Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: Kirara_Kiwisa    19/05/2013    1 recensioni
Se cercate una storia in cui i protagonisti sconfiggono il male, questa storia non fa per voi. Qui si parla di una ragazza in parte strega e in parte angelo che tenta di sconfiggere il bene, a tutti i costi. Una ragazza con sangue misto, Victoria, temuta dalla sua specie ma che presto l'intero mondo temerà. O almeno questo è ciò a cui lei aspira. Ma qualcosa interferisce sulla sua strada della vendetta, un demone. Nolan, un sangue misto come lei, che la trascina nella sua battaglia per la conquista della corona del Regno dei Demoni. Due destini si incrociano, un mezzo angelo e un mezzo diavolo che collaborano per diventare più forti insieme. Lei serve a lui, lui serve a lei. Un piano che potrebbe funzionare, basterebbe solo riuscire a non annientarsi a vicenda per raggiungere ognuno la propria vendetta...
La paura di essere uccisa da Nolan, spinge Victoria ad allontanarsi, a cadere nelle grinfie di qualcuno di ancor più pericoloso. Abrahel, il fratellastro di Nolan, che aspira al trono dei Demoni altrettanto se non più del mezzo demone.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Victoria's Memories'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ero fuggita di casa molte volte prima di allora, tuttavia non mi ero mai spinta oltre la foresta che segnava i confini del regno. 
Per noi streghe era proibito entrare nelle terre dei demoni, io però non sono mai stata famosa per seguire le regole. Quella sera, comunicai in anticipo a mio padre e alla sua famiglia la mia prossima fuga.
- Domani vado alla parata-
Affermai con furore entrando nella sala da pranzo mentre erano riuniti a tavola.
Quattro sedie, quattro piatti, quattro porzioni per le cinque persone che abitavano sotto quel tetto.
Il suono di una pentola in lontananza sanciva la cottura del secondo. Il rubinetto del lavandino perdeva qualche goccia d’acqua. Questi, assieme alle mie parole, ruppero il silenzio.
Non destai molto scalpore, mia cugina alzò le spalle e tornò a mangiare. La piccola figlia di mio padre posò per un attimo la forchetta di plastica, per osservarmi e farmi la boccaccia. Sua madre sbuffò, stufa di ascoltare le mie numerose sciocchezze.
- Quella dei demoni?-
Domandò il capofamiglia con calma, senza distrarsi molto dalla sua cena.
- Sì, quella della famiglia reale. Ho letto che si svolgerà domani-
- E’ vietato-
Ricordò mio padre.
- Non mi importa-
Dichiarai fermamente cercando di incrociare i suoi occhi, di incontrare lo sguardo che quell’uomo non posava mai su di me.
- Io vedrò il Regno dei Demoni-
Accennò ad una risata, per poi soffocarla immediatamente. Deglutì il boccone compostamente, pulendosi la bocca con il tovagliolo prima di tornare a parlare.
- Almeno cerca di non tornare, stavolta-
Affermò, senza neanche alzare la testa dal piatto.
- Farò quello che mi pare-
Ribattei con impertinenza, incrociando le braccia.
- Non è colpa mia se non trovo un’altra casa. Nessuno vuole accogliermi-
- Ti sei mai chiesta perché?-
Domandò acidamente Priscilla, la seconda moglie di mio padre.
Ci pensai attentamente, effettivamente gli umani avevano dei buoni motivi per temermi.
- Io voglio conoscere i demoni-
Sbottai, decisa a portare a termine quell’impresa fino in fondo.
- Voglio vederli con i miei occhi.
- Non mi importa quello che fai-
Ammise l’uomo che mi aveva messa al mondo, arrendendosi al fatto che comunque non sarebbe riuscito ad impedirmelo.
- Ti ho rinnegata da tempo-
Ricordò duramente.
- Da quel momento tutto quello che combini non è affar mio. Non puoi più arrecar danno al mio onore-
L’onore. Esso era la cosa più importante per papà. Faceva parte del Concilio delle Streghe, l’organo costituito da vecchi stregoni che governava la nazione. Era un Anziano e per lui avere una figlia come me rappresentava una vergogna.
Non riuscì mai a liberarsi di me, così decise di ripudiarmi, rendendomi solo un’estranea che viveva nella sua abitazione. Una sconosciuta, che non possedeva neanche un posto nella tavola.
- Io parto domani mattina-
Affermai, ignorando le parole dell’uomo.
- Quindi riferisci a quei vecchiacci di non venirmi a disturbare-
- Non ti permettere Victoria!-
Urlò sferrando un pugno alla tavola, degnandomi finalmente del suo sguardo.
Sua figlia minore scoppiò a piangere e la madre fu costretta a prenderla in collo, dirigendosi in soggiorno. Mia cugina si allontanò dalla tavola con il piatto ancora in mano, irritata dalla confusione. Rimasi sola, catturata dagli occhi marroni di mio padre che tentavano di incenerirmi.
- Porta rispetto per il Concilio a cui appartengo!-
Gridò, con ancora le posate in mano. Strinsi i pugni, cercando di contenere la rabbia che provavo. I suoi stimatissimi colleghi avevano condannato a morte mia madre, strappandola da me per sempre. Quei mostri senza cuore non meritavano alcun rispetto.
- Per me il tuo Concilio può morire seduta stante-
Furibondo si alzò di scattò, avanzando minacciosamente. Non mi mossi, lo sfidai guardandolo con i miei occhi d’oro che gli facevano tanto ribrezzo. Non ebbe il coraggio di sfiorarmi, sapeva che, nei migliori dei casi, si sarebbe ferito a causa della mia temperatura corporea troppo elevata. Portavo su di me i segni evidenti della mia diversità, il sangue misto che scorreva nelle mie vene impediva a chiunque di toccarmi e mi donava una perfetta arma di difesa.
- Il Concilio ti ha concesso di continuare a vivere-
Rimembrò l’uomo, con le mani che gli fremevano.
- Dovresti essergli grata-
- Il Concilio mi ha permesso di vivere solo perché non può uccidermi!-
Ribattei, urlando piena di rabbia. Gli Anziani ci avevano provato a togliermi di mezzo, frequentemente e in vari modi. La mia lotta per la sopravvivenza era iniziata fin da quando ne avevo memoria. Al mondo non c’era spazio per gli esseri come me, né per coloro che tentassero di proteggerli. Alla fine ero rimasta sola, io contro tutti.
- Loro ti hanno dato una possibilità-
Continuò l’uomo, rinfacciandomi la loro immensa generosità. Si riferiva all’intenzione del Concilio di fare di me la loro arma da combattimento, mettere al servizio i miei poteri e la mia natura bizzarra per eliminare i loro nemici politici.
- La stessa che diedero a Blanche e che lei accettò-
Affermò orgogliosamente, venerando la memoria della sua figlia preferita, deceduta qualche anno prima.
- Gli Anziani non ti avevano mai chiesto di combattere, mai. Solo alla sua scomparsa ti concessero l’onore di rimpiazzarla-
Sorrisi ripensando alla mia terribile sorella maggiore, divenuta l’assassino personale del Concilio e morta in missione a causa loro. Qualcosa di buono, in fondo, il Concilio l’aveva fatto.
- La possibilità di essere accettata l’hai gettata solo per ripicca-
Accettata. Per essere accettate dagli esseri umani io e mia sorella avremmo dovuto diventare le schiave degli Anziani. Agli occhi di mio padre la virtuosa Blanche lo aveva fatto per quello, non sapeva che aveva stipulato il patto solo per il suo innato gusto di uccidere.
- Non è stata una ripicca-
Replicai.
- Non accetto di essere comandata. Io non uccido su commissione, a differenza sua-
Ci fissammo a lungo, comprendendo che, come al solito, vivevamo in un due mondi completamente diversi. Secondo lui ero io la cattiva, il mostro che si divertiva ad uccidere gli umani senza un permesso legalizzato dalle streghe. Pensavo con la mia testa e rifiutavo l’idea di essere il giustiziere di qualcuno, per questo ero stata ripudiata ed presa di mira dal Concilio.
- Lasciamo perdere-
Sbottai improvvisamente, tentando di calmarmi.
- Parto subito-
Nessuno si oppose all’idea che una ragazzina partisse in piena notte per un regno lontano, abitato da giganteschi mostri feroci e demoni assetati di sangue.
- Cerca di non scatenare una guerra-
Brontolò solamente mio padre, preoccupato che gli potessi arrecare dei problemi con i suoi superiori. Risi, che la facessero la guerra e che morissero tutti per i loro sciocchi ideali.
Preparai il mio fagotto con le poche provviste che riuscii a rubare dal frigorifero, aprì la porta e la sbattei forte, ritrovandomi in giardino.
Feci un respiro profondo, socchiudendo gli occhi per tranquillizzarmi. Li riaprì volgendo lo sguardo al cielo, cercando di immaginare dove si trovasse mia madre oltre quella immensa vastità di stelle. Ci si poteva perdere fra di esse, non riuscendo più a ritrovare la strada di casa.
Sospirai ancora, tornando alla realtà, all’oscurità in cui mi trovavo. Le luci della cucina illuminavano un pezzo del sentiero di fronte all’abitazione. Per qualche passo non avrei avuto problemi con la visuale, entrata nel bosco però sarebbe stato molto difficile orientarsi. Facendomi coraggio mi addentrai nella foresta, lasciandomi alle spalle la casa in cui ero nata. Essa era l’unica del villaggio a trovarsi innanzi al bosco che portava verso il regno dei nemici. Una volta mio padre mi aveva spiegato che casa nostra doveva fungere da vedetta, nel caso vi fosse stato un attacco da parte di queste creature oscure. In tempi di guerra, lui poteva accorgersi subito della venuta delle truppe nemiche e respingerle. Però anche in tempo di pace passava molte tempo alla finestra, ad osservare gli alberi.
Non mi era mai sembrata una vera pace quella che ci fu fra gli stregoni e i demoni, piuttosto si trattava di una tregua dovuta al fatto che nessuno riusciva a distruggere l’altro.
Anche se il “Trattato delle due parti” ci faceva vivere tutti tranquilli e al sicuro, gli uomini erano in continua allerta, nessuno poteva incontrarsi con un demone e nessuno di loro poteva giungere sino al nostro regno.
Una pace così falsa, per me non doveva neanche essere presa in considerazione.
Intrapreso il sentiero, mi volsi per un’ultima volta verso la porta di casa, osservandola da lontano. Sapevo cosa stavo lasciando ma ignoravo a cosa andassi incontro. Indugiai ad addentrarmi ulteriormente nel bosco, nonostante desiderassi ardentemente assistere alla parata dei demoni. Temevo il buio e quella attraversata da sola.
Non avevo mai imboccato quella strada e avrei potuto smarrirmi.
Non avevo paura dei demoni, nessuno in vita mia era mai riuscito a farmi del male ed ero certa che neanche loro potessero. Fin dalla nascita in molti avevano tentato di uccidermi, ciò che mi permise di sopravvivere fu un oggetto molto importante, qualcosa da cui io non mi separavo mai.
Il motivo della mia invulnerabilità era una semplice piuma, una delle candide ali di mia madre.
Il giorno in cui lei venne uccisa rilegò la sua anima all’interno di essa, donandomela.
Da allora mi aveva sempre protetto in gran segreto. Nessuno doveva sapere che la mia invincibilità derivava da un piccolo e delicato oggetto, così facile da strapparmi.
La piuma mi aveva salvato dai tentativi da parte delle streghe di uccidermi, riducendo in cenere chiunque tentasse di recarmi qualche danno. Funzionava anche con gli angeli decaduti ma sapevo per certo quanto fosse impotente contro i veri angeli. Se solo essi avessero voluto, avrebbero potuto distruggermi con facilità, da piccola ne avevo avuto la prova.
Fortunatamente, il patto stipulato con il Concilio alla mia nascita glielo impediva.
La congrega celeste si sarebbe occupata di mia madre e gli Anziani avrebbero dovuto occuparsi di me e mia sorella. Il patto non poteva essere rotto, avendo sangue di streghe gli angeli si rifiutavano di giustiziarci. Sospirai, tornando a fissare le stelle. Sopra gli alberi si stagliava una grande luna piena che mi faceva compagnia, c’era lei a mostrarmi il cammino.
Proseguì, togliendomi il noioso anello che di giorno nascondeva il mio reale aspetto e dimezzava i miei poteri. Non lo sopportavo ed ogni volta attendevo impaziente che calasse la notte, per essere finalmente libera e senza legami. Lo riposi in tasca, osservando il buio ed il silenzio che mi circondavano. Avrei dovuto camminare tutta la notte per attraversare la foresta e giungere nel regno al mattino.  
 

Dopo qualche ora presi coscienza di non essere più sola. Forse ero quasi giunta a metà strada, visto le numerose persone che mi stavano fissando. Ve ne era una a quasi ogni albero, incuriosite da una ragazza che percorreva da sola quella foresta. Alcune chiacchieravano fra loro, altre cercavano di parlarmi. Fantasmi.
Come ogni volta li ignorai, continuando a guardare davanti e facendo finta di niente. Sperai che non intuissero la mia possibilità di vederli, essendo realmente terrorizzata dai morti. A causa della mia natura riuscivo a percepire la loro presenza, a differenza di ogni strega normale. Sbuffai, questo mi rendeva ancora più strana di quanto già non fossi.
In quel luogo dovevano aver combattuto molte battaglie, praticamente tutta la foresta era piena di uomini ancora in armatura. Rari erano gli spiriti di defunti demoni. Essi si mostravano fieri ed orgogliosi anche dopo la morte, al contrario degli umani che non facevano altro che piagnucolare.
La razza demoniaca mi aveva sempre interessato molto, forse perché era proibito un qualunque contatto con loro, oppure perché mi parevano più coerenti e meno ignobili delle streghe. Ad ogni modo, ritenevo che i demoni non mentissero ai loro simili solo per raggiungere i loro scopi, che non tentassero di ingannare e raggirare i loro sudditi solo per proteggere qualcosa come la verità.
Ovviamente non ne ero certa, però mi piaceva pensarlo. Data la mia curiosità, per sbaglio incrociai gli occhi di un demone seduto su una radice di un grande albero. Era solo e pareva tenuto lontano dagli altri.
- Ehi tu, riesci a vedermi?-
Chiese lo spirito, facendomi rinsavire. Il cuore iniziò a battere forte, ero stata scoperta e le parole del defunto avevano attirato l’attenzione degli altri trapassati. Tutti si volsero a guardarmi sbalorditi ma invece di circondarmi, come sarebbe successo normalmente, continuarono a fissarmi da lontano. Lasciarono che lui fosse l’unico a potermi avvicinare, come se lo temessero.
- Rispondimi ragazzina, riesci a vedermi?-
- Sì che ti vedo. E ti sento pure-
Risposi innervosita dal fatto che l’altro alzasse la voce.
Questo sussultò, raggiungendomi velocemente.
- Se mi vedi…come sono vestito?-
- A parte…la trasparenza?-
- Sì, sì. A parte quella-
- Beh, hai un abito da cavaliere, un mantello nero e lungo fino ai piedi, degli stivali e dei capelli lunghi. Mai pensato di tagliarteli in vita?-
Il demone non rispose, al contrario continuò a fissarmi a bocca aperta.
- Che incantesimo è questo? Come fai a vedermi?-
- Non sono a fari tuoi-
Sbottai decisa.
- Ora scusa ma sto facendo tardi-
Mi allontanai proseguendo la via del sentiero, non essendo interessata a conoscere un demone morto. Questo però volle seguirmi, non contento di lasciarmi andare.
- Dove sta andando una bambina da sola nel bosco e in piena notte?-
- Dalla nonna, a portarle i dolcetti-
- Spiritosa. Cosa sei? Non sembri un demone. Una umana forse?-
- No-
Risposi io secca.
- Ah, una strega-
- Non proprio-
- Allora una fata, senza ali-
- Neanche-
Continuai a rispondere.
- E’ impossibile. Stai mentendo?-
- Per niente-
Lo spirito tacque per qualche istante, scrutandomi da capo a piedi.
- Non hai freddo?-
Mi accorsi allora di essere uscita di casa con la maglietta a maniche corte e gli shorts. Mi era proibito uscire di casa così, in pieno inverno. Nonostante io non avessi mai avuto freddo fin dalla nascita, non potevo mostrarlo alla gente.
- Sì, un po’-                             
- Non mentire ragazzina, non hai nemmeno la pelle d’oca-
A quel punto mi spazientii. Mi volsi verso di lui, mettendo in atto uno dei pochi incantesimi che avevo imparato ad usare contro di loro. Fortunatamente funzionò, anche se a malapena.
Creai una barriera magica che lo respinse e lo tenne lontano per un po’. Il lampo di luce che si venne a creare illuminò il mio sentiero e mi aiutò a rendermi conto di dove stessi andando.
Percorsi la strada in pace per circa mezz’ora, dopodiché l’incantesimo cessò e lo spirito tornò ad annoiarmi.
- Non sei molto brava con le magie vero?-
- Se non te ne vai, ti disintegro-
- Provaci. Voglio vedere ancora una volta quel cerchio rosso-
- Quale cerchio rosso?-
- Quello che ti compare negli occhi quando scagli un incantesimo-
Sussultai, prendendo a camminare sempre più velocemente.
- Sai, se tu portassi un anello potrei dire di aver capito chi sei. Per caso te lo sei tolto?-
A quelle parole mi irrigidii, voltandomi verso di lui per fissarlo spaventata.
- Ma tu chi sei? Nessuno sa…-
- Hai ragione, scusa. Non mi sono presentato-
Improvvisamente lo spirito fece un inchino e pronunciò il suo nome.
- Principe Medardo Harald Alvar I Lancaster. Erede al trono del Regno dei Demoni della casata Lancaster, prima della mia morte ovviamente-
- Come…come è successo?-
Chiesi con garbo, curiosa di come un principe potesse essere morto alla pari di servi e schiavi.
- Nella guerra di due anni fa, prima della pace dovuta al “Trattato delle due parti”. Diciamo che non mi piace assistere da lontano, le battaglie mi piace viverle-
- Ma non ti è andata bene-
- No, infatti. Una freccia scagliata da chissà dove…-
Rispose. Il suo sguardo improvvisamente mutò, il sorriso che lo aveva accompagnato sparì per lasciare il posto a un’espressione alquanto triste.
- Non mi hai ancora detto come fai a conoscere la mia razza-
- Conosco qualcuno come te, qualcuno a cui ero molto affezionato. Una persona che aveva solo me al mondo e che ora è rimasto solo…tu gli somigli molto sai? Avete gli stessi occhi…-
- Aspetta un attimo-
Sbottai, senza curarmi molto dei ricordi nostalgici del fantasma.
- Tu conosci qualcuno che è come me?-
- Certo. Non sei la sola, sai?-
Rimasi senza parole. Mi era sempre stato detto che non esisteva nessun’altro come me, che erano stati tutti uccisi.
- Dove stai andando?-
Chiese lo spirito del principe.
- Alla parata della famiglia reale-
Farfugliai, ancora sconvolta.
- Giusto, domani è il compleanno del nuovo successore al trono…-
Affermò, divenendo ancor più addolorato.  
- Potrei chiederti un favore?-
- Ci sono abituata. Dimmi-
- Se mai tu riuscissi a parlargli, non per forza domani, anche in futuro potresti dire a mio fratello che lo perdono?-
Rimasi un po’ perplessa da questa richiesta ma annuì. Ritenendosi soddisfatto il fantasma si congedò, lasciandomi libera di riprendere il mio cammino in silenzio.
  Erano circa le tre del mattino.
Da qualche tempo stavo percorrendo la foresta in completa solitudine.
Ero entrata in una zona del bosco dove non vi era la presenza di un solo spirito, piuttosto strano visto il massacro che doveva esserci stato in quel luogo tempo prima.
Avvertivo una strana sensazione, un’inspiegabile gelo che mi percorreva lungo le ossa.
I miei sensi si fecero più acuti ed attenti, mi sentivo osservata.
A prima vista non c’era nessuno intorno a me. Non un suono, non un’ombra se non quella degli alberi prodotta dalla luna splendente in cielo. Solo arbusti e querce.
Procedevo a zig zag fra le radici sporgenti, sassi e le tane degli animali, che formavano buche sul terreno. Spesso, per non cadere, dovevo appoggiarmi alla corteccia degli alberi.
Tutto pareva tranquillo, statico, immobile.
Eppure qualcosa dentro di me non riusciva a darsi pace. Pensai che fosse solo autosuggestione, in fondo stavo attraversando la foresta dei demoni in piena notte da sola, a soli quattordici anni.
Non ero così arrogante al punto di negare che avevo paura.
Per un po’ cercai comunque di non farci caso e procedetti.
Improvvisamente, l’inquietudine che mi opprimeva divenne insopportabile. Mi sentì schiacciare da un peso che mi gravava sul cuore, l’aria si fece pesante e respirare normalmente fu sempre più difficile.
Sentivo che mi stavo avvicinando a qualcosa di terribilmente oscuro ma non per questo tornai indietro. Decisi di continuare, spinta dalla curiosità di conoscere quella potente entità.
Dopo pochi metri, scorsi un ruscello che attraversava il bosco orizzontalmente, dividendolo in due parti. Non se ne vedeva la fine, né l’inizio. La sorgente e la foce si perdevano fra i lunghi alberi e la notte oscura. I raggi lunari rimbalzavano sulla limpida acqua di quel singolare rigagnolo, non ampio più di qualche passo. Rimasi incantata ad osservare i riflessi argentei, danzanti al ritmo della forza del rivolo. Il suono delle acque riempivano il silenzio in cui era caduta la foresta. Lo sgorgare del ruscelletto da un luogo ignoto faceva risuonare tale voce fra le antiche querce, rendendo quel luogo un po’ meno sgradevole. Sentivo però che c’era dell’altro, ciò che avevo percepito per tutto quel tempo era ancora presente.
Era lì ma ancora non lo vedevo, al contrario potei udirlo.
- Devi avere un bel coraggio per addentrarti fino a qui-
Quelle parole mi fecero sobbalzare. Le udì distintamente, come se le avesse pronunciate qualcuno innanzi a me.
- O forse la tua idiozia non ha limiti. Dimmi tu, quale delle due?-
Continuò, la voce che non apparteneva ad un volto. Scrutai nelle tenebre alla ricerca della sua figura, con il cuore palpitante. La voce misteriosa era decisa e ferma, non parve rauca né animalesca, al contrario melodiosa anche se vi era qualcosa di oscuro.
- Non rispondo a qualcuno che non degna nemmeno di mostrarsi-
Gridai nell’oscurità della notte.
Mi sembrò di percepire una leggera risata, dopodiché il mio interlocutore si mostrò a me.
Comparve sull’altra sponda del piccolo fiume. Si trattava di un uomo alto, dai capelli neri e leggermente lunghi. La pelle era olivastra e non apparteneva a quelle regioni, i suoi connotati dovevano essere caratteristici di un paese esotico.
Mi concentrai un momento sui suoi abiti. Semplici, se pur eleganti. Lino bianco.
- Chi sei?-
La domanda mi sorse spontanea. L’uomo però incrociò le braccia ridendo, non intenzionato a rispondere.
- Questo luogo, appartiene a me. Tu dovresti presentarti al mio cospetto, se mai io te lo consentirò-
Cercai allora di capire da sola chi fosse. Possedevo una vasta conoscenza delle maggiori entità demoniache. Lui mi ricordava qualcuno, il cui nome al momento mi sfuggiva.
Ero comunque certa della sua potenza e del suo rango. Si trattava di una creatura molto importante, al di sotto solo di Lucifero in persona. Se era davvero chi credevo che fosse, non aveva bisogno che io mi presentassi. Decisi di tentare.
- Tu sai già chi sono. Sarei maleducata se sottovalutassi il tuo potere. Tu sai già da dove vengo e dove andrò-
- Sei una ragazzina interessante-
Ammise il demone.
- E’ vero. Ti ho vista nelle acque del mio fiume e leggo la tua mente. Io sono Agaliarept. Il mio compito è quello di uccidere chiunque tenti da raggiunge il Regno dei Demoni. Considerami a guardia di un varco verso un altro mondo-
Rivelò sorridendo.
- Questo è il confine ragazza. Oltre questo rivolo hanno inizio i domini del mio re-
Scrutai i suoi profondi occhi neri da demone. Non sembravano contenere pietà e benevolenza.
Essi erano incredibilmente freddi, come la sua anima.
- Dunque, perché sono ancora in vita?-
- Perché non ho intenzione di ucciderti-
Affermò la creatura con un ghigno, a quelle parole anche a me scappò un sorriso.
- Ammettilo Agaliarept, tu come gli altri non sei capace di uccidermi-
- Scorgo un grande potere dentro di te ragazzina-
Rivelò l’uomo seriamente, squadrandomi da capo a piedi.
- Un potere pericoloso, dato dalla tua doppia natura. Ma non è quello a cui ti stai riferendo-
Continuò.
- Tu credi che la magia bianca che ti protegge sia invulnerabile a tutto. Ti sbagli, se solo avessi voluto ti avrei uccisa in pochi secondi-
Sobbalzai, era davvero in grado di scorgere ogni cosa.
- Dimostramelo-
Urlai spavaldamente nel cuore della notte. Il demone raccolse la mia sfida, quasi come se non aspettasse altro.
Scattò verso di me, attraversando il ruscello che ci divideva in pochi decimi di secondo. Prima che potessi rendermene conto, mi aveva già raggiunta.
Il mio cuore sussultò e capì di dovermi spostare per non essere colpita. Saltai in alto, schivando il potente calcio che, con estrema agilità, il demone tentò di sferrarmi all’addome.
L’uomo rimase sorpreso dalla mia prontezza di riflessi e questo lo rallentò. Io ne approfittai per appoggiarmi a lui nella discesa, con le mani usai la sua schiena per darmi lo slancio per cadere sull’altra riva del fiume. La creatura si voltò svelta, non lasciandomi neanche il tempo per pensare.
Strinsi la piccola scatoletta in legno che custodivo nella tasca. La barriera non si era attivata quando il demone aveva cercato di colpirmi, la magia di mia madre non poteva proteggermi dalle arti oscure. Digrignai i denti, non mi restava altro che il mio tocco. La seconda volta che si scagliò verso di me, decisi di mirare al collo. Non appena le mie mani entrarono in contatto con la sua gola, questa venne ustionata profondamente.
Il demone lanciò un forte urlo, rivoltandosi contro di me. Il mio elevato calore corporeo gli aveva bruciato la pelle, rendendola carbonizzata. Lo stesso accadde con le sue mani quando tentò di liberarsi dalla mia stretta. Sopportò il dolore, stringendomi le braccia per allontanarmi e scaraventandomi al suolo, precisamente sulle rive del ruscello.
Sbattei forte la schiena, rimanendo immobilizzata per diversi secondi. Il demone ne approfittò, ponendomi un piede sul petto per bloccarmi a terra. Lo premette forte sui polmoni, impedendomi di respirare. Nella sua mano destra comparve una lancia, dalla punta affilata e splendente alla luce della luna. Me la puntò al collo, facendomi percepire la lama tagliante. In quel momento pensai che sarei morta.
- Hai perso-
Disse solamente con volto serio, mentre a terra io ansimavo.  
- Non sopravvalutarti. Sei soltanto uno dei tanti scherzi dalla natura-
Con queste parole dissolse la sua arma, mi liberò dal peso del suo corpo e si allontanò da me.
Rimasi stesa al suolo tossendo, con una bella lezione di umiltà. Non ero affatto invincibile, fino a quel momento mi ero solo battuta contro i nemici giusti.
- Perché non mi hai finito?-
Chiesi, riprendendo aria.
- Ho visto il tuo futuro-
Rispose l’uomo, dandomi le spalle.
- Il tuo destino comincia da domani, andando oltre questo fiume-
Non volle rivelarmi altro, infastidito nel risparmiare una creatura che aveva appena sconfitto. Doveva essere molto importante quello per cui mi lasciava libera, altrimenti non si sarebbe privato del piacere di togliere una vita.
- Quale destino?-
Domandai, incuriosita.
- Usa la linfa delle radici di queste querce se ti sei ferita. E’ ottima per rimettere in sesto le contusioni interne-
Mi alzai lentamente, delusa dal non aver ricevuto risposta. Gemetti non appena eretta in piedi, con una mano sul ventre. Non aveva tutti i torti, qualche costola doveva essersi incrinata.
Per le sue ustioni non sapevo se vi fosse rimedio ma, se ci fosse stato lui, lo avrebbe trovato.
Era il miglior demone conosciuto per l’utilizzo delle piante per usi curativi, per quello e per essere il comandante della Seconda Legione infernale.
- Grazie Agaliarept per non aver usato la magia-
Affermai con riconoscenza, massaggiandomi la schiena. Il demone non si voltò nemmeno, piuttosto continuò ad osservare l’oscurità del sentiero dal quale ero giunta.
- So che non ti è mai stata insegnata. Ora vai, prima che cambi idea-
Non me lo feci dire due volte. Presi le mie cose a terra e mi incamminai per il Regno dei Demoni, ormai sempre più vicino.
 
Esattamente come avevo previsto, alle prime luci dell’alba uscì dalla foresta, mettendo piede sulle terre dei demoni raggiante. Ci ero riuscita, ero stata capace di attraversare il bosco da sola e di sopravvivere.
Presi una bella boccata d’aria, osservando con soddisfazione le valli davanti a me.
Il sole era appena sorto ed io ero solo a metà del mio cammino. Avevo studiato la geografia del regno su delle vecchie mappe e sapevo che il palazzo Lancaster si trovava a nord. Forse avrei dovuto oltrepassare almeno tre villaggi per arrivarci ma non era un problema, non mi sentivo affatto stanca. Al contrario ero emozionatissima, se pur un po’ spaventata.
Rimasi nascosta tra gli alberi ad osservare in lontananza le case dei demoni, ancora con le finestre tutte chiuse. Non vi era nessuno in strada, pareva che tutto stesse ancora dormendo.
Questo mi diede il modo di analizzare la situazione. Dovevo confondermi fra loro, non farmi scoprire. Il “Trattato delle due parti” parlava chiaro: io in quel luogo non potevo mettere piede.
Per camuffarmi cercai di ricordare i pochi demoni che avevo visto.
Dall’aspetto parevano umani dunque dovevo solo fingermi più sicura di quanto non fossi, possibilmente anche spietata.
Con una piccola magia mi riempì il corpo di tatuaggi e oggetti appuntiti, come avevo visto in una rivista a casa. Secondo le streghe, le ragazze di razza demoniaca indossavano abiti stracciati e le vesti leggere anche durante l’inverno. Possedendo gli shorts e sfoggiando diversi graffi risalenti allo scontro della notte precedente, potevo sembrare un vero demone dedita alle risse. Utilizzando sempre un po’ di magia, feci comparire una borsa a tracolla nera, con dei teschi disegnati. Sostituii il fagotto con essa e intanto feci un po’ di colazione.
Ero certa di sembrare un vero demone, grintoso e ostinato, almeno secondo la rivista che avevo letto a casa. Mentre mangiavo un tozzo di pane e mi compiacevo, mi chiesi come mai gli incantesimi mi venissero così bene quella mattina.
Dopo mangiato feci un passo in avanti, notando di essere molto pesante ed impacciata nei movimenti. Alzai lo sguardo leggermente verso l’alto, per capire cosa mi stesse bloccando. Mi congelai quando scorsi la terribile zavorra composta da piume bianche che mi era comparsa sulla schiena. Era mattino accidenti! Era giorno e non mi ero rimessa l’anello. Senza perdere tempo lo presi dalla tasca e lo indossai alla mano destra, sentendomi immediatamente alleggerita. Il peso dietro di me scomparve, rendendomi tutta la mia agilità. Odiavo vederle, ricordarmi cosa fossi realmente. Con un sospiro di sollievo, afferrai la borsa e ripresi la marcia verso la capitale.  


Alle dieci del mattino, avevo già superato il secondo villaggio. Durante il cammino non avevo avuto problemi, nessuno aveva fatto caso a me e nessuno aveva sospettato che non fossi un demone. Avevo passeggiato inosservata per le strade, più di quanto non mi capitasse nel mio paese. Prudentemente non avevo rivolto parola ad anima viva, nonostante la curiosità verso quelle creature mi divorasse. Notai subito che non si vestivano con borchie e teschi come avevo letto, rendendo così il mio abbigliamento nettamente fuori luogo. Usavano la magia per qualsiasi cosa ma non per scopi malvagi, come ci era stato insegnato. Il Regno dei Demoni non era affatto come lo spiegassero a scuola, tutti quei libri divulgati e approvati dal Concilio erano pieni di sciocchezze.
Non vidi il sangue degli esseri umani scorrere per le fontane delle città, le teste delle streghe impalate come ornamento, teschi umani usati come calici, nessun corpo appeso nei locali come trofeo. Purtroppo, io avevo desiderato che tutte le dicerie su di loro fossero vere, bramando la vista di qualche corpo di strega o angelo scempiato. Fremevo dalla voglia di vedere distrutte le creature che mi avevano rovinato la vita, distruggendo la mia famiglia. Sbuffai, forse un mondo così spietato ed arido non esisteva sulla Terra ma solo nel mio cuore.
Nonostante questo, avrei voluto fuggire per stabilirmi lì per sempre.  
I demoni erano liberi, liberi di essere ciò che erano e di usare la magia. Non dovevano nascondersi, confondersi con gli umani, come accadeva alle streghe nel mio paese. Erano fieri della propria razza e non desideravano la normalità. Erano soli, privi di fate o streghe. Un mondo fatto unicamente di demoni, senza niente menzogne o false dittature che assumevano il nome di “Concilio”. Al contrario, lì vigeva una sana monarchia, detenuta da una potente famiglia di stirpe reale ormai da millenni. Da quando regnavano i Lancaster, non si era mai registrata una sola guerra civile, mai lotte per il trono, mai perdite inutili. Esso era il regno perfetto, talmente perfetto da intimidire politicamente le altre tirannie mascherate e da costringerle ad inventare assurde storie per spaventare la popolazione. Il Concilio utilizzava la paura della gente per continuare a dominare indisturbato, unendo grazie al terrore sia umani che streghe contro il “Nemico Comune”.
Questo era il regno in cui io vivevo.   
Continuai a camminare, osservando curiosa le abitudini dei demoni. Constatai come fossero tutti incredibilmente belli e giovani. Non scorsi anziani, né malati, né poveri. Sembrava un’utopia, eppure lì era realtà.
Le creature oscure erano molto pallidi di carnagione, quasi mortuarie. Indossavano vestiti normali, oppure eleganti di velluto rosso sangue, nero o verde scuro. Io ero completamente fuori moda, per questo attirai le attenzioni di un ragazzino. Temetti di essere stata scoperta quando si avvicinò a me, chiedendomi se poteva farmi una domanda. Fortunatamente non mi chiese perché fossi a maniche corte, né perché avessi tutti quei tatuaggi o borchie. Fece caso a ciò che io ritenevo fosse più normale.
- Dove hai preso quella borsa? E’ fortissima!-
Con un sospiro di sollievo abbassai lo sguardo verso la mia tracolla, osservando i teschi sul tessuto. Temporeggiai cercando di pensare in fretta a qualcosa di tosto da dire, di inventarmi qualcosa da demone.
- E’ una borsa assolutamente normale ma i teschi sono veri. Appartengono agli umani che ho ucciso nella precedente guerra. Con la magia li ho messi sulla stoffa-
Il ragazzo parve schifato dalla mia risposta e, guardandomi male, se ne andò.
Rimasi senza parole. I demoni non erano affatto spietati come si raccontava anzi, io sembravo molto più crudele di loro. Forse era vero che non vi era un posto per la mia razza nel mondo.
Mi era stato già detto prima dei miei quattordici anni che non sarei stata bene in nessun regno.
Per la prima volta, realizzai di non avere una casa.
Neanche fra i demoni avrei potuto trovarla, ero troppo cattiva persino per loro.
Probabilmente era per quello che gli esseri come me li uccidevano alla nascita.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Kirara_Kiwisa