Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: Lilith in Capricorn    06/06/2013    2 recensioni
La vicenda è ambientata a Igloolik, un centro Inuit realmente esistente e antico di migliaia di anni. Gli Inuit sono una delle tre principali etnie del ceppo etnico degli eschimesi, quella situata nel nord del Canada.
La storia si svolge nel 1965, durante il periodo in cui i missionari cattolici iniziarono a prendere contatto con questo popolo, esportando non solo la religione cristiana, ma anche la tecnologia, l'edilizia e la cultura occidentali.
Nel testo, si fanno numerosi riferimenti a elementi culturali e mitologici Inuit, con l'uso frequente di nomi e parole in lingua originale, ma la storia è perfettamente comprensibile e tutto è spiegato in modo breve e conciso.
Dal testo: "E Atanarjuat, in un certo senso, era l'autentico capo della comunità di Igloolik, anche se non ufficialmente. L'ultimo vero Inuit. Così amava definirsi e così sarebbe morto. Ma non prima di aver rivisto un'ultima volta Lei."
Storia partecipante al contest "One-shot, a te la scelta" di _Sebba.
Genere: Generale, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Come ho già detto nell'introduzione, questa è una brevissima storia che parla del popolo Inuit, un popolo poco conosciuto, ma molto affascinante.
La storia è stata scritta per il contest "OneShot, a te la scelta" di _Sebba (
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10620549), in cui veniva richiesto di mantenersi entro le 1000 parole e di scegliere una frase introduttiva e una conclusiva tra quelle elencate.
Ma bando alle ciance, passiamo alla lettura e spero che questo breve racconto possa piacervi. Grazie in anticipo per eventuali recensioni!

L'ULTIMO INUIT

Image and video hosting by TinyPic

   Ho bisogno di essere lì, di vederla per un'ultima volta: queste furono le parole che animarono il vecchio Atanarjuat, durante gli ultimi, tenaci sgoccioli dei suoi 90 anni. I medici canadesi non gli avevano dato più di un mese di vita: questo era stato previsto otto settimane prima.
   "Il grande Spirito del Tempo Qailertetang è con te, Atanarjuat. Egli non permetterà che la tua ora giunga prima che tu possa riconciliarti con Anirnialuk" aveva detto l'angakkuq, lo stregone del villaggio di Igloolik. In verità, quasi nessun Inuit credeva più nelle doti sciamaniche dell'angakkuq: correva l'anno 1965 e la cultura e la tecnologia occidentali stavano lentamente prendendo il sopravvento sulle arcaiche tradizioni del popolo dei ghiacci.
   Case fisse e squadrate rimpiazzavano mano a mano le tende nella stagione calda e gli igloo in quella fredda, sempre più uomini si spogliavano delle tradizionali pellicce per indossare abiti sintetici di fabbrica, nuove tecnologie permettevano al popolo Inuit di sfidare per la prima volta nella storia i rigidi e temibili ritmi della natura artica e la nuova fede cristiana stava lentamente soppiantando tradizioni, miti, leggende e credenze risalenti a tempi immemorabili.
   Insomma, il popolo dei ghiacci stava rapidamente rinnegando la propria identità: a Igloolik, Atanarjuat era rimasto l'unico ad avere fede nella mistica figura dell'angakkuq, uno dei pochi a rispettare ancora i riti e i tabù dell'attività venatoria, ma soprattutto era forse il solo che continuava a celebrare e temere i Grandi Spiriti, mentre tutti gli altri avevano preferito, chi prima chi dopo, adorare un dio seminudo, dall'aspetto tutt'altro che divino, inchiodato tre volte ad una croce.
   Il vecchio non comprendeva il senso di quella strana religione che proprio da quel dio prendeva il nome: che senso aveva creare un inferno e un paradiso? Quale il perdono? Se questo fantomatico dio era misericordioso, allora perché puniva alcuni dei suoi stessi figli per l'eternità? Che valore aveva il libero arbitrio, se era già tutto scritto e lui già conosceva tutto? E perché la Grande Natura non aveva assolutamente alcun ruolo? Perché non si riconosceva che tutto ha un'anima, anche gli animali?
   Atanarjuat non capiva quella strana religione, ma soprattutto perché tanta gente decidesse di convertirsi ad essa. Per quale motivo sottomettersi ad un dio che sembra tanto un ciarlatano? E perché credere in un dio, in generale? Il popolo Inuit ne aveva fatto a meno per migliaia di anni: nessuna figura paterna, nessuna dea madre li aveva mai governati, nessun Creatore e nessun Nemico, niente punizioni, né per i vivi, né per i morti; solo il perdono assolutamente fine a sé stesso, privo dell'ipocrisia della salvezza. E gli Spiriti, naturalmente, presenti in ogni elemento del creato, dagli uomini, agli animali, alle rocce, al vento, alla neve, al mare, al tempo, al sole, alla luna ... tutti facenti parte di un unica grande "anirniq", cioè anima, comprendente tutte le cose esistenti.
   E l'anirniq di Atanarjuat tendeva inevitabilmente a Lei e con Lei sarebbe morto: nessun dottore avrebbe potuto negarglielo e nessun parente preoccupato per la sua sorte avrebbe potuto impedirglielo; l'aveva detto l'angakkuq ed era la volontà di Qailertetang. Lui sarebbe partito, l'avrebbe rivista e sarebbe morto così, in pace. Ovviamente, non ne aveva fatto parola con nessuno, perché se lo avesse fatto avrebbero tentato di sabotare il suo piano in tutti i modi, non lasciandolo solo un istante.
   No, avrebbe fatto tutto in gran segreto: quando il pallido Anningan prese il posto della splendente Malina nella volta stellata e l'intera Igloolik si fu assopita, il vecchio uscì silenziosamente da quella struttura rettangolare che osavano chiamare "casa", riesumò la vecchia slitta da caccia che egli stesso aveva costruito molti anni addietro, vi legò cinque cani e partì. Partì nel silenzio più assoluto, diretto nel vuoto più candido e oscuro, per lasciarsi inghiottire dalle gelide tenebre polari.
   Molti non avrebbero capito il motivo del suo gesto, ma forse qualche anziano sarebbe riuscito a cogliere il senso di tutto: nei tempi antichi, quando per un anziano capo si avvicinava l'ora della dipartita, egli usava abbandonare il villaggio sulla sua slitta in piena notte, per dirigersi verso le fredde distese di ghiaccio, da cui non avrebbe mai più fatto ritorno. Qualche cane, forse, sarebbe rientrato al villaggio, ma non avrebbe mai condotto la comunità verso il luogo in cui lo spirito aveva abbandonato il corpo; i più fedeli, invece, avrebbero scelto di seguire la sorte del padrone.
   E Atanarjuat, in un certo senso, era l'autentico capo della comunità di Igloolik, anche se non ufficialmente. L'ultimo vero Inuit. Così amava definirsi e così sarebbe morto. Ma non prima di aver rivisto un'ultima volta Lei. La temperatura era perfetta, il luogo quello ideale, il periodo dell'anno quello giusto, la notte senza nuvole e senza rumori: avrebbe anche potuto ascoltarla nitidamente. E non avrebbe tardato all'appuntamento, di questo era certo: Lei era sempre puntuale ... beh, quasi sempre, ma per Lei questo ed altro: era stata il suo primo, vero, grande amore.
   L'aveva sognata a lungo, quando era bambino, e la prima volta che l'aveva incontrata aveva pensato che fosse la manifestazione terrena di Anirnialuk, il Grande Spirito. Gli aveva letteralmente tolto il fiato, mentre l'immensa lastra di ghiaccio sotto i suoi piedi navigava lentamente, regalandogli la sensazione di stare volando, con gli occhi, il cuore e la mente saturi dell'immagine di Lei e il sibilante suono della sua voce eterea che accarezzava soavemente le sue orecchie.
   Probabilmente, fu proprio quello il giorno in cui decise che sarebbe morto in quel modo, ricongiungendo il suo spirito a Lei che, proprio come aveva previsto, giunse puntuale ad inondare il cielo dei suoi mille giochi di luce cangiante, come una grande danza di milioni di spiriti festanti. "Atanarjuat" la sentì distintamente invocare il suo nome. "Sono qui, Anirnialuk" le rispose. Poi, lentamente, si denudò completamente, spalancò le braccia e si lasciò totalmente inondare dalla sublime essenza luminescente e mutevole della più grandiosa meraviglia boreale.
   Al mattino, Igloolik si svegliò senza di lui. Nessun cane fece mai ritorno. Di lui non si seppe più nulla.



E questo era il mio primo racconto storico. Storico perché, anche se situato in tempi relativamente recenti, si tratta comunque di un'epoca culturalmente remota per il popolo Inuit che, ormai, ha quasi completamente perduto le sue radici.
Sinceramente, anche se ho scritto questo racconto in poche ore, devo ammettere che ci tengo abbastanza e che è uno dei miei preferiti, tra quelli scritti da me. Perciò, mi farebbe davvero piacere ricevere qualche recensione per potermi confrontare su questo argomento e parlare di questo popolo quasi sconosciuto, di cui la gente a malapena sa che si salutano sfregando i nasini.
Spero che questo spruzzo di parole vi sia piaciuto e grazie a tuttti anche solo per aver letto :-)!


Io su Tumblr
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Lilith in Capricorn