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Autore: Kirara_Kiwisa    24/05/2013    1 recensioni
Se cercate una storia in cui i protagonisti sconfiggono il male, questa storia non fa per voi. Qui si parla di una ragazza in parte strega e in parte angelo che tenta di sconfiggere il bene, a tutti i costi. Una ragazza con sangue misto, Victoria, temuta dalla sua specie ma che presto l'intero mondo temerà. O almeno questo è ciò a cui lei aspira. Ma qualcosa interferisce sulla sua strada della vendetta, un demone. Nolan, un sangue misto come lei, che la trascina nella sua battaglia per la conquista della corona del Regno dei Demoni. Due destini si incrociano, un mezzo angelo e un mezzo diavolo che collaborano per diventare più forti insieme. Lei serve a lui, lui serve a lei. Un piano che potrebbe funzionare, basterebbe solo riuscire a non annientarsi a vicenda per raggiungere ognuno la propria vendetta...
La paura di essere uccisa da Nolan, spinge Victoria ad allontanarsi, a cadere nelle grinfie di qualcuno di ancor più pericoloso. Abrahel, il fratellastro di Nolan, che aspira al trono dei Demoni altrettanto se non più del mezzo demone.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Victoria's Memories'
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Giunta nella capitale, iniziai a risentire della stanchezza.
Ero finalmente arrivata ma non riuscivo a muovere un muscolo. Mi sedetti ad osservare la città, notando la predilezione degli abitanti per il colore nero. Gli alti palazzi erano cupi e costruiti in uno stile che non avevo mai visto. Parevano dei piccoli castelli in miniatura, fatti di pietra e con tanto di torri. Se una sola casa poteva essere così bella ed imponente, non osavo immaginare il palazzo reale. Non vi erano alberi nel centro cittadino, tutto era completamente urbanizzato e, ovviamente, privo di sangue e corpi scempiati. Il cuore del regno demoniaco non smentiva i villaggi da me  visitati precedentemente, non vi era niente di osceno o maligno nella vita di quelle creature.
Seduta nella piazza principale, potei scorgere delle carrozze trainate da cavalli alati, il cui manto era rigorosamente nero. Rimasi affascinata dalle loro ali, piccole e tipiche dei diavoli. Dovevano essere cavalli infernali, molto pregiati e costosi. Essi si fermavano e sbuffavano nervosamente, mentre dai cocchi uscivano signore con abiti lunghi e sfarzosi. Gli uomini, vestiti elegantemente anch’essi, prendevano per mano le proprie donne per accompagnarle alla parata. Senza i padroni, la carrozza riprendeva il cammino, lasciando il posto ad un altro cocchio.
Più che dai nobili, rimasi colpita soprattutto da quei cavalli così possenti e forti, chiedendomi se avessero potuto volare. Probabilmente il nano o il folletto che guidava la biga lo sapeva, comunque non osai chiedere. Per qualche minuto, rimasi ad osservare i demoni che scendevano e si aggregavano alla folla, che già si era creata intorno alla strada principale della città.
Rinnovai la convinzione che la vecchiaia non doveva essere una caratteristica di quelle creature. Erano tutti bellissimi, con la pelle vellutata e i tratti delicati. Non assomigliavano alle miniature sui libri di storia, che li ritraevano come mosti orripilanti. Solo i cocchieri erano bruttini, goffi e alle volte gobbi. Capì dunque che essi non fossero demoni, bensì prigionieri di guerra, tenuti legati alla biga da fili magici che li bloccavano le caviglie. Erano creature inferiori che abitavano le regioni confinanti, come troll, nani, folletti ed elfi. Notai diversi schiavi di quelle etnie, trascinati da un lato all’altro della città con enormi carichi sulle spalle. Troppo deboli per ribellarsi, accettavano le angherie dei prepotenti demoni che invadevano i loro villaggi per catturare nuovi servi. Fra di loro vidi anche degli umani, sicuramente prigionieri di una qualche battaglia.
Pensai di poter riscrivere i libri di storia, una volta tornata a casa.
Mi avrebbero pagato milioni per sapere come realmente vivevano i demoni. Le bugie del Concilio non sarebbero state le uniche verità, ci sarebbero state le mie storie a contestarle. I veri racconti della sola che era andata e tornata viva dalla parata della famiglia reale.
Questo mi ricordò che stavo per perdermi il passaggio dei regnanti. Scattai in piedi, prendendo a spingere fra la folla per raggiungere le prime file. Ero uno scricciolo e non mi fu difficile passare per le strette fessure che i visitatori avevano lasciato.
Riuscì facilmente a trovarmi davanti, giusto in tempo per il passaggio della cavalleria.
Sotto i miei occhi attoniti, sfilavano centinaia di cavalli cavalcati da soldati in armatura, bellissimi. Tutti tenevano in mano lo stendardo della casa reale ed io mi persi in quei disegni complicati ed intricati. Anche la bandiera era a sfondo nero. Vi era disegnato in bianco un drago feroce legato da rovi e sopra di esso un’ala. Essa era disegnata in blu, che contrastava i rovi rossi come il sangue. Non pareva né quella di una fata o di un angelo, bensì era più l’ala di un diavolo. Molto più possente e grande di quella che avevano i cavalli ma comunque da diavolo.
Dopo la cavalleria fu il turno della fanteria, composta da demoni lupo. Non camminavano a quattro zampe, al contrario possedevano le sembianze di un normale essere umano. A contraddistinguerli avevano semplicemente una lunga e folta coda e delle orecchie pelose. Essi sostenevano un pesante scudo con lo stesso stemma degli stendardi ma non parevano affaticati.
Mi guardai intorno, compiacendomi di conoscere quasi tutte le razze demoniache che mi si presentavano. Fin da quando avevo imparato a leggere, ero riuscita ad entrare in possesso di libri proibiti che ne illustravano tutti i tipi. Potevo riconoscere molte celebrità fra i nobili che, se pur distanti da me, osservavano la parata.
Non emozionarmi al loro cospetto, mi era del tutto impossibile.
Oltre la strada principale, sulla quale sfilavano le legioni della famiglia reale, vi erano decine e decine di poltrone lussuose. Su di esse, rialzate su di un palco, vi sedevano i più grandi esponenti della nobiltà. Coloro che avevo visto scendere dalle carrozze, in confronto, non erano nulla.
Il vederli mi provocò una forte eccitazione. Il cuore prese a battermi forte, non potendo credere di essere a pochi metri dai mostri più spietati della storia. Se gli abitanti dei villaggi mi avevano deluso in fatto di crudeltà, loro al contrario mi appagavano completamente.
In prima fila, osservava la cerimonia il principe Amon, accompagnato da uno dei generali delle sue quaranta legioni. Quel demone era capace di indurre l’avidità negli esseri umani e, a causa sua, erano scoppiate molte guerre. Accanto gli era la principessa Eurinome, bella come nelle illustrazioni, ella era una divinità degli inferi. Se pur di candido aspetto, la donna adorava cibarsi delle carni dei morti.
Rabbrividì mentre venivo spintonata dalla folla, che si faceva sempre più numerosa. Più si avvicinava il momento del passaggio dell’erede al trono, più le fanciulle divenivano smaniose. Tutte volevano un posto in prima fila per ammirarlo, continuando a blaterale su quanto fosse bello e affascinante. Tentavo di non farmi sfiorare, mentre le ragazze dietro di me continuavano a spingermi in avanti. L’unica cosa che mi impediva di cadere era il cordone in velluto rosso, con il quale era delineata la pista in cui sfilavano i demoni per l’evento. Cercai di spostarmi, in cerca di un posto meno affollato. Trovata una posizione sicura, tornai ad osservare le eleganti poltrone che si stagliavano oltre il tappeto rosso, ove la fanteria stava ancora passando.
Nel frattempo la folla continuò a crescere ed io iniziai a trovare difficoltoso poter mantenere un posto fisso. Pur di non essere toccata, preferivo spostarmi e trovare angolini meno assediati.
- Guarda chi c’è-
- Già, quel politico corrotto. Gli tirerei volentieri il collo-
Ero finita accanto a due uomini che parlavano tra loro. Le urla della folla li costringeva ad alzare notevolmente la voce per sentirsi a vicenda, infastidendomi.  
- Sta facendo troppo il doppio gioco-
Roteai gli occhi seccata, disturbata dall’ammirare le celebrità da cui avrei voluto tanto volentieri un autografo.
- Ma che ci vuoi fare, fino a che ha il benestare della principessa degli inferi-
- Non mi importa, io alle prossime elezioni non lo voto-
I noiosi popolani probabilmente stavano discutendo sul presidente degli inferi, che fino a quel momento non avevo notato. Si presentava in forma umana e accompagnava Eurinome. Egli occupava un’intera poltrona e parlava, con voce roca, alla sua principessa. Accanto gli era uno dei generali delle sue numerose legioni, che non gli si allontanava un attimo.
Iniziai a nutrire il dubbio che le vicende politiche del Regno dei Demoni non fossero molto diverse dalle nostre. Mentre tornai ad esaminare i nobili, i due uomini accanto a me continuarono a ragionare su un ipotetico futuro candidato a presidente. A quel punto la fanteria degli uomini lupo stava per terminare. Poco dopo giunsero alcune creature dalla forma umana, con tamburi e trombe che dichiaravano l’arrivo di importanti nobili, sempre legati alla famiglia reale.
Prima dell’arrivo del Re, su una grande carrozza scoperta, giunse Abaddon.
Il vederlo mi fece sparire il sorriso. In piedi sul cocchio, bellissimo ed imponente, salutava la folla e i nobili che assistevano.
Io mi abbassai, non volendo essere vista. Non sopportavo quel demone. Egli era uno degli angeli oscuri che sarebbero stati presenti all’apocalisse. Era conosciuto come angelo vendicatore e sfoggiava le sue grandi ali nere alla parata, come simbolo della sua potenza. Apparteneva ai membri più alti della classe sociale del regno. Sapevo che era padrone del pozzo senza fondo degli inferi e che, periodicamente, vi gettasse dentro i prigionieri delle carceri del palazzo reale.
Era potentissimo, nessuno poteva contrastarlo. Al suo comando aveva tutta una gerarchia di demoni e un intero esercito di cavallette giganti, le stesse che avrebbero preso parte alla fine del mondo.
Ad una persona così, solo il sovrano in persona poteva tenere testa.
Io cambiai di nuovo posizione, cercando di non incrociare il suo sguardo che rivolgeva alla folla. Mi spostai, mantenendo comunque sempre il posto in prima fila. Avevo combattuto per ottenerlo e non lo avrei lasciato per niente al mondo.
Mi fermai in tempo per il passaggio del Granduca Agares, sul suo possente coccodrillo e con il suo elegante sparviere sulla mano. Passato il Granduca, giunse sulla sua carrozza un demone fastidioso, debole e che non avevo mai ammirato. Si chiamava Alastor ed era legato alla famiglia reale solo per i suoi servizi, dovuti ai suoi strani poteri. Non era forte ma era straordinariamente furbo, capace di creare discordie nelle famiglie e di convincere gli stessi membri ad uccidere i propri cari.
Dopo di esso giunse finalmente Adramelech, il cancelliere degli Inferi e intendente del guardaroba del Re dei Demoni. Se lui stava sfilando, il sovrano e la sua famiglia erano prossimi. Quel demone, consigliere del re, dalla forma umana ma con una grande coda di pavone dietro alla schiena, era anche il presidente dell'alto consiglio dei diavoli e l'ottavo dei dieci arcidiavoli.
Non avrei potuto vedere personaggi più importanti quel giorno ed ero fiera di me per essere fuggita da casa. Mi complimentavo per essermi travestita e per aver attraversato la foresta da sola. Se mi fossi persa quello spettacolo, non avrei mai potuto perdonarmelo. Ovviamente ero terrorizzata, temevo costantemente di essere scoperta ma la curiosità non mi aveva lasciato scelta. Io dovevo vedere ciò che mi stavo perdendo nella regione vicina, dovevo capacitarmi del fatto che non fossi l’unico mostro sulla Terra. Per di più adoravo la cultura demoniaca, così antica e interessante. Prima dell’avvento della monarchia che tanto ammiravo, il loro passato era pieno di inimicizie e scontri fra i più potenti nobili. Fin dalla creazione del mondo, tutti i più grandi demoni avevano mirato al potere. Nel corso dei millenni, avevano affrontato moltissime guerre, tessuto fitte e intricate reti di alleanze e di tradimenti, fino a che uno solo non ne uscì vincitore. La famiglia reale odierna discendeva dal grande sovrano che aveva vinto su tutti i più oscuri demoni della cabala infernale. Su come avesse fatto sono state narrate molte e svariate leggende, nessuno sa realmente cosa sia successo quando Enric Lancaster si presentò all’alba con il suo minuscolo esercito. Da quel giorno però, il giorno in cui nessun’altro rimase vivo su quel campo di battaglia, nemmeno un unico demone osò contraddire la sua corona. Egli aveva dato inizio alla civiltà demoniaca che centinaia di anni dopo si presentava ai miei occhi. 
Piena di emozione scorsi finalmente Fenrir, il grande lupo che trainava la carrozza reale. Egli portava il grande cocchio come un cavallo qualsiasi, anche se in realtà si trattava di uno degli esseri più feroci mai esistiti. La leggenda narra che gli stessi Dei, impauriti dalla sua potenza, lo avessero legato e costretto alla prigionia eterna. Sapevo che ad averlo liberato era stato l’attuale re, scatenando la furia divina. Incurante di questo, adesso lo usava come fidato servitore e macchina da guerra nelle battaglie. Avevo visto molte sue illustrazioni ma dal vivo incuteva ancor più timore.
Faceva impressione. Una creatura immensa, alla quale la mia altezza equivaleva la grandezza di una zampa, faceva da cagnolino domestico al regnante.
Sulla carrozza che conduceva, finalmente potei scorgere il motivo per cui mi trovassi lì.
Con incredibile emozione, posai gli occhi sulla Regina e il Re dei Demoni.
Non riuscì più a respirare. Il cuore per un attimo smise di battere, era troppo per i miei quattordici anni.
I reali apparivano come Dei, maestose divinità che passavano tranquillamente fra i mortali.
L’attuale regina eclissava completamente lo splendore della Lamia, di Eurinome, del Gremory e di qualunque altra donna. Davanti a lei, chiunque impallidiva.  
Ella pareva una Dea, scesa sulla Terra per mostrare a noi mortali il vero splendore.
Non mi stupiva che il re avesse voluto lei come sua terza moglie.
La sovrana salutava il popolo con la mano destra, abbozzando un sorriso se pur sembrasse molto annoiata. Indossava un maestoso abito blu scuro che le risaltava gli occhi, mettendo all’angolo tutti gli abiti che avevo visto quella mattina.
Il re pareva già un uomo molto più semplice. Dimostrava la mezza età e portava una lunga barba nera. Il suo volto era serio ma felice.
Iniziai a tremare dall’emozione. Innanzi a me avevo il nemico comune dei nostri popoli ed io lo stavo ammirando dal vivo. Nessuna strega aveva lo mai visto così da vicino ed era sopravvissuta per raccontarlo. Quando incrociai lo sguardo del re, mi accorsi del pericolo che stavo correndo. Mi fissò attentamente per qualche lungo, interminabile secondo. Presi a sudare freddo, temendo che mi avesse scoperta. Sussultai, allontanandomi leggermente dal cordone in velluto, non riprendendo a respirare fino a che non rivolse lo sguardo altrove.
Ma cosa stavo facendo?
Non importava quanto odiassi il mio genere, non importava come ammirassi quelle creature, non importava cosa fossi. Io non ero una di loro. Questo sarebbe bastato per farmi perdere la testa.
Una ragazzina che scappa di casa per vedere il nemico e finisce uccisa. Ecco cosa mi sentivo.
Non sarei mai stata accettata in quel mondo, mai e poi mai. Io non avevo patria, dovevo accettarlo.
Eppure non potevo muovermi, ero paralizzata da ciò che stavo osservando. Era la mia prima ed unica occasione per vedere la famiglia Lancaster e, forse, valeva la pena morire per quello. Certa che nessuno avrebbe pianto sulla mia bara, rimasi immobile a godermi lo spettacolo. In caso di fallimento, mia cugina avrebbe preso le mie cose, mio padre avrebbe cresciuto la sua nuova figlia e sua madre avrebbe usufruito della mia camera come meglio desiderava.
Tutti avrebbero vissuto una nuova vita senza il mostro, il sangue misto che non faceva altro che combinare guai. Non avevo mai stretto amicizie profonde nella mia scuola, ero sicura che pochi si sarebbero accorti della mia mancanza, giusto il Concilio che avrebbe festeggiato.
Non appena giunse il cocchio del principe ereditario, cercai di scacciare il pensiero della mia morte. Tornai a sorridere, osservando la carrozza trainata da dieci cavalli neri, le cui maestose ali erano piegate e ben legate.
Le creature parevano affaticate, come se la biga pesasse moltissimo. Erano in una decina ma a malapena riuscivano a trasportare la carrozza.
- Che stupidi-
Sbottai, quasi senza accorgermi di pensare ad alta voce.
- Con le ali spiegate farebbero meno fatica!-
- Te ne intendi?-
Chiese improvvisamente una voce che mi stava accanto.
Sussultai, fissando la misteriosa figura che mi aveva risposto.
Con il mio ultimo spostamento ero capitata accanto ad una donna, coperta da un mantello marrone fino ai piedi. Non riuscivo a vederne il volto, dal cappuccio spuntavano solo dei lunghi capelli rossi e potevo intravedere i suoi occhi rosso fuoco.
- S-Sì…ne ho uno a casa…-
Affermai, mentendo.
- Beh, hai esattamente ragione. Se una creatura è dotata di ali, le deve usare e non opprimerle. Così non farà altro che stare male! Ma la famiglia reale non capisce, è del tutto priva di buon senso. L’unico che capiva ormai non è più fra noi-
Le sue parole mi spaventarono, facendomi allontanare leggermente.
Dal suo mantello uscì improvvisamente la testa di un grande serpente, esso mi sibilò e mi osservò con i suoi grandi occhi gialli. Sobbalzai, solo allora intuendo chi fosse la donna.
- Lilith…-
Sussurrai, con un filo di voce.
- Segui la politica, dunque-
Rise la signora, complimentandosi.
- Non sono in molti i ragazzini che mi conoscono-
Certo che la conoscevo. Era uno dei miei demoni preferiti. Meritava di stare seduta sull’altra parte della strada tanto quanto i nobili che avevo visto prima. Invece stava fra il popolo, incappucciata e nascosta.
Sapevo che apparteneva alla cerchia delle creature più potenti, essa era infatti la prima donna creata da Dio. Tramutata in demone dopo la sua fuga dall’Eden, aveva scagliato la sua furia contro il genere maschile. In gioventù adorava soprattutto attaccare nel sonno i bambini piccoli, così da evitare che diventassero uomini. In un periodo dell’antichità i suoi attacchi erano così frequenti che i genitori dovevano travestire i bambini da bambine. Altri riempivano i piccoli di amuleti protettevi o disegnavano cerchi magici intorno alle culle. Solo così potevano scampare a Lilith. Riguardo agli adolescenti sapevo che li adescava nei loro letti durante la notte, per generare altri demoni. Sceglieva sia esseri umani che coloro della sua stessa specie, dopodiché li uccideva.
Successivamente si trasformò in diavolo, ottenendo un posto fra i dieci arcidiavoli della cabala. Da quel momento smise di uccidere per dedicarsi ad altre faccende, guidata da Lucifero in persona.
Nelle ultime centinaia di anni aveva prestato servizio a corte, collaborando nel consiglio privato della Re dei Demoni. Nonostante la sua posizione, quel giorno non sembrava essere invitata alla parata. Non ne capivo il motivo ma non potevo perdermi lo spettacolo per chiedermelo.
Volsi lo sguardo proprio quando la carrozza del principe stava sfilando innanzi a me.
Sul cocchio sedeva il festeggiato ed il fratello minore. Il primo era seduto elegantemente, intento a salutare la folla nel suo abito rosso e nero. Le donne impazzivano per lui e i suoi sorrisi, urlavano come matte sfondandomi i timpani e cercando di prendermi il posto in prima fila.
Potevo confermare le voci che avevo sentito sul suo fascino, dire che aveva preso la bellezza dalla prima sposa del re, nonostante questo non mi attraeva molto. Trovavo noioso ciò che era desiderato da tutti, considerandolo già obsoleto.
- Abrahel! Abrahel!-
Gridavano incessantemente le giovani oche che mi circondavano, disturbandomi. Il principe non faceva che pavoneggiarsi per la sua popolarità e per i suoi diciassette anni. Un anno più vicino al trono. Presto avrebbe preso il posto di suo padre ed io rimasi affascinata di trovarmi al cospetto del futuro re, piuttosto che per la sua bellezza.
Mentre le altre urlavano il suo nome, io mi chiedevo perché i genitori lo avessero chiamato in quel modo. Conoscevo il demone Abrahel, era deceduto circa un secolo prima, in giovane età visto i suoi soli mille anni. Si diceva che fosse un demone succube, nato solo per farsi adorare e idolatrare.
Smisi di chiedermi il motivo di tale nome, quando vidi il principe alzarsi in piedi e sollevare entrambe le braccia sotto le odi del popolo.  
Scossi la testa, inorridita da tale mania di protagonismo. Completamente diverso dal fratello, era invece l’ultimogenito della casata reale, figlio della seconda sposa del re.
Il principino non sorrideva e nemmeno salutava.
Era appoggiato sull’altro lato della carrozza e guardava in basso, sbuffando.
Pareva annoiato, molto più della terza Regina dei Demoni.
Doveva avere circa dieci anni e provai una forte rabbia nei suoi confronti. Sicuramente era un bambino viziato ed ingrato di ciò che aveva. Non si rendeva conto di quanto fosse fortunato, io avrei ucciso per essere a posto suo.
Lui era un demone, un principe, era potente, ricco e poteva ottenere tutto ciò che voleva.
Eppure non era contento, sospirava tremendamente e, sicuramente, bramava la fuga.
A quel punto, il fratello maggiore non sembrava più tanto male, almeno lui era lieto della sua posizione.
La lenta carrozza non era ancora passata, che l’ultimogenito alzò lo sguardo verso di me.
Sobbalzai dalla sorpresa, incrociando i suoi occhi. Non aveva rivolto attenzione a nessun spettatore, nessuno sembrava degno della sua vista. Sbadatamente mi aveva intravisto nella folla e, da quel momento, non mi mollò più. Lo avevo fissato malignamente fino ad un attimo prima, vergognandomi e divenendo rossa quando si rivolse verso di me. Cercai di modificare in fretta la mia espressione, abbozzando un sorriso e muovendo la mano in un saluto ebete.
Il piccolo non ricambiò, al contrario continuò a guardarmi, sbigottito.
Mi fissò a lungo, mettendomi a disagio. Smisi di salutare e tornai seria, iniziando a temere che mi avesse riconosciuta. Continuava ad osservarmi, senza staccarmi gli occhi di dosso, facendomi agitare incredibilmente. Il cuore iniziò a battermi forte, certa che mi avrebbe denunciato e che sarei stata barbaramente uccisa. Feci un passo indietro, pronta a scappare, quando mi accorsi di un dettaglio a cui non avevo fatto caso. C’era qualcosa di diverso in lui, qualcosa che lo contraddistingueva dai suoi simili.
Il terzogenito della casata Lancaster, possedeva gli occhi d’oro come me.
- Ora basta-
Sbottò improvvisamente la donna incappucciata accanto a me, facendomi sussultare. La carrozza del principe ereditario ci aveva quasi sorpassato, quando Lilith tirò fuori dal mantello un grande arco.
- E’ il tempo di lasciare che le ali si spieghino, Abrahel-
Affermò la creatura, preparandosi a scoccare una freccia dalla punta intrisa di veleno.
Mi voltai sbalordita verso il cocchio, notando che stava puntando proprio contro il principe che ormai ci dava la schiena. Nella folla nessuno se ne accorse subito, solamente io che l’affiancavo capì che Lilith stava attentando alla vita dell’erede al trono. Non mi piaceva Abrahel, era la prima volta che lo vedevo, non sopportavo il suo comportamento e non potevo immaginarlo a capo del fiero popolo dei demoni, nonostante questo lo salvai.
In quei brevi attimi il mio corpo agì d’istinto, scaraventandomi su Lilith mentre era intenta a scagliare la freccia. La gettai a terra, facendo cambiare la traiettoria del dardo che colpì il retro del calesse. Io e la diavolessa cademmo nel bel mezzo del tappeto rosso, mentre la parata si arrestava e la musica si interrompeva. Qualcuno urlò, al contrario nessuno mosse un muscolo. Tutti ci fissarono attoniti, per un tempo che parve interminabile.
Io rialzai il capo dal pavimento, scrutando i volti allibiti dei presenti. Neanch’io potevo credere a quello che avevo fatto. Avevo atterrato la prima donna dell’umanità e ci stavo accovacciata sopra.
Ero certa che sarei morta.
Quando scorsi il suo enorme serpente uscirle dal mantello ne ebbi la conferma, quel giorno in un modo o nell’altro sarei morta. Nel momento in cui Lilith realizzò ciò che era accaduto, si rivoltò contro di me, tentando di strangolarmi. Le afferrai istintivamente i polsi, dimenticandomi che l’avrei bruciata.
Al mio tocco la donna prese ad urlare, aizzando così il serpente contro di me, che prese a sibilarmi minacciosamente. Sussultai dal terrore, quell’essere squamoso se apriva la bocca poteva inghiottire tranquillamente un gatto per intero. Le sue fauci possedevano terribili zanne affilate e intrinseche di veleno, se mi mordeva mi avrebbe uccisa più in fretta di Lilith. Quando mi attaccò dovetti lasciare la presa sulla diavolessa, seriamente ustionata, per afferrare la testa del serpente ed impedirgli di mordermi sul collo.
Lo bloccai con tutta la forza che avevo, bruciando i suoi tessuti ed uccidendolo in pochi attimi sotto gli occhi della sua amata padrona. La donna urlò straziata mentre il rettile rilasciava una puzza di carne bruciata e i suoi occhi roteavano, fino a divenire bianchi. Impressionata da quel terribile spettacolo, lasciai la testa del serpente, facendolo cadere a terra praticamente carbonizzato. Era certamente la cosa più schifosa che avessi fatto fino ad allora.
Innanzi al corpo del compagno millenario, la diavolessa dai capelli rossi tentò nuovamente di avventarsi su di me. Per mia fortuna le guardie reali finalmente giunsero, catturandola prima che potesse uccidermi. L’afferrarono per le braccia, bloccandola e cercando di portarla via dagli occhi dei nobili, ancora a bocca aperta.
- Perché?!-
Continuava a domandarmi Lilith, disperatamente, mentre veniva trascinata via.
- Perché mi hai fermato?! Tu! Proprio tu! Anche tu sei così! Perché lo hai fatto?!-
Non capii le parole del demone, però mi spaventarono.
Mi alzai da terra per scappare ma, volgendomi, sbattei contro il busto di qualcuno.
Dovetti alzare lo sguardo per vederne il volto e tremai quando lo riconobbi.
Il Re dei Demoni mi impediva di fuggire.
  
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