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Autore: Josephine_    09/05/2013    3 recensioni
“Capisco.” Annuì Tremotino “Comunque… chiedimi cosa vuoi. Come regalo intendo. Posso avere tutto ciò che desideri, sempre che non vada contro il nostro contratto.” Puntualizzò poi.
Belle sapeva a cosa si riferiva: tornare a casa, rivedere il padre, il castello. Quello no, non lo poteva avere.
“E’ troppo facile così. Il regalo deve essere una sorpresa, non posso dirvelo io. E soprattutto non potete usare la magia, visto che io non posso usarla.”
Belle sembrava tornata di buon umore, e questo lo fece sorridere.
“Allora, abbiamo un accordo?” lo schernì lei scimmiottandolo e ottenendo come reazione la solita risata un po’ pazza.
“Io amo gli accordi.”
[fluffosa Rumbelle ambientata nel periodo Natalizio, hope u enjoy it :)]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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4. Stupirsi a Natale
 
 
 

Belle si era svegliata un’ora prima del solito quella mattina, la mattina di Natale. Aveva indossato in fretta e furia il suo abito da sguattera, non aveva acconciato i capelli –che le ricadevano mossi e disordinati sulle spalle- e si era recata immediatamente nel grande salone al piano superiore. Il filatoio giaceva in un angolo, e un groviglio piuttosto abbondante di oro –segno che il Signore Oscuro aveva lavorato e meditato tanto- riposava ai suoi piedi. Di Tremotino nessuna traccia, e Belle pregò vivamente che stesse riposando nella sua stanza.
 
La ragazza percorse il lungo corridoio che portava allo studio del Signore Oscuro e tirò un sospiro di sollievo quando, entrandovi, lo trovò deserto. Poche volte aveva messo piede in quella stanza –Tremotino cercava di farla avvicinare il meno possibile alla magia e al suo lavoro- e non si stupì più di tanto nel trovarla scarna, arredata solamente da una lunga scrivania in legno scuro ingombrata da fogli di pergamena, alambicchi e pietre di ogni genere.
 
Sapeva cosa le serviva, e non sarebbe stato difficile trovarlo. Armeggiò un po’ con i cassetti e ne estrasse due pietre scure, che appoggiò sul tavolo. Accese una candela e le fece riscaldare in un piattino d’argento finché da esse non sgorgò un liquido rosso cremisi, che mise in un’ampolla. Esitò un istante quando sentì un fruscio alle sue spalle, ma si rilassò appena si rese conto che era solo un foglio di pergamena che era scivolato sul pavimento; con le mani che le tremavano per la paura di venir colta sul fatto, cercò di ricordarsi cos’altro aveva letto in quel manuale di meccanica che aveva letto solo poche settimane prima –per noia, più che altro, o forse perché lo aveva visto in mano a Tremotino e pensava che sfogliandolo avrebbe imparato a conoscerlo un po’ di più.
Qualche minuto –e un paio di esperimenti- dopo, il lavoro era concluso.
 
Soddisfatta, rimise tutto in ordine facendo attenzione a non rompere niente, e lasciò la stanza silenziosamente come vi era entrata.
 
In soggiorno, Tremotino l’aspettava, e Belle deglutì nervosamente pensando che potesse averla vista e stesse solo aspettando il momento giusto per rimproverarla e rovinarle il Natale.
 
“Mattiniera, dearie?” la accolse lui inarcando le sopracciglia, stupito.
 
“Oggi sì” disse semplicemente lei, sorridendogli con tutta la –poca- nonchalance che riuscì a trovare. “Buon Natale” aggiunse, sedendosi sul tavolo vicino a lui.
 
“Buon Natale anche a te” ghignò lui, unendo le mani sopra il tavolo “la colazione?”
 
Belle arrossì, impreparata. Non aveva cucinato la colazione, presa com’era nella preparazione del regalo.
 
“Oh, hem, pensavo…” cominciò, ma Tremotino alzò una mano e la interruppe:
 
“Pensavi che siccome oggi è Natale avresti potuto tralasciare i tuoi doveri di domestica?”
 
“Mi dispiace, prendo subito il tè” si affrettò a dire lei, scendendo dal tavolo, ma lui la bloccò di nuovo, questa volta afferrandole il braccio con la mano ruvida.
 
Al contatto con la pelle di Tremotino, Belle sentì il cuore mancare un battito e il respiro bloccarsi in gola, ma fece finta di niente; abbassò lo sguardo sul suo avambraccio, dove la mano grigia di lui esercitava una pressione sufficiente a trattenerla ma non troppo forte da farle male, poi alzò gli occhi e incontrò i suoi, gialli e penetranti, la pupilla ridotta ad una fessura –sembravano gli occhi di un gatto, quelli, piatti e profondi al contempo, in grado di vedere tutto ma che non lasciavano intravedere niente.
 
“Dearie” la riprese lui, mostrando il solito ghigno beffardo “sei una principessina incorreggibile.”
 
Belle si sentì momentaneamente offesa da quel commento di scherno e strattonò il braccio di modo che lui lasciasse la presa.
 
“Prendo il tè.” Ripeté, questa volta con più convinzione e serietà.
 
Tremotino ridacchiò, schioccò le dita e immediatamente si materializzarono davanti a loro un vassoio con due tazzine –una delle quali sbeccata da un lato- e un piatto con dei biscotti.
 
“Vedo che una governante vi è molto utile!” esclamò Belle, ironica, incrociando le braccia e rimettendosi a sedere sul tavolo.
 
“Certo che mi è utile; la magia ha sempre un prezzo, cara.” Gli spiegò, prendendo in mano una tazzina –quella dal bordo sbeccato- e portandosela alle labbra.
 
Belle tacque e prese a sua volta una tazza e un biscotto allo zenzero, che trovò delizioso. Avrebbe dovuto chiederne la ricetta a Tremotino, non fosse che li aveva semplicemente evocati con la magia.
 
“Allora il mio regalo?” le chiese improvvisamente lui, distogliendola dai suoi pensieri.
 
“E il mio?” lo sfidò Belle, ridendo.
 
“Il mio è in biblioteca.” Sorrise l’Oscuro –non ghignò, non rise, sorrise.
 
“Un libro nuovo?” gli occhi di Belle si illuminarono. Non aveva ancora letto tutti i libri della maestosa biblioteca che Tremotino le aveva mostrato solo poco tempo prima, ma le piaceva l’idea che lui avesse voluto regalarle un libro. Forse era scontato, sicuramente non avrebbe desiderato altro.
 
“Frena, dearie. Vedrai con i tuoi occhi.” E così dicendo l’Oscuro posò sul vassoio la tazza di tè e si alzò, porgendo una mano a Belle affinché lei lo seguisse.
 
I due camminarono in silenzio –lui davanti a passo spedito, lei dietro con le guance rosse per l’eccitazione e il passo leggero- fino alla lunga scala a chiocciola che conduceva alla biblioteca, dove Tremotino si fece da parte e fece salire Belle per prima. Nel seguirla, l’Oscuro si perse nell’osservare la mano liscia e minuta di lei che sfiorava distrattamente ma con morbidezza il corrimano della scala, e per un istante gli attraversò l’idea che quella mano potesse sfiorare la sua pelle, la sua pelle grigia e ruvida, e trasmettergli tutto il calore che ormai aveva perso.
 
Scosse la testa, amareggiato dai suoi stessi pensieri, e seguì Belle nella stanza in cima alla torre, dove centinaia di libri occupavano la parete circolare da cima a fondo.
 
“Finalmente un po’ di luce!” esclamò Belle, affacciandosi alla finestra –l’unica del castello a non essere oscurata da pesanti tende rosso scuro.
 
Tremotino sbuffò, annoiato, e con un braccio si schermì dalla tiepida luce solare che faceva capolino dalla parte opposta della stanza.
 
Fu in quel momento che Belle gli si avvicinò, una mano a torturarsi una ciocca di capelli mossi e l’altra infilata nella tasca del vestito.
 
“Il mio regalo?” chiese, gli occhi azzurri spalancati per la curiosità.
 
“Il vostro?” fece di rimando l’Oscuro, impassibile come sempre.
 
Belle arrossì, ma si fece coraggio e decise di fare il primo passo.
 
“Prima che voi vi arrabbiate con me” iniziò, stando molto attenta a non guardarlo direttamente negli occhi “devo confessarvi che stamattina sono entrata nel vostro studio.” Si interruppe e cercò nel suo interlocutore un segnale che le facesse intuire la sua reazione, ma lo trovò impassibile come sempre.
“Bhè” si affrettò a precisare “… ne avevo bisogno per il regalo. Non avrei saputo come fare, altrimenti. E nell’accordo non avevamo specificato che io non potessi entrare nelle vostre stanze.” Parlava con frasi corte e concise di modo da non perdere il filo del discorso, e teneva gli occhi bassi in attesa di un rimprovero che –lo sapeva- sarebbe arrivato da lì a pochi istanti.
 
“Ebbene?” la interrogò invece Tremotino, indifferente.
 
“Non siete arrabbiato?” Belle sgranò gli occhi, stupita dalla reazione dell’Oscuro.
 
“Certamente, dearie.” Socchiuse gli occhi gialli e la squadrò da capo a piedi “ma era quasi scontato che tu andassi a frugare tra le mie cose, o avresti dovuto regalarmi uno dei tuoi stracci e una scopa.” Rise istericamente, divertito dal suo stesso senso dell’umorimo “comunque” e tornò più serio “quella stanza è coperta da plurimi incantesimi, e se tu avessi alterato qualche pozione o contratto, me ne sarei immediatamente accorto.”
 
Belle deglutì, ma trovò la spigliatezza di togliere la mano di tasca e consegnare il regalo al suo interlocutore.
 
“In tal caso” cominciò, porgendo la boccetta piena di liquido scuro a Tremotino “Buon Natale” e sfoderò un sorriso carico di dolcezza che all’Oscuro sembrò migliore di qualsiasi altro regalo che avrebbe mai potuto ricevere.
 
Tremotino scosse leggermente la testa quando si rese conto della provetta che la ragazza gli aveva allungato sotto gli occhi, e storse il naso quando un odore pungente ma conosciuto gli giunse alle narici.
 
“Non ho avuto il tempo di impacchettarlo, però…” si scusò Belle, lasciando la frase in sospeso.
 
“Dearie… cos’è?”
 
“E’ olio!” esclamò lei, come fosse la cosa più ovvia del mondo, poi, quando vide che Tremotino continuava a fissarla con lo sguardo più confuso che lei gli avesse mai visto, si affrettò a spiegare “ieri sera, quando eravamo nel salone e io leggevo e voi filavate” trattenne un attimo il fiato nel ricordare l’intimità che li aveva, seppur per poco tempo, inevitabilmente avvolti “mi sembravate rilassato e… quando la ruota dell’arcolaio ha cigolato, voi vi siete distratto… e avete smesso di… essere rilassato.”
 
Fu solo dopo aver terminato il discorso che Belle si rese conto di quanto illogico e superficiale fosse stato, e di quanto inadatto fosse il regalo che ancora reggeva in mano e che sperava con tutto il cuore Tremotino accettasse.
 
Quest’ultimo, impassibile davanti a lei, spostava gli occhi dalla ragazza alla boccetta e dalla boccetta alla ragazza come se di fronte a lui avesse una partita a scacchi e non un regalo di Natale. Si decise a parlare solo quando il sorriso di Belle si inclinò pericolosamente all’ingiù, in un’adorabile smorfia di rammarico che però egli voleva veder sparire al più presto.
 
“Dearie, ottima trovata. Olio. Per l’arcolaio. Come ho fatto a non pensarci prima? E’ perfetto. Il rumore della ruota che si blocca è così fastidioso che sono costretto a rallentare la produzione di oro, e tu hai trovato la soluzione! Vedi, è a questo che mi serve una domestica!” esclamò, cominciando a camminare per la stanza rigirandosi l’ampolla tra le mani.
 
Belle rimase in piedi davanti alla finestra, interdetta. Cosa si aspettava? Un “grazie”, forse? O peggio ancora, un abbraccio caloroso? Era del Signore Oscuro che stava parlando, e quella risata un po’ isterica e tutto quel gesticolare esuberante erano la migliore reazione che si potesse aspettare. Nella peggiore delle ipotesi, se il regalo non gli fosse piaciuto, l’avrebbe sgridata, punita, cacciata. Invece non aveva fatto niente di tutto ciò, anzi; sembrava quasi un bambino, mentre studiava da vicino la boccetta scura per controllare che fosse veramente olio.
 
“Vi piace?” chiese Belle, spudorata, che non riusciva ad accontentarsi di un ironico ‘è a questo che serve una domestica’.
 
Tremotino si fermò e la guardò di sottecchi, studiandola per qualche minuto.
 
“Dearie, se non mi fosse piaciuto lo avreste capito immediatamente.” Ghignò, e lei sbuffò.
 
“Andiamo, so che vi piace! Potreste anche mostrare un minimo di riconoscenza in più…” lo provocò.
 
“Ammetto che mi hai sorpreso in positivo, dearie.” Confessò, concedendole anche uno dei suoi soliti sorrisi sghembi. “ma ciò non ti salverà dal pulire le vetrate del Castello Oscuro” ghignò di nuovo, gli occhi scintillanti.
 
“Bhè, è tutto da vedere.” Belle sorrise, sapendo già in cuor suo di aver perso la sfida. Le rimaneva un’unica cosa da fare per vincere la scommessa e risparmiarsi la fatica di lavare tutte le finestre del castello, ed era fingere che il regalo di Tremotino –qualsiasi esso fosse stato- non le piacesse.
 
Stava già pensando a cosa rispondergli una volta che lui le avesse consegnato il pacchetto –“oh, carino, ma c’è di meglio”, “mhm, scontato”, “grazioso, ma non in questa occasione”, “con tutta la magia che avete, potevate fare senza dubbio di meglio”- ma quando l’Oscuro le indicò la finestra e lei si voltò, tutte quelle provocazioni le morirono in gola.
 
Lo spettacolo che aveva davanti rasentava il fantastico –e pure vivendo in un posto brulicante di magia, Belle non aveva mai visto niente di simile.
 
Il cielo era azzurro, terso, pulito come mai ci si aspetterebbe in una giornata invernale.
Nessuna nuvola, né vicina né lontana, minacciava quella calma serafica.
Non un alito di vento soffiava, e gli alberi riposavano quieti al loro posto senza che raffiche di alcun tipo scompigliassero le loro cime.
Eppure, in quel momento, in cima a quella montagna isolata rispetto a tutto e tutti, giù da quel cielo senza nuvole e sulle cime di quegli alberi così tranquilli, nevicava.
I fiocchi –morbidi, leggeri, così geometricamente perfetti, soffici e spessi al contempo, lenti e fitti come si trattasse di zucchero che qualcuno aveva fatto accidentalmente cadere da qualche parte lassù- piovevano ininterrottamente dal cielo per posarsi sul terreno ancora ricoperto dalla neve dei giorni precedenti.
 
Il sole, riflettendosi sulla neve, diede vita ad uno degli spettacoli naturali più belli, e Belle rimase a bocca aperta, estasiata, mentre davanti ai suoi occhi appariva la figura di un arcobaleno che andava a concludersi proprio là dove anche il suo sguardo non riusciva ad andare oltre.
 
Quando finalmente riuscì a distogliere lo sguardo dal paesaggio e lo rivolse a Tremotino, lo trovò che ghignava –o forse sorrideva?- appoggiato al tavolo in un angolo.
 
“Nevica! Ma… ma…” non riuscì ad andare avanti, tanta era la sorpresa.
 
“Magia.” Le rivelò lui, facendole l’occhiolino.
 
Belle rimase qualche istante in silenzio a contemplare lo spettacolo di quella neve nata dal niente che continuava a scendere e a infrangersi al suolo e alle finestre del castello provocando un ticchettio ipnotico e rassicurante, mentre in testa le riecheggiava quella poesia che faceva “cadi, cadi, allegra, buona prima neve”ˡ e che la madre le recitava sempre quando era piccola.
 
Fu solo quando il cielo sopra di lei cominciò a tingersi di grigio e l’arcobaleno a scomparire –quei colori morirono velocemente come erano nati- che le tornarono in mente le parole di Tremotino.
 
“Hey, avevate detto niente magia!” esclamò, sgranando gli occhi nella sua direzione “Avete infranto l’accordo.”
 
“Un semplice ‘grazie’ sarebbe bastato, dearie, ma mi rendo conto che certe convenzioni proprio ti vanno strette.” Replicò lui, fintamente offeso, facendo arrossire Belle per la vergogna.
 
“E’ vero… grazie, grazie davvero. E’ stato uno spettacolo favoloso, come ci siete riuscito?”
 
“Non è opera mia. Io avrei usato più stile.” Le confessò lui con un gesto annoiato della mano “e soprattutto” precisò “io non infrango mai i miei accordi. Diciamo che un tizio, un certo Claus², mi doveva un favore.” A queste parole vide Belle sbiancare dalla sorpresa e un ghigno si impadronì involontariamente del suo volto.
 
“Ah” riprese Tremotino “non è finita qui.” E avvicinandosi a Belle le fece scivolare un libro in mano.
 
Belle lo strinse, lo portò alle narici e ne ispirò l’aroma antico prima di aprirlo e trovarvi, all’interno, soltanto pagine non scritte e ingiallite dal tempo. Rivolse uno sguardo confuso al suo interlocutore, che si schiarì la voce:
 
“Quando sarai un’eroina qualcuno dovrà scrivere le tue gesta, e lo farà lì dentro.” Rise, soddisfatto della sua trovata originale, e Belle sentì il cuore perdere più di un battito –forse erano cinque- nel sentire parole del genere, che seppur dette con tono ironico e canzonatorio, erano piene di una dolcezza inaspettate.
 
“Io… grazie!” disse soltanto, fiondandosi tra le braccia dell’Oscuro senza curarsi delle sue possibili reazioni.
 
Tremotino non ricambiò l’abbraccio, non era ancora pronto. Rimase rigido per qualche secondo, e si ammorbidì soltanto quando ebbe la certezza che le braccia di Belle non lo avrebbero abbandonato a meno che non fosse stato lui a chiederglielo.
 
“Perché avete fatto tutto questo?” gli chiese Belle, la voce che era appena un sussurro.
 
Tremotino si allontanò e puntò lo sguardo in quello di lei. Si schiarì la voce e pronunciò le parole che si era ripetuto tutta la notte fino a recitarle come fossero un mantra.
 
“Semplice. Io vinco sempre i miei accordi.” Ghignò.
 
Belle non parve delusa, neanche amareggiata. Sicuramente non stupita. Apparì solo divertita; divertito –e per niente timoroso- fu lo sguardo di sbieco che gli lanciò e il modo in cui si spinse i capelli dietro le spalle; divertita fu la sua risata e lo sbuffò che fece quando Tremotino cominciò volutamente ad ignorarla preferendo guardare la neve che ancora scendeva fuori dalla finestra.
 
“Adoro la neve” sospirò Belle ad un certo punto, avvicinandosi all’Oscuro e posando la mano a pochi centimetri dalla sua.
 
“Lo so, dearie. Com’era, il sentimentalismo di ieri? ‘Non è del tutto Natale se non nevica’³ o roba del genere.” La schernì lui. Belle rise, per poi assumere un cipiglio indagatore.
 
“Allora ammettete che avete fatto tutto ciò per rendermi felice! Perché in realtà, anche se non volete ammetterlo, voi siete umano, e vi state affezionando a me, e ci tenevate a farmi un regalo.” Belle non seppe dove trovò il coraggio di fare apertamente quelle insinuazioni, ma non ne fu minimamente pentita.
 
“Dearie, io vinco gli accordi. E per vincere questo accordo avrei dovuto renderti felice, quindi… bhè si, volevo farti felice. Questo non cambia il fatto che dovrete pulire tutte le vetrate del castello.”
 
“Ma anche il mio regalo vi è piaciuto, non potete negarlo.”
 
Tremotino sbuffò, invitandola a continuare con un gesto nervoso della mano, e Belle riprese.
 
“Io direi che siamo entrambi vincitori. Quindi io vinco una settimana di riposo, e poi pulisco tutte le vetrate del castello.” Concluse, soddisfatta, sorridendo.
 
“Ti concedo un giorno di riposo, dearie. E niente argenteria da lucidare per una settimana. Per quanto riguarda le vetrate, le pulirai appena avrà smesso di nevicare e di fare freddo.” Ghignò, e le porse la mano ruvida, che lei accettò senza esitazione.
 
Sul tavolo in un angolo, i due regali di Natale –la boccettina d’olio e il libro non scritto- assistevano al potente scambio di sguardi tra la serva e il padrone, un mescolarsi di oro e azzurro, cielo e sabbia, brace e acqua. Fuori, la neve cadeva, silenziosa, a coronare un Natale che nessuno avrebbe mai raccontato.















1) B. SluckiJ, poesie Invernali
2) Ovviamente mi riferisco a Santa Claus, alias Babbo Natale :)
3) Coldplay, Christmas Lights








Writer's corner!
Ed eccoci finalmente -aihmè con un ritardo che ha del mostruoso- alla fine di questa short fic, la mia prima in assoluto -sia su efp che sul fandom di OUAT-
Che dire? Penso, con questo capitolo, di aver raggiunto livelli di sdolcinatezza e di OOC inaccettabili, ma ormai il danno è fatto e spero soltanto che voi possiate smentirmi (recensioni ovviamente molto molto ben accette!)
ringrazio vivamente di cuore chi mi ha seguito dall'inizio della fic fino ad adesso, è quello che più che altro mi ha dato la voglia e la perseveranza di andare avanti, chi l'ha messa nelle seguite/preferiti, e anche chi l'ha solamente letta, perdendo un quarto d'ora vitale della propria giornata (un bacio gigantissimo a tutti voi lettori silenziosi, so che ci siete anche se non vi vedo!)
Grazie davvero e a presto,
vostra Gelb.

 

  
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