Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |       
Autore: SunliteGirl    09/06/2013    7 recensioni
Shadows
________________________________________
Hinata si sente un'ombra da quando ha perso l'unico sole che aveva saputo riscaldarla, amarla e renderla una persona diversa, migliore. Ma lei non è sola. Un'altra ombra, che come lei ha perso il suo sole un maledetto 24 Maggio, sembra tenerla vicina a sè e farle provare dei sentimenti che credeva non avrebbe mai più provato. C'è il ricordo di una promessa a tenerla legata al passato, a quell'uragano biondo dagli occhi azzurro-cielo. Come si può andare avanti e amare di nuovo, dopo essere stati spezzati?
Spero, aldilà della coppia, che potrete apprezzare questa storia di due capitoli a cui sono particolarmente legata. Grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno :)
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Hinata/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Shadows

Shadows

 

Parte Prima

[Yesterday I died, tomorrow's bleeding. Fall into your sunlight

   The future's open wide beyond believing. To know why hope dies]



 

È una giornata come le altre. Non si festeggia nessun evento particolare, sono a lavoro come tutti i giorni della settimana -esclusa la domenica- ed Ino è logorroica come sempre. Sì, è una giornata come le altre, nonostante sia il 24 Maggio. Nonostante da tre  anni a questa parte, non appena arriva questa data, il mondo mi sembri crollare addosso.

Prendo l’ennesima tazzina in ceramica fra le dita e, immergendola nell’acqua fredda, comincio a strofinarla con forza. Ripeto quest’azione meccanica da ormai trenta minuti, quasi potessi lavare via anche i pensieri e i ricordi che mi annebbiano la mente, insieme alle tracce di caffè. Un piattino, un bicchiere di vetro, e questa volta sollevo leggermente lo sguardo. Con aria distratta osservo il piccolo locale così familiare, accogliente, e allo stesso tempo pieno di ricordi dolorosi, che vorrei cancellare. I miei occhi scorrono sulle pareti bianche e ricoperte di quadri colorati, si posano sui clienti conosciuti e non che siedono ai tavolini che riempiono la stanza, fino a quelli che invece sono affacciati al bancone, impegnati a chiedere le loro ordinazioni ad una allegra e vivace ragazza dai lunghi capelli biondi, raccolti in una coda ordinata. Mi concentro sulla figura di Ino Yamanaka, la mia migliore amica e collaboratrice di lavoro, per alcuni secondi. È grazie ad una sua pazza idea se l’Haruko Ongaku no Bar esiste ed accoglie sempre più clienti da circa cinque anni, e se posso dire di avere una sorta di certezza nella vita, che mi tenga occupata. Anche se ora nulla è più come prima. Nulla è come quando eravamo ancora un trio, quando insieme a noi c’era anche una ragazza dagli strani capelli rosa confetto. Tutto era diverso, quando ancora c’era lui ad illuminare le mie giornate con un semplice sorriso, a portare allegria come un uragano biondo in questo locale, come nella mia vita. Prima che arrivasse quel 24 Maggio, prima di essere tradita, da entrambi. Avevi giurato che non mi avresti mai lasciata. La tazzina mi scivola dalle dita e cade nel lavandino, atterrando con un tonfo. Vengo scossa da un lieve sussulto e poi sollevo lo sguardo di scatto, spaventata dall’idea che qualcuno possa essersi accorto della mia sbadataggine, o debolezza. Mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo nel momento in cui realizzo che nessuno si è accorto di nulla e mi do mentalmente della stupida, perché, ovviamente, con tutto il chiacchiericcio presente nella stanza, difficilmente qualcuno avrebbe potuto notare una cosa simile. Un’ insignificante ragazza come me, così diversa da Ino e priva di ogni esuberanza, non potrebbe mai sperare di essere al centro dell’attenzione di qualcuno. Solo una persona, in tutti in questi anni, si era accorta di me. Era entrata di colpo nella mia vita, nel mio cuore, rendendomi improvvisamente diversa. Ad un tratto, mi ero scoperta felice, forte e non ero più sola; nulla importava più, al di fuori di quel paio di occhi celesti, così solari, che sembravano riscaldarmi con una sola occhiata. E poi mi ha lasciata, in una giornata di sole, insospettabile. Com’è strano il destino, a volte.

Sbatto le ciglia, come risvegliandomi da un sonno profondo, e mi accorgo di un paio di occhi azzurri che mi studiano con attenzione. Come indovino dalle sue sopracciglia aggrottate, sicuramente ha compreso qualcosa. Le dedico un debole sorriso, per comunicarle che sto bene e non deve preoccuparsi, ma la sua espressione si fa ancora più sospettosa. La vedo porgere il resto ad un cliente, un ragazzo sui vent’anni, rivolgendogli un sorriso gentile e ammiccante, per poi strofinarsi le mani sul grembiule viola che le avvolge la vita e avvicinarsi a me, con passo veloce. Approfittando del momento di pausa, si siede sul bancone vicino al lavello, in cui le mie mani sono ancora immerse e impegnate nel lavaggio, e mi rivolge un sorriso triste.

«Hinata, va tutto bene?» mi chiede, all’improvviso.

Abbasso lo sguardo e sorrido fintamente, mentre rispondo «Sì, Ino, non ti preoccupare».

Spero con tutto il cuore che questo basti per convincerla, ma non è affatto così.

«A me non sembra, invece. Hai le occhiaie e sei ancora più silenziosa del solito. Non c’è niente di male nel soffrire, Hina-chan, e puoi confidarti con me. Le amiche servono a questo» dice, mentre allunga un braccio per appoggiare la mano sulla mia spalla. Quel contatto improvviso mi fa sussultare e allo stesso tempo mi infastidisce. Possibile che non riesca a capire?

«Ho detto che sto bene, non preoccuparti. Ho solo dormito poco e ora mi sento molto stanca» sussurro, alzando brevemente lo sguardo per controllare non siano arrivati altri clienti.

«Certo, come no. Ovviamente il fatto che oggi sia il 24 Maggio non c’entra nulla, vero?» dice incrociando le braccia al petto, ancora insoddisfatta.

«Ino, ti prego, lasciami lavorare, non ho bisogno della tua compassione» sussurro, e questa volta vengo tradita dalla mia voce ad un tratto tremante. Ino mi osserva un’ultima volta, gli occhi azzurri incredibilmente affranti, prima di scendere dal bancone e sistemarsi la gonna, sotto il grembiule.

Poi raddrizza la schiena e si avvicina di nuovo, dicendomi «Ti ricordo che mancano anche a me, nonostante tutto. Ma devi andare avanti Hinata, devi smetterla di vivere nel passato e guardare al futuro. So che è difficile, per te più che per chiunque altro, ma devi realizzare che non sei sola». Si blocca, forse aspettandosi una mia risposta, che non arriva.

«Hai me, Hinata. E Sasuke. Sai quello che-».

Sbarro gli occhi nel sentirle pronunciare quel nome all’improvviso. Ad un tratto ho paura di sentire quello che potrebbe dire, di quello che potrebbe pensare, di quello che sta fraintendendo. Perché fra me e Sasuke Uchiha non c’è nulla di ciò che lei si ostina a pensare. Affetto, malinconia, dipendenza, sì. Ma non amore. Perché ho fatto una promessa un giorno di Ottobre di sette anni fa e io non mi rimangio mai la parola data. Mai.

«Ino, basta! Smettila, ti prego. Fra me e Sasuke non c’è assolutamente nulla, perché non vuoi capirlo?».

Queste parole mi escono in un soffio, come un fulmine a ciel sereno, e mi stupisco del tono arrogante, stridulo, con cui le pronuncio.  Improvvisamente mi sento in colpa per ciò che ho detto ad Ino, la persona che in questi tre anni mi è stata sempre accanto e mi ha sostenuta, anche quando non lo meritavo. Esattamente come adesso. Dovrei chiedere subito scusa, ma la gola sembra essersi seccata e le labbra rimangono immobili, serrate. Incrocio i suoi occhi, ora spalancati e delusi, e abbasso subito lo sguardo.

«Certo, voi due scopate e basta, giusto?» chiede lei, sottovoce. Ed eccolo, di nuovo, il senso di colpa. La vista si annebbia, e il mio corpo viene colto da un tremito improvviso. Sento le guance bagnarsi per le lacrime che sgorgano dai miei occhi, che non riesco proprio a fermare, e un singhiozzo mi sfugge dalle labbra, prima che un paio di braccia mi avvolgano. Rimango immobile un secondo, colta di sorpresa, per poi appoggiare la fronte sulla spalla di Ino, senza pensare che forse le macchierò di mascara la camicia bianca.

«Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo, sono proprio una stupida» mi sussurra all’orecchio, con voce incrinata, e in questo istante ritorno in me. Mi allontano in fretta e le sorrido dolcemente, prima di sistemarle una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

«Non preoccuparti per me, Ino, davvero. Ora sto meglio. Tu torna dai clienti, mentre io vado a darmi una sistemata… Devo sembrare un mostro, con le occhiaie e il trucco tutto colato» le dico, poi, spingendola delicatamente verso il bancone.

Lei mi guarda per un istante allibita, cercando di protestare «Ma, Hina-».

Non le do il tempo di terminare. Sorrido un'altra volta, l’ennesimo sorriso falso, poi le do le spalle e mi avvio verso il retro del locale, destinato solo al personale. Basta far scorrere la porta in mogano e varcare la soglia, per essere avvolta dall’oscurità della stanzetta. Con un ultimo gesto chiudo la porta scorrevole dietro di me e appoggio finalmente la schiena sulla superficie liscia, facendomi scivolare su di essa. Non so per quanto tempo rimango seduta sul pavimento freddo e un po’ impolverato, gli occhi chiusi e le lacrime ad inondarmi le guance. Ogni goccia si ferma brevemente sul mento, prima di scorrere lungo il collo, lasciandomi un brivido sulla pelle, simile a quelli che si prova quando si ha paura. Non un singhiozzo od un lamento fuoriesce dalle mie labbra, fastidioso, ad interrompere questo tanto agognato silenzio. Prego in silenzio di essere trascinata lontano, di dissolvermi insieme a queste tenebre e sparire, semplicemente, non provare più nulla. Ad un tratto un suono lontano, fievole ma udibile, interrompe il mio stato di abbandono. Apro gli occhi, nonostante le palpebre sembrino essersi fatte più pesanti, e scruto nell’oscurità, cercando di individuare il punto da cui proviene quel suono molesto. Solo quando realizzo che proviene dalla mia borsa, appoggiata sul tavolino a qualche metro da me, mi rendo conto che non è altro che la suoneria del mio cellulare. Rimango qualche secondo immobile, indecisa sul da farsi, ma alla fine la curiosità prevale e mi alzo lentamente, aiutandomi con le mani e le braccia. Una volta in piedi, mi avvicino al tavolino e prendo la borsa fra le mani, facendo poi scorrere la cerniera; pesco il cellulare, l’unica fonte di luce sepolta da strati e strati di oggetti vari, con facilità e subito lo stringo fra le mani. Il display mi annuncia che ho ricevuto un sms e il nome del mittente non mi stupisce più di tanto, o almeno non quanto l’ansia che mi spinge ad aprirlo subito.

«Vengo a prenderti alla fine del turno, fatti trovare pronta» sussurro, leggendo il messaggio tra me e me. Sasuke, conciso come sempre. Mi mordo le labbra, impensierita e curiosa allo stesso tempo. Non è tipico di Sasuke fare “sorprese” di questo genere e il fatto che abbia deciso di farmene una proprio questo giorno, beh, ciò non mi convince per niente. Decido di non rispondere, anche se so che forse questo lo indispettirà un po’, e controllo invece l’ora sul display. Mi rimane mezz’ora per rendermi presentabile e sospetto risulterà un’impresa. Mi lascio sfuggire un sospiro, prima di lasciare ricadere il cellulare dentro la borsa e pescarne invece l’iPod, il mio inseparabile amico, per infilarmi subito dopo gli auricolari nelle orecchie. È con un gesto quasi meccanico che faccio partire la musica e infilo l’oggetto nella tasca dei jeans sbiaditi, prima di avvicinarmi al muro avanzando a tentoni, fino a raggiungere l’interruttore e premere il piccolo pulsante. Ci metto un po’ di tempo per abituarmi di nuovo alla luce, divenuta ora quasi insopportabile, ma alla fine riesco ad arrancare fino alla porta alla mia sinistra, che conduce al piccolo bagno. In realtà l’unica cosa di cui ho bisogno ora è uno specchio, magari anche un po’ d’acqua, sia per rendere la gola meno secca, sia per levare dal mio viso quest’orribile sensazione di appiccicaticcio. Una volta raggiunto il lavandino, resisto all’impulso di osservare il mio riflesso sulla superficie dello specchio, e apro invece il rubinetto, facendo scorrere l’acqua fredda fra le dita, prima di raccoglierla fra le mani a coppa e bagnarmi il viso. Per un attimo mi godo la sensazione rinfrescante, poi mi abbasso più vicina al getto d’acqua e comincio a strofinare con forza ogni angolo del mio volto, soffermandomi in particolare sugli occhi e le guance, che sospetto siano ridotte alquanto male. Oso alzare lo sguardo solo dopo essermi asciugata con l’asciugamano appeso accanto al lavandino in ceramica bianca. Per un attimo rimango immobile e senza fiato, stentando a riconoscermi. Un paio di profonde occhiaie solcano i miei occhi, solitamente chiarissimi, ma ora resi un po’ rossi dal pianto, e creano un forte contrasto con la pelle bianca, quasi fossi malata, o in punto di morte. In realtà, ora che ci faccio caso, sembro più uno di quei fantasmi dai lunghi capelli neri e la pelle bianchissima, ormai un cliché dei film horror. Sorrido a questo pensiero, realizzando quanto ciò non sia molto distante dalla realtà effettiva delle cose. Un fantasma, un’anima che viaggia senza meta in un mondo che non le appartiene, alla ricerca del suo conto in sospeso. Io però non ho un conto in sospeso. Forse, se lui fosse ancora con me, ora assomiglierei ancora alla ragazza che ero un tempo, almeno un po’.  

I miei pensieri vengono interrotti da un rumore nell’altra stanza e per un attimo provo paura, il terrore di vedere davvero un mostro apparire dalla porta, magari per uccidermi. Ora che ci penso, però, non sarebbe così terribile. La fine di tutto potrebbe portare solo sollievo, significherebbe smettere di condannarmi e soffrire. Però la porta si spalanca ed Ino appare davanti a me, l’aria seriamente preoccupata. Per un attimo provo delusione nel profondo del mio petto, ma scaccio via velocemente quel pensiero, troppo orribile anche solo per essere concepito.

«Accidenti a te, Hinata, che stai combinando? È da quasi un’ora che sei chiusa qui dentro!» comincia a dire la mia amica, gesticolando energicamente con le braccia. Ad un tratto, però, si blocca e comincia ad osservarmi, tramutando la sua espressione da una preoccupata in una sollevata.

«Ah, vedo che ti sei ripresa» esclama, mostrandomi un sorriso incerto. Non posso fare nulla che sorridere a mia volta, mentre mi tolgo le cuffie dalle orecchie e tengo stretti gli auricolari nei palmi delle mani. Faccio per rispondere, ma ad un tratto il ricordo del litigio di qualche minuto prima mi investe, lasciandomi terribilmente imbarazzata e a disagio per il mio comportamento. Timidamente mi sistemo un ciuffo di capelli scuri dietro l’orecchio e abbasso lo sguardo, mentre sento le guance pizzicarmi per l’improvviso calore.

«I-ino, mi dispiace tanto per ciò che è accaduto prima…» comincio a dire, cercando di porgerle le mie scuse, ma vengo fermata dalla sua mano, che si posa sul mio braccio con una tale energia da farmi sobbalzare.

«Non preoccuparti Hina-chan, è colpa mia! Sai come sono fatta, non riesco mai a farmi gli affaracci miei» esclama ridendo, per poi farmi la linguaccia. Rimango per un attimo basita e ancora più imbarazzata di prima, ma poi non posso che sciogliermi di fronte a queste sue parole. Tra le due sono sempre stata io la più dolce e protettiva, ma spesso Ino è in grado di stupirmi con improvvise e disarmanti dimostrazioni d’affetto. Certo, il suo modo di dimostrarlo è spesso un po’ esuberante, ma dietro la sua maschera di ragazza superficiale ed estrosa si cela una donna ricca di sentimenti e in grado di consolare e proteggere le persone che ama.

«Ino?» la chiamo gentilmente, sorridendole sinceramente. Lei sbatte le palpebre e assume un atteggiamento composto, curioso.

«Potrei chiederti un favore?» chiedo, subito dopo. In un qualsiasi altro momento non avrei mai avuto il coraggio di fare una richiesta simile, ma in parte perché mi sento in colpa per ciò che le faccio sopportare, un po’ perché ne ho bisogno, prendo un profondo respiro e parlo, pentendomene un secondo dopo.

«Tra dieci minuti S-sasuke sarà qui e p-penso di essere ridotta ad uno straccio, in questo momento. Mi aiuteresti?». Strizzo gli occhi nel momento in cui la sua risposta vivace mi investe.

«Per tutti i Kami! Ma certo, Hina-chan, ti aiuto volentieri! Ora vado a prendere la borsetta dove tengo il make-up e ti do subito una sistemata. Ma prima lasciati guardare bene. Eh, sì, sei proprio ridotta male. Mi sa che dovremo ricorrere ad un bel po’ di fondotinta…».

La lascio parlare per tutto il tempo che le occorre per smorzare il suo entusiasmo, ascoltandola in silenzio e cercando di non mostrare tutto il mio sconcerto di fronte alla serie di cosmetici che escono dalla tanto nominata “borsetta per il make-up”. Lancio un ultima occhiata implorante al cielo, prima di chiudere gli occhi e sottopormi come cavia fra le sue mani. Non che non mi fidi di Ino, ma sono sempre stata ostile al trucco pesante, preferendo sempre indossare un po’ di mascara e un sottile filo di matita, ovvero lo stretto necessario a migliorare un po’ la mia immagine. Ma non avrei mai immaginato il miracolo che è in grado di operare questa ragazza, con un po’ di cipria e ombretto. Quando mi guardo allo specchio, cinque minuti dopo, sembro un’altra persona. Non ha di certo esagerato con il fondotinta, come avevo temuto, ma si è limitata ad eliminare le occhiaie e a darmi un po’ più di lucentezza al volto attraverso un leggero strato di ombretto ambrato. Rimango senza parole per alcuni secondi, poi le mostro un sorriso attraverso il riflesso dello specchio, sussurrandole un grazie pieno di gratitudine.

«Oh, non ti preoccupare» mi risponde lei, sorridendo di rimando, «ma forse è meglio tornare di là, prima che arrivi Sasuke».

Ad un tratto sobbalzo e vengo colta dal panico, mentre mi giro velocemente per guardarla dritto negli occhi.

«Ino, abbiamo lasciato il locale incustodito per tutto questo tempo, i client-» comincio a dire con voce stridula, cominciando ad agitarmi, ma vengo subito fermata dalla voce calma di lei, che esclama «Non temere, ho lasciato Sai di là… Come puoi pensare che avrei fatto una cosa tanto sconsiderata?».

Ignorando il suo tono leggermente indispettito, sospiro sollevata. Sai, il ragazzo storico di Ino, è un tipo affidabile e serio, a tratti freddo, l’esatto opposto della sua ragazza. Sorrido fra me e me, mentre mi infilo di nuovo gli auricolari nelle orecchie e, afferrata Ino per le spalle, comincio a spingerla dolcemente fuori dal bagno e, poi, dalla stanzetta sul retro. Una volta tornate nel locale, mi sporgo dalla porta e individuo subito Sai, i capelli neri e il fisico slanciato, intento a parlare con qualcuno al di là del bancone.

«Ciao, Sai» esclamo, salutandolo timidamente. Lui si volta lentamente dalla mia parte e mi mostra un sorriso gentile, mentre ricambia il mio saluto. Scuoto la testa, nel momento in cui Ino si avvicina a lui con fare capriccioso e comincia a lamentarsi per il trattamento subito. Faccio per voltarmi, con l’intento di andare a recuperare la borsa, quando la voce di Ino mi blocca, lasciandomi immobile, come fossi stata colpita da un fulmine.

«Ehi, ciao, Sasuke! Hinata mi ha detto che saresti venuto a prenderla… Guarda, è proprio lì vicino alla porta sul retro, ti stava aspettando» dice Ino, parlando a macchinetta con una velocità disarmante. Ma è il nome di quella persona che mi fa gelare all’istante e girarmi di  nuovo, molto lentamente, semplicemente per incontrare un paio di occhi neri, penetranti, al di là del bancone. «Buongiorno» dice, con quella voce fredda e altera, che subito mi fa arrossire. Riesco a reggere quello sguardo solo per pochi istanti, il tempo necessario per sentire il mio cuore accelerare indistintamente i suoi battiti, la gola seccarsi e uno stupido sorriso incresparsi sulle mie labbra. Abbasso subito lo sguardo, sentendomi terribilmente sciocca e intimorita, in parte dal suo sguardo, in parte da me stessa. Cos’è questa strana sensazione?

«Buongiorno, Sasuke» dico a mia volta, con un tono apparentemente calmo. È proprio Ino a rompere questa strana atmosfera, porgendomi la borsa nera che deve aver preso dalla stanzetta mentre ero troppo occupata a controllare il mio respiro.

«Su, su! Non perdete tempo» esclama con un sorriso, spingendomi delicatamente verso il passaggio che conduce oltre il bancone del bar. Per un attimo le rivolgo uno sguardo allarmato, forse una richiesta di aiuto, ma lei finge di non vedere e, anzi, sorride a Sasuke, che nel frattempo si è fatto terribilmente vicino a me.

«Ora andate e, Sasuke, vedi di trattarla bene».

Sobbalzo al tono minaccioso insito nelle parole di Ino e guardo preoccupata Sasuke con la coda dell’occhio, ma lui non sembra essere rimasto colpito.

«Contaci» risponde, con aria annoiata e piatta, poi si rivolge a me e mi rivolge un accenno di sorriso, prima di dire «Andiamo, Hinata».

È così strano il modo in cui pronuncia il mio nome, quasi avesse timore di storpiarlo, di contaminarlo, con la sua pronuncia. È il suo modo di dimostrarmi quell’affetto e rispetto che riserva a me soltanto, sentimenti che spesso vengono celati dalla fredda corazza che lo circonda. Non posso fare a meno di sorridere, mentre lascio che la sua mano circondi la mia e mi trascini gentile verso la porta del locale, verso il mondo esterno. Faccio in tempo a salutare Ino e Sai, prima che la porta si chiudi dietro di me. Certo, mi sentirei un po’ in colpa a lasciarli lavorare da soli, ma i clienti sono davvero pochi a quest’ora e inoltre sarò assente solo per poche ore, il tempo di vedere dove Sasuke ha intenzione di portarmi, nonostante una parte di me lo sappia già. Infondo, oggi è il 24 Maggio.

 

Per un po’ di tempo camminiamo in silenzio, con passo spedito. Osservo il profilo di Sasuke, la sua pelle chiara e liscia, i capelli neri –così simili ai miei- scompigliati e gli occhi scuri che fissano con sguardo fiero davanti a sé, senza timore. In realtà vorrei chiedergli dove mi sta portando, ma ho paura che così facendo lo renderei nervoso. Con il tempo, ho imparato a conoscere ogni lato del suo carattere e a riconoscere il suo umore, spesso variabile. Oggi non sembra affatto di buon umore, soprattutto è ben visibile il velo di tristezza calato sui suoi occhi. Questa giornata è dolorosa per lui quanto lo è per me, per questo abbiamo imparato a condividere insieme con la nostra sofferenza e i nostri silenzi. Eppure, è proprio lui a rompere il silenzio, una volta accortosi del mio sguardo insistente.

«Perché continui a fissarmi?» mi chiede, all’improvviso, con un leggero tono di fastidio nella voce. Sobbalzo e arrossisco per l’imbarazzo, rendendomi conto di essere stata troppo indiscreta. Le mie guance diventano, se possibile, ancora più rosse, quando dico, senza pensare «Scusami, ti guardavo solamente perché sei… bello».

Vedo la sua pelle nivea chiazzarsi leggermente di rosso e mi mordo le labbra, maledicendomi per la sciocchezza che ho appena detto.

«Anche tu sei molto carina, oggi» sussurra tutto ad un tratto, sperando forse di non essere udito, per aggiungere subito dopo a voce più alta «Ma non farti strane idee».

Soffoco una risata che potrebbe imbarazzarlo ancora di più coprendomi la bocca con una mano, mentre con l’altra stringo più forte la sua.

Per un attimo torna il silenzio fra di noi, interrotto dopo un po’ nuovamente da lui.

«Che cosa stai ascoltando? È da prima che tieni quell’affare acceso».

Con imbarazzo mi rendo conto di avere ancora l’iPod acceso. «Oh, scusa, ora lo spengo subito» mi sbrigo a rispondere, mentre con la mano libera cerco di sfilarmi gli auricolari, preceduta da lui, che ne sfila uno dal mio orecchio destro e lo infila nel suo.

«Non preoccuparti… Ti dispiacerebbe aumentare un po’ il volume? Non si sente nulla» dice subito dopo, aggrottando leggermente le sopracciglia.

Obbedisco velocemente e subito perdo un battito, nel sentire la canzone che casualmente è cominciata proprio ora. Conosco bene questa canzone, legata a molti miei ricordi proprio con Sasuke. Mi sono ritrovata spesso, negli ultimi tempi, ad ascoltare questa canzone, quasi inconsciamente. Con la coda dell’occhio vedo Sasuke sorridere leggermente, gli occhi farsi un po’ meno tristi. Forse i miei stessi pensieri stanno affollando la sua mente. Forse anche lui, come me, sta pensando a quando, come, è cominciato tutto.

 

Si presentò a casa mia all’improvviso, un giorno di pioggia. Non so per quale motivo quel giorno abbandonai, per la prima volta dopo mesi, l’oscuro e sicuro rifugio della mia stanza, come risvegliata da quell’unico, solitario, trillo del campanello. Semplicemente mi alzai e con passo incerto raggiunsi la porta. Me lo ritrovai davanti, completamente fradicio, i capelli neri appiccicati al volto e alla nuca. Furono i suoi occhi vuoti, freddi, a colpirmi. Erano così simili ai miei, così… insensibili. Lo lasciai entrare, facendomi da parte. Non gli ho mai chiesto perché quella sera venne da me, semplicemente per sedersi sul mio divano e fissare il vuoto, in silenzio. Forse perché già allora aveva capito quanto fossimo simili, noi due. E non era solo per i capelli neri, la pelle chiara e la naturale ritrosia che ci caratterizza. Entrambi eravamo –siamo- ombre, che vagano alla ricerca di un più piccolo raggio di sole, di una più piccola speranza, perché entrambi abbiamo perso il nostro personale sole.

All’inizio le sue visite furono sporadiche. Si presentava all’improvviso e velocemente spariva, come era arrivato. Poi, ad un tratto, le sue visite cominciarono a farsi più frequenti, fino a divenire giornaliere. Se all’inizio ci limitammo a sorseggiare del tè in silenzio, o a guardare dei film, al buio, poi cominciammo a parlare, discutere di ogni argomento, dal più leggero al più personale. Cominciai a scoprire nuove cose di lui, piccoli dettagli che un tempo non avevo notato, perché tutta la mia attenzione era concentrata sul suo biondo migliore amico. Scoprii che amava i film d’autore, leggere romanzi d’avventura e che il suo cibo preferito sono i pomodori, che lui adora la musica rock e il suo colore preferito è l’azzurro, mentre avevo sempre pensato fosse il nero, colore che occupava la maggior parte del suo abbigliamento. Cominciai a vedere in lui un’ancora di salvezza, l’unico scoglio a cui aggrapparmi per non essere trascinata via dalla corrente della vita. E poi, un giorno, accadde. Fu tutto talmente veloce, che realizzai a malapena ciò che stava accadendo. Prima arrivarono le sue labbra, poi le sue mani. Nei pochi sprazzi di lucidità che seguirono quel bacio, prima che tutto diventasse più confuso e meraviglioso, notai che le sue mani erano terribilmente calde, come anche le sue labbra, che avevo sempre immaginato fredde. Il suo tocco era gentile, il suo modo di amare dolce e delicato, per quanto passionale. C’erano talmente tante cose che avevo giudicato in modo sbagliato, sul suo conto.

Quella non fu l’ultima volta. Lentamente, con il passare dei giorni, la presenza di Sasuke si fece sempre più vivida nella mia vita. Tutto avvenne in modo naturale, spontaneo. Io e lui eravamo amici, fratelli e amanti, uniti da un affetto che non andava oltre la dipendenza e comprensione reciproca, a legarci un passato in comune. Io e Sasuke, legati a doppio filo per via della stessa sofferenza e dello stesso amore per due persone che non ci avrebbero corrisposti mai più.

Ma, poche settimane fa, avvenne il nostro primo litigio. Lui era seduto su una sedia in sala da pranzo, vicino alla radio, e mi osservava da lontano affettare dei pomodori freschi, che avevo comprato per lui la mattina stessa. Ad un tratto una canzone risuonò nella stanza. Identificai subito il cantante, ma non la melodia, così melanconica e allo stesso tempo romantica. Cominciai a canticchiare e Sasuke doveva averlo notato, perché si era avvicinato a me e aveva appoggiato le mani sui miei fianchi, chiedendomi silenziosamente di ballare. Cominciammo a volteggiare per la stanza, le sue braccia a stringermi e le mie mani appoggiate sulle sue spalle. Mi ero sentita incredibilmente felice in quel momento e davvero, per un solo istante, avevo dimenticato ogni cosa. Per un solo istante, i miei occhi avevano visto solo Sasuke e il suo raro sorriso. Poi, un paio di occhi azzurri si erano sovrapposti a quelli neri di lui. Un paio di occhi celesti, terribilmente solari e allegri. Improvvisamente sentii il rimorso farsi spazio dentro di me, inevitabile. Mi resi conto che quei sentimenti così forti, che da tempo avevano cominciato a fiorire dentro di me, erano terribilmente pericolosi. Rischiavo di infrangere quella promessa, fatta tanti anni fa, e non avrei permesso che ciò accadesse. Mi staccai da Sasuke, quasi avessi visto un fantasma, e lo allontanai da me bruscamente. Ma mai mi sarei aspettata lo sguardo ferito che Sasuke mi rivolse e le parole che qualche secondo dopo uscirono dalla sua bocca, piene di rabbia. «Dannazione, non dirmi che stai ancora pensando a lui». Se ne era andato, lasciandomi sola in quella stanza, le note finali della canzone che rimbombavano nelle casse. Fu così strano perché, proprio nel momento in cui sentii la porta sbattere dietro di lui, provai paura. Paura che non lo avrei mai più rivisto entrare in casa mia, che non avrei più udito la sua voce e visto uno dei suoi rari sorrisi.

Piansi dalla gioia quando, il giorno dopo, lui mi strinse a sé e mi chiese scusa, dicendo che non mi avrebbe mai più lasciata sola.

 

«Hinata?».

La voce di Sasuke, improvvisamente vicina al mio orecchio, mi fa sussultare. Mi volto verso di lui e scorgo un sorriso sghembo sul suo volto, probabilmente di derisione a giudicare dal suo sguardo. «Perché stai ridendo?» gli chiedo, curiosa ed indispettita allo stesso tempo.

«Perché ti sto chiamando da dieci minuti, ma a quanto pare eri persa nel tuo mondo» risponde lui prontamente, schietto come sempre.

Gli tiro un leggero schiaffo sul braccio, imbarazzata, ma alla fine sono obbligata a chiedergli scusa per la mia sbadataggine.

«Scuse accettate» dice lui, distogliendo lo sguardo e assumendo la sua solita aria indecifrabile. Rimango per un po’ in silenzio ad osservare il cemento sotto i nostri piedi, ancora persa nei ricordi delle giornate trascorse insieme a lui, sovrapposte talvolta a quelle di indimenticabili giornate di sole, passate in compagnia di un ragazzo dai capelli biondi, la mia sorridente migliore amica e il silenzioso ragazzo dai capelli neri. In quei momenti ricordo come entrambi ci sentavamo quasi fuori luogo, trascinati da quei due soli pieni di vita, così simili e così diversi, un po’ come noi due. All’improvviso sollevo lo sguardo e scorgo un negozio di musica. Me lo ricordo perché ci sono passata davanti tanti di quei giorni, quando la nostalgia mi spingeva ad avventurarmi su questa strada.

«Dove stiamo andando?» chiedo a Sasuke, con voce quasi allarmata.

«Lo vedrai presto» è la sua secca e concisa risposta.

Inconsciamente mi avvicino di più a lui e mi stringo al suo braccio, percependo il suo corpo caldo irrigidirsi al mio tocco. Pochi passi, un albero di ciliegio in fiore, e subito ci troviamo davanti ad un grande cancello e ad un’insegna, che ho letto altre mille volte.

Trattengo il respiro e mi lascio guidare da lui, in silenzio. Sento la tristezza farsi spazio dentro di me, insieme ad un improvviso senso di pace. Ad ogni passo, ad ogni secondo che passa, ci avviciniamo sempre di più al luogo in cui riposa il nostro cuore.

Superiamo un’altra lapide ed eccoli, davanti a noi.

Chiudo gli occhi e inspiro profondamente l’aria calda, che subito entra nei miei polmoni. Trattengo le lacrime, mentre sussurro «Ciao, Naruto».

Sasuke stringe forte la mia mano nella sua e so che in silenzio sta salutando la sua Sakura, forse cercando di trattenere i ricordi di quella notte e cancellarli dalla sua mente. Mi volto verso di lui e mi accorgo subito del suo sguardo vuoto, della lacrima solitaria che veloce gli attraversa la guancia. Prima di riuscire a fermarla, la mia mano raggiunge il suo viso e asciuga quella goccia salata, poi si posa lì, senza lasciare la sua guancia. Lui si gira di scatto a guardarmi e, nel vedere il mio sorriso triste, stringe la mia mano sul suo volto, chiudendo gli occhi. Non so per quanto tempo rimaniamo così, immobili.

 

 

Naruto Uzumaki, 10 ottobre 1985-24 maggio 2009

 

Sakura Haruno, 26 marzo 1986-24 maggio 2009

 

 

Sasuke, perché mi hai portata qui?

                                    

 

[And finding answers , is forgetting all of the questions

we call home. Passing the graves of the unknown]

Note dell’autrice: Oddio, non posso credere di averla pubblicata! In realtà avevo progettato questa storia ancora un anno e mezzo fa, ma in teoria dovevano essere otto capitoli e doveva essere un po’ diversa, ma, insomma, ho pensato sarebbe stato un parto leggere otto interi capitoli di puro angst e “ti-prego-dammi-una-lametta-che-mi-taglio-le-vene”. Il SasuHina è una coppia che mi piace tantissimo nonostante il mio smodato amore per il NaruHina e la poca probabilità che effettivamente la coppia si realizzi dato che, beh, quante volte si sono rivolti la parola? (Zero, una?) Perciò ho rinunciato in partenza a tifare per questa coppia, nonostante il 100% pucciosaggine (esiste questo termine?). Scrivere questa storia dopo il capitolo 631 di Naruto è stato un parto, nel senso che dopo lo schifio che mi ha trasmesso quel capitolo (rigorosamente letto su mangareader xD) ho cominciato a provare disgusto per qualsiasi cosa si ricollegasse a questo Fandom… Però, vedere Naruto morto, almeno in questa fic, non so, mi ha ispirata… *E fu così che in un pomeriggio scrisse una storia di quasi venti pagine, e non se la tira nemmeno (?)*

Questa fic si è (miracolosamente) aggiudicata il primo posto nel "Tear contest- Il contest della lacrima facile" indetto da MinorityVicious sul forum di Efp, e il premio originalità :D Se vorrete, per curiosità, sbirciare il commento della giudiciA basterò guardare nelle recensioni, li troverete la valutazione (spero xD). Dato che mi è stato fatto notare, volevo chiedere scusa per l'eventuale OOC di Sasuke. Il fatto è che per esigenze di trama, l'essere troppo Sasuke non avrebbe permesso alcuno sviluppo della storia. Inoltre, io il Sasuke innamorato lo vedo un po' così, sempre introverso, ma comunque dolce e in grado di prendere l'iniziativa (specialmente perchè, soprattutto in una coppia formata da due individui che sicuramente non sono l'espressione della vivacità, qualcuno che porti avanti il rapporto ci vorrà pure xD). Questa storia partecipa anche al SasuHina contest indetto da Dolcemente Complicata sul forum di Efp, i cui risuotati saranno dati ad ottobre *incrocia le dita*.

Spero che la storia, aldilà della coppia che può piacere o no, possa interessare qualcuno e di ricevere dei commenti a riguardo, che siano positivi o negativi ;)


La canzone utilizzata è “Shattered” dei Trading Yesterday, che potrete ascoltare qui se vi interessasse (è da suicidio. Mezzi avvisati, mezzi salvati): https://www.youtube.com/watch?v=F_uUE6zBMpE

Ah, altra cosa. Il nome del locale di Hinata ed Ino possiede lo stesso nome del locale di un’altra mia fanfiction in cui Naruto e Hinata si incontrano per la prima volta (in questa, però, è Hinata a morire… che originalità xD),  che si chiama :Aiko: (potrete trovarla nella pagina autore, se interessati :D)

Detto questo, mi ritiro in pace. Halo  

 

  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: SunliteGirl