YOU ARE MY SUNSHINE
CAPITOLO DODICI
Blake
e Tyler arrivarono al parco vicino a casa di
quest’ultimo praticamente correndo, senza mai lasciarsi la
mano, con il cane
che correva davanti a loro, la lingua fuori, agitando la coda.
Non appena ci entrarono, si sedettero sulla prima panchina libera che
trovarono, il fiato grosso per la corsa appena fatta e le labbra ancora
piegate
in un sorriso divertito.
“Oh,
Santo cielo, che imbarazzo!” esclamò Blake
quando i battiti del suo cuore furono tornati a un ritmo abbastanza
normale. “Credo
di essere diventato completamente rosso in faccia”.
“Oh
sì, sembri un peperone!” lo prese in giro
l’altro.
Blake
gli lanciò un’occhiata obliqua, ma poi,
rendendosi conto che era soltanto uno scherzo, gli mollò un
pugno sul braccio. “Idiota!”
Freddie,
accucciato per terra davanti alla panchina,
abbaiò per reclamare la sua attenzione. Blake si
chinò per togliergli il
guinzaglio, così che potesse correre nel parco, cosa che il
cane fece subito.
“Lasciamolo
divertirsi un po’”, disse il rossino al
suo ragazzo. Poi si voltò per dargli un veloce bacio a
sorpresa.
I
due ragazzi rimasero seduti, in silenzio, Blake
con la testa appoggiata sulla spalla di Tyler, una mano intrecciata con
quella
del moro, come se da ciò dipendesse la loro vita.
“Non
hai ancora detto a tua madre di noi due?” chiese
il rossino dopo un po’, lo sguardo fisso a terra.
Tyler
esitò un attimo prima di rispondere. Sentiva quella
domanda come una specie di accusa, sebbene il ragazzo
gliel’avesse fatta in
tono normale, senza particolare enfasi o interesse per la risposta.
“No,
ancora non gliel’ho detto. Ma cercherò di farlo
al più presto”.
“Oh
no, non devi. Non è un problema, era solo per
sapere. Una volta frequentavo un tipo che aveva dei genitori molto
omofobi, non
potevamo nemmeno tenerci per mano nel parco come facciamo io e
te”.
“Mia
madre non è così, almeno credo. In
realtà coi
miei non ho mai parlato di queste cose, non era una cosa a cui pensavo.
Però non
penso… non penso sia omofoba”. Non ne era molto
sicuro, ormai non era più
sicuro di molte cose. Sua madre non si era mai espressa in merito.
Aveva una
mentalità abbastanza aperta, certo,
però… però chissà. Di certo
non si
aspettava di avere un figlio omosessuale. Nemmeno lui sapeva di esserlo.
“E’ strano, però”,
sospirò infine.
“Che
cosa?”
“Quello
che è successo tra noi due. Insomma… non ho
mai pensato che un giorno mi sarei innamorato di un ragazzo. Non ho mai
pensato…
sì, insomma, di essere gay”.
“Non
è detto che tu sia gay. È solo
un’etichetta. La
sessualità è una cosa che alle volte
può cambiare. Chissà, magari un giorno ti
stufi di me e poi ti metti insieme ad una ragazza”.
L’aveva detta in tono
scherzoso, l’ultima frase, però dentro cuor suo
temeva seriamente che Tyler si
stufasse prima o poi. Succedeva sempre.
Il
moro si voltò verso di lui puntandogli gli occhi
azzurri addosso e lo guardò seriamente. “Non credo
mi potrò mai stufare di te”.
“Davvero?”
esclamò Blake sorpreso. Se avessero
potuto i suoi occhi avrebbero assunto la forma di due cuoricini rosa.
“Chi
altri potrei trovare che mi sopporta e mi porge
una spalla su cui piangere”.
“Credo
ci sia una fila di persone che lo farebbe, sai?”
“Ma
non dire idiozie”.
“Non
le dico mica. Nessuno ti ha mai detto che sei
figo?”
“Ah,
quindi ti sei innamorato solo del mio bel
faccino!” Il moro assunse un finto broncio offeso incrociando
le braccia e
tornando a volgere lo sguardo davanti a sé.
“Ma
lo sai che non è vero!” rispose Blake,
aggrappandosi al suo braccio. “Mi piace tutto di te, anche
quando facevi il
tipo misterioso e serio”.
Tyler
non poté non scoppiare a ridere e Blake lo seguì
a ruota. Lo adorava quando rideva, aveva un sorriso bellissimo, lo
eccitava da
morire. E quei denti bianchi e perfetti. Quelle labbra carnose color
pesca…
Basta,
Blake, o rischi di saltargli addosso in un luogo pubblico, il che non
è tanto
consigliabile.
“Che
ne dici se torniamo a casa? O mia mamma si
preoccuperà”.
“D’accordo”.
Richiamarono
Freddie e gli misero il guinzaglio
attorno al collo così che Tyler potesse tenerlo.
Raggiunsero la casa del moro in poco tempo, ma si fermarono davanti
alla porta
d’ingresso.
“Ti
va di entrare?”
“No,
potrei imbarazzarmi di nuovo davanti a tua
madre”.
Tyler
ridacchiò.
“D’accordo,
allora… grazie per…”.
“Ti
va di uscire domani sera?” lo interruppe Blake.
“Solo
io e te”. Aveva uno sguardo incredibilmente speranzoso.
“Potremmo andare a
mangiarci una pizza o al cinem… o dove vuoi tu”.
“Stavi
per dire cinema”.
“No,
non è vero”.
“Sì
che è vero”. Il moro stava cercando di non
scoppiare a ridere in faccia all’altro. Il rossino stava
negando l’evidenza,
era chiaro.
“Sì
ok, è vero”, ammise l’altro infine.
“Ma…”.
“Se
vuoi ci andiamo”.
“Ma
tu come fai?”
“Ascolterò
i suoni. E poi tu mi descriverai le
immagini”.
“Va
bene”. Blake si era avvicinato di più al suo
ragazzo, mettendogli le mani sui fianchi.
“Scegli
un bel film, mi raccomando”.
“Certo”.
Il rossino avvicinò il viso a quello dell’altro
e gli diede un veloce bacio a stampo. Poi se ne andò.
Tyler
si sedette a tavola e la madre servì la cena
accomodandosi anche lei. I due cominciarono a mangiare in silenzio,
l’unico
rumore che si sentiva erano i respiri di Freddie. Anche lui si godeva
il suo
cibo da una grande ciotola posta in un angolo della cucina.
“Domani
sera viene a cena la zia Mandy”, disse Kelly
ad un certo punto, mettendo in bocca una forchettata di purè.
“Domani
sera esco con Blake”, le rispose il figlio.
“Di
nuovo? Ma vi vedete tutti i giorni!”
“Sì,
perché?”
“Be’,
niente… solo che… sembrate molto legati. Ti ha
pure regalato un cane”.
“Voleva
solo essere gentile”. Tyler continuò a mangiare,
sperando che la madre non indagasse troppo. Probabilmente aveva
cominciato a
sospettare qualcosa e
magari sarebbe
stato il momento di dirle della sua relazione con Blake. Ma non si
sentiva
ancora pronto, doveva prima prepararsi psicologicamente e poi pensare
anche a
un discorso.
“E’
anche troppo gentile. Dovremmo ricambiare in
qualche modo”.
“Non
credo che lui mi frequenti per ricevere
qualcosa in cambio”.
“Certo
che no, però… insomma, ogni tanto fagli anche
tu un regalo”.
“Per
il suo compleanno glielo farò”.
Kelly
sospirò, ma alla fine decise di lasciar
perdere il discorso. Però aveva come l’impressione
che il figlio le nascondesse
qualcosa, lui era bravo a farlo. Però almeno lo vedeva
più sereno, più
tranquillo, sorrideva più spesso e parlava di
più. Amanda aveva avuto ragione,
quel posto sta facendo bene a tutti quanti.
Mandy,
con un colpo di reni, salì sul tavolo della
cucina e afferrò il sacchetto di patatine che vi era
appoggiato sopra,
cominciando a mangiarle.
“Non
dovresti mangiarle adesso o dopo non riuscirai
a cenare”, la avvertì Kelly, impegnata ai
fornelli. Aveva proprio l’aspetto da
cuoca quella sera, con i capelli raccolti in cima alla testa in una
crocchia
disordinata che sembrava tanto un nido d’uccelli e il
grembiule legato attorno
alla vita.
“Ma
lo sai che il mio stomaco può contenere di
tutto, non ti preoccupare”, la tranquillizzò la
sorella, continuando ad
abbuffarsi di patatine. “E poi non posso stare senza tenere
le mani occupate. Tu
non mi lasci cucinare”.
“Perché
fai sempre disastri quando cucini. Come minimo
mi faresti saltare in aria la cucina, se non l’intera
casa”.
“Spiritosa”.
Amanda le lanciò un’occhiataccia che
però Kelly, girata di schiena, non notò.
“Tyler
cena con noi?” chiese, allora, la mora per
cambiare argomento.
“No,
lui esce con Blake”.
“Quel
ragazzo di cui mi avevi parlato?”
“Sì,
ormai si vedono tutti i giorni”.
“E
che c’è di male?” chiese la mora notando
un tono strano
nella voce di Kelly.
“Niente
è solo che… mi sembra un po’ strano,
tutto
qui. Nemmeno io uscivo così spesso con le mie
amiche”.
“Sono
ragazzi, sai com’è. Magari vanno a visitare un
club a luci rosse”. L’ultima frase
l’aveva detta con voce maliziosa.
“Tyler?”
fece Kelly guardandola come se avesse detto
che aveva visto un coniglio volare dentro ad una calza.
“Guarda
che ci sono anche quelli dove puoi toccare
non solo guardare”, rispose l’altra, allargando le
braccia.
Kelly
bofonchiò qualcosa che Amanda non capì e che
non volle neanche capire. Si limitò a mangiare le sue
patatine.
In
quel momento la porta della cucina si spalancò e
Tyler fece il suo ingresso seguito da Freddie. La zia, non appena lo
vide, fece
un fischio. “Vai a rimorchiare?”
“No,
perché?”
“Be’,
sei tutto in tiro”.
Il
ragazzo scrollò le spalle come a dire che non
sapeva di che cosa la zia stesse parlando, e raggiunse il frigo.
Effettivamente aveva cercato di vestirsi bene, gli piaceva sentirsi
guardato da
Blake. Si era pure tirato indietro i capelli con del gel, sperando di
aver
fatto una cosa decente. Non potendo vedersi era un po’ dura
pettinarsi.
“Ti
viene a prendere Blake?” gli chiese la madre.
“Sì”.
“E
ti riporta anche a casa?”
“Sì”.
“A
che ora tornate?”
“Non
lo so. Non aspettarmi alzata”.
Il
ragazzo uscì dalla
cucina, seguito sempre da Freddie come fosse la sua guardia del corpo,
e andò
in salotto.
Le due sorelle rimaste si guardarono l’un l’altra,
poi sentirono il campanello
suonare.
MILLY’S
SPACE
Arrivo
un po’ tardi con l’aggiornamento, ma questo
capitolo non l’avevo pronto e l’ho scritto tutto
stamattina.
Spero vi piaccia e spero che non ce l’abbiate troppo con me
^^.
Allora,
vi avviso che la storia è ormai agli sgoccioli. Non
so esattamente quanti capitoli mi mancano, dipenderà dalla
mia ispirazione, ma
non sono tanti.
Detto
questo, non ho altre precisazioni da fare. Spero mi
lascerete qualche recensione, anche per criticare o consigliare. Non mi
offendo
: )
E venite a visitare anche la mia pagina face (https://www.facebook.com/MillysSpace)
ci
trovate le foto dei personaggi.
Baci,
M.
CESCA81:
grazie mille per la recensione e i complimenti. Sì, Freddie
è un cane guida per
ciechi : ) spero
che ti sia piaciuto
anche questo capitolo e spero di risentirti.
Un bacione,
Milly.