1…
2…
3…
Contò lentamente le gocce di pioggia che bagnavano il vetro, rendendo il paesaggio ai suoi occhi ancora più malinconico di quanto già non fosse.
Sospirò
e si diresse verso
il divano, il camino era acceso e nell’aria si diffondeva un
profumo di legno
di cedro misto a quello più leggero e dolce di lavanda che
Dorina metteva in
ogni stanza ogni mattina. Sospirò nuovamente e si
alzò irrequieta, cominciando
a passeggiare per la stanza e a guardare fuori dalla
finestra…
Sperava
tanto che smettesse
di piovere, altrimenti non sarebbe potuta andare, era stata via tanto
tempo e
ora che era tornata non poteva non mantenere la promessa…
4…
5…
6…
Fuori
la pioggia scendeva
incessantemente e sembrava dovesse continuare così per molto
tempo; si voltò
indispettita e corse fuori dalla stanza, scese le scale quasi volando e
uscì
fuori sulla terrazza e subito avvertì
la pioggia che fredda le lambiva la pelle e le scorreva
sotto i
vestiti,rabbrividì ma non si fermò: scese la
scale e corse fuori di cancelli
del palazzo…non poteva mancare…
Arrivò
con il fiatone e il
cuore che palpitava nel petto; si sedette sull’erba bagnata e
respirò
rumorosamente per riprendere fiato…aveva corso tanto e ora
si sentiva le gambe
molli…
Guardò le due
tombe accostate l’una di fianco all’altra,proprio
come lo erano stati i suoi genitori,accarezzò la superficie
fredda di marmo e
un’improvvisa tristezza la invase, la consapevolezza di
essere mancata per
tanto tempo si fece sentire forte e prepotente e il dolore che per
quasi 10
anni aveva tentato di sopprimere nella parte più nascosta
della sua anima
ripiombò con crudeltà facendo scorrere sulle
guance color pesca lacrime di
fuoco che ironiche e dolorose si mescolavano alle gocce di pioggia.
Chinò il
capo e chiese loro scusa, per non essere stata presente, per non essere
una
perfetta nobildonna,per tutte le volte che li aveva odiati
perché l’avevano
abbandonata e chiese scusa perché aveva tanto bisogno di
rivederli e perché le
mancavano terribilmente…
“Mi dispiace…mi dispiace così tanto…mi mancate così tanto…sono successe troppe cose…il peso è grande soprattutto sulle spalle di Martino…dovevate esserci, dovevate guidarlo e dovevate esserci per me, perché non riesco a ricordare quanto doveva essere bello stare tra le vostre braccia, avere i vostri sorrisi, perché… maledizione…Mamma, Papà, mi mancate così tanto… ci sono i francesi e quel Loya…è così arrogante, stanno spadroneggiando sulle vostre terre, su coloro che avete amato e che io amo, sulla gente di Rivombrosa…e Martino non può cacciarli e poi anche i briganti, lo Sparviero, ma chi si crede di essere?! I contadini al borgo dicono che è un eroe, Giannina e Bianca dicono che ha fatto tanto per i contadini…e poi…c’è…Lui con i suoi occhi e il suo sorriso così sfacciato, temerario e dolce, con il suo sguardo e la sua voce che mi è entrata dentro e mi sta dilaniando perché non conosco il suo nome…” si asciugò le lacrime si accorse che aveva smesso di piovere, si guardò intorno e vide la natura rigenerata da quel pianto del cielo, l’erba sotto di lei risplendeva della rugiada, gli alberi portavano sulle foglie piccole e tenere delle perle d’acqua che in quel pomeriggio così magico risplendevano di luce…Guardò verso il castello e sentì un profondo calore al petto
La sua casa…
Riportò
lo sguardo sulle tombe
e accarezzò nuovamente le superficie, ora era calda e il
marmo sembrava
risplendere anch’esso, sorrise mentre la brezza dello Zefiro
si alzava e
l’accarezzava dolcemente…sentì qualcosa
accanto a sé, come una presenza
invisibile e rassicurante, un dolce ricordo che prendeva forma e che le
si
accostava in un abbraccio di padre e madre fusi assieme…
Sentì
una lacrima scorrerle
sul viso ma ad essa non ne seguirono altre…
“Mamma…Papà…grazie
…vi
voglio bene” e la tristezza si annullò nel suo
cuore per lasciare il posto ad
un senso di pace e una nuova fermezza. Lesse i nomi incisi sulle lapidi
e
giurò:
“
Non lascerò che tutto
quello per cui avete lottato cambi
Fabrizio Federico Giovanni Clemente
Ristori
Conte di
Rivombrosa
Che
conosceva amore e
coraggio…
Lotterò
con tutte le mie
forze perché il mio mondo non crolli, perché
coloro che amo non soffrano
Elisa Scalzi Ristori
Contessa di
Rivombrosa
Tenera e splendida
Lotterò
come mi avete
insegnato voi,lotterò perché il mio nome
è
Figlia indomita di queste terre
Agnese
Ristori,
strappata
alla vita
troppo presto*
Contessa
di Rivombrosa”
Agnese
raddrizzò le spalle
gettò un ultimo sguardo alle lapidi e le sembrò
di vedere- per un gioco di luci
o altro- una giovane donna e un uomo che giocavano con una
bambina…
Sorrise
a voltate le spalle
si diresse a casa.
*sono
le iscrizioni sulle
lapidi di Fabrizio e Elisa, no mi ricordo dove le ho lette cmq non sono
inventate da me:P