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Autore: Ashwini    12/05/2013    2 recensioni
Lucinda è un'orfana che cresce in orfanotrofio, cresciuta ed amata dalle suore che lo gestiscono.
Simpatica e sincera, abile tanto negli sport quanto nello studio, si è sempre fatta amare da tutti coloro che la circondavano.
Arrivata alla maggiore età però, è costretta ad andarsene dall'orfanotrofio e trovarsi un posto suo nella grande New York.
Alla sua festa d'addio incontra Raphael, un'uomo dal fascino pericoloso e con cui avrà un incontro piuttosto burrascoso. Da qua l'odio dominerà incontrastato i loro scontri/incontri nella metropoli newyorkese. Ma se decidessero di iniziare un pericoloso gioco di passione? Cosa accadrebbe?
*Dal secondo capitolo:
[...] - Come sai il mio nome? - mi informai allora, spinta dalla mia solita curiosità.
- Ho fatto alcune ricerche. - disse con nonchalance, come se quello che avesse appena detto fosse una cosa che facevano tutti, normale. [...]
[...] - Brutto idiota, chi ti ha dato il permesso di ciò, eh? - domandai furente.
- Modera i toni ragazzina, l'ho fatto perché volevo conoscere la donna che mi ha rifiutato, no? Devo pur avere una pista con cui cominciare il mio piano di seduzione. - affermò tranquillo.
Stava scherzando, vero?!
No, notai con orrore, dal sadico sorriso che gli era spuntato in volto. [...]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Image and video hosting by TinyPic PROLOGO- Orfanotrofio Buonasera a tutti! ^-^
Anche se ho un'altra storia in corso non ho resistito alla voglia matta di pubblicare anche quest'altra mia pazzia sfornata dal mio cervello.
Il protagonista maschile comparirà nel prossimo capitolo in questo, invece, vedremo gli ''inizi'' della protagonista femminile.
Spero vivamente che il prologo della storia vi piaccia, fatemi sapere tramite una recensione, mi farebbe davvero piacere sapere le vostre opinioni!
Detto questo vi lascio alla lettura del capitolo. 

BUONA LETTURA!



                                                Eternity


                                                                                                                                          
                                                                                                                                         Solo un amore impossibile può essere eterno. 
                                                                                                                                          (Fallen-Lauren Kate)



Prologo: Orfanotrofio




In una fredda giornata d'inverno, una figura minuta percorreva velocemente il viale del giardino principale che conduceva verso l'entrata di un imponente edificio.
Tale costruzione era un orfanotrofio, in cui venivano accolti tutti quei poveri bambini che venivano abbandonati dai genitori. Senza casa ne famiglia erano portati tutti negli orfanotrofi più vicini all'ospedale in cui nascevano.
Nella maggior parte dei casi oltrepassavano la soglia dell'edificio ancora in fasce. Ogni nuova entrata era un doloroso colpo al cuore delle suore che vi lavoravano.
Erano loro che avevano il compito di accudire al meglio i bambini finchè non fossero stati adottati o diventati maggiorenni.
Tutte loro guardavano le piccole creature con compassione, tristi che fossero stati abbandonati. Spesso capitava che coloro o colui che li abbandonava li adagiassero direttamente sulla soglia della porta, avvolti nelle loro cade coperte.
C'era da dire però che ognuno aveva i suoi motivi per lasciare i propri figli in un orfanotrofio. Chi lo faceva perché non poteva permettersi di mantenerli, chi era costretto dai genitori perché minorenne, molti erano i casi che spingevano i genitori o il genitore a questo atto.
Il peggiore era senz'altro l'abbandono per il categorico rifiuto del proprio bambino.
Le suore si domandavano come si poteva, in questo caso, lasciare il proprio figlio, insomma, i bambini erano doni del cielo, stelle luminose che vi brillavano ardenti. Preziosi e insostituibili.
Misteri della vita si ripetevano tra di loro in tono sommesso e dispiaciuto.
Allora, dicevano sempre, qua li avrebbero cresciuti nel migliore dei modi, facendo in modo che si sentissero costantemente amati.

La figura entrò rapidamente dall'entrata secondaria dell'edificio. Toltasi il giubbotto pesante che si era premurata di indossare per proteggiersi dal tipico freddo invernale newyorkese, lo appese delicatamente all'apendiabiti lì accanto.
Era una ragazza molto giovane, poteva avere diciassette o diciotto anni, non di più.
La pelle candida era in netto contrasto con i lunghi capelli neri come il petrolio che scendevano in morbide onde.
Le labbra carnose e rosee e le guance di un bel colorito, rosa acceso, davano colore e luminosità al volto della fanciulla.
Ma ciò che colpiva di più erano senz'altro gli occhi, di un colore particolare. Freddi come il ghiaccio in inverno ma la cui pupilla era contornata da una fascia color del sole estivo.
Freddo e caldo, oscurità e luce convivevano nel suo sguardo.
Uno sguardo che ad una prima occhiata poteva sembrare troppo duro e austero per la giovane età della ragazza, ma che un osservatore più attento avrebbe descritto pieno di solitudine e bisogno di essere amati.
La ragazza era stata abbandonata in quell'orfanotrofio in fasce, adagiata in uno scatolone tra tante coperte, in una fredda notte d'inverno.
Le suore, allora, erano state risvegliate dal suono ripetuto più volte del campanello della porta principale.
Si erano precipitate al piano di sotto, dato che i loro dormitori si trovavano al terzo piano, e avevano subito aperto la porta.
Un vento gelido le colpì in pieno viso, e avvolgeva maligno la piccola creatura adagiata dentro lo scatolone.
A quella vista le suore si guardarono in faccia con un'espressione addolorata, mettendosi le mani come a coprire la bocca.
Dopo un primo momento di tristezza, alcune suore portarono subito la creaturina dentro, scoprendo che era una bella e sana bambina.
Altre invece, osservarono attentamente i dintorni per vedere se riuscivano a scorgere una qualche figura riconducibile alla persona che aveva abbandonato la bambina, ma notarono solo ghiaccio e neve. 
Nessuno fu visto da loro.

Subito fu lavata e vestita al meglio nelle loro seppur presenti limitazioni economiche. Infine fu adagiata in uno dei tanti lettini presenti nella sala adibita ai neonati.
Dato che, al contrario degli altri bambini lasciati all'orfanotrofio, lei non aveva un nome, le suore decisero di comune accordo di chiamarla ''Lucinda'' perchè così si chiamava la suora che aveva guidato per prima l'edificio. 
Lucinda crebbe in un luogo felice, le compagne erano simpatiche e gentili con lei. Eppure la ragazza si era sempre sentita estranea a quel mondo, sentiva che la sua vita non stava procedendo nel modo giusto.
Era circondata da persone che le donavano costantemente amore ma nonostante questo si sentiva sola.

L'occasione per cambiare vita l'ebbe proprio quel giorno. La suora madre l'aveva mandata a chiamare tramite sorella Kate esattamente mentre si stava allenando a pallavolo nella palestra dell'orfanotrofio a est del corpo centrale.
Lucinda fermò la sua corsa solo quando fu arrivata difronte lo studio privato della suora madre. Esitò un momento, ansiosa ma al contempo curiosa di sapere cosa fosse accaduto di tanto urgente da mandarla a chiamare con così tanta fretta.
Bussò lievemente e, dopo un ''Avanti'' abbastanza forte da poter essere sentito da fuori la porta,  aprì quest'ultima ed entrò.
Appena si fu richiusa la porta alle spalle, salutò cordiale e poi rivolse la sua completa attenzione alla suora madre, in trepida attesa.
La donna era molto anziana, tra non molti anni qualcuno avrebbe preso il suo posto come dirigente dell'orfanotrofio, ma per ora tutti concordavano sul fatto che fosse una donna che possedeva grandi virtù.
<< Lucinda cara, ormai hai raggiunto la maturità ed è arrivato per te il momento di trasferirti in un luogo tutto tuo. Mi duole molto dirti questo, tutti qua ti vogliamo molto bene, lo sai perfettamente, ma per ognuno di quelli che sfortunatamente non sono stati adottati giunge questo triste momento. >> disse seria ma con un evidente cipiglio triste in volto.
<< Si madre, sinceramente mi aspettavo che mi avreste detto questo. Posso chiederle quando dovrò partire? >> disse la giovane tranquillamente ma allo stesso tempo triste per il fatto di dover abbandonare le sue compagne e le suore che con tanto amore l'avevano cresciuta.
<< Credo sia opportuno che tu inizi il tuo nuovo viaggio tra una settimana, avrai così il tempo necessario per organizzare tutte le tue cose e passare gli ultimi momenti qua con le tue compagne, divertiti cara. Faremo una festa d'addio il giorno prima della tua partenza. >> rispose la donna con i primi segni di cedimento. Teneva moltissimo ad ognuno dei suoi bambini, li considerava come suoi figli ormai. E come ogni madre non voleva separarsene, ma in questi casi doveva purtroppo.
Appena la ragazza se ne fu andata, dopo averla salutata con un debole sorriso, la donna non riuscì a trattenere una lacrima ribelle che le solcò il viso rugoso lentamente, come lenta era la sua dolorosa agonia nel dover salutare una delle sue bambine perchè lei, anche se Lucinda era cresciuta la considerava sempre la bambina dalla faccia paffuta che aveva visto per la prima volta in quella fredda giornata d'inverno.

Lucinda era sempre stata una ragazza diligente ed educata, forse un po' troppo vispa ed impulsiva per certe cose ma assolutamente amabile. 
Tutti all'interno dell'orfanotrofio chiedevano consiglio a lei, vi chiacchieravano pacificamente e la ammiravano per i suoi successi scolastici e sportivi. 
Atletica e simpatica, alla notizia della sua ormai prossima partenza, tutti all'orfanotrofio si rattristirono e, per rendere la separazione meno netta, le promisero di mantenersi in contatto con lei anche quando se ne sarebbe andata via. 
Lei dal canto suo aveva annuito con la testa con un pianto nascosto che minacciava di travolgerla da un momento all'altro.

La settimana passò velocemente, tra risate e maggiori attenzioni dedicate a Lucinda.
Arrivò così il giorno prima della sua partenza, tutto era ormai pronto, adesso mancava soltanto la festa d'addio.



ANGOLO AUTRICE:

Allora, eccoci arrivati alla fine del prologo! ^-^
Ditemi, vi è piaciuto? Cosa ne pensate della protagonista femminile e della trama in generale? Ho spiegato bene la situazione di Lucinda?
Qua viene narrato tutto in terza persona, ma dal prossimo capitolo sarà Lucinda in prima persona a narrare la sua storia. 
Comparirà poi anche il protagonista maschile, che sarà un bell'uomo aggiungo. ;)
Spero che lascierete una recensione, anche piccola, per farmi sapere ogni vostro pensiero.
Soprattutto però spero che continuerete a seguire le vicende di Lucinda, vi posso giurare che mi impegnerò al massimo nello scriverle.
La foto di come la immagino la metterò all'inizio o alla fine del successivo capitolo, quella del protagonista maschile invece sarà inserita nel capitolo dopo.
Provvedrò poi ad inserire anche il banner della storia.
Bacioni e al prossimo capitolo!
Vostra Ashwini. <3

*L'altra mia storia: Il Dominatore del Mondo






  
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