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Autore: Walpurgisnacht    09/06/2013    2 recensioni
Terza parte dell'epopea di Secrets. Perché non è vero che le cose belle durano poco. E noi, senza falsa modestia, siamo bbravi e bbelli e ci diamo da fare per voi.
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Non c'è ombra di maretta sulla nuova Nerima. Tizio con Caia, Sempronio con Asdrubala e Bertoldo con Cacasenna. Tutti felici e contenti, tutti accoppiati, tutti soddisfatti.
Sì, certo. Come no.
[Seguito di Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Subutai Khan e Mana Sputachu]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Il sole era definitivamente fuggito da Nerima e dall'intero Giappone.
La situazione a casa Tendo era, tutto considerato, abbastanza tranquilla: Shan-Pu era ancora svenuta e gli altri erano tutti attorno a lei, un po' per assicurarsi che stesse bene e un po' per essere pronti a qualsiasi evenienza.
La fuitina di Ukyo e Ryoga per poter starsene un po' da soli in santa pace? Ranma li aveva trovati in bagno, con lui che bestemmiava sottovoce ai kami e lei che piangeva in maniera comica. Al codinato, che com'è notorio è dotato di tatto e delicatezza, non parve vero avere di fronte ai propri occhi una scena da usare come perculo nei loro confronti da lì al 2070. Dopo aver riso per dieci minuti consecutivi li aveva presi e riportati in salotto, rimproverandoli per essersi allontanati in questa maniera avventata. Per sua sfortuna non aveva visto gli sguardi affranti che i due fuggitivi si erano scambiati in quel frangente.
Kasumi, che pur non facendosi troppo toccare dagli eventi aveva comunque percepito la gravità della situazione, si era data da fare persin più del solito con cibo e bevande varie. Avevano cenato tre volte nell'arco delle ultime ore e bevuto tipo quindici tè. Anche in quel momento stava provvedendo a portar loro l'ennesima caraffa ricolma, sorda alle pur gentili rimostranze che la imploravano di smetterla.
Nell'istante in cui il vassoio tocco il tavolino...
"YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!".
Nessuno mancò di voltarsi nella direzione da cui proveniva l'urlo. E sì, come probabilmente vi siete immaginati la fonte era Shan-Pu, scattata in piedi in meno di due secondi. In ancora minor tempo aveva piantato le nocche in faccia a Ryoga, colui che aveva avuto la sfortuna di esserle più vicino in quell'attimo.
“M-ma che diamine...” balbettò Ryoga, colto di sorpresa dal pugno della ragazza ed essere quasi finito addosso alle cibarei che Kasumi aveva portato loro. Obaba aveva ritenuto opportuno non lasciare sola Shan-Pu, così si erano spostati tutti nella camera in cui la ragazza riposava; ma dopo un attacco improvviso di quella portata cominciarono a pensare che non fosse stata una brillante idea...
“Shan-Pu! Shan-Pu calmati!”
Mousse cercò di avvicinarsi a lei, riuscendo solo a innervosirla di più.
“Tu... TU! VA VIA!”
Shan-Pu si lanciò contro Mousse attaccandolo in ogni modo e urlando come una furia; il ragazzo invece non reagì, perché non comprendeva il motivo di tutta quella rabbia nei suoi confronti.
Le aveva forse fatto qualcosa senza saperlo? Eppure prima che venisse catturata sembrava tutto normale tra loro...
“Cercate di tenerla ferma!”
I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce del Dottor Tofu, che intimava a Ranma e Ryoga di tener ferma Shan-Pu. Voleva chiedere al medico cosa avesse intenzione di fare per calmare la ragazza, ma non ebbe nemmeno il tempo di formulare la frase che vide Shan-Pu accasciarsi sulle ginocchia.
Cercò di avvicinarsi ma il giovane medico tenne tutti a debita distanza.
“Shan-Pu... riesci a sentirmi?” sussurrò il medico alla ragazza, che lentamente annuì.
“Dottore, cosa...”
“Le ha premuto lo tsubo del rilassamento dei nervi, non è vero?” chiese Obaba, avvicinandosi alle spalle del dottore.
“Era l’unico modo per calmarla” rispose lui, controllando lo stato fisico di Shan-Pu, “continuare ad addormentarla per evitare altri scatti d’ira era impensabile, e controproducente perché non saremmo mai venuti a capo del problema. In questo modo invece...”
“...l’ha rilassata per poterla visitare e porle qualche domanda. Capisco, sì.” concluse Obaba. Dal modo in cui la vecchia stringeva il suo bastone, Mousse poteva dedurre quanto fosse in ansia per la nipote. Si chiese inoltre se l’effetto di quello tsubo fosse reversibile, ma si diede dell’idiota subito dopo: il Dottor Tofu non era certo un novellino.
Il medico si rivolse di nuovo a Shan-Pu, improvvisamente rilassata e intenta a fissare un punto a caso nel vuoto.
“Shan-Pu... tu sai dove ti trovi?”
“Casa... casa Tendo...” rispose lei, quasi sussurrando.
“Ricordi perché sei qui?”
“Amazzoni ci hanno... ci hanno trovati... sono qui per... farcela pagare.”
“E ti ricordi cosa ti è successo?” chiese con cautela il dottore.
“Loro... loro mi hanno rapita. Mi sono svegliata nel buio e... e...” singhiozzò la ragazza, probabilmente rievocando quanto successo durante il suo scontro.
“E... ?”
“E bisnonna ha... ha battuto miei avversari.”
Obaba, così come tutti i presenti, sgranò gli occhi.
“Mi ha... mi ha detto che sono disonore per lei...” continuò Shan-Pu, lasciando che le lacrime scorressero sulle sue gote paffute, “e Mu-Si... Mu-Si mi ha detto che per lui sono solo divertimento! Sono solo sgualdrina!”
Ogni altro tentativo di spiegazione venne interrotto dal suo pianto, lento e straziante: per via dello tsubo premuto dal medico, Shan-Pu non si lasciò andare a sfoghi eclatanti ma rimase invece in ginocchio, in lacrime, continuando a fissare il vuoto.
Il cuore di tutti gli astanti si strinse di fronte a quella scena e a quelle parole. Nessuno, nemmeno Obaba, aveva anche solo lontanamente immaginato uno sviluppo del genere. Persino i più tonti fra di loro capirono, alla luce del racconto, perché Shan-Pu aveva reagito in modo così animalesco.
"Dottore" sussurrò Akane avvicinandosi all'orecchio di Tofu "quale attacco può provocare conseguenze tanto disastrose in una psiche?". Lo stesso fece Mousse rivolgendosi alla vecchia.
"Non lo so, Akane. Davvero non lo so. Come immaginerai io sono esperto in arti curative, non in arti distruttive. Magari la nobile Obaba è più ferrata di me sull'argomento".
"Devo deluderla, mio buon dottore, ma sono ignorante quanto lei. Non riesco a credere a quanto sto per dire, ma ammetto che non ho mai visto o sentito una tecnica simile pur con la mia centenaria esperienza. Sono cieca come voi, e purtroppo altrettanto a corto di soluzioni".
Eh, bene. Se nemmeno il manuale ambulante della marzialità cinese sa come risolvere siamo proprio a cavallo.
Cominciò a serpeggiare il catastrofismo nelle loro fila. Le amazzoni avevano messo in chiaro un paio di punti molto importanti: che potevano prenderli e portarseli via come più preferivano e che erano in grado di... farli impazzire? Costringerli a vivere in un incubo? Cos'era esattamente quella cosa, si può sapere?
"Perdonate se suonerò banale" tentò Ranma, spinto da un fanciullesco moto di fare domande apparentemente stupide "ma non si potrebbe semplicemente provare a farle capire che le hanno messo in testa un sacco di cazzate e che non ha nulla da temere da noi?".
"Libero di fare una prova, giovanotto" gli rispose Obaba, piuttosto inacidita "anche se ho la sensazione che non basti un discorsetto a spezzare una cosa simile".
Mousse, in quanto una delle due parti più in causa, si fece avanti come volontario. Si inginocchio di fronte a Shan-Pu, ben conscio che lei non stava cercando di mettergli le mani addosso solo perché impossibilitata fisicamente. E lo sguardo che gli stava dando non era niente di confortante.
"Shan-Pu, guardami e ascoltami bene. Qualunque cosa possa esserti stata fatta credere è falsa. Tu non sei una delusione per la tua bisnonna, che anzi è molto orgogliosa di te, e soprattutto io non ti credo una sgualdrina. Non potrei mai. Posso avere tanti difetti, a cominciare dalla pessima vista e dall'incapacità di lasciarti andare quando sembrava che tu mi considerassi solo uno straccio per pulire il pavimento del ristorante, ma ti giuro su quanto ho di più caro al mondo... e quindi sto giurando su di te... che in questo momento darei la mia vita a occhi chiusi pur di farti uscire dal pozzo in cui sei caduta. Credimi".
Il debole "vai via, maledetto" con cui gli rispose fu sufficiente a fargli pensare il peggio. Sebbene si aspettasse una risposta del genere, non riusciva comunque a non provare dolore.
Lentamente Mousse si alzò, fece un breve inchino ai presenti e uscì dalla stanza; nessuno disse nulla per fermarlo, nonostante l’ordine di rimanere tutti insieme, talmente erano rimasti colpiti dalla scena di poco prima.
L’ultima cosa che Mousse udì fu di nuovo la voce del Dottor Tofu, che consultava Obaba riguardo eventuali rimedi per lo stato mentale della nipotina.

“Vai via, maledetto.”
Quella frase, appena sussurrata, era bastata a distruggere il suo piccolo mondo.
Mousse si era sentito rivolgere gli improperi peggiori da parte di Shan-Pu sin dall’infanzia; ma durante l’ultimo anno e mezzo le cose erano talmente cambiate che persino una parola come “scemo” aveva assunto un sapore più affettuoso, detto più con malizia che con cattiveria.
Quella frase, invece... trasudava talmente tanto disprezzo e odio, troppo persino per Shan-Pu.
Ringhiando, il cinese mollò un pugno a un sacco per gli allenamenti: non sapendo dove altro andare, si diresse istintivamente verso il dojo, con l’intento di sfogare la frustrazione contro qualcosa. Sferrò un altro pugno, e un altro ancora, finché del sacco non rimase che l’involucro appeso al gancio e la sabbia sul pavimento.
“È strano vederti combattere a mani nude, sai?”
“Alle volte...” mormorò lui, senza nemmeno voltarsi verso Akane.
“Come ti senti?” chiese lei, avvicinandosi. “So che è una domanda stupida ma...”
“Come vuoi che stia? Mi avesse investito un treno starei meglio.”
Akane si morse il labbro inferiore, temendo di aver posto la domanda sbagliata al momento sbagliato.
“Come mai sei qui? Intendiamoci, apprezzo il tuo interesse per le mie condizioni, ma di solito è Ukyo che si prodiga a psicologa del quartiere...”
“Non ho idea di dove sia, lei e Ryoga sono spariti di nuovo quando il Dottor Tofu ci ha chiesto di uscire dalla stanza per discutere il da farsi con la nobile Obaba” rispose lei facendo spallucce. “Nabiki è pessima in questo genere di discorsi, e Kasumi è... piuttosto agitata. Sia per la storia delle amazzoni sia per la presenza del Dottor Tofu.”
“Oh, ora mi spiego la quantità di cibo per un esercito...” ridacchiò lui, che da quanto aveva capito c’era della tensione amorosa irrisolta tra il giovane medico e la maggiore delle sorelle Tendo. Dev’essere di famiglia, pensò.
“Già” rispose Akane, con un sorrisetto “ma per gli avanzi non c’è problema, c’è Ranma a fare da aspirapolvere. Un compito sicuramente più adatto a lui dello psicologo di quartiere.”
Entrambi risero alla battuta.
Da qualche parte, in casa Tendo, un codinato a caso starnutì.
“Quindi” proseguì Akane “rimango io. Se vuoi...”
Mousse sorrise, sinceramente toccato dall’interesse della ragazza.
“Ti ringrazio, anche se credo che al momento ci sia ben poco da dire... non so nemmeno se si riprenderà...”
“Non dire così!” disse lei, scattando in avanti “Sono sicura che troveremo una soluzione! Se smettiamo di sperare non... non ci rimane più nulla.”
Per un po’ rimasero entrambi in silenzio, non sapendo cos’altro dire. Akane si accovacciò vicino al cumulo di sabbia, tracciando ideogrammi sulla superficie.
“Tu credi... credi che finiremo tutti così?”
Mousse tornò a guardarla.
“Intendi come Shan-Pu? Delle furie incontrollabili?”
Akane annuì.
“Non lo so... non ne ho davvero idea” rispose il cinese. Poi aggiunse: “Ma soprattutto... da quando siamo rimasti soli?”
“Come...?”
“Non hai notato? Non un rumore proveniente dal giardino, un soffio di vento, nemmeno il borbottio delle voci da dentro casa... c’è un silenzio irreale. E non mi piace.”
"Neanche a me".
"Occhi aperti, Akane. Potremmo essere sotto attacco".
I due si misero in posizione di difesa, non sapendo chi o cosa sarebbe potuto arrivare loro addosso.
Si guardavano attorno, schiena contro schiena, cercando di cogliere un qualsiasi possibile cambiamento nell'ambiente. Ma il dojo pareva non voler rispondere alle loro aspettative e si limitava ad essere sempre uguale a se stesso.
Passarono alcuni minuti in cui non successe nulla.
"Non ci saremo sbagliati, Mousse?" chiese Akane, i nervi troppo tesi aspettando qualcosa che sembrava non dovesse arrivare.
"Preferisco un eccesso di guardia che l'opposto" rispose secco il cinese senza muoversi di un millimetro.
"Capisco, ma...".
Poi un rumore di passi e, senza preavviso alcuno, nella stanza apparvero Shan-Pu e Ranma.
Mousse ci mise otto secondi a capire che si trovavano in un'allucinazione o qualcosa del genere perché la presenza della sua dolce metà, in piedi e apparentemente senza il minimo problema, la diceva lunga. Akane, a onor del vero, fu più lenta di soli due secondi.
"Ehi cinesina, guarda chi c'è. La coppia delle ruote di scorta".
"Che carini a farci visita. Non mi aspettavo che trovassero il coraggio di esporsi così tanto, inetti come sono".
No ok, con una Shan-Pu che parla così fluentemente giapponese doveva per forza trattarsi di un incubo.
"Che cosa andate cianciando, voi due?" chiese Akane, con la sua caratteristica aggressività, mentre si spostava per fronteggiarli.
"Cianciare? Noi diciamo solo la verità, Akane cara. In special modo tu, che sei sempre il solito maschiaccio privo di sex appeal e non mi fai neanche il piacere di provare a nasconderlo".
"Sentimi un po' bene, finto coso che cerca di assomigliare al mio ragazzo. Se sei qui per farmi dubitare di me e del nostro rapporto caschi male, cocco".
"Io non cerco di farti dubitare di nulla. Mi limito a dire le cose come stanno: non hai quel che serve per sopravvivere alla prova delle amazzoni. Dovrò salvarti, come al solito. Mi potrei anche stancare, prima o poi".
E nonostante tutta la baldanza che stava esternando, Akane ebbe un cedimento a sentire parole tanto sferzanti venirle buttate addosso da qualcuno che, in quel momento, aveva le sembianze di Ranma.
Sapeva, sapeva bene che non era lui e non era disposta a dare ai loro aguzzini la soddisfazione di vederla crollare in ginocchio a piangere. Eppure gli strali, in barba alle sue difese erette, riuscivano lo stesso a toccare i punti più scoperti.
E Akane, come non aveva ancora disimparato a fare, reagì nell'unico modo che conosceva per fargli chiudere la bocca: gli si avventò addosso per silenziarlo a pugni.
“Akane! No!”
Inutile fu il tentativo di Mousse di fermare Akane, partita alla carica come un toro verso il falso Ranma.
Promemoria per me: se ne usciamo vivi, suggerire a Ranma di lavorare sull’autocontrollo di Akane.
“Non osare ignorarmi, stupido orbo.”
Mousse si volse verso la falsa Shan-Pu, e si lasciò sfuggire un sorriso poco rassicurante.
“Tranquilla, hai tutta la mia intenzione” disse, avanzando verso di lei “ho proprio voglia di menare le mani.”
“Vuoi azzardarti ad alzare le mani su di me?” rispose lei stizzita. “Credi forse di riuscirci?”
“Se l’ho fatto con la vera Shan-Pu in uno scontro leale, posso massacrare senza problemi un fantoccio che ne imita male le movenze.”
Detto questo la attaccò.
-
“Oh ti prego, vorresti farmi credere che è tutto quello che hai imparato dai miei allenamenti?”
Akane ringhiò e continuò ad attaccare Ranma - o meglio, il tizio che ne aveva le fattezze, ma ogni suo colpo veniva facilmente schivato.
“Kami, ho davvero perso tempo con te! Cosa sono questi colpi lenti?” rise lui, accovacciandosi e colpendola al fianco. “E questa difesa aperta?!”
Akane volò all’indietro e finì stesa sul pavimento. Si rialzò a fatica, tossendo sangue.
Non è possibile, pensò. Ranma non mi direbbe mai queste cose, non...
“L’unica cosa buona del nostro matrimonio combinato è che sarò io ad occuparmi della palestra. Se tuo padre avesse lasciato la gestione a te...”
Quella frase la ferì più del pugno di poco prima.
“No, non è vero! Mio padre ha fiducia in me, lui...”
“E allora perché non ti allena più?”
Akane sollevò lo sguardo verso il ragazzo, che si limitava ad osservarla con sdegno.
“Ovvio, anche lui ha capito che sei un caso disperato. Non impari, non sei capace, sei goffa e impedita! Non riesci a compiere nemmeno i kata più basilari!”
Basta... basta...
Improvvisamente le sembrò di essere tornata indietro di due anni, quando Ranma era appena arrivato al dojo e insulti del genere erano una costante tra loro due. Certo non erano mai stati così pesanti e mirati, ma al momento la mente di Akane era sprofondata nell’autocommiserazione, nel ricordo di tutti quei momenti in cui si era sentita inutile e aveva creduto di non essere... abbastanza: abbastanza intelligente, abbastanza forte, abbastanza carina... abbastanza per Ranma.
“L’unica cosa che mi manda in bestia è che mi toccherà prendere in moglie un maschiaccio del genere” rincarò la dose il falso Ranma, “quando avrei potuto avere ragazze molto più sexy... avrei dovuto scegliere Shan-Pu fin da subito. Oh beh, nulla mi impedirà di concedermi qualche avventura...”
Smettila... smettila!
La fiducia in se stessa che aveva riacquistato con fatica, nel corso dell’anno appena trascorso, rischiò di infrangersi sotto il peso di quella frase. In fondo al cuore Akane aveva continuato a coltivare il timore di non piacere davvero a Ranma - nonostante le manifestazioni d’affetto di quest’ultimo si fossero col tempo fatte più esplicite, e sentirsi ricordare che le altre pretendenti erano più carine di lei... continuava ad essere una stilettata al cuore.
“Non dargli retta Akane!”
Uh?
Akane si voltò a guardare Mousse che... aveva legato la falsa Shan-Pu come un salame usando le catene. L’immagine aveva un che di assurdo, visti i soggetti.
“Non lasciarti abbindolare da ciò che quel fantoccio sta dicendo! Sai bene che sono tutte menzogne!”
“Sei... sei sicuro?” chiese lei, che poco a poco si rimise a sedere.
“Ma certo che sì! Ormai sono finiti i tempi in cui Ranma si rifugiava dietro gli insulti pur di non ammettere quello che provava per te e-”
“Stupido idiota, liberami!” lo interruppe la falsa Shan-Pu, dimenandosi come una trota all’amo, “Maledetto, se ti metto le mani addosso ti ammazzo e poi scappo con Ranma!”
“Oh ma falla finita, brutta copia!” urlò lui, mollando un calcio alla ragazza incatenata.
Se non fosse stata sicura di trovarsi dentro un’illusione sarebbe corsa a fermare Mousse e...
...ma certo. Che idiota che sono!
“Ehi maschiaccio del cavolo, mi ascolti?” la chiamò il falso Ranma, acchiappando Akane per una spalla.
Facendo un errore madornale.
Akane sorrise.
“Io. Ti. AMMAZZO.”
"Tu... vorresti ammazzare me? E con quale bazooka?". A contrastare quest'uscita da bullo di periferia servì il salto all'indietro, giusto per mettere quei due o tre metri che non si sapeva mica mai. Si evitò una gomitata in faccia.
"Non mi servono bazooka per cambiarti i connotati".
"Essere così piena di te non ti si addice perché non hai i fatti a supportare le parole. E comunque, visto che non condivido la tua sicumera, io mi sono portato un amichetto".
Così dicendo tirò fuori da non si sa dove un coltello a serramanico e cominciò a farselo saltare da una mano all'altra, come il peggior punk da film d'azione.
Va bene, amazzoni. Mi sembra di capire che non vi interessa tenere ulteriormente in piedi la farsa. Ranma con un coltello. Sì, certo. E domani piovono rane arancioni che se le lecchi cominci a vedere bambini che gattonano sul soffitto.
"Ah, poi sono io l'incompetente" ruggì mentre si lanciava nuovamente verso di lui, incurante del nuovo elemento di pericolo "Se Ranma, il vero Ranma fosse qui ti riderebbe dietro fino alla fine del tempo".
"T-Taci! Adesso te la faccio pagare!".
E ripresero il loro balletto a suon di salti, calci e schivate. Con l'aggiunta di un affilato terzo incomodo.
Sarà stata la ritrovata consapevolezza sull'identità del suo avversario o la francamente squallida trovata del coltello, fatto sta che Akane si difese molto più efficacemente e riuscì anche a portare qualche colpo a segno. Niente di decisivo, ahi lei, ma comunque era un passetto in avanti.
Eppure... eppure ho idea che qualcosa mi stia sfuggendo. Mi sembra troppo... facile. I suoi insulti erano banali, tristi e senza mordente. Speravano davvero di farmi crollare come un castello di carte di fronte a parole così puerili?
"E poi" si trovò a dire ad alta voce in maniera del tutto inconsapevole "a Ranma piaccio comunque, con tutta la mia lunghissima sfilza di difetti. Lui mi conosce. Sa che sono rozza, manesca, mi scaldo con un nonnulla, non raggiungerò mai il suo livello nelle arti marziali. Mi ama nonostante questo, o forse a causa di questo".
Riuscì a schivare, con un notevole riflesso, un affondo che stava per far fare alla sua spalla una più approfondita conoscenza dell'acciaio.
Quando, un po' affannata dal rischio appena corso, si rivolse nuovamente verso di lui...
Lo vide prostrato per terra su un ginocchio, la mano libera a tenersi la fronte. Sembrava stesse soffrendo.
Uh?
"No... non può finire così... no...".
Cominciò a... eh, vai a spiegare. Pensate all'immagine di una televisione disturbata, quando magari fuori c'è il temporale. Ecco, il finto Ranma prese a ondeggiare in quel modo.
Che cavolo sta succedendo? Non l'ho di certo colpito così forte da farlo sparire.
Ma sparire era quello che stava facendo. Negli ultimi istanti della sua vita di illusione decise una cosa: avrebbe lasciato un segno su di lei.
La prese in contropiede quando, con le forze che ormai scemavano, riuscì a scattare in piedi e fendette l'aria di fronte a sé con la lama.
Si dissolse con un sorriso formato famiglia. Aveva tagliato la guancia di Akane per tutta la sua lunghezza, fin quasi al naso. Akane lanciò un urlo e si tamponò il volto come meglio poteva, mentre il mondo attorno a lei e Mousse sembrava vacillare come un televisore mal sintonizzato... per poi stabilizzarsi.
“Ma che cazzo...” si lasciò sfuggire Mousse, di solito sempre composto, quando si accorse che ora teneva in mano delle catene vuote. Anche la sua preda era sparita.
Avevano vinto.



“Ma dove diamine sono finiti?”
Per l’ennesima volta in dieci minuti Ranma fece quella domanda a nessuno in particolare.
“Ovunque siano finiti quei due, hanno avuto sicuramente più fortuna di noi...”
Per l’ennesima volta in dieci minuti Ryoga rispose allo stesso identico modo a quella domanda.
In realtà l’ansia per la sparizione di Mousse e Akane aveva messo da parte i suoi... istinti primitivi, rendendosi conto che pensare a certe cose mentre quei due erano probabilmente preda delle amazzoni era assolutamente fuori luogo. Ma era ancora infastidito dalla cocciutaggine di Ranma nel voler riportare lui e Ukyo in soggiorno ogni volta che li scovava - pur senza essere volutamente sulle loro tracce.
Il codinato non sembrò dare peso alla risposta di Ryoga nemmeno quella volta, continuando invece a camminare avanti e indietro in corridoio; Shan-Pu si era riaddormentata e il Dottor Tofu aveva concesso loro di rientrare in camera... ma lui aveva preferito rimanere fuori. L’ansia era troppa per riuscire a star seduto per più di tre secondi di fila.
Akane maledizione... vedi di tornare intera...
Non fece in tempo a finire di formulare quel pensiero che sentì dei passi lungo il corridoio.
Si mise istintivamente in posizione di difesa e Ryoga corse ad affiancarlo, quando...
“Non guardateci così. Sappiamo di non essere al nostro meglio.”
Akane e Mousse avevano appena svoltato l’angolo e si erano fermati di fronte a loro: erano visibilmente distrutti, i vestiti scombinati e, cosa più importante... incazzati.
Molto.
“Abbiamo vinto noi. Non so come, ma ce l’abbiamo fatta.”
Ranma stava per tirare un sospiro di sollievo quando notò il taglio che attraversava il viso della fidanzata.
“A-Akane! Cosa ti hanno fatto!”
Kasumi, dietro di lui, lasciò cadere dalle mani il vassoio col tè e chiamò il Dottor Tofu, che Akane era ferita e sanguinava copiosamente.
Ranma stava per correre verso la fidanzata quando se la ritrovò tra le braccia. Lo abbracciò, aggrappandosi a lui con una disperazione tale che gli fece molto più male della forza di Akane.
“Promettimelo..” sussurrò lei.
“Co... cosa?”
“Promettimi che non mi lascerai mai. Anche... anche se sono goffa e impedita e non sono carina come le altre” singhiozzò “e... e sono sfigurata... promettimelo...”
Ranma la strinse a sé quasi volesse diventare un tutt’uno con lei, e si maledisse perché non aveva potuto proteggerla come meritava.
“Sta zitta maschiaccio” sussurrò lui, nella speranza di farla ridere “lo sai che mi piaci goffa, bassa e con la vita larga. E poi sono sicuro che la cicatrice come Capitan Harlock ti donerà sicuramente...”
E lei, per fortuna, rise.
   
 
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