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Autore: Walpurgisnacht    25/05/2013    0 recensioni
Terza parte dell'epopea di Secrets. Perché non è vero che le cose belle durano poco. E noi, senza falsa modestia, siamo bbravi e bbelli e ci diamo da fare per voi.
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Non c'è ombra di maretta sulla nuova Nerima. Tizio con Caia, Sempronio con Asdrubala e Bertoldo con Cacasenna. Tutti felici e contenti, tutti accoppiati, tutti soddisfatti.
Sì, certo. Come no.
[Seguito di Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Subutai Khan e Mana Sputachu]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Il chiacchiericcio fra i ragazzi era in pieno svolgimento. La novità appena pronunciata orgogliosamente da Ranma stava seminando stupore e senso di cameratismo, rispettivamente in Ryoga e Mousse.
"Ma dai, non ci credo. Tu e Akane..." cominciò l'eterno disperso, titubante. E venne subito interrotto da Ranma che prese a battersi un pugno sul petto con fare da gorilla: "Oh sì invece, credici. Io e Akane, proprio così. Qualche ora fa, prima che questo petardo cinese ci scoppiasse in mano".
"Sei... sei un bugiardo...".
"Ryoga, non vedo perché dovrei mentirti. Se avessi voluto fare il galletto sparaballe sarebbero mesi che lo urlo in giro, non credi? E invece confermo che oggi è stato il gran giorno. Anzi, uno dei gran giorni perché non è neanche il primo".
"Rassegnati, maialetto. Io gli credo, non avrebbe senso aspettare tutto questo tempo per vantarsi di una menzogna. Ora manchi solo tu nel club dei Veri Uomini a cui la Vita, e non solo Quella, ha Dato Tutto".
"C-C-Cosa... cosa stai... dicendo?".
"Ryoga, prima o poi tu e Ukyo dovrete...".
"D-Dovremo c-cosa? Io... lei... noi...".
"Mousse" intervenne Ranma "dai, basta così. Non vedi che è già diventato rosso come un semaforo che dà lo stop? Non mi sembra carino metterlo sotto pressione". E ciò detto lo invitò a guardarlo in faccia per confermare le sue parole.
Un pezzo di peperoncino di Cayenna sarebbe apparso pallido in confronto.
"Va bene, va bene. Ma bada che il discorso è solo sospeso. Appena sbrighiamo questa faccenda delle amazzoni voglio un resoconto completo ed esauriente".
"Mousse, da quando sei l'inviato di Gossip 3000 per Nerima, eh?".
"Bambocci, finitela di perdere tempo con simili baggianate e mettetevi in riga. La situazione è disperata oltre ogni più nera previsione" li interruppe bruscamente una voce alle loro spalle, che tutti e tre riconobbero come quella della vecchia Obaba di ritorno dalla sua telefonata a Tofu.
Si voltarono e la videro ferma, il viso rabbuiato e un'espressione terribilmente seria in volto.
Piselli senza zucchero per tutti, alé.
"Chiamate anche le ragazze, marsch" ordinò con voce dura. Non che la mummia fosse mai stata una persona dai modi affabili, ma tutta questa marzialità era sintomo di qualcosa di davvero grave.
Deve aver scoperto novità poco carine, pensarono.
Per l’ennesima volta in quella giornata si ritrovarono in salotto, seduti attorno al tavolo, in attesa che Obaba parlasse. “Sentiamo, quali news ci porti stavolta?” chiese Ranma, che cominciava un po’ a detestare queste continue riunioni; quasi si augurava di trovarsi faccia a faccia con un’amazzone il prima possibile, perché l’attesa era più snervante di tutto il resto. Ranma era uno che odiava stare con le mani in mano.
“Punto primo, il dottor Tofu sta per arrivare. Meglio premunirsi, non sappiamo cosa ci aspetta. Punto secondo... ho nuove informazioni.”
A quella frase l’intero gruppo sembrò trattenere il fiato.
“Di nuovo emissari del Gran Consiglio?” osò Mousse.
“No. Questa volta è un informazione avuta... per vie traverse” rispose la vecchia, soppesando le parole. “Ho ricevuto una telefonata particolare da Joketsuzoku.”
“Particolare? Vecchia Obaba, alla tua età fai ancora certe cose...?” disse Ranma senza neanche pensarci, ma i suoi sproloqui vennero interrotti da un colpo di bastone alla nuca da parte di Obaba.
“Smettila di dare aria alla bocca, idiota! Comincio davvero a chiedermi cosa ci avesse trovato Shan-Pu in te!”
“Lo perdoni nobile Obaba, lo sa che non collega bocca e neuroni quando è a stomaco vuoto” si scusò Akane per lui, “la prego, continui.”
“Umph. Dicevo... ho ricevuto una telefonata dal villaggio. A quanto pare ci siamo trovati degli alleati.”
Il gruppetto guardò l’anziana donna con stupore: di tutte le notizie che potevano ricevere, quella di ritrovarsi degli alleati proprio tra le amazzoni era indubbiamente la più improbabile.
“Alleati? Tra le amazzoni?” commentò Mousse, incredulo. “Possibile?”
“Così sembra, paperotto” rispose Obaba, lasciandosi sfuggire un ghigno soddisfatto “e non ti nascondo che io stessa ero sorpresa da questa notizia. Pare che le tue... eroiche gesta abbiano suscitato interesse tra i vostri coetanei amazzoni, che sembra abbiano cominciato a trovare strette le metaforiche mura del villaggio.”
Mousse si ritrovò a corto di parole. Sapeva fin troppo bene che la sua bravata aveva causato un effetto domino senza precedenti, ma che addirittura potesse ispirare altri giovani di Joketsuzoku a fare altrettanto, mostrando loro che c’è molto di più oltre la guerra e l’onore... decisamente no.
“Comunque” proseguì Obaba “non è questa la vera notizia. Questo misterioso alleato mi ha dato qualche dritta riguardo i piani del Consiglio. Non sono ancora riuscita a decifrare il messaggio, né a capire come diamine abbia fatto ad ottenere tali informazioni, ma è un buon punto di partenza.”
"Decifrare? Proprio voi cinesi non siete capaci di non parlare per enigmi, eh?" fece Ranma. Si rendeva conto di essere sin troppo leggero e incauto nei commenti, fra questo e il precedente sulle improbabili storie volgari della vecchia. È che, ma non ditelo in giro perché si offende, aveva paura. Sì, il baldo e irruento Ranma Saotome sentiva quel fastidioso formicolio freddo alla base del collo, quello che ti preannuncia l'arrivo di disgrazie indicibili contro le quali sei impotente. E tutto ciò che il suo cervellino riusciva a escogitare per tentare di esorcizzare la spiacevole sensazione era questo: battute stupide e che non facevano ridere nessuno, tantomeno chi le pronunciava.
"Ranma, santo cielo! Finiscila!" fu il turno di Ukyo di rimproverarlo.
"Ok ok, scusate. Prosegui pure".
"Stavo dicendo, prima di venire interrotta. Il messaggio è davvero criptico, ahi noi, e onestamente persino io faccio fatica a trovarci un minimo senso".
"E cosa dice? Cosa dice?" chiese Akane, facendosi involontaria portavoce di tutti loro. Stavano morendo dalla curiosità e dalla tensione. In quelle parole poteva nascondersi la chiave della loro salvezza. O una gigantesca pernacchia che li sfotteva prima dell'inevitabile, sanguinosa conclusione.
"Diceva così, testuali parole" cominciò Obaba, subito dopo essersi issata sul suo bastone per avere l'attenzione di tutti "«Combattere non serve. Abbiate paura»".
Cadde il silenzio. Quella frase... non aveva senso.
Ranma fu, ancora una volta, quello che si fece notare: prese a fissare intensamente le rugose palpebre della matrona con uno sguardo che, silenziosamente, chiedeva "Ci stai pigliando per il culo, vero?".
E dopo pochi secondi la domanda silenziosa divenne reale: "No, dai. Cosa ti ha detto?".
"Questo".
"...".
"Giovanotto, puoi pure smetterla di fissarmi come un baccalà pronto per il mercato rionale. Questo è quanto mi hanno riferito e io ho provveduto a riferirlo a voi. Non c'è altro da aggiungere, a parte che non ho la più pallida idea di cosa possa significare".
"Nobile Obaba" azzardò timida Akane facendo un passo in avanti nella sua direzione "perdoni se mi permetto di avanzare una domanda. Ma è sicura, oltre ogni ragionevole dubbio, che la fonte sia affidabile? Potrebbe essere un tentativo di depistaggio e...".
"No. So per certo che chi ci ha passato quest'informazione intende aiutarci. Nessun trucco, nessun inganno".
"E allora...".
"Ah boh, vai a saperlo. Ma se non altro non siamo completamente ciechi di fronte all'attacco".
E sai come si dice, vecchiaccia. Quando chiami l'attacco questo arriva.
Fu più rapido di un missile intercontinentale.
CRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAASH.
Delle catene sfondarono le pareti ed entrarono nel bel mezzo del salotto. Avvolgendosi attorno a Shan-Pu.
Non ebbero nemmeno il tempo di dire “a” che la ragazza era già svanita nel nulla insieme ai suoi rapitori. Persino Mousse non riuscì ad essere abbastanza veloce per impedirlo.
Obaba fissò un punto indefinito oltre le pareti distrutte, e un brivido le percorse la schiena. Dopo quasi trecento anni di vita aveva dimenticato cosa volesse dire aver paura.
“A quanto pare i giochi sono cominciati.”

Quando Shan-Pu aprì gli occhi la prima cosa che fece fu di augurarsi di essere morta, perché il dolore che aveva alla testa non era paragonabile a nessun’altra emicrania provata prima. Poi provò a mettersi lentamente a sedere, guardandosi attorno e cercando di riconoscere il posto in cui si trovava. Ma attorno a sé c’era solo buio.
“Era ora che ti svegliassi, Shan-Pu.”
La cinesina si voltò di scatto verso la voce.
“...bisnonna?”
“In carne, ossa e rughe, bambina.”

Shan-Pu era perplessa: l’ultima cosa che si aspettava di vedere lì era proprio la vecchia amazzone.
“Non capisco, bisnonna... perché sei qui?” chiese, incerta “Non sono stati gli emissari del Gran Consiglio a rapirmi...?”
“Certo che sì, bambina.”
“E allora tu cosa...”
“Oh, poco più che dilettanti. Ho perso più tempo ad aspettare che ti riprendessi che a far fuori loro.”

La cinesina ora era davvero confusa: se le istruzioni del Consiglio prevedevano combattimenti uno contro uno, perché la nonna era lì? Perché diceva di aver eliminato gli avversari?
“Io continuo a non capire...”
“Già, sei sempre stata un po’ lenta di comprendonio.”
“Co... cosa?”
“Davvero mi chiedo da quale ramo della famiglia tu abbia preso, Shan-Pu.”
gracchiò Obaba, avvicinandosi alla ragazza. “Nemmeno come guerriera sei questo gran ché, lasciatelo dire. E dire che avevo riposto in te tante di quelle speranze...”
Shan-Pu non riusciva a credere alle sue orecchie: da quando la bisnonna si rivolgeva a lei a quel modo? Era una donna di polso e poco incline ai gesti di gentilezza, quello era vero, ma era la prima volta che la offendeva volutamente.
“E non parliamo del fatto che ti sei lasciata coinvolgere sentimentalmente da quel cieco di Mousse! Che vergogna, che vergogna! Un’onta del genere segnerà la nostra famiglia per anni! Siamo ormai la barzelletta di Joketsuzoku, e tutto perché sei un incapace!”
Shan-Pu aveva ormai le lacrime agli occhi: in fondo al cuore aveva sempre temuto che la bisnonna non avesse mai del tutto accettato quella nuova vita che lei e Mousse si erano guadagnati con tanta fatica, continuando a covare risentimento verso il ragazzo. Aveva faticato tanto a scrollar via dalle spalle il peso del disonore, e aveva sperato ingenuamente che anche la bisnonna ci fosse finalmente riuscita. Ma a quanto pare si era sbagliata.
La vecchia amazzone le si avvicinò saltellando sul suo bastone, trovandosi infine a pochi centimetri da lei. Il suo sguardo non conteneva altro che sdegno, senza neanche prendersi la briga di mascherarlo.
“Sei una delusione Shan-Pu. Mi vergogno di averti come nipote.” E neanche le diede il tempo di reagire o di poter dire alcunché che scese dal bastone e lo uso per colpirla con violenza sul ginocchio.
"Avrei dovuto farlo molto tempo fa, disonore che non sei altro" le disse. Parole colme d'astio che viaggiarono in linea retta dalla sua bocca alle orecchie della nipote, accasciatasi al suolo per via della mazzata. La ferirono come un pugno, tanto che le si piegò la testa.
Il bastone si alzò e venne di nuovo abbattuto su di lei, questa volta sulla schiena. La ragazza crollò come un sacco, soverchiata dall'odio che in quel momento la stava percuotendo molto più forte di qualunque colpo fisico. Si ritrovò con la faccia schiacciata contro il pavimento, un fiume in piena che continuava a uscire furioso dai suoi occhi ormai arrossati.
"Bisnonna... ti prego... non farmi questo...".
"Perché no? Non ti meriti nulla di diverso. D'altronde è così che va trattata la spazzatura".

Una serie impietosa di botte cominciò a tempestarla dappertutto, anche sulla testa che era completamente indifesa.
E fu lì, mentre il dolore montava sempre più impetuoso, che Shan-Pu capì.
Il buio.
Sua nonna che spuntava dal nulla, nonostante i combattimenti sarebbero dovuti essere uno contro uno, dicendo di aver sconfitto gli assalitori.
Lo scenario da incubo.
Niente di tutto quello era reale. Era ancora nelle mani di chi l'aveva estratta da casa Tendo.
In qualche modo erano riusciti a drogarla. Stava avendo le allucinazioni. Molto concrete perché sapevano picchiare, ma comunque delle allucinazioni.
E le allucinazioni di questo tipo si sconfiggono in un solo modo: alzandosi e picchiandole più forte di quanto possano fare loro.
Riuscì a fermare il bastone con un braccio e fissò lo spettro che stava impersonando Obaba, fulminandolo con la sicurezza di chi aveva appena aperto la cassaforte più impenetrabile del mondo.
"Basta così, illusione. Hai finito di giocare con me".
Fu sufficiente quella frase per far tremare il posto in cui si trovavano, come se... si stesse incrinando.
Ok ragazza, hai capito. Continua così.
"Non starò ad ascoltare le tue fandonie un solo momento di più" aggiunse mentre faceva perno con un gomito per tirarsi in piedi. L'altra si limitò ad osservarla, uno sguardo indecifrabile. Spostò il pezzo di legno e lo ritrasse a sé.
Quando fu di nuovo eretta Shan-Pu, pur funestata da tutti i colpi subiti, si sentì forte come non mai. Sicura. Pronta. Preparata.
"Tutto quello che hai detto non sono che bugie, architettate ad arte per fiaccarmi e farmi cedere. Ma questo non succederà. Io sono più forte di un cumulo di falsità che la mia bisnonna non pensa davvero. Ora svanisci, miraggio!".
CRACK.
Un buco... nella realtà. Di fronte ai suoi occhi. Un buco da cui filtrava la luce del sole.
No, questa non è la realtà. Là fuori c'è la realtà.
La figura onirica di Obaba cominciò a indietreggiare, sempre mantenendo una fiera compostezza. Non dava l'idea di un mostro che stava battendo in ritirata.
"Sogna pure se vuoi, ragazzina" ruggì "ma non ti sbarazzerai di me così facilmente".
Poi sparì, inghiottita dall'oscurità.
Ce l'ho fatta, si disse orgogliosa. Adesso devo solo trovare il modo di uscire di qui.
"Mi sentite, sgherri di Joketsuzoku? Ho sconfitto il vostro scenario. Ho vinto. Fatemi uscire di qui e affrontatemi a viso aperto invece di ricorrere a trucchetti da mago di periferia!".
CRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAACK.
La cappa di nero che la circondava andò in mille pezzi.
Si svegliò appoggiata a un muretto. Le doleva la testa. Anzi no, non le stava solo facendo male. Sentiva... come dei tamburi.
No, non è una perifrasi per dire che era scossa. Sentiva davvero dei tamburi. Ritmici e cacofonici.
Passerà. Ho vinto.
Si guardò attorno per cercare di capire dove fosse. Le sembrava di non essere troppo lontana dal dojo dei Tendo.
Si avviò, con ancora quell'incessante rumore che le perforava i timpani.
“Sono... sono tornata!”
Quando finalmente arrivò al dojo, non venne accolta come sperava.
“Era ora! Certo che ce ne hai messo di tempo!” fu il benvenuto di Ranma, borioso come al solito.
“Ma che dici? Quanto tempo posso aver...” cercò di rispondere lei, ma si fermò quando si rese conto che era ormai giorno. Impossibile, si disse. Eppure quando si era svegliata nel vicolo era ancora buio...
“Kami, sei lenta persino a camminare” commentò Ukyo, ridacchiando sotto i baffi insieme ad Akane. Le due ragazze continuavano a fissarla e farfugliare parole a lei incomprensibili.
Forse è solo una mia impressione, si disse. Scosse la testa e avanzò in salotto.
“Ho informazioni per voi. So come sconfiggere emissari di Joketsuzoku.”
Il gruppo rimase in silenzio ad osservarla. Il signor Tendo e il signor Saotome non si presero nemmeno la briga di interrompere la loro partita a shogi, come se la cosa non riguardasse la vita dei loro figlio. Ma Shan-Pu cercò di non perdersi d’animo, e proseguì il suo racconto.
“I loro attacchi sono... illusioni. Loro fanno vedere nostre paure più profonde e ci fanno combattere contro di loro! L’importante è non cedere a quello che dicono, ok? Dovete affrontarle e sconfiggerle!”
La ragazza si sentì rinvigorita dopo aver spiegato come aveva sconfitto i suoi avversari, sentendosi finalmente utile al gruppo. E tuttavia la cosa sembrava non interessare agli altri.
“Hm, sarà” rispose Ryoga “magari hai solo avuto fortuna e ti sei trovata davanti un combattente debole...”
“Probabilmente è così, o non mi spiego come possa esserne uscita viva.”
Si voltò verso Mousse, seduto sul divano. Ecco, decisamente non si aspettava una frase così da lui; anzi, era già assurdo che non l’avesse accolta in lacrime, mortalmente in ansia per lei.
“Mu-Si perché dici questo...?”
“Perché lo sanno tutti che come amazzone non vali gran ché. Ma tranquilla” sorrise lui, mellifluo “non è certo quello che mi interessa, in te...”
La cinesina si trovò di nuovo in lacrime: Mousse le aveva appena detto, seppur velatamente, che la considerava alla stregua di una prostituta.
“Posso capire perché la vecchia ti considera una delusione, sai?”
Shan-Pu si sentiva ferita, umiliata, totalmente a pezzi. Cos’aveva fatto per meritarsi tanto disprezzo?
“Sei proprio una vergogna, Shan-Pu.”
Seduta al tavolo con una tazza di tè tra le mani, Obaba le aveva rivolto ancora una volta le parole che aveva sempre temuto di sentir uscire dalla sua bocca.

“Ma dove diamine si sarà cacciata?”
“Mousse, calmati per favore. Camminare avanti e indietro per il salotto non servirà a nulla, a parte scavare un fosso sul pavimento. E abbiamo già una parete mezza distrutta di cui occuparci” rispose Ranma, intento a sfoggiare le sue doti di carpentiere insieme a Ryoga nel tentativo di rattoppare la parete alla meglio.
"Ah sì? Non te la voglio tirare, ma mi piacerà vederti quando sarà il turno di Akane".
Ranma si sentì attraversato da tempia a tempia da uno spuntone. Si arrestò, si voltò verso Mousse e lo incenerì.
"Ripeti ancora una volta una cosa del genere e le amazzoni non troveranno nulla di te".
"Gente, gente! Piantatela!" sbraitò Ukyo, scocciata. L'ultima cosa di cui avevano bisogno era di litigare fra di loro. Poi, assolto il suo compito da voce della ragione, gettò un'occhiata sfuggevole a Ryoga, che stava mettendo tutta la sua esperienza da operaio al servizio della malandata casa in cui avevano preso momentaneamente rifugio.
Era terribilmente contrastata. Aveva paura... eppure non poteva proprio fare a meno di evitarsi un certo tipo di pensieri. Colpa della chiacchierata di qualche ora prima con Akane. E sapeva che non era né il momento, né il luogo adatto. Vallo a dire a quell'infame del mio cervello, che continua a sbattermi davanti agli occhi immagini inappropriate.
Kuonji, santo cielo. Finiscila. Stai rischiando la vita, così come i tuoi compari. Non puoi, proprio non puoi fermarti a pensare alle tue voglie. Anche se premono come delle pazze contro la tua fronte. Piantala. Piantala. Non è normale.
In tutto questo Akane era metà terrorizzata e metà furiosa. La metà terrorizzata era dovuta a come avevano rapito Shan-Pu: velocemente e lasciando in tutti loro un senso di terrore difficile da spiegare. La metà furiosa era dovuta nel vedere gli altri che sembravano non cogliere la gravità della situazione.
Si sedette sul divano, cercando di eliminare il suo stato d'animo alterato. Aveva bisogno di essere presente e concentrata, non su di giri per mille cose diverse.
Inspirò. Sperò che bastasse.
   
 
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