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Autore: Yoan Seiyryu    19/05/2013    6 recensioni
Red/Hook
Dopo la morte di Milah, Killian Jones tenterà di riportarla in vita, stringendo un patto con Cora. Si addosserà una maledizione che lo priverà dei suoi anni di vita e tenterà di vendicarsi in ogni modo. Sarà la vendetta a fargli incontrare qualcuno che come lui porta sulle spalle una maledizione, Cappuccetto Rosso.
***
-Non permetterò che muoia-
-Dovrai pagare un prezzo molto alto per salvarla- le labbra affusolate si arricciarono in un ghigno.
-Quanto alto?-
-Tanto quanto ciò che desideri salvare-
[...]
E Cappuccetto Rosso riuscirà ad accettare la sua doppia natura?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Killian Jones/Capitan Uncino, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Time '
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Questa fanfiction è dedicata a Wilwarind86, per avermi convinta a scriverla e per i suoi fondamentali suggerimenti. 

 

 

I. Tic Tac

 

 
-Non permetterò che muoia-
-Dovrai pagare un prezzo molto alto per salvarla- le labbra affusolate si arricciarono in un ghigno.
-Quanto alto?-
-Tanto quanto ciò che desideri salvare-
-Mi avevano avvertito dei tuoi inganni. Qualunque cosa io faccia per salvarla, non potrò mai starle accanto- un sospiro troppo lungo uscì a seguito di quelle parole –dunque, prendi la mia vita-
-I miei inganni?- una risata acre ruppe l’improvviso silenzio –Io non inganno nessuno, tutti coloro che hanno un desiderio devono affrontare questo rischio: il riceverlo-

 
Le lancette dell’orologio scorrevano incessantemente, non vi era modo di fermarle e arrestarne il corso. Avrebbero perpetrato nell’andare avanti, seguendo una marea inarrestabile. Divagavano nel quadrante, come ignare di quanto il loro destino fosse legato al mio.
 Le studiavo, quasi volessi sfidarle, prendendomi su di loro una rivincita. Ma l’azzardarmi a sfiorarle sarebbe stato un errore troppo grave, avrei compromesso maggiormente il peso che tenevo sulle spalle. E se si fossero fermate? Se avessero smesso di scorrere prima del tempo?

No, sarebbero state troppo clementi, togliendomi il totale controllo della mia vita.
La mia vita. La mia vita aveva bisogno di tempo, lo bramavamo in modo così profondo da averne fatta un’ossessione, non vi era giorno che non pensassi ad esso, all’orologio, alle lancette che giravano.

Avrei desiderato che ruotassero in senso antiorario, eseguendo perentoriamente i miei ordini, come se avessero loro stesso un’anima da sottomettere e comandare.

Tutto il mio destino era rinchiuso all’interno di quell’orologio, la fine della mia storia era composta dallo scoccare di quelle lancette e di conseguenza si generava un’impotenza nell’impossibilità di controllarlo.


-Non riesco a capire. Il togliermi la vita non sarebbe un inganno?-
-No, certamente no. Per realizzare il tuo desiderio si creerà uno squilibrio tra le leggi naturali, esse prendono sempre ciò che hanno perduto. Se nessuno pagasse il proprio prezzo, questo mondo non esisterebbe affatto-
-Chi sei? Sei tu che mi hai cercato, sapevi che avevo bisogno di aiuto. Qual è il tuo scopo?-
-Avevi bisogno di me, trovo sempre le persone che hanno bisogno di realizzare le proprie brame e i propri desideri. Mi piacciono tutti coloro che desiderano diventare degli eroi, ma vanno sempre incontro al proprio destino, prima o poi.-

 

L’eternità, tutto ad un tratto, mi sembrò il desiderio più auspicabile da raggiungere, l’unica cosa a cui avrei potuto ambire. Vivere per sempre, per chi di vita ne aveva poca, era come la ricerca dell’oro.  Quanto mi rimaneva, quanto potevo ancora avere la speranza di sopravvivere? Sentivo  ancora l’orologio, malato di una malattia incurabile, afflitto dalla consapevolezza che forse, non avrei avuto abbastanza tempo.
Un uomo non dovrebbe conoscere le ultime pagine del proprio libro, né avere il potere di controllare ogni istante. Piuttosto il non sapere mai quando la propria vita finirà, è un dono che ho invidiato a tutto il resto dei comuni mortali.  

Non ero un uomo qualunque, uno di quelli che non avevano mai vissuto, che non aveva avuto modo di crearsi un’aspirazione di vita degna di essa. No, io ero sempre stato ciò che volevo essere e nel modo in cui desideravo.

Ma non avevo previsto che sarei stato affetto da una maledizione che mi avrebbe fatto cadere così in basso, prosciugandomi l’anima e gettandola in un baratro oscuro.
 
-Io ti servo a qualcosa, non è vero?-
-Sì, ma non ora. In futuro avrò bisogno dei tuoi servigi-
-Non so se voglio venirti incontro-
-Non temere, sarà il tuo destino a condurti lì dove desidero- un sorriso increspato sulle labbra, terribile, seducente, rosso come il fuoco.

 

Ancora una volta ricadde lo sguardo sulle lancette moventi, un vizio che non potevo togliermi, mi comandavano da così tanto tempo che non potevo farne a meno, distaccarmene avrebbe provocato un abisso di perdizione ancora maggiore: perdere il controllo del controllo stesso.

Mi rendevo sempre più conto di quanto la vita avesse uno spropositato valore, di quanto desiderassi con tutto me stesso aggiungere ancora altri giorni, altri mesi, anni ad una vita sin troppo breve per poterla godere come avrei desiderato.

Colto da una rabbia improvvisa scaraventai via il coltello che tenevo sulla scrivania, colpendo il centro della porta di legno. La lama si conficcò all’interno e scricchiolò come se ne fosse stata addolorata.
Battei ripetutamente un pugno sul tavolo e feci scivolare via tutte le carte nautiche che avevo recuperato dai miei diversi viaggi di speranza.

Posai la mano destra sul bordo, afferrandolo con forza, avevo i intenzione di mandare tutto per aria, crollando sulle ginocchia con un peso che non ero in grado di sopportare. La mano monca, sostituita dall’uncino, si infilò sul legno del tavolo per scorticarlo, come a volerne fare una cicatrice.

Un lampo del mio vecchio temperamento freddo e razionale risalì prontamente nel corso dei pensieri, così inarcai la schiena e feci scivolare una mano sugli occhi azzurri, chiudendone le palpebre per ritrovare la calma persa.
 
 
-Allora, cosa devo darti in cambio?-
-Ti concederò ancora qualche anno da vivere, un bel viso come il tuo ha il diritto di maturare ancora un po’- un’altra risata risuonò tra le labbra sottili, prima che la mano bianca e affusolata si avvicinò al suo mento –Fammi vedere la tua mano-
-Vuoi portarmi via anche questa, come pegno?- sogghignò, prima di consegnarle il palmo rivolto verso l’alto
-Voglio leggerne il futuro- sussurrò prima di afferrarla per poterne disegnare le linee –sembra che tu abbia una vita longeva, ciò basterà alla tua amata-
-Che intendi dire?- ritirò immediatamente la mano, avvertendo un’improvvisa freddezza.



Riaprii gli occhi nel momento stesso in cui udii entrare in coperta uno dei miei uomini.
-Capitano- si accertò di non avermi disturbato in qualche particolare riflessione, poi proseguì - a breve attraccheremo al porto. Siamo tutti in attesa dei vostri ordini- la voce del mio secondo riecheggiò gravemente, come se provenisse dall’oltretomba in cui mi ero rifugiato, accanto ad un’ombra che stava per essere risucchiata.

In quel momento mi resi conto del mio egoismo così spiccato, come se fino ad allora avessi avuto sulle spalle soltanto il mio destino. Ma mi apparteneva anche quello dei miei uomini, che continuavano fedeli a seguirmi  durante tutti i viaggi intrapresi fino a quel momento. La Jolly Roger aveva bisogno del suo Capitano e io non potevo evitare di fornirgliene uno.

Abraden spalancò i suoi occhi consumati da notti insonne, portando le mani composte dietro la schiena e tentò di inclinare il viso verso di me, era sordo da un orecchio  a causa di una delle battaglie che portò via i migliori dei nostri uomini.

-Quando non sono sul ponte, Abraden, hai il diritto di prendere tu il mio posto- risposi mentre mi chinai per raccogliere le carte da terra e arrotolarle con cura prima di posarle sulla scrivania con una certa cura.

-Sono il vostro secondo, Signore. Non il Capitano della nave, non prenderò impegni che non mi spettano- rispose con tutta la dovuta calma, tirando su col naso e guardarmi con occhi colmi di commozione. Detestavo quando la ciurma mi guardava a quel modo, consapevoli loro stessi del mio destino.

- Ma potresti diventarlo da un momento all’altro, ed allora cosa farai? Lascerai che l’anarchia prenda il sopravvento? Ci sono voluti anni per creare uno stato di diligenza su questa nave, non permettere che tutto vada perduto per un tuo sciocco pregiudizio- lo rimproverai, prima di avvicinarmi a lui, superarlo ed estrarre il pugnale dalla porta per poi posarlo su un soprammobile.
Abraden solleticò le labbra secche con un sorriso marcio e rigurgitò una risata –Sapete bene che non ho timore di dare ordini, so darli assai bene. Non voglio mancarvi di rispetto, Capitano. Finchè sarete su questa nave e ne sarete il Comandante, non tenterò nessun ammutinamento-.

Il tempo di pronunciare quelle brevi e fedeli parole che si udì un urto sul ponte, il rumore di una botte sganciata dalle altre e un colpo di pistola lanciato in aria. Vidi sparire Abraden in meno di un secondo, avevo compiuto un’ottima scelta nel portarlo con me sulla nave, dandogli un incarico piuttosto ambito.
 
-Puoi donare cinquant’anni alla donna che ami, sono quelli segnati nel tuo destino-
Un rinnovato silenzio spense le parole di lui, che iniziò a sfiorare la mano e le dita, disegnandone ogni linea, come se potesse scorrere tutti i suoi anni in quel modo e leggerne un futuro che non avrebbe avuto.
-Sia. Le donerò gli ultimi anni della mia vita. Quanto mi rimarrà da vivere, una volta stretto l’accordo?-
-Posso concederti solo dieci anni, né uno di più né uno di meno-
-Dieci anni?- la lingua scoccò con un moto di speranza.

 
Era tempo di rimandare indietro i desideri e gli spasmi, dovevo tornare in me e assumermi le responsabilità che mi ero preso. Quindi risalii sul ponte immergendomi di nuovo tra i miei uomini, avrei dovuto dimostrare loro che il Capitano non avrebbe perso le speranze, ora che si trovava così vicino alla soluzione.
Killian Jones non si sarebbe lasciato sopraffare.

Lo sparo che vi era stato poco prima era stato rivolto ad una delle vele da cui comparve un buco, provai un moto di dispiacere nel vederle sventolarle in quel modo, mutilate da coloro che dovevano tutto a loro.
Abraden aveva disposto alcuni ordini affinchè gli altri pirati dividessero i due litiganti a cui erano state tolte le armi di mano. Era riuscito a fermare il possibile scompiglio che ne sarebbe venuto fuori.

Il silenzio cadde improvvisamente non appena si accorsero della mia presenza, erano giorni che non uscivo alla luce del sole che in quel momento mi ferì lo sguardo, costretto a divagare tra le ombre malcelate dalle vele.

-Portatemi qui coloro che hanno dato inizio alla controversia, la risolveremo immediatamente- appoggiai un piede su una delle botti che erano state slegate ed erano rotolate via dal loro posto, facendo soppesare il braccio sul ginocchio e osservando tutti con attenzione. Si erano forse dimenticati che vi ero anche io a bordo della nave? Dovevo tornare a prendere il mio abituale modo di agire.

Abraden afferrò per le orecchie due tra i ragazzi più giovani e li fece inginocchiare a terra tra le lamentele prodotte dalla sua presa ferrea che non sembrava volersi staccare.
-Eccoli qui, gli attaccabrighe-

Lanciai uno sguardo d’intendimento al mio secondo, prima di volgere l’attenzione sui due ragazzi. Li osservai accuratamente, attraversando le linee dei loro visi, nascoste dalle ombre della polvere e dall’abbronzatura forte ed intensa.

 
-Sei pronto?-
Una risposta affermativa, prima di consegnare ancora una volta la mano da cui iniziò a cavarne il sangue, incidendo una piccola ferita. Il sangue evaporò in una nuvola viola che iniziò ad infilarsi nelle vene,  scorreva all’interno del corpo e poi tornare di nuovo indietro. Un lungo sospiro spirò dalle labbra, una grande stanchezza avvertiva all’improvviso.
-Ora lei è salva. Potrà tornare in vita e vivrà per tutti gli anni che le hai donato-
Strinse la mano in un pugno, mentre il sangue colava lento e caldo sul tavolo di legno.
-Ed io come saprò quando saranno scaduti i miei ultimi anni di vita?-
La donna si strinse nelle spalle e alla fine decise di concedergli quel piccolo dono, in fondo il ragazzo gli sarebbe presto tornato utile. Intinse le dita nel sangue e si alzò in piedi, aggirando il piccolo tavolo, prima di arrivare da lui ed aprirgli lentamente la camicia bianca. Iniziò a disegnargli sul petto un orologio dal quadrante tondo in cui si formarono gli indicatori dei mesi e degli anni, insieme alle lancette. Sembrava che emanasse luce, ma era solo il contrasto della candela.
-Così non ti dimenticherai mai del prezzo che hai scelto di pagare-

 

-Non ho alcun interesse nell’ascoltare le motivazioni del vostro risentimento reciproco, ma se non erro non è la prima volta che voi due create problemi sulla mia nave. Mi pare di ricordare di esser stato pregato in ginocchio, molto tempo fa, affinchè vi portassi con me, togliendovi dall’afflizione di una vita dedita alla povertà e alla fame. Non è così?- sospinsi la botte vuota a metà, avviandomi a breve passi verso di loro e chinandomi su entrambe le ginocchia per poterli guardare negli occhi, vista la loro caduta terrena provocata dalla forza impressa dalla stretta di Abraden.

-E’ vero, Capitano. Ma dovete ascoltarmi, questa volta io…-

Fermai immediatamente l’inizio di uno sproloquio per cui non avevo interesse, dunque mi rialzai immediatamente, appoggiando una mano sul pomo della sciabola che avevo legata al fianco prima di uscire sul ponte.

-Ti ripeto, ragazzo, che non ho interesse ad ascoltare le tue motivazioni, né quelle di altri. Sono stanco e annoiato da questi insistenti battibecchi, dunque che sia d’esempio per tutti- li feci alzare, afferrando l’uno e l’altro per le maniche delle camicie ingiallite e sospingendoli  verso l’albero della nave.

-Vi dovrei gettare in mare, legati, senza possibilità di salvezza. Sono certo che una volta arrivati in fondo non avreste voglia di discutere per delle sciocchezze- li feci voltare alla fine, conducendoli verso prua da cui si apriva il trampolino ligneo utilizzato svariate volte quando erano stati catturati nemici di cui era bene liberarsi –invece oggi sento di dovermi comportare come un gentiluomo, perciò vi getterò in mare, ma senza legarvi-.

Feci segno ad Abraden di occuparsi degli immediati preparativi, prima che i due giovani potessero ribellarsi ed arrivare ad uno scontro aperto, perciò in men che non si dica si ritrovarono a dover saltare giù dalla nave, accolti dall’apertura delle acque nel momento di ingresso, conducendo le onde ad infrangersi sul legno del vascello.

Le varie risate della ciurma iniziarono ad ingigantirsi, nel vedere i due giovani a mollo che tentavano invano di risalire in qualche modo, come se avessero avuto paura di affrontare le onde del mare.
Mi affacciai dalla balaustra sfoderando un ghigno soddisfatto –Vi concederò persino un’altra possibilità: se riuscirete ad arrivare a nuoto fino al porto, vi riprenderò sotto la mia custodia-
 
-Capitano non lasciateci qui! Vi prego, abbiamo imparato la lezione!- gridò uno dei due prima di ingurgitare acqua salata che lo fece tossire, mentre le risate della ciurma aumentavano ancora di più di fronte a quello spettacolo.

-In tal caso, che gli Dèi vi accolgano con benevolenza- risposi con un segno d’omaggio, prima di voltarsi verso gli altri pirati che improvvisamente smisero di rumoreggiare in svariati modi , timorosi di ricevere lo stesso benservito.

 
-Non ti ho detto tutto, Killian Jones-
-Cos’altro avresti dovuto dirmi?-
-C’è un altro modo per poter raggiungere il tuo scopo. Puoi tenere in vita la tua amata e al contempo riprendere i tuoi anni di vita in un solo modo: strappare il cuore a colui che ha ucciso il tuo vero amore e donarlo a lei.
-Tremotino!- ringhiò con rabbia mentre stringeva la mano in un pugno.
-Portami il suo cuore, ti aiuterò a riprendere tutti gli anni di vita che hai perso-
-Quindi è questo ciò che desideravi da me? Cos’hai contro Tremotino?-
-Non  è questo il momento di parlarne. Ora và, la tua amata è salva, non farla attendere troppo- un altro ghigno si delineò, come se fosse a conoscenza di tutta la sua vita.
Non ebbe modo di fermarla che scomparve in una nuvola viola, come quella in cui si era trasformato il suo sangue.
Sentiva battere le lancette sulla carne, come se la stessero masticando. Sapeva che avrebbe iniziato a detestare ciò che era marchiato a fuoco sul petto.
Si ritrovò fuori dalla taverna, con la mano segnata dal suo sacrificio e dalla maledizione stessa che si era verificata.
Aveva ottenuto ciò che desiderava, ma ad un prezzo che non sapeva ancora sarebbe stato eccessivamente alto.


Disposi immediatamente l’ordine di proseguire verso la terraferma, presi dalla tasca destra il cannocchiale che srotolai velocemente per potervi guardare all’interno.
Un sorriso comparì sulle labbra esili, eravamo vicini, presto avrei ricevuto le risposte che stavo cercando da così tanto tempo che avevo quasi perso le speranze.

Abraden si avvicinò al timone, non appena ripresi il comando per poter guidare il vascello verso il luogo predestinato e nascondendo un mezzo sorriso sussurrò –Sapevate che il porto non era poi così distante dalla nostra tratta-.

-Non so davvero a che cosa tu ti riferisca- finsi di guardarlo con aria del tutto innocente.

-Ottima mossa, Capitano. In questo modo avete ristabilito l’ordine, in più non avete perso un gran numero di pirati- aggiunse prima di afferrare una delle corde che andavano serrate.

-C’era bisogno di una lezione, ammetto di esser stato sin troppo di buon cuore. Credevo di averlo perso per sempre. Invece, Abraden, lo sento battere qui sotto- afferrai la camicia tra le dita della mano, le lancette batterono di nuovo.
Sembrava che il sangue pompato dal cuore si confondesse con il meccanismo stesso dell’orologio.

-Facciamo in modo che continui a farsi sentire, Capitano. La Ciurma ha bisogno di voi, la Jolly Roger ha bisogno di voi, tutti gli oceani non sarebbero gli stessi se Killian Jones decidesse di arrendersi- legata la corda mi lanciò un ultimo sguardo, poi scomparve nella mischia che si era creata tra gli altri compagni che erano pronti per raggiungere il porto.

Gli occhi azzurri si persero nell’orizzonte che riuscivano a scrutare, il sole volgeva al tramonto ed era ormai ora di raggiungere il luogo a cui avevo desiderato attraccare da troppo tempo per non desiderare di affrettare ogni cosa.

Sentivo il legno del timone scorrere e vibrare sotto le dita, il vento che scostava i capelli neri e mi rinfrescava il viso coperto di una barba curata e corta.

Disceso dal Jolly Roger, forse sarei tornato a vivere. Una volta risalito, avrei affrontato una nuova vita.
Il rumore della lancetta infine, spezzò il silenzio.
 


 
 
 
//NdA:

Salve a tutti! Ho deciso di scrivere questa storia prendendo spunto da un improvviso flash momentaneo, sulla possibilità di raccontare una parte della storia di Hook decisamente diversa da OUAT.
Questo capitolo funge da prologo, il vero inizio ci sarà già dal prossimo in cui scoprirete un altro personaggio che ha tutta l’intenzione di inerpicarsi nella magia per salvare qualcuno a cui tiene.
Spero possa piacervi!


Yoan. 
   
 
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