, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, la situazione sta rapidamente degenerando: è un periodo in cui sto scrivendo e aggiornando come una matta.
In realtà questa storia è vecchia (ma vecchia vecchia) e non avrei mai pensato di pubblicarla qui sopra perché è scritta davvero in maniera orribile, e a rileggerla mi sono venuti i capelli dritti. Ma alla fine ci sono affezionata, e mi son detta "e perché no? Si fa per ridere un po', dopotutto è la sezione Comico!"
E dunque eccomi qui. Mi scuso per non aver ancora aggiornato "L'amore ai tempi di Spotted", cosa che avrei dovuto fare martedì, ma ho concentrato le mie risorse nello scrivere un racconto per un contest che è diventato più lungo del previsto e visto che ho una vita anch'io - benché sembri incredibile, lo so - il trenta aprile e il primo maggio sono andata in giro a cazzeggiare con gli amici e non ho concluso niente XD. Al più tardi domani dovrei tornare in pari con i capitoli.
Nel frattempo vi lascio 'sta robetta. Liberi di insultarmi, sul serio.



 

Vita da anguria

 

Sono tre ore che mi trovo davanti ad una fontana ad aspettare. Mi hanno abbandonata qui.

Probabilmente vi starete chiedendo chi può aver fatto questo ad una povera, innocente bambina.

Ma vi state sbagliando. Non sono una bambina, sono un’anguria.

Come “le angurie non parlano”? Beata ignoranza! Certo che parliamo! E abbiamo una maggiore proprietà di linguaggio di tutti voi messi assieme, anche se, purtroppo, sono costretta ad usare un registro linguistico molto semplice per farmi capire da voi e, soprattutto, dall’ottusa scribacchina che in questo momento sta immortalando le mie memorie in un tema di prima liceo. In un tema, capite?!

Io merito un best seller, altroché!

Comunque, io non sono una semplice anguria, sono un’anguria agente segreto, e mi chiamo Coco.

Il mio nome in codice è Anguria 0013. Lo 007 non era disponibile, è stato il primo ad essere preso, e perché proprio il 7 non saprei dirvelo.

Sono stata mandata qui direttamente da Romagna, la nostra capitale dove regna supremo ed indiscusso il Grande Cocomero, per indagare.

Come “su cosa?” ?

Non fate i finti tonti, lo sapete benissimo! Voi umani volete distruggere noi Angurie, perché siamo belle, irrimediabilmente più intelligenti di voi, ricche e, soprattutto, proprietarie di estesissimi giacimenti di petrolio.

No, noi angurie non veniamo coltivate da voi, questo è quello che credete tutti. Illusi! Piuttosto potrebbe essere il contrario : siamo noi che lentamente vi manipoliamo.

Da sempre fingiamo di essere dei succosi frutti nel vostro orto, ma in realtà, quando nessuno ci guarda, torniamo nelle profondità della terra, alle nostre città.

Perché allora ce ne stiamo buone buone in un orto, col rischio di essere mangiate? Ma perché abbiamo bisogno del sole, mi sembra ovvio!

Inoltre siamo delicate, cresciamo solo in certi ambienti!

Dunque, io sono qui per spiare. Di solito non mandano signore in missioni così pericolose, ma è estate e c’è carenza di personale: puntualmente, quando arriva la bella stagione, si verifica un repentino calo demografico nella popolazione delle angurie.

In ogni caso, ritornando al mio stato attuale, sono ai piedi di una fontana, immersa in una pozza di gelida acqua di montagna.

Come ci sono finita?

Ero appostata nell’orto di un contadino, quando è arrivato un ragazzino proveniente da quello che voi umani chiamate “camping”, che mi ha tirato un calcio facendomi rotolare sul fianco di una collinetta. Così sono finita in strada.

Per contro, il ragazzino malefico si è fatto male al piede e se n’è andato via saltellando. Gli sta bene!

Cosa credete, che io non abbia capito che il bambino è stato assoldato da voi per distogliermi dal mio compito?

Ma io non mi arrendo mai, anche se l’acqua mi sta congelando i piedini (sì, abbiamo i piedi, e di certo non sono degli orribili cosi oblunghi come i vostri. Voi non li vedete perché sono retrattili).

Comunque, davanti a me, seduti su un muretto a sinistra della fontana, ci sono tre soggetti circa dell’età della tipa che in questo istante sta scrivendo di me.

Questo è un chiaro segno di come i vostri adolescenti siano un agglomerato di inutili scansafatiche: la ragazza che scrive mezza dislessica e completamente rincitrullita (se scrive certe baggianate non può essere altrimenti), e queste tre amebe accanto alla fonte che mi fissano da tre ore senza fare niente di costruttivo della loro vita.

Da una delle loro armi di distruzione di massa (leggasi “cellulare”) esce una musica che fa più o meno così: TUNZ TUNZ TUNZ PARA PARA TUNZ, dolore ad agonia per le mie povere orecchie abituate ai canti gregoriani.

Uno dei tre, il proprietario del cellulare, si è dovuto appoggiare ad un albero perché la piastra della sua cintura è troppo grossa e gli impedisce di sedersi normalmente.

Il secondo muove la testa come un invasato, le mani che si muovono a tempo, con gli indici per aria.

Forse anche il terzo andrebbe a ritmo con la testa, se solo non avesse il collo bloccato da un’enorme collana di perle di un colore allucinante. Probabilmente al buio si illuminano.

Sono tutti e tre vestiti con magliette aderenti e sono eccessivamente sbragati.

Avete le cinture, usatele, no?” vorrei gridargli.

A questo punto entra nella mia visuale una ragazza con i capelli lisci (ma lisci lisci lisci) con addosso una lunghissima collana di piccole perle annodata.

«Ciao amoli! Vi lovvo tloppo!» esordisce, e poi: «SMACK, SMACK!» li bacia tutti e tre sulle guance.

Va bene, questa qui ha bisogno di una logopedista e di un buon paio di occhiali: per baciare quei tre lì ci vuole coraggio!

«Bella Susy!» rispondono i tre in coro.

A questo punto lei si piazza lì ad ascoltare il “ TUNZ TUNZ TUNZ PARA PARA TUNZ” insieme al magico trio.

Dalla destra del mio campo visivo entrano tre persone: due ragazze ed un ragazzo.

Hanno tutti e tre una polo Fred Perry ( forse non dovrei dirlo: pubblicità occulta) , jeans Levi’s e occhiali da sole Ray-Ban. Le ragazze hanno ai piedi delle ballerine, il ragazzo Nike nuove fiammanti.

«È vostra quest’anguria?» domanda una delle nuove arrivate, con un briciolo di supponenza.

Che razza di domanda è? Le angurie non sono di nessuno!

«Quale anguria?» dice uno dei tre panchinari (o murettari, a rigor di termini).

«Questa.» la ragazza mi indica.

«Non dovreste lasciare cocomeri in mezzo alla strada» rincara il ragazzo Fred Perry.

«Cocomeri? Avete appena parlato di angurie, che c’incastrano i cocomeri?»

La terza ragazza, da dietro gli occhiali da sole, alza gli occhi al cielo: «Sono sinonimi!»

Il magico trio panchinario si guarda. Il loro unico neurone, che dividono in tre e che al momento sta gridando «C’è nessunooo?!» solo come la particella di sodio nell’acqua Lete, si affaccenda per trovare il significato di “sinonimo”.

Alla fine decidono che si tratta di un insulto indirizzato a loro, ed insorgono:

«Uo, fighetti del cavolo, se ci insultate ancora vi spacchiamo la faccia!» questo lo ha detto il ragazzo con la cintura improponibile.

Ovviamente la frase conteneva molte più parolacce di così, ma le ho censurate.

Il ragazzo Fred Perry dice alle sue accompagnatrici, in un sussurro perfettamente udibile:

«Umph, sono quegli straccioni del camping.»

«Che hai detto?»

Improvvisamente appaiono dal nulla un esercito di sette od otto Fred Perry ed uno altrettanto numeroso di jeans a vita bassa e cinturoni.

Stanno per venire alle mani, quand’ecco sopraggiungere un altro gruppo di persone.

Sono ragazzi e ragazze con i capelli piastrati e tinti di nero.

Portano jeans strettissimi e maglie nere, sono tutti molto magri ed hanno ai piedi Converse scure.

Sono pallidi, dall’aria malaticcia, ma sul loro viso smunto spicca l’occhio impiastricciato da una quantità industriale di matita.

Ho detto “l’occhio”, perché l’altro è coperto da un ciuffo: evidentemente era quello sano.

Subito gli altri due gruppi smettono di guardarsi in cagnesco l’un l’altro per poter invece guardare in cagnesco i nuovi arrivati, cosa che sembrano giudicare molto più interessante.

Tra di loro serpeggia una parola

«Emo!»

«Emo!»

«Li hai visti? Sono Emo!»

Uno dei Fred Perry esclama, quasi avesse appena scoperto l’America:

«Ce l’avete messa voi quest’anguria qui!»

«Che importa? Tanto moriremo tutti.»

«È arrivato il Depresso delle quattro.» lo schernisce una delle ragazze coi Ray-Ban.

«Sentite, figli di papà del...» dice Ragazza Emo 1.

Ragazzo Emo 2 la trattiene:

«Stai calma. La vita non vale la pena di essere vissuta, noi che lo abbiamo capito non dobbiamo mischiarci con Figli di Papà e Truzzi.»

«Qualche problema?» sbotta uno dei Cinturoni.

«Vuoi botte?» gli fa eco un altro.

Stanno di nuovo per venire alle mani, ed io temo seriamente di stare per finire schiacciata dalla loro furia omicida, quand’ecco che passa una fila di macchine.

La strada è stretta e tutti devono disporsi lungo il fianco della montagna dove c’è la fontana per farla passare.

Io, che sono rimasta separata da loro dalle automobili, ne approfitto per tirare fuori i miei augusti piedini e darmela a gambe.

Dopotutto la mia missione è finita: se i vostri giovani sono ridotti così, dubito che potreste mai essere così intelligenti da mettere in atto una congiura contro di noi.

 






NOTA al TESTO: Qui dentro ci sono un sacco di pubblicità occulte e di stereotipi, con cui mi sono divertita - consapevolmente - a giocare. C'è anche una piccola allegoria, nella storia. Un biscotto del Lato Oscuro a chi la indovina! XD
   
 
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