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Autore: JD Jaden    11/06/2013    10 recensioni
Il presidente Snow è stato processato e ora è morto, ma non è l'unico a dover dare delle spiegazioni.
Questo è il resoconto di un altro processo, il cui verdetto finale è molto più complicato da decidere.
Si tratta di capire fino a che punto un uomo è colpevole di azioni che non avrebbe mai voluto compiere.
Ecco a voi l'estrema difesa di chi ha sofferto e gioito assieme, per un lavoro che non ha mai capito davvero, fino ad ora.
Non voglio dirvi il suo nome adesso, ma sicuramente capirete chi è prima di arrivare in fondo. Per questo ora vi chiedo... voi come lo giudichereste...
Colpevole o innocente?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Io sono nato a Capitol City, sono sempre stato ricco, per cui forse non mi crederete. So che tutti pensano che gli abitanti della capitale siano solo pomposi sciocchi senza cervello, schiavi delle mode, della ricchezza ostentata e del divertimento senza freni, né regole. E in effetti forse è proprio così. Forse anche io sono così. Però ci tengo a sottolineare che io soffro, io ho un cuore, io capisco. Non sono solo un docile cagnolino a cui basta divertirsi e mangiare. E poi il mio lavoro era il più difficile al mondo.

No, non faticavo in miniera o nei campi o nelle fabbriche dei distretti. E' inutile che fate tanto i superiori, voi non capite!
Ma voglio andare con ordine, perché voglio che invece capiate bene il concetto...

Mio padre mi diceva sempre che il suo lavoro era il più bello del mondo. Lui faceva il presentatore. All'epoca però era più facile. I distretti erano in rivolta. Il suo compito era distrarre la popolazione di Capitol City dagli orrori della guerra. Lui presentava quiz, reality show, telegiornali scandalistici, opere teatrali... insomma un po' di tutto. Poi un bel giorno è finita la guerra. Un'edizione straordinaria del telegiornale ha mostrato uno dei distretti, il 13, distrutto da un bombardamento nucleare. Poi, in un'altra edizione, i Generali dei ribelli hanno letto una dichiarazione di resa. Papà mi ha detto che la fine del filmato è stata tagliata, che solo gli abitanti dei distretti l'hanno vista, ma non ha voluto dirmi cosa c'era nella seconda parte.1
Un brutto giorno il presidente Snow in persona ha telefonato a mio padre. Quella sera a cena lui ci ha annunciato che era stato promosso, che da li in poi avrebbe presentato un nuovo reality, che l'avrebbe tenuto occupato quasi tutto l'anno, per tutti gli anni a venire.
Il giorno dopo eccolo in tv, ad annunciare che da metà giugno sarebbero iniziati gli Hunger Games!

Com'era felice, il primo anno. E lo ero anche io, lo ammetto... All'epoca avevo solo 4 anni, non capivo. Ricordo che mi ero pure preso una piccola cotta per la ragazza che, alla fine, ha vinto la prima edizione dei giochi! Ma ero troppo piccolo perché mi notasse per più di qualche secondo, giusto il tempo di fare una battuta di spirito.2

Però, anno dopo anno, notavo che mio padre diventava più serio, più triste, più grigio. Questo ovviamente solo a casa, perché sul lavoro doveva essere sempre brillante, divertente e spumeggiante! Eppure, nonostante il suo lento e inesorabile crollo interiore, lui continuava a dirmi
"Caesar, piccolo caro, il mio è il lavoro più bello del mondo!"
Lo diceva sorridendo, era davvero convincente...

Per questo motivo, quando mio padre, alla fine, si è spento del tutto, ho accettato di seguire le sue orme. Ha sopportato ben 20 edizioni di quella mostruosità, ma poi ha ceduto. E sono diventato io il nuovo presentatore degli Hunger Games.

Da allora, come ben sapete, quello è stato il mio lavoro.

Insensibile pedina nelle mani di un giocatore abile e furbo.
Eccentrico uomo crudele che ogni anno presenta la triste macchina di sangue che sono i Giochi della Fame.
Maschera solitaria che annualmente si tinge i capelli di un colore diverso e si sottopone ad estenuanti interventi chirurgici, per nascondere l'invecchiamento precoce.
Cuore malato costretto da un meccanismo più grande di lui ad osservare, commentare e intervistare 24 giovani ragazzi, poco più che bambini, sapendo che 23 di loro moriranno. Sapendo di dover guardare e riguardare con occhio critico ogni morte, per poterne parlare ad un pubblico in estasi.
E poi, per completare l'opera, obbligato a stamparsi un falso sorriso sulle labbra colorate, per intervistare l'unico vincitore che, ragazzo o ragazza che sia, avrà per sempre una vita distrutta. Perché nemmeno i soldi che ottiene dalla vittoria possono restituirgli un'anima pura, candida e libera dal peso della morte.

Le loro mani resteranno macchiate di sangue per sempre, ma mai quanto le mie, quelle dello spumeggiante presentatore allegro, crudele, colorato, spigliato, insensibile, interessante, orribile e affascinante...
Questo ero io. Questo era il mio lavoro. Così mi guadagnavo da vivere, guardando la morte degli innocenti e la gloria dei più forti, dei più deboli, dei più furbi, dei più pazzi.

Forse papà si sbagliava. Questo è il lavoro più brutto e difficile del mondo.

Ogni maledettissimo anno vedevo facce spaventate, spietate, bellissime, banali, interessanti, insignificanti, infantili, mature, coraggiose... ma sempre indimenticabili!
Poi le vedevo trasfigurarsi, diventare maschere di dolori e sofferenze indicibili.
E credetemi, ogni notte le rivedo tutte.

Ogni notte i Tributi, bambini morti, tornano a sfilare sotto i miei occhi e il loro sangue mi scorre addosso soffocandomi.

Potete davvero credere che io sia un tale mostro? Pensate sul serio che tutto questo mi piacesse? Immaginate che mi divertissi a sguazzare in tutti questi orrori?

Se lo credete i veri mostri siete voi.

Perché il mio cuore è straziato dal dolore e voi siete qui a processarmi per colpe che non ho mai voluto avere!

E la volete sapere una cosa? Alla fine l'ho capito, quello che mi diceva mio padre...
"Caesar, questo è il lavoro più bello del mondo!"
Certo, aveva ragione, lo è.

Perché io ci mettevo tutto il cuore in quelle interviste.
Potevo infondere speranza a chi l'aveva perduta. Calmare gli animi dei più burrascosi. Far risplendere piccole stelline indifese. Donare un sorriso a qualcuno che probabilmente avrebbe smesso presto di sorridere... anche se ogni parola, ogni luce, ogni istante mi costava un pezzo della mia vita, io ho continuato a fare il mio bellissimo, unico, terribile, difficilissimo lavoro.

Grazie papà, mi hai regalato i giorni più brutti e difficili, ma anche i più luminosi e belli.
Mi hai regalato il lavoro più bello del mondo!

Spero che capirete. Che abbiate compreso...

Spero che sarete capaci di perdonarmi.

Ma sento che questa è la mia arringa finale. L'ultimo show della mia vita.

L'ultimo pensiero lo rivolgo alle piccole vittime del nostro terribile gioco.
Avrei voluto intervistarvi in occasioni migliori, qualsiasi altra situazione è meglio del giorno prima della propria morte, ma ognuno di voi mi ha regalato qualcosa di magico e unico.
Forse anche voi mi avete odiato, in quel momento... ma io vi ho amati tutti, dal primo all'ultimo, senza esclusioni! Siete stati e continuate ad essere speciali.

Addio a tutti...
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ndr1 Riporto al capitolo 1 della mia altra storia (The first Hunger Games) per conoscere il contenuto dell'intero filmato.
ndr2 Riporto al capitolo 5 della mia altra storia (come sopra) per leggere della "scenetta" qui descritta.



SPAZIO JD COMMENTA:
Spero che vi sia piaciuta... non ho molto altro da aggiungere, a parte che ci tenevo molto a parlare di Caesar, a presentare un po' la sua vita.
Credo che sia un personaggio sottovalutato, poco preso in considerazione e da molto tempo pensavo di concedergli uno spazio tutto suo.
Mi auguro che sappiate apprezzare il personaggio e la storia che ho pensato per lui... e se vi va, potete lasciarmi un pensiero, una recensione certo, ma anche una conferma:
voi come lo giudichereste... Colpevole o innocente?


 

   
 
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