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Autore: Libra Prongs    10/06/2013    7 recensioni
« Ah, guarda questa: ne avevo una simile, anni fa! Ovviamente molto più piccola, ma… oh, è deliziosa! »
« Ehi, non l’avrei detto. Ti facevo più il tipo da lasciatemi-in-pace-sto-leggendo, o qualcosa del genere » la canzono, solo per il gusto di vedere il suo broncio di indignazione.
« Ah, sta’ zitto » ribatte, mollandomi una gomitata. « Sognavo di vivere in una casina proprio come questa. L’avrei riempita di libri, naturalmente ».
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[Harry/Hermione - Sentimentale - Introspettivo - (a tratti) Fluff - (vagamente) Angst - Ron/Hermione - Ginny/Harry - (guest star) Teddy Lupin]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Hermione, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'It could have gone that way, 'cause Harmony is the way. '
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Una casa senza porte


Ottobre 2002

 
 
Sbadiglio.
Il pavimento è freddo sotto le piante dei piedi — non che me ne preoccupi. Sono ancora così poco avvezzo alla tranquillità, che qualche brivido sporadico non mi dispiace. Non mi coglie impreparato, almeno.
  Tud. Tud. Tud.
Il tonfo ripetuto dei miei talloni sulle piastrelle è secco e piuttosto fastidioso, echeggia nel corridoio dalle molte porte occhieggianti e mi porta a voltarmi indietro un paio di volte. Mi sento sempre così osservato, qui. Del resto, la Tana di notte è innaturalmente tranquilla —non sembra neanche lei.
  Tud, tud, tud.
Mi dispiacerebbe svegliare chicchessia, così mi sforzo di molleggiare in punta di piedi. Le dita crocchiano e so di essere proprio goffo — lo sento — ma un po’ mi diverte scivolare di soppiatto mentre tutti dormono. Niente duelli di mezzanotte né  cani a tre teste né troll ad attendermi, stavolta — ho smesso con quel genere di cose — malgrado domani sia Halloween.
No, solo un bicchiere di latte, un buon motivo per avventurarsi lungo le scale ripide della Tana fin giù al pianterreno — un motivo buono per aggirare i mostri nella testa, comunque.
  Sono ancora in punta di piedi quando arrivo in cucina.
Socchiudo gli occhi e inspiro, una zaffata d’ aria calda e aroma di roastbeef e melassa mi penetra piacevolmente nelle narici. Sorrido al pensiero della torta di melassa — la signora Weasley non lesina riguardo a porzioni, quando si tratta di quella. Mi sento saturo, a dire il vero: io e Ron ci abbiamo proprio dato dentro con patate e dolci, a cena, e forse è anche per questo che non riesco a dormire. Troppo cibo, lenta digestione, mosche in testa. Niente sonno.
Ron non ha problemi del genere, non a giudicare dal modo in cui russa, ecco; ho dovuto tirarmi il lenzuolo fin sulle orecchie, ma non è servito — non serve mai. Però quella di stasera era un’occasione speciale, immagino gli sia più che concesso riposare sodo dopo un pasto generoso: è appena stato ammesso al Corso Avanzato per Auror, se l’è meritato.
(La lettera è arrivata ieri nel tardo pomeriggio, è stata Ginny a slegarla dalla zampa dell’allocco del Ministero e, davvero insolito da parte sua, l’ha consegnata direttamente al destinatario — Ron — senza sbirciarne il contenuto in anteprima. Io e Ron eravamo nel clou di una sfida a Spara Schiocco ed ero in testa di due punti — una rarità, devo ammettere — quando è piombata in soggiorno e ha sventolato la busta giallina sulle nostre teste. Inutile dire che, notato il mittente vergato in inchiostro rosso, l’attenzione di Ron si è focalizzata seduta stante sulla missiva e addio al provvidenziale vantaggio… Ma era così entusiasta, dopo, e io per lui, che abbiamo dimenticato le carte e siamo corsi ad avvertire tutti gli altri. Ginny mi ha abbracciato, a un certo punto, ed è stato strano. Voglio dire, ci siamo lasciati mesi fa, ma il suo calore — l’odore, forse — mi ha scagliato per qualche istante nel vivido ricordo del passato.
Nel passato, non so come spiegare, ed ero lì e c’era Ginny e c’era qualcosa.
Poi ho visto Hermione, oltre il rosso dei capelli di Ginny — oltre il rosso —  e, be’, era solo Hermione col suo sorriso. Ho sorriso anch’io quando Ron ha stappato quella bottiglia di Ogden, brindando al futuro.)
  Il frigorifero, recente nonché unico aggeggio babbano al quale la signora Weasley abbia concesso di insinuarsi in casa propria, è un francesissimo regalo dei Delacour — il signor Weasley era riuscito a installarvi un Magidetector, ma Molly l’ha fatto sparire dopo dieci minuti perché trovava intollerabile che quella diavoleria riconoscesse ciascun componente della famiglia e lo salutasse per nome ogniqualvolta venisse spalancata.
Esito per qualche momento prima di aprire lo sportello, non vorrei davvero che il mio nome venisse scandito dalla voce metallica di un elettrodomestico in piena notte. Col signor Weasley non si sa mai.
Oltre alla maniglia, tiro anche un sospiro di sollievo: eccetto il ronzio dell’elettrodomestico non ci sono rumori né voci e mi risulta perfino semplice recuperare un bicchiere ancora umido dall’acquaio ingombro di stoviglie. Lo riempio per metà di latte freddo e sono quasi sul punto di riporre la bottiglia in frigo quando sussulto: una voce.  
  « Harry? »
Una voce: Hermione.
È alle mie spalle — non so proprio quando sia arrivata — e mi fissa con quell’espressione da Hermione, un misto di rimprovero, dolcezza e vaga curiosità, che mi fa sentire uno sciocco colto in fallo. Non che stia combinando qualcosa di losco o potenzialmente pericoloso — o quasi: la bottiglia di latte ha rischiato di scivolarmi dalle mani e fratturarmi un piede, a dire il vero — ma sotto il suo sguardo mi sento messo a nudo, anche quando non vorrei.
Sorbisco una breve sorsata di latte mentre mi scruta e mi assicuro che il tappo sia ben chiuso prima di poggiare la bottiglia su un ripiano del frigo e richiudere l’anta.
  « Per un attimo ho creduto che Arthur avesse ripristinato quella voce inquietante » dico, accennando distrattamente al frigorifero.
  « Oh, sono quasi certa che la signora Weasley abbia fatto ricorso a qualche Fattura Antincanto  per evitarlo. Hai uno sbaffo di latte qui, a proposito » ribatte e indica un punto non meglio identificato sul mio viso. « A sinistra, Harry » precisa, divertita, poiché ho cercato di pulirmi il lato opposto del labbro, come al solito.
  « Oh. Certo. Ne vuoi? » le allungo il bicchiere.
Fa cenno di no, poggiandosi al tavolo e restando in silenzio e io non trovo di meglio da fare che fissare il celeste del suo pigiama senza metterlo a fuoco.
  « Cos’è che ti toglie il sonno? »
  « Pensieri, niente di preciso. E tu, invece, che ci fai sveglia? »
Piega la testa di lato, leggermente, e un sorriso fugace fa da ponte tra le guance.
  « Pensieri. Niente di preciso ».
Non è vero, immagino, ma non lo dico.
  « Dovresti prendere anche tu del latte » osservo invece, scrollando le spalle.
  « No, davvero. Ho mangiato così tanto a cena… »
Questo è vero, non posso che convenirne.
  « L’abbiamo fatto tutti, bisognava festeggiare, no? Ron è stato grande ».
  « Già, è stato bravo. Lui… si è impegnato molto, quest’estate, per l’esame d’ammissione ».
  « Sei orgogliosa di lui, eh? Sarà bello averlo tra i piedi anche all’Accademia ».
Hermione fa una smorfia e scuote il capo, qualcosa a metà tra l’annuire e il non dire.
  « Sono contenta, sì. Mi— versi del latte? Ho cambiato idea ».
Le porgo un bicchiere ricolmo e, senza aggiungere altro, ci sediamo. Mi sembra che abbia gli occhi lucidi, ma non ne sono sicuro e potrebbe comunque trattarsi di semplice stanchezza — è certamente così, penso.
Più la guardo, però, e più mi convinco che ci sia qualcosa di diverso, stasera, in quelle iridi.
  « Allora, da quanto tempo non ce ne stavamo un po’ da soli, io e te? »
Non so perché l’ho detto.
Sul serio, in una frazione di secondo ho realizzato che non avrei voluto farlo, non con lei.
Sa tanto di frase fatta. Eppure è così, è da un pezzo che non ci troviamo da soli — da soli insieme, voglio dire.
Hermione sembra pensarla allo stesso modo e lo sottolinea con un cenno delle sopracciglia.
  « Secoli. Secoli, sul serio. A volte mi manca il passato. Oh, no, non guardarmi come se fossi pazza, sai cosa intendo dire ».
Annuisco. Certo che lo so, so esattamente cosa vuol dire.
Il passato senza giornate all’Accademia, missioni e mille altri impegni di lavoro e di vita.
Il passato a Hogwarts, noi tre. Noi.
  « Harry, dovremmo andare al cinema, qualche volta. A vedere qualche vecchio film. Ti piacerebbero le storie d’amore d’epoca ».
  « Mi piacerebbe assaggiare i popcorn, a dire il vero. È una cosa che voglio fare da anni. Magari una di queste sere, all’uscita dal Ministero… se non hai da fare con Ron, intendo. Potremmo farlo, potremmo andare al cinema » decido, con entusiasmo improvviso.
  « E da Hamleys, anche. È una vita che non ci torno » aggiunge.
  « E ti lamenti? Io non ci sono mai stato! »
  « Oh, sono sicura che Teddy lo adorerebbe. Dovremmo portarci Teddy, sul serio ».
Hermione. È lei che Teddy adora, in realtà — non saprei dargli torto. 
  « Sarebbe grandioso ».
Sorride — abbassa sempre lo sguardo quando lo fa, sistema alla bell’e meglio qualche ciocca ribelle dietro l’orecchio. Le viene una fossetta proprio vicino all’angolo della bocca, quando sorride.
  « Che mi dici del tuo capo? »
  « Wilson? Ah, preparati a una lunghissima raffica di insulti, ti prego ».
Le racconto di Wilson e della sua tirannia, ritrovandomi a dipingere del mio capo un ritratto quasi caricaturale e volutamente esagerato per il puro gusto di farlo — di farla ridere — ed è quando sto per riferirle dell’episodio dell’ingorgo sospetto dei bagni pubblici di Oxford Street che qualcuno tossicchia alle nostre spalle. È Hermione ad avvedersene per prima.
  « Signora Weasley— »
La signora Weasley in vestaglia è quanto mai buffa e mi imbarazzo al punto da non riuscire a proferir parola. Ci fissa alternativamente per un po’, severa, la mascherina da notte ancora appesa al collo.
  « Per Merlino, ragazzi! Fate le ore piccole? Dovreste andare a letto, è proprio tardi ».
  « Oh, noi, ehm— » esito, il bicchiere ormai vuoto ancora tra le mani.
  « Ci stiamo andando, vero, Harry? Ha ragione, è molto tardi » conclude Hermione, alzandosi di scatto e afferrando i bicchieri di entrambi, ma la signora Weasley glieli sottrae.
  « Penso io a questi, cara. Devo tenermi attiva, l’insonnia non mi da tregua… voi andate a letto, sì? »
Annuisco, Hermione con me, e lancio un ultimo sguardo alla mamma di Ron. Mi carezza la guancia di sfuggita e prende a lavare i bicchieri senza magia, lasciando scorrere l’acqua lentamente.
  « Buonanotte, allora, cari. A domattina ».
  « Buonanotte, signora Weasley ».
Saliamo le scale senza fretta evitando di scambiarci impressioni sull’insonnia della signora Weasley; sappiamo entrambi che non è propriamente la stessa da quando è morto Fred, così non occorre aggiungere altro.
  « Continuo a non avere sonno, Hermione » sbuffo, una volta giunti al mio pianerottolo. Lei dorme al piano di sopra in camera con Ginny.
  « Sono certa che ti addormenterai, appena sarai a letto. È veramente tardi » bisbiglia.
Dalla mia porta echeggia il russare non proprio timido di Ron e non riesco a trattenermi.  
  « Dicevi? Riuscirò a dormire, eh? » domando sarcastico.
Ridacchiamo sommessamente, poi il viso di Hermione torna serio e ho l’impressione che voglia dirmi qualcosa.
  « Harry… »
La guardo interrogativo, come in attesa.
  « Buonanotte, Harry » ci ripensa, sfiorandomi la mano nell’allontanarsi.
  « ’notte. E riposa, tu che puoi » le raccomando, mentre mi volge già le spalle dai gradini.



  « Felice Halloween, Harry ».
Ginny mi da due baci sulle guance e mi porge un cupcacke decorato a motivi di ragnatele.
Lo accetto con sorpresa, senza sapere bene cosa dire. In due giorni è passata dall’abbracciarmi al baciarmi come se nulla fosse, il che, considerata la freddezza dei nostri rapporti negli ultimi mesi, mi lascia perplesso ma non mi infastidisce.
  « Anche a te, Gin » ribatto, con una disinvoltura che, se mi guardassi dall’esterno, farebbe ridere anche me. Ma sono di buon umore, stamattina, e il cupcake è delizioso.
  « Ti piace? Mamma è stata su tutta la notte per prepararli ».
  « Oh, sì, io e Hermione l’abbiamo… vista… eh— è ottimo, comunque ».
Si irrigidisce, noto, ma lascia cadere il discorso con nuova nonchalance.
  « Già. Ti fermi per pranzo? Forse verranno anche Bill e Flebo. Da quant’è che non vedi Victoire, eh? »
Ci penso un po’ su. Victoire ha un paio d’anni meno di Teddy ed è la copia esatta di sua madre.
  « Sarà qualche settimana ».
  « Bill le ha insegnato a distinguere le Falci dagli Zellini, non fa che ripetere a tutti il valore di ogni moneta, è petulante ma adorabile, davvero. Allora, ci sei a pranzo? » insiste, piuttosto impaziente.
  « Io non— devo passare al Ministero, Kingsley vuole vedermi e non so a che ora… Però sarò qui per cena, tua madre ci tiene tanto. Non mancherò, stasera ».
  Sono stato invitato qui per il weekend di Halloween appositamente per la cena di stasera, ormai è una tradizione: dire che non posso perderla è un eufemismo.
  « Certo. Bene. Allora— »
  « Buongiorno! Dove sono tu— Oh, scusate… » la interrompe una voce.
  « Buon Halloween, Hermione. Mamma è in cucina, Ron è in giardino con George. Cupcake? » dice Ginny d’un fiato, porgendole il vassoio.
  « No, ti ringrazio, Ginny. Vado in cucina a dare una mano, allora… »
  « Sai che mia madre pretende di occuparsi lei di tutto ».
  « Magari mi permetterà di pelare le patate — ho bisogno di rendermi utile e di una distrazione dal lavoro, sul serio! Speriamo bene. A più tardi, ragazzi » si congeda, scendendo le scale in tutta fretta.
  « Mamma non si lascerà aiutare » sospira Ginny scuotendo il capo.
Non so se si aspetti una risposta.
  « A stasera, Ginny » è comunque tutto quello che le dico prima di uscire.
In giardino, Ron e George trafficano con degli scatoloni. Scherzi nuovi di zecca, a giudicare dal parlare concitato di George.
  « Ehi, Harry! »
  « Ron, George. Sorprese in serbo per Halloween? » domando, battendo una pacca sulle spalle di ciascuno.
George ridacchia, Ron risponde evasivo.
  « Ti dico solo di stare pronto, amico. Ci sarà da divertirsi… »
  « Ah, Harry, non dargli ascolto. È uno zuccone che parla troppo ».
  « Lo so bene. E soprattutto, che finge di non ricordare che stavo per stracciarlo a Spara Schiocco, ieri! Io vado al Ministero, avete bisogno di qualcosa? » chiedo, sbirciando in una delle scatole.
  « Non stavi vincendo! »
  « Ehi, Harry, giù le zampe! »
  « E va bene, continua pure a mentire, Ron, se sei contento così… ci vediamo, George! »
Lo sento ribattere piccato, ma il vortice della Smaterializzazione mi ha già del tutto circondato.
L’ultima cosa che vedo è il guizzo scintillante di un razzo violetto che sguscia fuori dagli scatoloni. 



Sono in piedi nell’ufficio del Ministro della Magia, esausto dopo una sessione di addestramento con alcune nuove reclute e una riunione con gli Auror Anziani. Kingsley ha voluto che restassi anch’io, il che non mi ha fatto saltare di gioia, ma non ho potuto rifiutare.
Finalmente — è quasi mezzogiorno — mi lascia andare.
  « Ceni dai Weasley stasera, Harry? » chiede, mentre litigo con le maniche della giacca, che si attorcigliano nei momenti meno opportuni.
  « Sì, saremo tutti alla Tana, come sempre ».  
  « Porta i miei saluti alla cara Molly, allora, se non ti spiace. E al vecchio Arthur, naturalmente ».
Riesco a infilare le braccia al posto giusto, dopodiché gli tendo la mano.
  « Senz’altro, Kingsley. Allora a domani, buona serata ».
  « Felice Halloween a te, Harry, felice Halloween a te » mi congeda con la sua voce profonda e un sorriso gentile che risalta particolarmente sulla carnagione scurissima.
Chiudo la porta con un colpetto, rivolgo un cenno di saluto a Sybil, la segretaria di Kingsley, e mi dirigo verso l’ascensore già gremito.
  « Buongiorno, signor Price. Signora Sullivan ».
  « Salve, Potter ».
  « Buongiorno a te, Harry, caro ».
  Tin.
Le porte si schiudono con un tintinnio sul vasto Atrium, proiettandomi nel brulichio di maghi e streghe più o meno indaffarati, più o meno frettolosi. Mi avvio all’uscita ed è in quel momento che riconosco tra la folla una scarmigliata Hermione. Sembra che cerchi qualcuno, il collo allungato oltre la calca, e non mi nota se non quando sono a pochi passi da lei.
  « Hermione! Che ci fai qui a quest’ora? »
  « Oh, eccoti, non speravo più di trovarti! Ho una sorpresa per te. Ti piacerà » sorride radiosa.
Mi rendo conto soltanto allora del bambinetto dai capelli blu che caracolla al suo fianco tenendole la mano.
  « Teddy! »
  « Ciao, Awwy! »
  « Andromeda è arrivata alla Tana trafelata, poco fa. Teddy era così ansioso di vederti e ho pensato di portarlo qui, sempre che tu non sia impegnato » spiega Hermione, mentre Teddy si è già inerpicato lungo le mie gambe e mi scuote la mano perché lo prenda in braccio.
  « Ho appena finito e cercavo proprio qualcuno con cui andare a mangiare un hamburger gigante, se proprio vuoi saperlo! » esclamo, lasciando che il bambino mi sfili gli occhiali, e sorrido ai suoi gridolini gioiosi.
  « Allora, Hermione, dove si va? »
Si porta un indice sulle labbra, pensierosa, ma finisce col ridacchiare del fatto che Teddy abbia ricoperto le mie lenti di piccole impronte opache e non riesce più a trattenersi quando quelle che erano le mie lenti giacciono in frantumi sul pavimento, sotto lo sguardo enormemente divertito del bambino, che provvede subito a mostrarsi sorpreso del suo stesso misfatto.  
  « Perché hai lanciato gli occhiali a terra, Teddy? » lo rimprovera, le mani piantate sui fianchi.
Era molto più autoritaria nelle vesti di Prefetto a Hogwarts e perfino Teddy deve averlo capito, perché le riserva un’occhiata vispa e con ovvietà risponde:
  « Tanto li aggiusti tu! »
  « Ha ragione, no? Sei la regina del Reparo » osservo strizzandole l’occhio.
Hermione scuote la testa e se ne sta con le braccia conserte, le labbra increspate.
  « Dai, Emmione, aggiusta! » la incita Teddy, battendo le manine.
  « Sì, dai, Emmione, aggiusta gli occhiali di Harry » gli faccio eco, fissando quel che riesco a cogliere del finto broncio di Hermione dalla nebbia della mia miopia.
  « Non so chi dei due sia il bambino » sospira, ma so che sta sorridendo. «Reparo!»
Mi poggia con cura gli occhiali sul naso.
  « Che ne dici di andare da John’s? » propone infine.
  « E sia. Ovviamente offro io ».



Tre maxi hamburger con patatine fritte più tardi, ci troviamo nell’affollata Regent Street diretti alla volta dell’Hamleys Toy Shop, che ha tutta l’aria di essere una specie di paradiso per l’infanzia. In realtà sono il primo ad esserne affascinato e mi sento elettrizzato almeno quanto Teddy all’idea di varcare quella soglia. I tendoni rossi e le bandierine ondeggianti al vento contribuiscono a far convergere l’attenzione di tutti i passanti — degli adulti, se possibile, ancor più che dei bambini — verso le vetrine ricolme di giocattoli e meraviglie d’ogni tipo. Se non conoscessi Hogwarts, direi che questo è sicuramente il posto più incredibile per un ragazzino di undici anni. Un sogno, penso, avvertendo il palmo umidiccio di Teddy agitarsi nella mia mano.
  « Un sogno, eh? » la voce di Hermione fa da eco ai miei pensieri e annuisco.
Ci avviciniamo, gli occhi pieni di colori: dal rosso e verde delle enormi casette di Lego all’azzurro brillante della riproduzione in scala del Tower Bridge, dall’ocra caldo del gigantesco orso di peluche al rosa, all’arancio, al giallo delle numerose lucine.
  « Voglio entrare, Awwy! » squittisce Teddy, deliziato.
  « Ma certo! Andiamo, Ted ».
L’interno è incredibile. Mi guardo intorno e torno ad avere cinque anni, sono quasi stordito dall’abbondanza di colori e suoni, dall’ampiezza del negozio che si sviluppa su piani e piani e sembra riservare chissà quante sorprese.
A rendermi davvero felice, però, è la boccuccia di Teddy, una perfetta ‘o’ di stupore e ammirazione che scalda il cuore. È impagabile. Sapere di renderlo felice, intendo, riuscire a farlo sentire circondato d’affetto e fare in modo che non sia mai solo o deriso o incompreso.
È il minimo che possa fare, per lui — e forse anche per me. Mi fa stare bene.
  Sento la guancia di Hermione premere sulla mia spalla, i suoi capelli solleticarmi il viso e la abbraccio. Restiamo così, fermi, a osservare Teddy aggirarsi tra gli scaffali e sbirciare ogni tanto nella nostra direzione, come se volesse assicurarsi che ci siamo.
  « Teddy ti adora ».
  « Adora anche te. Non vedi quanto ti prende in giro? »
  « È un tesoro. Guarda, forse teme che lo lasciamo qui? » sussurra intenerita.
Teddy continua a sventolare una manina verso di noi, di quando in quando, mentre si diletta nei pressi degli scaffali dei trenini; oggi ha i riccioli castani, zazzera arruffata sugli occhietti che brillano.   
  « Posso capirlo » ribatto. « Ma non accadrà mai, non lo lascerò mai solo, non dovrà mai provare quello che… »
  Ho provato io, rimugino, senza completare la frase.
  « Oh, Harry, lo so ».
E la mano piccola di Hermione si fa più stretta intorno alla mia.



Trascorriamo buona parte del pomeriggio da Hamleys, indugiando con sommo divertimento nell’area dedicata ai Giochi di Magia. Hermione mi mostra entusiasta il piano dedicato alle case delle bambole e sembra davvero tornare bambina dinanzi a quelle porticine e alle finestre, ai dettagli che riproducono con minuzia e arte vere dimore d’epoca vittoriana.
  « Ah, guarda questa: ne avevo una simile, anni fa! Ovviamente molto più piccola, ma… oh, è deliziosa! »
  « Ehi, non l’avrei detto. Ti facevo più il tipo da lasciatemi-in-pace-sto-leggendo, o qualcosa del genere » la canzono, solo per il gusto di vedere il suo broncio di indignazione.
  « Ah, sta’ zitto » ribatte, mollandomi una gomitata. « Sognavo di vivere in una casina proprio come questa. L’avrei riempita di libri, naturalmente ».
  « Tutti i tuoi libri non entrerebbero in una casetta del genere » obietto.
  « Che ne dici dell’Incanto Estensivo Irriconoscibile? »
Le dita di Hermione sfiorano il piccolo portico di minuscole travi bianche e mi ritrovo a indugiare con un sorriso sulla sua espressione rapita.
  « Harry… » dice d’un tratto, senza staccare lo sguardo dalla casetta.
Ho ancora una volta l’impressione che voglia parlarmi di qualcosa, come ieri sera, ma, ancora una volta, rimane un’impressione. È Teddy ad interromperci.
  « Awwy! Mone! » ci chiama, correndo poco più avanti.
Si siede ai piedi di una piramide di orsetti di peluche e agita le braccine per attirare la nostra attenzione.
  « Sedetevi qui » decide, buffamente perentorio, e io e Hermione ci scambiamo uno sguardo divertito prima di assecondarlo.
  « Ecco, va bene così, tesoro? »
Annuisce soddisfatto, muovendo su e giù quella testolina scarmigliata.
  « Awwy » esordisce con la vocina più acuta che gli riesca di trovare « ti piace Emmione? »
Sgrano gli occhi e vedo Hermione inarcare le sopracciglia.
  « Ma certo » rispondo, curioso di capire dove voglia arrivare. « È la mia migliore amica ».
  « Oooh. E a te ti piace Awwy? » domanda a Hermione, additandomi con l’indice cicciotto.
  « Molto. Certo che mi piace, Teddy ».   
Il bambino ci pensa un po’ su, poi balza in piedi e trae la sua gloriosa conclusione.
  « Lo sapevo! Lo sapevo che eravate fidanzati! »
Esplodo in una risata grossolana — non sono in grado di trattenermi — mentre Hermione arrossisce e cerca di spiegargli che non basta volersi bene per essere fidanzati. Ma Teddy è arguto per la sua età, sin troppo.
  « Oh, ma voi vi volete tanto bene, no? » insiste.  
  « Sì, Teddy, ci vogliamo tanto bene, è vero » intervengo, guardando Hermione con la coda dell’occhio. « Ma, vedi, siamo solo amici. Hermione ha già un fidanzato » aggiungo, cercando di non complicare la faccenda.
  « E chi è? » domanda, l’espressione a metà tra l’orrore e l’incredulità.
  « Ron, ricordi? »
  « Oh. Won… e pecché? »
Sembra deluso. Alzo le mani in segno di resa, cedendo il campo a Hermione. Avere a che fare con l’invadenza ingenua di un bambino non è esattamente la mia specialità.
Neppure quella di Hermione, a quanto pare.
  « Ehm, Teddy, tesoro. Che ne dici di andare a vedere i soldatini? » suggerisce, vagamente nervosa. Per sua fortuna, Teddy trova l’idea degna di nota e, nell’arco di pochi secondi, è già all’imboccatura delle scale mobili, dimentico di qualsiasi altra faccenda. 



È pomeriggio inoltrato quando raggiungiamo Ottery St Catchpole.
Teddy si è assopito sulla mia spalla e, una volta giunti al villaggio, decidiamo di proseguire a piedi per il breve tratto che ci separa dalla Tana per non svegliarlo bruscamente con una Smaterializzazione.
  Le stradine sono illuminate da una gran quantità di lanterne a forma di zucca e popolate da maghi di ogni età. Hermione e io camminiamo in silenzio godendo dell’arietta di fine Ottobre che comincia ad essere davvero pungente e, come accade spesso, avverto uno spiffero di malinconia insinuarsi sotto i vestiti e poi più giù, serrarsi attorno allo stomaco. Halloween continua ad avere per me un sapore dolceamaro e, benché da molti anni a questa parte tenda a non lasciarmi travolgere dai ricordi tristi, il pensiero vola ai miei genitori prima che possa tentare di trattenerlo. Il mio viso tradisce in qualche modo questo stato d’animo, perché sento Hermione sussurrare qualcosa e fare cenno a una panchina; mi basta guardarla per capire che ha capito — non so come, ma lei sa. Sa sempre.
È così naturale il modo in cui mi prende per mano e siede accanto a me, accarezzandomi il dorso col pollice. Sento Teddy respirare placido contro il bavero della mia giacca e gli carezzo distrattamente i capelli guardando i ricci di Hermione e quel suo sorriso increspato.
  « Sono passati ventun’ anni e tutto ciò che so di loro è frutto dei ricordi di altre persone » rifletto, bisbigliando appena.
Dall’altro lato della strada, una coppia felice vezzeggia un bambino piccolo ingolfato in un buffo cappottino blu.  
  « Non posso pensare che Teddy provi tutto questo un giorno ».
Il piccolo palmo di Hermione si chiude sul mio, protettivo, e lei scuote il capo.
  « Harry, non c’è bisogno che giustifichi con la preoccupazione per Teddy la tua malinconia, non con me. Non oggi » sussurra, e le sue iridi — le amo — continuano a parlarmi a lungo, dopo. Sono le stesse di quando guardava quella casa di bambole, calde, scintillanti e so che non occorre che io aggiunga altro.  
Si sta alzando il vento, ma possiamo aspettare ancora un po’, ancora qui.  
  « Ho finalmente un bel ricordo da associare a questa data » dico, circondandole le spalle col braccio.  Mi fissa con curiosità, la fronte solcata da una ruga d’espressione.
  « La giornata da Hamleys e tutto il resto? »
Annuisco e  abbozzo un sorriso, scompigliandole la frangia. « Tutto il resto, soprattutto ».
La sento fremere contro il mio fianco.



Abbiamo appena assistito allo spettacolo pirotecnico architettato in giardino da George e Ron e ci crogioliamo in salotto con le pance piene e gli occhi stanchi. Il grosso divano a fiori mi sembra stranamente stretto, adesso, ma non penso sia a causa della cintura allentata dopo cena. Ginny è seduta accanto a me e sua madre ci lancia da un pezzo occhiatine in tralice, che mi sforzo di ignorare giocherellando con il lembo della camicia. Vorrei che Teddy fosse ancora sveglio per avere un valido motivo per non starmene seduto qui a rispondere a monosillabi ai tentativi di conversazione di Ginny, ma è crollato parecchi minuti fa tra le braccia di Andromeda. Il signor Weasley mi porge un bicchierino di Firewhisky, ma declino l’offerta con un cenno.
  « E… tutto bene, oggi pomeriggio? Teddy si è divertito? » chiede Ginny, le dita che tracciano motivi imperscrutabili sulla stoffa del divano troppo vicino alla mia gamba.
  « A- ha. Hai visto Hermione, Gin? »
Devio il discorso con un po’ troppa fretta, lo riconosco, e su un argomento che le fa spegnere lo sguardo all’istante, ne sono consapevole. Allora cerco di rimediare con un grugnito non molto comprensibile, invano.
 « È in giardino con Ron » ribatte, fredda.
 « Ah ».
 « Eccoli » mi informa dopo un po’, ma io ho già notato il rosso dei capelli di Ron svettare a pochi centimetri dal lampadario.
  E poi accade tutto in fretta, troppo in fretta.
Ron che si schiarisce curiosamente la voce per attirare l’attenzione, Ron che gesticola nervosamente e argina a stento un sorriso, Ron che annuncia all’intera famiglia che ha chiesto a Hermione di sposarlo. Ho giusto il tempo di avvertire Ginny che trattiene il fiato, prima di lasciare libero spazio alle emozioni che so di dover provare.
Ma no, non provo nulla, sono solo… svuotato.
Mi sento sorridere meccanicamente e quando abbraccio Ron per congratularmi sono gli occhi di Hermione quelli che cerco, sono loro a trovarmi per primi.
  « Harry… » mimano le sue labbra, come tante volte hanno fatto finora, e la comprensione di quanto sta accadendo mi trafigge le tempie. Inspiegabilmente, adesso so che era questo che tentava di dirmi da ieri. Quello che avrei dovuto aspettarmi serenamente, dopo tutti questi anni.
  « Congratulazioni, sono davvero felice per voi. Era ora, no, Ron? » gli assesto una pacca sulla spalla prima che Bill lo tragga a sé e lui e Hermione vengano ghermiti in abbracci e domande  — E quando avreste avuto intenzione di dircelo, eh? A quando il lieto evento? — dai Weasley al completo.
Qualcosa mi dice che questa sia esattamente la cosa giusta da dire, sento di aver ottemperato al mio compito di amico. Era ora, no, Harry?
Adesso, però, ho solo voglia di camminare.
 
 

Giugno 2003


Piove. Siamo in Giugno e in Inghilterra piove.
In Inghilterra piove per la maggior parte del tempo, in verità, perciò non è tanto strano.
Ad essere curioso è il fatto che, a quest’ora piuttosto tarda, io sia in Price Street dinanzi a casa Granger con uno scatolone tra le braccia e non mi decida a bussare, indugiando sotto il temporale. Riflettere è stata l’ultima cosa che ho fatto e di certo è quella che meno mi si addice. Del resto, ormai è troppo tardi per l’esitazione.
Pigio l’indice sul campanello una sola volta, ascoltando il trillo lungo che ne deriva.
  Hermione appare sull’uscio in una manciata di secondi, i capelli raccolti che le lasciano il viso interamente scoperto. Non l’ho mai vista così, sembra un’altra… donna.
Una donna che domani si sposerà, rammento, leggendo la sorpresa nei suoi occhi.
Quelli sono sempre gli stessi.
  « Oh, sei fradicio. Avanti » commenta, appena prima di lasciarmi entrare nello stretto ingresso. « Essicco ».
Con un getto di rinfrancante aria tiepida mi asciuga i capelli all’istante, facendomi strada in cucina.
  « Spero di non disturbare, so che è tardi, ma… » esordisco, ma lei mi zittisce scuotendo il capo.
  « Ti prego, Harry, no. Se non fossi venuto ti avrei chiamato io, sono così stressata che—»
  « Latte caldo? » propongo, incapace di trattenere un sorrisino.
Lo sguardo grato di Hermione basta a farmi esplodere dentro qualcosa come un’intera cassa di Fuochi Weasley Deluxe.
  «Allora, racconta »  la esorto da sopra una spalla, avvicendandomi ai fornelli.
Buffo, sembra trascorsa un’infinità di tempo dall’ultima volta che ci siamo trovati in una situazione simile e invece è passato meno di un anno.
  « Mia madre mi ha praticamente sequestrata per tutto il giorno, traghettandomi dall’estetista al fioraio al responsabile del catering — oh, la signora Weasley non ha ancora mandato giù il fatto che non sarà lei a cucinare; è appena andata via. Mi ha chiesto almeno una dozzina di volte se non volessi dormire alla Tana, stasera, visto che Ron è da George… Infine, sono costretta a indossare un abito che non mi piace affatto e—»
  « Cielo, non pensavo che un matrimonio fosse tanto problematico! » butto lì, nel tentativo di sdrammatizzare, ma è chiaro che Hermione sia davvero sotto pressione.
Le porgo una tazza di latte tiepido affinché riesca laddove la mia goffaggine fallisce.
  « Ginny mi ha detto che siete usciti per un caffè, l’altra sera » dice d’un tratto, il viso semicoperto dalla tazza.
  « E tu staresti dirottando il discorso su Ginny perché? » alzo un sopracciglio.
Non riesce a tenere la bocca chiusa — Ginny, voglio dire.
  « Semplice curiosità » si giustifica, ridacchiando nervosamente.
  « Mi meraviglio che non ti abbia spifferato che in realtà ci siamo incontrati al Paiolo perché Ron ci ha chiesto di andare a ritirare il tuo bouquet! »
Hermione arrossisce — ma forse è solo il tepore del latte caldo.
  « Volevo solo assicurarmi che—»
  « Che io abbia ripreso una vita sentimentale? Grazie, Hermione, non c’è bisogno che ti preoccupi, al momento sono tristemente single ».
Ci scambiamo uno sguardo — lei continua a fissarmi dal bordo della tazza.
È più semplice così, credo. Tacere, continuare a scambiarsi sguardi. Non fare troppe domande, neppure a noi stessi. È più semplice per tutti che restiamo Harry e Hermione. Harry e Hermione, i buoni, vecchi amici.
Harry e Hermione, facile.
  « Ho un regalo per te ».
  « Un— sei impazzito? Oh, non dovevi, non un regalo di nozze, io—» balbetta, agitando le braccia fasciate dalla leggera vestaglia, che fruscia a ogni movimento.
  « Non un regalo di nozze. No, un regalo, solo un regalo. Per te » preciso, affrettandomi a recuperare la scatola dalla moquette all’ingresso. È umidiccia a causa della pioggia, ma sono fiducioso che il contenuto sia integro e ben asciutto.
  « Oh, Harry! » esclama, sfilando il fiocco e scostando lentamente i lembi di cartone e avverto montare dentro l’attesa mista a una curiosa inquietudine che divora le viscere e accelera i battiti.
  « Oh! Harry… Harry… » ripete, portandosi una mano sulle labbra quando intravede la sorpresa.
Me ne sto immobile, del tutto imbambolato e dipendente dai suoi occhi, di cui scruto ogni scintillio o ombra oltre il velo di lacrime che li ha offuscati.
  Hermione estrae la casa delle bambole con attenzione, poggiandola sul tavolo vuoto. Ha le pareti color crema e il tetto verde e c’è persino un minuscolo comignolo, nonché molte finestrelle dotate di tende coordinate. La parte migliore è il portico, senza dubbio, con le piccole travi e la porta d’ingresso a vetri. Se non fosse tanto piccina, sembrerebbe vera.
  « Non ho parole, io—»
  « Non dire nulla. Ti va di fare una cosa per me? » le chiedo e lei annuisce, un rivoletto di lacrime che le cola lungo la guancia.
  La volto in modo che possa darmi le spalle e prendo a scioglierle i capelli, liberandoli dalla crocchia severa che stride tanto con la dolcezza dei suoi lineamenti, e, poco a poco, la mia Hermione riemerge sotto la chioma indomabile.
  « Sarai perfetta, domani ».
  « Dirti grazie — per tutto questo — non sarebbe mai abbastanza… e poi la casa, hai ricordato— Oh, Harry! Aspetta, voglio… voglio che tu tenga questa. È tua ».
Il momento dopo, la porticina bianca, appena scardinata, giace inerte sul mio palmo.
  « E come farà la casetta senza la sua porta? » domando, rigirandola tra le mani. Mi pare innaturalmente pesante.
  « Non… non lo so… io—»
  « Sei la mia casa » bisbiglio, lasciando che Hermione mi abbracci e mi bagni di lacrime la camicia e il collo e le guance. « E, tranquilla, io sarò sempre la tua porta scardinata, se vorrai. Qualunque cosa accada ». Riesco perfino a increspare un sorriso.
  Non saprei dire quanto a lungo restiamo così, in piedi in cucina, scossi entrambi dai suoi singhiozzi; so, però, che non vorrei essere in nessun altro posto.
A meno che non si tratti di una casina perfetta come quella che troneggia sul tavolo, a pochi centimetri da noi, così vicina eppure così piccola, troppo piccola, troppo stretta per tutto questo.
 
 

  


« Awwy, io pensavo che Emmione sposava te. Tu la guardi sempre e lei ti guarda, tu sei felice se lei è felice. Poi lei ti ripara sempre gli occhiali! E vi tenete per mano.
Come me e Vicky, ma non dirlo a nessuno ».
 

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Nda: sono passati millemila giorni (giorno più, giorno meno) prima che riuscissi a terminare questa ff. 
Conclusione: è lunghissima e non sono comunque certa di essere riuscita a dire tutto quello che avrei voluto. 
Per non aggiungere altre parole su parole, vi dico solo che il titolo mi ha gettata nella crisi più totale ed è stato per un caso fortuito (leggi: tentativo disperato di googlare frasi del tipo "sei la mia casa") che mi sono imbattuta in questa canzone (
https://www.youtube.com/watch?v=vq0weHw6PgI) finora a me ignota, di Pino Daniele, dal cui testo - curiosamente piuttosto adatto alla trama - ho tratto il titolo della OS. 
Mo, buonanotte. Sono distrutta in ogni senso, ma dovevo pubblicare - ogni tanto tornare su Efp è terapeutico, specie in tempo d'esami.
A presto, cari. 


Libra 
 
 
 

   
 
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