Per me era un incubo andare a mangiare un gelato: tutta quella scelta mi confondeva. Per non parlare delle volte in cui ero costretto a fare la spesa: impiegavo ore solo per scegliere un barattolo di yogurt,e alla fine era inevitabilmente della stessa marca e dello stesso gusto che avevo preso una settimana prima. I miei coinquilini impazzivano quando mi vedevano tornare dopo ore, morivano di fame e mi sgridavano sempre per il ritardo. In quella casa la spesa si faceva sempre all'ultimo, quando il frigo era vuoto.
Dopo quei primi minuti di rabbia scherzosa mi abbracciavano. Il rituale era sempre lo stesso: sgarfavamo insieme fra le borse, prendevamo la cosa pił zuccherosa o salata che trovavamo e correvamo verso il divano, ce ne stavamo tutti ammassati senza sapere quale gamba fosse di chi, tutti assieme a guardare Top Chef e a urlare per il nostro preferito.
Ci inventavamo un numero tendente all'infinito di rituali stravaganti atti a portare sfortuna al preferito di qualcun'altro dimodochč alla fine la punizione non ci toccasse.
Le punizioni, divertentissime da guardare, le decidevamo sul momento a suggerircele ci pensava il diavoletto che ciascuno di noi aveva sulla spalla.
Amavo i miei coinquilini, con loro ero vivo.
In quella strana casa mi accettavano per com'ero.
In quella maledetta casa vivevano le uniche persone di cui mi fidavo.
Odiavo i miei coinquilini, ne ero completamente dipendente.
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