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Autore: leyda    12/05/2013    5 recensioni
Dal testo:
«Perché hai scelto un posto così per incontrarla?» domandò, con un’occhiata critica all’ambiente circostante e agli altri, rumorosi, clienti.
«Non sono stato io a decidere. Di sicuro l’ultimo luogo dove avrei proposto sarebbe stato un locale chiamato “Silver Arrow”. Mio Dio, “Silver Arrow”, Danny! Tanto valeva mandare una lettera spiegando anche perché siamo qui. Perlomeno è vicino al porto. Allison è stata previdente in questo, benché abbia una pessimo gusto per i nomi, oppure un pessimo senso dell’umorismo. Non saprei… » scosse la testa, con aria turbata.
«Stiles, ti prego. Non è il momento adatto per queste divagazioni.» sospirò Danny, guardandosi intorno circospetto...
§§§§§
Allora... questa è una AU. Avete mai pensato di trasportare i personaggi di Teen Wolf in mezzo all'oceano e metterli a fare i pirati? Ovviamente con un sacco di sovrannaturale. E di avventura.
[Sterek] [sorpresa]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski , Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lost soul in the ocean

 

 

Capitolo 6

 

Avevano abbandonato la Sentinel alla deriva, lasciando la possibilità a chi vi si trovava a bordo di liberarsi. Non subito e non facilmente, ma in questo modo avrebbero potuto allontanarsi indisturbati e mettersi al sicuro.

Appena rimesso piede sulla Revenge, Erica, Isaac e il nuovo ragazzo, erano stati portati in una cabina, e sottoposti a una prima analisi da parte del dottore, che era rimasto pensieroso per tutto il tempo della visita. Fuori dalla porta, Stiles stava cercando di tenere a freno Scott, che continuava a passeggiare avanti e indietro, puntando di tanto in tanto la porta chiusa.

«Scott ti prego! È assurdo che io stia per dire una cosa del genere, ma mi stai facendo venire il mal di mare. Ti puoi calmare? O devo spedirti di nuovo di vedetta? Stai calmo, li abbiamo trovati, ora sono qui e sono al sicuro. E poi lo sai che il dottor Deaton farebbe l’impossibile per salvarli. E comunque non erano messi così male, era tutta apparenza. Vedrai che tra due giorni saranno di nuovo in piedi a farmi diventare matto, e io dovrò di nuovo venire a ripescare te e Isaac da qualche parte per costringervi a lavorare.»

Da quando erano risaliti a bordo, Stiles sembrava aver ritrovato tutta la sua parlantina e Scott ringraziava di questo, ma le condizioni dei suoi due compagni gli avevano fatto ghiacciare il sangue. Soprattutto quelle di Isaac, che sembrava ridotto peggio. Anche se il più malmesso era quello sconosciuto che, gli aveva detto Danny, quindi doveva essere vero, Stiles aveva deciso di portare a bordo. Su qualsiasi altra nave, nave pirata ad essere precisi, un fatto del genere non sarebbe parso strano, ma sulla loro era davvero un anomalia. Soprattutto perché non aveva consultato nessuno di loro, come invece faceva sempre per questioni di quella natura.

Non che a Scott o a qualcun altro di loro dispiacesse particolarmente, ma erano solo sorpresi. Cogliendo un rumore alle sue spalle, Scott si voltò di scatto e, complice il nervosismo e l’adrenalina ancora in circolo, quasi attaccò Jackson, venuto a controllare anche lui il procedere della situazione. Per quanto antipatico e irritante fosse, anche lui era preoccupato come tutti gli altri.

«Ehi-ehi! Scott calmati, che ne dici? Deaton non ha già abbastanza feriti di cui occuparsi?» disse Stiles, posandogli una mano sul braccio «Dovremmo calmarci tutti, anzi. Voi due andate a riposarvi un po’, resto io qui, e quando il dottore avrà finito vi chiamo. Prometto.»

Ignorando le sue parole, i due si lasciarono scivolare lungo la parete di legno, sedendosi per terra e ostruendo il passaggio con le gambe. Alzando gli occhi al cielo, ma non sentendosela di mandarli davvero via, Stiles li imitò, e aspettarono in un silenzio intervallato dagli sporadici commenti del capitano.

«Quanto erano gravi, Stiles?» borbottò Jackson, intervallando le occhiate alla porta a quelle al viso tirato del ragazzo.

«Non lo so.» ammise con un sospiro, strofinandosi i palmi sugli occhi, per non dover vedere nei loro occhi la sua stessa preoccupazione. Oltre a questa, in lui si aggiungeva il rimorso, per aver dato loro, quasi tre mesi prima, il consenso per quell’assurdità. Se non li avessero salvati in tempo –ma ci erano riusciti? Erano così indeboliti quando li aveva trovati– probabilmente il senso di colpa l’avrebbe schiacciato. Più di quanto già non facesse.

«Stiles!» la voce irritata di Lydia lo fece saltare sul posto, scivolando scompostamente lungo le assi. Premendosi una mano sul petto, circondato dalle risate di Scott e Jackson, si alzò chiedendo alla ragazza cosa avesse.

«Ti sto chiamando da un po’, sfaticato. Dove dobbiamo andare?» domandò, incrociando le braccia sotto al seno.

«Non lo so. A riposare?» tentò, scatenando nuove risa dai due ragazzi e uno sbuffo seccato da parte di Lydia.

«Non sono in vena di spiritosaggini, Stiles. Che rotta dobbiamo seguire?» ripeté.

Stiles parve avere un’illuminazione, e sgranò gli occhi. «Oh! Oh, quel dove andare, certo. Beh, non saprei. Fate voi, l’importante è che sia sicuro. Vi raggiungo appena ho notizie su quei tre.» assicurò, rimettendosi seduto sul pavimento.

Lydia annuì alzando gli occhi al cielo, prima di ritornare sui suoi passi e lasciarli nuovamente da soli.

«Accidenti, ho una fame… ehi Sti…» si lamentò Jackson dopo un po’, non sopportando più i brontolii del suo stomaco.

«Se stai per chiedermi di andare a cucinare qualcosa, immagino tu sappia già la risposta. Ha solo due lettere ed è una negazione. A cui aggiungerei un sentito: hai le mani e le capacità, datti da fare per tutti, per una volta.» rispose immediatamente Stiles, bloccando la frase del ragazzo, e sogghignando quando si alzò per eseguire.

Rimasto solo con Scott, Stiles si chiuse in un anomalo mutismo, che insospettì l’amico. Sicuramente era qualcosa legato a quello che era successo sulla Sentinel, ma conosceva Stiles e nonostante questo, anzi soprattutto per questo, non sapeva come invitarlo a parlare senza farlo trincerare dietro a un muro di sarcasmo e finta leggerezza. Forse la cosa migliore sarebbe stata lasciargli il tempo di rifletterci su e analizzare la cosa, ma alla fine non avrebbe saputo nulla ugualmente.

«Scott, sulla Sentinel» inaspettatamente fu proprio Stiles a rompere il silenzio pesante che si era creato. Scott immaginò che l’amico fosse troppo stanco per riuscire a elaborare da solo quello che lo assillava, e in realtà aveva solo bisogno di parlare senza per forza ricevere risposte. Per questo stette in silenzio, aspettando che continuasse. Lo fece dopo qualche secondo, e dopo essersi leccato le labbra «su quella nave io… io ho ucciso un uomo.» gemette, buttando la testa all’indietro e premendo i polsi sugli occhi serrati.

«Stiles» Scott non aveva assolutamente idea di cosa dire per alleggerire il rimorso che sapeva stesse provando, ma qualcosa doveva essere detto, e toccava a lui. «Non puoi esserne sicuro. Quando sono andato a chiamare Danny era ancora vivo.» tentò.

«Lo era anche quando abbiamo portato via Erica, Isaac e quella montagna di muscoli sconosciuta, ma pensi che se la sia cavata? Lo abbiamo lasciato lì senza neanche dargli un minimo di soccorso. E comunque non è questo il punto della questione, anche se è un peso terrificante. Quello che mi preoccupa è» si interruppe, osservandosi le mani posate in grembo, scorgendo il sangue sui suoi vestiti. «Quello che mi fa paura, è la facilità con cui sono stato in grado di ferire quell’uomo. Forse l’avrei ucciso, e solo per sfogare su di lui la rabbia per quello che hanno fatto loro. Ti rendi conto? Che razza di persona sono Scott?» si chiese con un brivido di ribrezzo, senza guardare l’amico negli occhi castani.

«Stiles, è stato un cedimento, dopo tutto l’ansia di queste ultime settimane. Non l’avresti mai fatto, altrimenti, credimi.» lo rassicurò Scott, posandogli una mano sulla spalla, cercando di rassicurarlo.

Rimasero così, in silenzio e pensierosi, quando all’improvviso la porta davanti a loro iniziò ad aprirsi. Immediatamente scattarono in piedi,  e quando la figura rassicurante del dottor Deaton fece capolino, erano già pronti a lanciarsi all’interno.

«Allora?» incalzò Scott, impaziente di conoscere il responso del medico.

Al cenno d’assenso che fece, quasi si sentirono svenire di sollievo, ma prima volevano conoscere dettagliatamente le condizioni in cui versavano i loro amici. «Staranno bene. Ne hanno subite tante, ma si riprenderanno completamente. Riprenderanno conoscenza tra qualche ora, ho dato loro un sonnifero e qualcosa che accelererà la guarigione, quindi entro domani saranno nuovamente in forma.» spiegò, sorridendo prima a Scott, che appena saputo ciò corse fuori per avvertire tutti, e poi a Stiles, che rilasciò un sospiro liberatorio.

«E per quanto riguarda l’altro ferito?» domandò poi.

«È gravemente ferito. Non so se ce la farà senza un aiuto particolare.» rispose sibillino, ma tanto bastò a far impallidire il ragazzo, che indietreggiò di un passo, scuotendo energicamente il capo.

«No. Non se ne parla. Si rimetterà e lo sbarcheremo da qualche parte. Dico, ma l’ha visto? Sembra praticamente indistruttibile, non morirà certo per...» tentò Stiles, rifiutandosi di contemplare l’ipotesi proposta dal dottore, che continuava a guardarlo, immobile come una roccia, mentre dentro di lui il panico cominciava a montare. «Quanto è grave?» capitolò infine,  le spalle, abbassando le spalle, sconsolato.

Deaton si voltò a osservare la porta, soppesando la risposta da dargli. «Abbastanza grave, e non sta migliorando. Non capisco cosa abbiano usato per ridurlo in quello stato. Se non riusciamo a trovare una cura, un paio di giorni, tre al massimo, e sarà troppo tardi per qualunque cosa, temo.»

Stiles sospirò, osservò il dottore, impassibile come al solito, poi la porta, sperando forse che lo sconosciuto vi comparisse magicamente guarito, infine sospirò di nuovo, annuendo lentamente. «D’accordo, ne parlerò con gli altri immediatamente. Lei mi avverta se ci sono cambiamenti.» disse, imboccando il corridoio e sentendo la porta di legno chiudersi dietro il medico.

Prima di entrare nel quadro, immaginando di trovarvi Scott, insieme a Lydia e Allison, Stiles passò dalla cucina, per chiamare Jackson, incrociando anche Danny e mandandolo a recuperare Matt. Tempo una decina di minuti, e tutta la ciurma era ancora una volta riunita nella lussuosa stanza dove di solito prendevano le decisioni importanti. Immediatamente scoppiò un putiferio, in quanto tutti pensavano fosse successo qualcosa di grave ai loro compagni.

Stiles faticò non poco a ristabilire abbastanza silenzio da permettergli di spiegare la situazione.

«Erica e Isaac staranno bene! Non sono loro il problema, Deaton ha detto che sono già in via di guarigione.»

Appena s’interruppe per riprendere fiato, e organizzare le parole, Jackson s’intromise. «Si può sapere che accidenti succede allora?» domandò, con il tono supponente che tanto irritava il ragazzo. Con la coda dell’occhio vide Scott già pronto a rispondergli per le rime, e quindi iniziò a parlare per scongiurare l’eventualità. «Vi ho fatto venire qui per l’altro prigioniero che era a bordo della Sentinel. Quello che io e Danny ci siamo impegnati a trasportare, rischiando di finire più volte a mollo, perché qualcuno non poteva aiutarci. E questa è una cosa che non trovo affatto giusta, perché insomma, il capitano sono io, non dovrei fare queste… comunque, il dottore ha detto che potrebbe non farcela.»

«Era così grave?» chiese Allison, con una punta di rimorso nello sguardo.

«Non so quanto sia effettivamente grave, ma già quando l’ho liberato era moribondo. Il problema è che non guarisce. Né velocemente come un lupo mannaro, né lentamente come un essere umano, anzi continua a peggiorare.» li informò Stiles, appoggiandosi pesantemente alla scrivania, le tempie che pulsavano a un ritmo forsennato, amplificando ogni minimo rumore e rendendogli fastidiosa anche la luce calda della cabina.

«Quindi perché siamo qui, ora? Cosa ci stai dicendo? O chiedendo?» prese la parola Lydia.

Stiles alzò su di lei uno sguardo stanco, pesante, la lingua che si rifiutava di lasciar uscire le parole riguardanti la sua proposta. Solitamente ci avrebbe girato attorno, ma era così stanco, fisicamente e mentalmente, che preferì andare immediatamente al nocciolo della questione.

«Insomma, secondo Deaton c’è un solo modo per permettergli di sopravvivere. Ma…» s’interruppe certo che anche tutti gli altri avessero già capito, e internamente si sentiva spaccato a metà. Da una parte avrebbe voluto salvare quel tizio sconosciuto, ma non imponendogli un tale prezzo da pagare a sua insaputa. Dall’altra avrebbe preferito non averlo mai incontrato, non aver mai dato il permesso a Erica e Isaac e non aver mai dovuto essere costretto a salvarli.

«Sei sicuro che sia davvero l’unico modo?» chiese Peter, facendo un passo avanti, verso di lui. Stiles si lasciò cadere sulla poltrona alle sue spalle, annuendo mesto. «Allora sono d’accordo con il dottore, Stiles.»

Man mano tutti, più o meno velocemente, e con più o meno parole, si dichiararono d’accordo. «Se va bene anche a voi, allora lo farò. Ma non senza aver avuto l’occasione di spiegare a quel tipo in cosa potrebbe andare a cacciarsi. Non sono sicuro che accetterà, alla fine.» accondiscese il capitano, alzandosi e raggiungendo la porta con passo lento e pesante, e ritornando nella cabina del dottore.

*

«Pensate che sia stata una buona idea dargli il nostro consenso? Non ne sembrava affatto contento.» esclamò Scott, appena rimasero tutti soli. Lydia sbuffò esasperata.

«Ti sorprende? Se potessi scegliere senza conoscere Stiles, ma sapendo quello a cui andresti incontro, tu accetteresti?» chiese, portandosi i capelli dietro la schiena con un gesto di stizza.

«Probabilmente no, ma se fosse l’unico modo per salvarmi…» tentò ancora Scott, sempre più insicuro delle sue stesse parole.

Stavolta fu Matt a rispondergli. «Io non conoscevo Stiles all’inizio, e se ti ricordi i primi tempi l’ho odiato profondamente. Se avessi potuto scegliere, probabilmente avrei rifiutato. Anche a costo di morire.». Con quest’ultimo commento, tutti tornarono ai loro compiti.

«Eccome se me lo ricordo…» borbottò Scott, seguendoli fuori, mentre Danny ridacchiava, dandogli una pacca sulla spalla.

*

Lentamente, immerso nei suoi pensieri, Stiles riguadagnò nuovamente la porta dell’infermeria improvvisata. Bussò una volta sola e poi rimase in attesa. Dall’interno sentì provenire un rumore di legno che strisciava su altro legno, e intuì che il medico doveva essere seduto al capezzale di uno dei tre feriti. Pochi secondi ancora, e la porta venne aperta, permettendogli di entrare.

«Allora, capitano, qual è il responso della ciurma?» chiese, già certo di conoscere la risposta.

«Quegli incoscienti sono tutti d’accordo, quindi lo farò, ma solo dopo che sarò riuscito a informare questo tipo di quello che gli succederà. La decisione finale sarà la sua, io non lo coinvolgerò autonomamente in questa faccenda.» dichiarò Stiles, strofinandosi le mani sulle cosce.

Deaton sorrise serafico, invitandolo a sedersi con un cenno della mano. «Sono d’accordo con te, ma pensi di avere tutto questo tempo a disposizione? Se non dovesse riprendere conoscenza…»

«Dottore, se non riprenderà conoscenza e non mi dirà il suo nome, anche volendo non potrei intervenire in alcun caso. E lei lo sa bene questo, quindi perché mi fa di queste domande assurde? E poi è ovvio che riprenderà conoscenza, lo ha visto bene? Non credo che la sua sia tutta apparenza, anzi sono abbastanza sicuro che, se accetterà, mi caccerò in un bel guaio. Già a vederlo così malridotto sembra un tipo parecchio autoritaro e indisponente, figuriamoci quando sarà guarito.» gesticolò, indicandolo di tanto in tanto. «A proposito, è umano? O è un licantropo anche lui? Perché quando l’ho visto incatenato mi ha ringhiato contro, ma sembrava tanto un suono rauco e prodotto da gola umana.»

«Non lo sappiamo ancora, ma se era su quella nave è probabile che sia un lupo. O potrebbe essere qualcuno di strettamente collegato a essi. Probabilmente se gli Argent riuscissero a catturare te, ti tratterebbero alla stessa maniera, non credi? E tornando al discorso precedente, ci sono altri modi per venire a conoscenza del nome di una persona.»

Stiles si umettò le labbra, prima di parlare. «Lo so, ma ho detto che voglio il suo consenso. Non farò nulla senza.»

«Come vuoi tu, Stiles. Ti posso lasciare da solo con loro, quindi?» domandò accennando a un sorriso.

Il capitano annuì, sedendosi sulla sedia in mezzo ai letti di Isaac e dello sconosciuto, pregando il dottore di avvisare gli altri che avrebbero dovuto occuparsi della nave da soli, fino a che non avesse concluso quella faccenda, in un modo o nell’altro.

Rimasto solo, Stiles passò in rassegna i due compagni, trovando che le loro ferite erano praticamente guarite, e intuì che di lì a breve avrebbero ripreso conoscenza. Spostando lo sguardo alla sua destra invece, si lasciò sfuggire un sospiro. Il torace dello sconosciuto era stato medicato, ma non fasciato, e Stiles intuì che probabilmente le bende avrebbero costituito più un ostacolo alla guarigione, per ora nulla, che altro.

Passò i minuti successivi a osservare minuziosamente e a prendere nota di ogni colpo inferto, finché un debole colpo di tosse, dato più per attirare la sua attenzione che altro, lo fece voltare repentinamente verso la sua fonte: Erica. La ragazza si era svegliata e si era faticosamente tirata a sedere, e chissà da quanto lo stava osservando. E ora gli stava dedicando un sorriso tirato sul viso pallido.

«Erica!» esclamò balzando in piedi e raggiungendo il suo letto, per coinvolgerla in un abbraccio ricambiato. Fece giusto in tempo, prima che la porta si spalancasse, e vi entrasse Jackson, a passo di carica e sguardo sollevato, che si mutò in uno infastidito.

«Ehi Stiles! Lascia spazio anche a noi.» berciò, afferrandolo per il colletto della camicia rossa e spostandolo di peso, mentre la bionda sorrideva divertita.

Pochi minuti dopo, anche gli altri entrarono a turno, per salutare la ragazza, e in mezzo a quel trambusto anche Isaac si ridestò ,con un mugugno e uno sguardo spaesato. Stiles abbracciò anche lui, lasciandolo andare giusto un momento prima che Scott facesse la sua comparsa. Sorridendo tornò a sedersi sulla sedia, trovandola occupata da dei vestiti puliti. Frugò gli altri occupanti della stanza, alla ricerca dell’autore di quella gentilezza, trovando il sorriso dolce di Allison e quello più furbo di Lydia.

Dopo aver fatto uscire tutti quei nuovi e chiassosi visitatori, Deaton si accertò nuovamente delle condizioni dei due, assicurando loro che avrebbero potuto andarsene nuovamente in giro per la nave entro una manciata di ore, e che sarebbero rientrati in pieno possesso di tutte le loro facoltà, entro il giorno dopo al massimo. Stiles era uscito con tutti gli altri, rimanendo nello spazio tra la cabina occupata e il corridoio, e aveva indossato i vestiti puliti.

Aprendo la porta pensò di chiedere anche ai due il loro consenso e magari qualche informazione circa lo sconosciuto, ma erano di nuovo addormentati. Raggrumando le labbra, tornò a sedersi e spostò lo sguardo sul viso del terzo ospite. Quasi saltò giù dalla sedia quando si accorse che era sveglio, nonostante non gli sembrasse completamente in sé. Lo sguardo era sfocato, come se non riuscisse a mettere a fuoco nulla, eppure minaccioso e guardingo.

«Come ti senti?» domandò lentamente Stiles, sperando che quel tipo non cercasse di scendere dal letto per andarsene in giro. Fortunatamente rimase immobile, tranne che per il cipiglio che assunse e lo sguardo che si spostò nella sua direzione. «Ti abbiamo portato via dalla Sentinel, ma sei gravemente ferito. Deaton… voglio dire, il dottore che ti ha visitato ha detto che non riesce a capire cosa ti hanno fatto e perché non guarisci. Come mai eri su quella nave? Ehi, mi senti o sei troppo debole per capirmi? Se mi senti fammi un cenno di qualunque tipo, ma cerca di non far aprire ancora di più le ferite, con la fatica fatta per richiuderle almeno un po’.»

In mezzo a tutte le sue chiacchiere e ai suoi gesti, Stiles non aveva fatto caso allo sguardo, ora più vigile, che gli veniva rivolto. Almeno fino a quando non si fermò a riprendere fiato. Si sporse un po’ in avanti sulla sedia, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, decidendo di parlare più lentamente e chiaramente, per quanto l’agitazione glielo permettesse. L’idea che forse avrebbe dovuto lasciarlo sulla nave, iniziò a serpeggiare su per la sua schiena, insieme alla sensazione agghiacciante di quello sguardo.

«Ho bisogno di sapere se capisci quello che ti sto dicendo. Fammi un cenno d’assenso, chiudi gli occhi, qualcosa.» ritentò osservandolo attentamente.

Nonostante le ferite gravi, sentiva una irritante sensazione di pericolo aggrovigliarsi ai pensieri che affollavano la sua testa. E non avrebbe dovuto, perché quella era la sua nave, e lì aveva pieno controllo, ci aveva sempre creduto e non era mai stato deluso, e ora bastavano un paio di fissi occhi verdi per farlo vacillare? Assurdo.

Lo sconosciuto sbatté una volta le palpebre, e Stiles decise di prenderlo come un cenno d’assenso. Stava ancora ordinando il fiume di parole pronto a uscirgli dalla bocca, quando si accorse che avrebbe parlato da solo, per via del sonno che aveva nuovamente colto l’altro. «Dannazione» sibilò frustrato, lasciandosi andare contro lo schienale.

Almeno avrebbe avuto tempo di organizzarsi un discorso sensato, rimuginò, alzando gli occhi al soffitto.

Nemmeno un’ora dopo, Isaac si svegliò e lo sorprese di trovarlo ancora lì. «Stiles, guarda che stiamo bene, puoi anche smetterla di controllarci a vista.» scherzò, mettendosi a sedere.

«Lo so che state bene, il dottor Deaton è l’uomo dei miracoli, dopotutto. E inoltre vorrei ben vedere, con tutto quello che abbiamo passato per ritrovarvi! Alla fine ci siamo portati via anche qualcuno in più. Voi lo conoscete? Come facevi a sapere che c’era anche lui a bordo? Ah già, immagino che l’abbiano torturato, ma chi è?» chiese, indicando con un cenno del capo il soggetto di tutte quelle domande.

Isaac si stirò i muscoli, finalmente libero di muoverli liberamente, e si voltò, poggiando i piedi sul pavimento, pensieroso. «Non sappiamo chi sia, ma ti assicuro che quello che hanno fatto a noi era niente in confronto a quello che doveva subire lui. Ci sono stati momenti in cui ho desiderato diventare sordo per non dover più sentirlo urlare.» confessò rabbrividendo.

Stiles spostò lo sguardo sul ragazzo addormentato, aggrottando la fronte. «Capisco. Almeno credo. Comunque vedo che stai decisamente meglio. Che ne dici di andare a cambiarti e riprendere le tue mansioni da cuoco? Prima che Jackson dia fuoco a tutta la nave, magari.» propose, battendogli una mano sul ginocchio.

Annuendo fintamente spaventato, Isaac si alzò e uscì dalla stanza, accogliendo il suggerimento con un sorriso. Rimasto ancora una volta da solo con i suoi pensieri, Stiles cercò di immaginare che genere di torture avessero inflitto allo sconosciuto, ma desisteva dopo poco, quando un senso di nausea gli stringeva la gola.

«Stiles… perché non mi hai mai guardato così?» mugugnò Erica, inducendolo a voltarsi.

«Cos-cosa?»

Dal letto più lontano Erica sorrise, poggiandosi su un gomito. «Potrei esserne gelosa, sai?»

«Gelosa di cosa? Non stavo guardando nessuno in nessun modo, e poi, signorina, lo so bene che non è da me che vuoi ricevere certi sguardi. Quindi mi spiace, ma non funziona. Piuttosto, come ti senti?»

Scendendo dal letto si avvicinò a lui, andando a sederglisi di fianco. «Ora sto bene. Ero sicura che ci avreste trovato. Sei preoccupato?»

«Ora che è qui, e finché non se ne andrà, è una mia responsabilità, quindi si. Abbastanza.» ammise scrollando le spalle. Trascorso qualche momento, Stiles spedì anche lei a cambiarsi e a rimettersi al lavoro, rimanendo di nuovo solo. «Ehi, se mi senti, ti devo parlare. Quindi se tu potessi svegliarti e non morire qui, mi sarebbe d’aiuto.» borbottò dopo un po’.

Fu quasi a metà pomeriggio, dopo che Isaac era passato per portargli qualcosa da mangiare e gli aveva tenuto un po’ di compagnia, che finalmente poté rivedere gli occhi grigioverde che lo intimidivano immotivatamente e, notò con un filo d’ansia, risaltavano ancor più il pallore mortale della pelle.

«Oh meno male» rantolò quando se ne accorse «Stai morendo, ma immagino che tu già lo abbia intuito. Il dottore ha detto che ti resta davvero poco tempo, ormai solo una manciata di ore, probabilmente a meno che tu non ti faccia aiutare.» snocciolò velocemente, torcendosi le mani.

Gli sembrava di parlare a un oggetto inanimato, tante erano le reazioni di risposta che riceveva. Non perdendosi d’animo, continuò. «C’è un modo per salvarti, ma il prezzo da pagare è davvero alto. Vuoi sapere di che si tratta?»

Ancora una volta, prese come invito a continuare, il battito di ciglia che vide. «Io posso aiutarti, ma in cambio dovrò legarti a me. Ciò vuol dire che dovrai diventare membro di questa ciurma, ubbidire ai miei ordini, e…» s’interruppe, inumidendosi le labbra, combattuto riguardo al rivelargli la parte più importante. Ma aveva deciso di aiutarlo, nonostante non fosse proprio convinto che quello fosse un aiuto, e quindi doveva metterlo a parte di ogni cosa, almeno in modo generale.

Riportando lo sguardo su di lui, notò ancora una volta come fosse pallido, quasi quanto le lenzuola che lo ospitavano, e madido di sudore. «e aiutarmi a impedire un massacro, che coinvolgerà anche me e la mia ciurma, uccidendoci, a meno che non lo impediamo. Se accetti fammi un segno, o magari parlami. Così giusto per sapere che puoi farlo.»

Passarono i minuti e Stiles si muoveva agitato sulla sedia. Alla fine, innervosito, avvicinò una mano al braccio posato sopra le coperte per scuoterlo, e quasi saltò indietro per il brontolio minaccioso che ricevette. «Ascoltami bene! Io ti tirato fuori da quella stiva, ti ho portato qui, ti ho fatto curare e sto ancora cercando di salvarti la vita. Quindi il minimo che puoi fare è degnarmi di una risposta: vuoi che ti aiuti o no?» esclamò indignato, socchiudendo gli occhi nocciola.

Andando oltre all’ansia che quello sguardo gli trasmetteva, Stiles si accorse che era combattuto, e riusciva a scorgere lo stesso sentimento che vedeva riflesso nei suoi occhi quando era da solo: rimorso. Probabilmente stava valutando se valeva la pena accettare il suo aiuto, o lasciarsi morire e smetterla di soffrire. «Continuerai a provare tormento anche in punto di morte.» si fece scappare, inducendo quello sguardo indagatore a spostarsi su di lui.

Alla fine, quando credeva che non avrebbe avuto risposta di alcun genere, ricevette un breve cenno d’assenso. Stupito, e sconfitto, sorrise mesto. «Come vuoi, allora. Dimmi il tuo nome.» gli ordinò, registrando la nota minacciosa nelle iridi dell’altro. «Devo saperlo» lo esortò nuovamente Stiles, ma il malato continuava a guardarlo torvo. «Dimmi il tuo nome. Stai morendo.» ribadì, apparentemente impassibile, ma qualcosa nel suo tono, indusse l’altro a voltarsi e indagarlo con lo sguardo.

Si fissarono per un lasso di tempo indefinito, prima che le labbra esangui si aprissero, per la prima volta da che l’avevano salvato, per pronunciare qualcosa che non fosse un suono di minaccioso avvertimento. «Derek.»

«Derek» ripeté annuendo, prima di fissarlo negli occhi. «Bene, Derek. Io sono Stiles, e con il tuo nome ti lego a me, da questo momento sei sotto il mio comando e la mia protezione» sentenziò deciso, ignorando la minaccia che era comparsa per un attimo, al suono delle sue parole.

Stiles si sentiva male per quello che aveva appena fatto, l’aveva salvato ma non in modo permanente. Ad ogni modo, aveva acconsentito alle richieste dei suoi compagni e si era piegato al desiderio di sopravvivere di Derek, legandolo a sé e invischiandolo in una faccenda di proporzioni immani. Ora avrebbe dovuto spiegargli per bene in cosa si era andato a cacciare, ma prima avrebbe dovuto rimettersi in sesto.

Barcollando un po’, per l’essere nuovamente stato costretto a ricorrere al suo personale trucchetto, si spostò sul letto prima occupato da Isaac, e in pochi minuti crollò addormentato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Deliri di fine capitolo:

MI DISPIACE!!!

Scusatemi tanto se aggiorno dopo questo tempo interminabile, ma sto avendo difficoltà a scrivere in quanto il tempo ormai è veramente poco, visto che ho trovato un lavoro che mi impegna tutto il giorno!ç_ç

Anyway!

Finalmente il sourwolf ha detto una parola! Che ne pensate di questo capitolo? Sono curioosaaaa!!

Lo so, mi rendo conto che per ora la storia procede un po’ lenta, ma presto inizieremo a ingranare. Intanto, nel prossimo capitolo finalmente Derek se ne andrà in giro per la nave, iniziando ad ambientarsi… eheh…

E poi… non so che altro dirvi, a parte che il Glossario è momentaneamente sospeso perché mancano termini nautici da spiegarvi, quindi non mi sembrava il caso di metterlo e lasciarlo vuoto.

Grazie a chi ha lasciato un commento, e chi segue/preferisce/ricorda, la storia, sono contenta!^^

Al prossimo capitolo!

  
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