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Autore: Walpurgisnacht    11/06/2013    1 recensioni
Terza parte dell'epopea di Secrets. Perché non è vero che le cose belle durano poco. E noi, senza falsa modestia, siamo bbravi e bbelli e ci diamo da fare per voi.
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Non c'è ombra di maretta sulla nuova Nerima. Tizio con Caia, Sempronio con Asdrubala e Bertoldo con Cacasenna. Tutti felici e contenti, tutti accoppiati, tutti soddisfatti.
Sì, certo. Come no.
[Seguito di Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Subutai Khan e Mana Sputachu]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Stava quasi per giungere l'una di mattina. Da parecchio tempo a quella parte una simile ora, in casa Tendo, significava pace totale. Tutti dormivano, chi tranquillamente e chi russando come un carro armato, ma era praticamente impossibile trovare qualcuno sveglio.
Non fu così quella notte, ovviamente.
Lo sarebbe stato in ogni caso, con la questione amazzone a pendere sopra la testa dei sette ragazzi. Lo era ancora di più dopo che Akane e Mousse erano tornati dal loro scontro, vincitori ma...
"SantoddiobenedettoimmacolatoAkanecosatièsuccessoinfacciaperchésanguinidottorTofu!" fu la reazione di Soun quando vide la figlia con i vestiti sporchi di sangue e una mano sulla guancia come... a coprire qualcosa.
"Togli la mano e fammi vedere" riprese, leggerissimamente più calmo. Se non altro non si era mangiato tutte le parole.
"Papà... io... non voglio...".
"Cosa vuol dire che non vuoi? Fammi vedere!".
"Papà...".
Lui non perse ulteriore tempo in parole. Le afferrò la mano e gliela scostò. Salvo poi pentirsene subito dopo.
"Akane... kami...". Non aggiunse altro prima di voltarsi e dileguarsi alla ricerca di Tofu.
Nessuno osò intervenire in nessun modo durante la scena. Strisciava un senso di orrore nelle teste di tutti loro a pensare cosa vuol dire vivere con una cicatrice del genere sul volto.
Ranma si scosse dal suo autoimposto rispetto e la cinse da dietro in un abbraccio: "Qualunque cosa ti succeda ricordati sempre che sei il mio maschiaccio". Aveva usato un tono così dolce e amorevole che più di una persona, oltre alla diretta destinataria, si sentì pungere gli occhi.
"Ranma... dici sul serio?". Non dubitava della sua sincerità, per nulla. Ma dopo l'esperienza col suo doppione onirico aveva bisogno come il pane di sentirselo dire in ogni lingua del mondo.
"Ranma Saotome ha una parola sola ed è questa: taglio o non taglio io ti amo e non smetterò tanto presto di farlo".
Il teatrino da romanzo Harmony di quarta lega venne interrotto dal tanto necessario arrivo del buon dottore. Essendo stato messo in preallarme dalla concitazione delle sorelle e del padre aveva capito che si trattava di Akane e che era una cosa piuttosto grave. E nonostante ciò non aveva immaginato quella possibilità.
"Oh santissimo..." esclamò sconvolto vedendola. Strinse più forte la borsa con le medicazioni mentre le si avventava sopra facendola sedere per cercare di medicarla.

“Un minuto e ho fatto...”
Mentre il Dottor Tofu finiva di metterle i punti sulla ferita, Akane non aveva detto una parola: non un suono, un lamento, esclusi lievissimi sussulti quando il dolore era più acuto. Ma era rimasta in silenzio, composta, come un samurai.
“Ecco, ho finito” disse il dottore, mettendo via gli strumenti, “i punti potrebbero tirare un po’ quindi cerca di non agitarti troppo... oh, ma che te lo dico a fare.”
Akane rise, per poi pentirsene subito dopo.
“Ahia, ma tirano!”
“Te l’avevo detto...”
Stava per aggiungere qualcos’altro quando una presenza lo colse di sorpresa.
“Dottore.”
Si voltò di scatto, il cuore a mille e il respiro che cominciava a venir meno.
“K-k-k-a-ka-kasuuuum-ih...”
“Dottore!” ripeté lei, che per la prima volta in ventun anni di vita si lasciava andare all’agitazione - dimostrando di somigliare parecchio al padre. Afferrò il povero Dottor Tofu per il bavero del gi e cominciò a strattonarlo con forza, quasi a tempo mentre scandiva le parole: “Dottore! Lei. Mi. Deve. Promettere. Che. Non. Rimarrà. La. Cicatrice!”
“F-f-arò q-quanto p-possibile!” balbettò lui, talmente scombussolato che non gli riusciva nemmeno di lasciarsi prendere dalla timidezza come suo solito.
“Me lo prometta!” continuò Kasumi, suscitando stupore tra i presenti. Akane cercò di calmarla, invano.
“Signor Tendo, mi ricordi perché Kasumi non ha praticato arti marziali...” chiese Ranma, sarcastico.
“Perché è un’anima pura e candidaaaaaah!!!” strillò lui, rischiando di annegare nelle sue stesse lacrime.
“La sua anima pura e candida in questo momento ci sta strapazzando il medico, e a noi servirebbe integro” rincarò la dose Ryoga, ma la sua battuta passò del tutto inosservata al signor Tendo, occupato com’era a disperarsi.
“La mia bambina sfigurataaaaaah!!!!”
Ranma sbuffò e tornò a posare gli occhi su Akane: sembrava... serena, nonostante tutto. La guardò osservare il suo riflesso in uno specchio, sfiorando delicatamente i punti.
Oh, ma a chi voleva darla a bere. Lo conosceva fin troppo bene il suo maschiaccio violento, e sapeva che stava fingendo; quell’ultimo sfregio - era il caso di dirlo - era stato sicuramente premeditato, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. L’insicurezza sul suo aspetto fisico era sempre stato uno dei più grandi punti deboli di Akane, e marchiarla sul viso affinché potesse vederlo ogni giorno, ogni volta che si specchiava... era maledettamente crudele.
Promise a se stesso che quando sarebbe toccato a lui avrebbe fatto una strage, facendogli pagare anche quella cicatrice.
"Gente" disse poi per distrarsi dai discorsi più cupi "si sta facendo molto, molto tardi. Non sarebbe il caso di andare a dormire, almeno per cercare di mantenerci un po' in forze per i prossimi giorni?". La sua domanda venne accolta da sbadigli assortiti e qualche borbottio che interpretò come una risposta affermativa.
"Sì, ma..." cominciò Ukyo, salvo fermarsi subito.
"Che c'è? Qualche problema?".
"No, ma pensavo... e se ci attaccassero nel sonno?".
"Il primo turno di guardia è mio, il secondo di Ryoga, il terzo tuo e il quarto di Mousse. Un paio d'ore a testa. Metterei volentieri anche la vecchia ma, tanto per cambiare, si è volatilizzata. I Tendo dovrebbero essere al sicuro e quindi è meglio lasciarli fuori, Shan-Pu è evidentemente impossibilitata e Akane... beh, se siete d'accordo io le eviterei questo, almeno per stasera. Quel che ha passato merita una notte di sonno il più continuo e indisturbato possibile".
"Mi sembra una cosa molto saggia e delicata da dire, bravo" si complimentò la cuoca dandogli delle pacche sulla schiena. Era piacevolmente colpita dal riguardo che stava dimostrando per la sua fidanzata, cosa di cui fino a non troppo tempo prima era quantomeno lecito dubitare.
"Grazie" sussurrò, in evidente imbarazzo. Guadagnandosi occhiate di amichevole scherno e qualche risata mal camuffata da parte di tutta la ghenga. Akane se ne risentì per un momento, visto che era stata ancora messa in disparte, ma subito dopo si intenerì al pensiero che Ranma aveva pensato di volerle risparmiare anche una veglia notturna che, nelle sue condizioni psicologiche, non sarebbe stata particolarmente piacevole. Naturalmente, per non smentirsi, si ripromise di farsi volontaria per la sera successiva.
"Oh cielo, ci vorranno un sacco di futon. Qualcuno venga con me a prenderli, così li disponiamo qui" trillò Kasumi, tornata a essere la solita maschera col sorriso. Il repentino mutamento inquietò non poco i presenti ma nessuno disse nulla per evitare una reazione simile alla precedente.
Ma prima dei letti si consumò una tragedia ben peggiore di qualunque maledizione cinese: le litigate per il bagno. I litri di tè che la primogenita Tendo aveva generosamente dispensato stavano causando scompensi fisici un po' a tutti e per circa un quarto d'ora la casa si trasformò in un piccolo campo di battaglia, con urla che partivano dal cavalleresco "Io al cesso! Io al cesso!" di Ranma al meno zotico ma non meno sentito "Fatti da parte, travestito della malora!" di Ryoga. Mousse fu più furbo e si adoperò con alternative poco ortodosse. E il codinato fece il bis mettendosi a cantare Frank Zappa in seduta.
Per il resto i preparativi furono rapidi e presto tutti si sdraiarono per lasciarsi alle spalle quella terrificante giornata. Tutti tranne Ranma, che in quanto sentinella era tenuto a rimanere ben sveglio e vigile.
E nutriva la speranza di essere il prossimo. Aveva uno sfregio da infliggere ai loro persecutori.
La sua voglia di menare le mani venne presto accontentata. Aveva appena fatto tappa in cucina per piluccare qualche avanzo, quando lo sentì.
Un ki intenso provenire dal giardino, enorme... e familiare.
Si assicurò brevemente che tutti fossero addormentati e al sicuro nelle varie stanze, poi si diresse in giardino desideroso di dare il benvenuto al suo sfidante.
Sulle prime non lo notò, ma si lasciò guidare dal ki del suo avversario fino a giungere al piccolo magazzino esterno al dojo dove tenevano le attrezzature.
Lì, nel piccolo appezzamento di giardino tra il magazzino e la palestra, c’era una figura ammantata di nero ad attenderlo.
“Umph, a quanto pare tocca a me” ringhiò Ranma, accennando un sorriso “...finalmente.”
Il suo avversario, il cui volto era nascosto da un cappuccio, si limitò a sorridere e fare un cenno affermativo con la testa. Quel mutismo cominciava ad irritarlo.
“Cos’è, il gatto ti ha mangiato la lingua?”
“Sei molto più vicino alla verrrrità di quanto tu crrrreda.”
Un brivido percorse la schiena di Ranma. Cos’era quello strano modo di parlare, calcando le r? Perché gli sembrava conoscente? Perché lo metteva in agitazione?
La figura si avvicinò a lui con studiata lentezza, quando finalmente decise di scoprirsi il volto... lasciando Ranma di sasso.
Ma che cosa...
Il suo avversario era... lui.
Era identico a Ranma nell’abbigliamento, nell’aspetto fisico, nei lineamenti... fatta eccezione per gli occhi: occhi gialli, con una pupilla verticale. Decisamente felina.
Oh. Oh no. Oh nononononononono.
Ranma deglutì vistosamente, e maledisse ogni Kami di cui riusciva a ricordare il nome. Avrebbe dovuto sospettare che avrebbero giocato sporco mandandolo contro dei gatti o a roba simile, in fondo giocare con le loro paure non era stata la particolarità di ogni scontro?
“Sorrrrprrreso Rrrrranma?” sorrise l’avversario, il cui tono di voce inquietava tanto Ranma perché gli ricordava le fusa di un gatto.
Indietreggiò, sforzandosi di non perdere la calma.
CosafacciocosafacciocosafacciomaledizionedevovendicareAkanecosafacciomaledettecariatidicinesi!
MRAAAAAWWWWWWRRRRRR...
Bastò quel verso per distruggere il suo fragile equilibrio.
“C-che tu sia maledetto! Bastardo!”
“Oh, non vorrrrrai mica farrrrmi crrredere che Rrrranma Saotome ha paura di affrrrrontarrre più avverrrrsarrri perrrr volta?” continuò la sua nemesi, avvicinandosi. Attorno a lui tutto cominciò a diventare stranamente più scuro, come una fitta nebbia nera che sembrava muoversi insieme a lui...
“Meooowrrr!”
...una nebbia che miagolava.
Ranma venne colto dal panico, e cominciò a indietreggiare finché la sua schiena non incontrò una delle pareti esterne della casa.
I miagolii divennero sempre più vicini, talmente tanto che a Ranma parve quasi di sentire il pelo contro le sue braccia facendo le fusa.
A-a-aiuto...
“Ti vedo in difficoltà Rrranma... perrrché semplicemente non ti... lasci andarrre?”
Se avesse potuto gli avrebbe spaccato la faccia a cazzotti, peccato che i suoi arti non volevano saperne di collaborare: era totalmente paralizzato dal terrore, la schiena inchiodata al muro e le lacrime che scorrevano sul viso. Cercò di articolare una parola, una qualunque, ma dalla sua gola uscivano solo suoni gutturali.
Poi la sua nemesi si mise carponi e gattonò verso di lui con movimenti felini, i muscoli delle braccia che guizzavano sotto la pelle quasi fosse una pantera, gli occhi puntati su di lui.
Per una volta in vita sua si augurò di lasciarsi andare all’abbraccio del Nekoken, di falciare via quel maledetto e farla finita... eppure non succedeva nulla. Sapeva di essere a un passo dal crollo mentale, ma sembrava quasi che qualcosa lo trattenesse...
“Ci tieni così tanto a miagolarrre?”
P-pezzo di merda...
Bastò quella frase a fargli capire che, in qualche modo, il suo avversario aveva il controllo della sua parte felina. Sentì la mano del bastardo accarezzargli una guancia, fino ad afferrargli il volto e costringerlo a fissare le sue iridi feline.
“Allorrrra... fallo. MIAGOLA.”
Fu l’ultima cosa che Ranma udì, prima che la sua mente cedesse del tutto.

Il risveglio fu stranamente tranquillo.
Niente urla, niente esplosioni, nessun morto apparentemente... niente di niente.
Akane si alzò per prima, e lasciò silenziosamente la stanza cercando di non far rumore e non svegliare gli altri; fece una doccia veloce, ed ebbe non poche difficoltà a fissare il suo riflesso allo specchio. Ma cercò di farsi forza: non aveva tempo per i crolli emotivi, non adesso. Ne avrebbe avuto poi, forse, alla fine di quel massacro. Solo allora si sarebbe concessa una crisi di nervi coi fiocchi. Per ora mi atteggerò a Queen Emeraldas, pensò, parafrasando la battuta di Ranma sulla cicatrice di Capitan Harlock.
A proposito...
Uscì dal bagno e corse in salotto con l’idea di svegliare il suo fidanzato, magari con un bacio... ma non lo trovò. La cosa la preoccupò, così corse in giardino sperando di trovarlo in palestra... ma quello che vide non le piacque.
Solchi dappertutto, sul terreno, sugli alberi, persino sul muro di casa. Solchi simili a graffi di un gatto. Chiazze di sangue e brandelli di una fin troppo familiare casacca rossa.
Ma di Ranma neanche l’ombra.
Non farmi scherzi, maledetto. Io ci ho rimesso un pezzo di faccia ma sono tornata, non azzardarti a non fare altrettanto. Non azzardartici.
"Accidenti, che macello. Per caso è passato un tornado?" fece una voce alle sue spalle. Si voltò e vide Obaba in cima al muretto che scrutava il giardino devastato da qualcosa non ancora identificato.
"Nobile Obaba... dov'era finita?".
"Sono tornata al ristorante per dormire. Non dubito che mi avreste ospitata, come probabilmente avete fatto per gli altri, ma alla mia età si hanno delle esigenze particolari e se non sto nel mio letto non riesco a dormire neanche assumendo una dose di sonniferi da elefante. Strano che quel saputello di Mu-Si non vi abbia detto niente in merito. Ma...".
"Cosa c'è?".
"Hai combattuto. E, a vederti così, pare tu abbia vinto".
"Come... oh sì, dimenticavo. Il ricordino. Ci farò l'abitudine, prima o poi. Comunque sì, ho combattuto. Insieme a Mousse. E abbiamo vinto, già, ma non ho idea del come o del perché. Un momento ci stavamo picchiando con delle copie malriuscite di Ranma e Shan-Pu, il momento dopo eravamo soli. Non le so dire davvero granché, mi spiace. E poi ho altro per la testa, ora...".
"Certo, immagino che non sia semplice accettare l'idea di essere sfregiata".
"La sua sensibilità mi commuove, ma in realtà mi riferivo a Ranma. Stanotte abbiamo stabilito dei turni di guardia e quando è toccato a lui deve aver avuto uno scontro. Di cui questi sono i risultati".
La vecchia non ci mise molto a collegare i segni al Nekoken, visto che in passato ci aveva combattuto contro e ne era rimasta incredibilmente sorpresa. Ordinò ad Akane di svegliare gli altri e di organizzarsi per cercare Ranma, perché se era come pensava avevano un ragazzo-gatto che vagava per la città. In realtà non aveva elementi concreti su cui basare quest'affermazione, ma persino le carampane come lei ogni tanto si fidavano del proprio istinto. La ragazza obbedì celermente, piuttosto sollevata dalla presenza della matrona cinese che, come sempre in queste situazioni, mostrava il giusto cipiglio da leader.
La combriccola venne sbrigativamente tirata in piedi e aggiornata sulle novità. Si misero d'accordo per cercarlo per tutta Nerima a gruppi di uno, tranne Ryoga che proprio non serviva si perdesse aggiungendo ulteriore caos. Ukyo insistette per fargli da GPS, preoccupata com'era dal fatto che a loro non era ancora toccata e non voleva che a lui capitasse senza la sua presenza.
"Siete di una dolcezza rivoltante" li punzecchiò Akane con un sorriso che le faceva tirare troppo i punti. Grazie amazzoni, neanche questo mi è concesso senza ricordarmi della mia nuova disgraziata condizione.
"Stai tranquilla, il tuo cicisbeo lo troviamo in un istante" rispose a tono la cuoca, divertita e turbata allo stesso tempo. Divertita perché la battuta l'aveva fatta ridere ed era felice di vedere Akane che, nonostante tutto, sembrava perlomeno sopportare quella cosa orribile sul suo volto. Turbata perché, nonostante le apparenze, aveva comunque colto qualcosa che si agitava sotto la superficie apparentemente calma. Per un istante pensò di lasciarsi andare a qualcosa di vistoso come un abbraccio da grizzly condito di lacrime e improperi, poi tornò in sé e decise di non dare inutile spettacolo.
"Allora siamo d'accordo: ogni mezz'ora ci ritroviamo qui a casa per vedere se uno di noi ha avuto fortuna" ricapitolò Akane, perfettamente calatasi nella parte del capitano della squadra di salvataggio. Ci fu un farlocco saluto militare e una sequela di "Signorsì, signora!". Si separarono e cominciarono a battere a tappeto Nerima.
Dopo quasi due ore di ricerche ancora non si avevano notizie di Ranma.
Avevano passato al setaccio tutti i luoghi più ovvi: il liceo Furinkan, il Neko Hanten, persino il semidistrutto Ucchan, ma di lui nessuna traccia. Cercarono in ogni vicolo, canale, e tornati a casa la controllarono stanza per stanza nell’eventualità fosse rintanato da qualche parte a dormire. Ma nulla.
“Non possiamo continuare a cercarlo a vuoto, occorre uno schema.”
“Già, ma quale? In quelle condizioni l’unica cosa che segue è l’istinto!”
Akane non si intromise nella discussione solo per non perdere quel poco di autocontrollo che le era rimasto. Avrebbe voluto mettersi a urlare e gridare e spaccare qualcosa. Aveva urlato il nome di Ranma per le strade di Nerima, certa che come al solito sarebbe zompato fuori non appena avesse sentito la sua voce.
Maledetto stupido dove sei? Non farti ammazzare dannato idiota, te lo proibisco...
Inspirò cercando di mantenere la calma, cosa sempre più difficile.
“Tu hai qualche idea?”
La voce di Nabiki la riportò alla realtà.
“Hai qualche idea di dove possa essersi nascosto Ranma?” ripeté la sorella. Aveva il suo sguardo puntato addosso, insieme a quelli di tutti gli altri.
“Che... che cosa vuoi che ne sappia!” urlò, esasperata. “Non gli leggo nel pensiero e abbiamo cercato tutti i posti più plausibili! No Nabiki, non ho idea di dove sia e non so più dove sbattere la testa!”
A fermare il suo sfogo fu solo il dolore dei punti che tiravano; si portò una mano sulla cicatrice, mordendosi il labbro, mentre Ukyo accorreva per sincerarsi delle sue condizioni.
“Akane calmati, non farti del male inutilmente!” sussurrò la cuoca, cercando di mantenere un minimo di privacy. Abbracciò Akane, che rimase rigida e tesa come una corda di violino. Nessun’altro osò fiatare, ancora piuttosto scossi dallo sfogo di prima.
Il silenzio venne infine interrotto da uno starnazzare incessante che si avvicinava sempre di più.
“Ma che...!”
Mousse planò sulle loro teste e atterrò con un tonfo, poi riprese subito ad emettere versi concitati sbattendo le ali. “Furbo da parte tua, papero” si complimentò la vecchia Obaba “nella tua forma pennuta cercare Ranma dev’essere stato più semplice... e da come ti agiti sembra che tu l’abbia persino trovato.”
La papera fece un cenno con la testa.
“Peccato che nessuno di noi ti capisca” aggiunse “e non abbiamo nemmeno dell’acqua calda.”
La cosa tuttavia non sembrò preoccupare Mousse, che si limitò a starnazzare di nuovo e prendere il volo verso una direzione ben precisa.
“Ma dove diamine va?” chiese Ukyo, ma non ebbe tempo di aggiungere altro che Akane si era sciolta dal suo abbraccio e si era lanciata all’inseguimento di Mousse.
“Ci sta dicendo di seguirlo!” urlò, e finalmente anche il resto del gruppo si decise a corrergli dietro.
Corsero per almeno venti minuti, finché non arrivarono in un parchetto non troppo lontano dal Neko Hanten.
Un parco decisamente familiare ad Akane.
“Perché conosco questo posto?” sussurrò Ukyo, guardandosi attorno cercando di raccapezzarsi.
“È il parco dove... dove mi ha detto che mi amava...” balbettò Akane, trattenendo a stento le lacrime. “È corso qui istintivamente...”
Non ebbe tempo di cullarsi in quell’idea che Mousse ricominciò a starnazzare, stavolta volando più basso. Li condusse verso un mucchio di cespugli piuttosto malmessi, in parte spezzati o sradicati; tutto attorno c’erano chiari segni del passaggio di Ranma.
I rumori e i versi che provenivano da oltre il cespuglio non erano particolarmente rassicuranti.
“Facciamo piano” sussurrò Obaba con cautela, che per precauzione aveva già annullato il suo ki nascondendo così la sua presenza, “solitamente durante le crisi del Nekoken Ranma è innocuo come un gattone, ma in queste condizioni... meglio fare attenzione.”
Tutti annuirono, tesissimi, poi la vecchia amazzone fece cenno ad Akane di chiamarlo.
“R-ranma... Ranma sei qui? Sono io, Akane...”
I rumori cessarono, e qualcosa tra le foglie si mosse.
“Ranma? Mi senti?”
Poco a poco Ranma fece capolino dai cespugli, rimanendo sempre a distanza di sicurezza.
“Perché non si avvicina?” chiese Akane, preoccupata. “Di solito corre da me quando sente la mia voce...”
“Non agitarti bambina, potrebbe accorgersene e innervosirsi a sua volta” rispose Obaba. “Probabilmente è ancora sotto shock per il combattimento, e credo che il Dottor Tofu possa confermarcelo...”
“Assolutamente” rispose lui, poco dietro di loro “l’aura di Ranma in questo momento è... è terrificante. In confronto quella di Shan-Pu era meno danneggiata. Cerchiamo di non provocarlo e...”
Le parole gli morirono in gola quando vide Akane avvicinarsi al cespuglio.
“Ma che diamine fa quella scriteriata...” borbottò Obaba, sconcertata da tanta incoscienza.
“Ranma perché non mi riconosci?! Sono io, Akane! Il tuo maschiaccio!”
Ranma per tutta risposta soffiò come un gatto particolarmente aggressivo, cosa che mai aveva fatto ad Akane. Quest’ultima stava per cedere ai nervi e mettersi a urlare, quando Ryoga le si affiancò con cautela.
“Forse ho capito perché è così spaventato” sussurrò, poi fece cenno al Dottor Tofu di avvicinarsi. “Dottore, mi aiuti a prenderlo di sorpresa. Akane, tu sta calma e continua a chiamarlo e distrarlo. Ok?”
Akane annuì, poi Ryoga e il dottore si allontanarono pian piano cercando di non farsi notare da Ranma, visibilmente alterato. I due temerari si posero ognuno a un lato del Ranmagatto imbizzarrito, il quale per loro fortuna era più che distratto da Akane che stava ancora vanamente cercando di ricondurlo a una sembianza di ragione. Ryoga spiegò a gesti il suo piano al dottore: un semicerchio e uno zompo, che significava "lo circondiamo e gli saltiamo addosso".
La trappola venne tesa e, con discreta sorpresa di un po' tutti, riuscì perfettamente: Ranma venne placcato da entrambi i lati e ridotto all'impotenza, nonostante i miagolii di protesta e i tentativi di graffiare gli aggressori. Nel muoversi così scoordinatamente mostrò il motivo di tutta questa aggressività: il suo piede sinistro era insanguinato, qualcosa ficcato in profondità nel tallone. Data la posizione era più difficile da scorgere da davanti, ed era per questo che nessuno se n'era accorto.
"Akane!" sbraitò Ryoga mentre tentava di tenerlo più fermo che poteva "ha una scheggia o comunque qualcosa nel piede! Credo sia per questo che è intrattabile!".
"Oh. Aspetta, vedo se riesco a toglierglielo".
"Fai in fretta, ti prego! È quasi peggio del toro meccanico!".
"Tragico".
L'operazione fu problematica, data la scarsissima collaborazione del paziente, ma un po' di tempo e di cocciutaggine dell'infermiera Tendo ottennero i risultati sperati e presto si trovò in mano il corpo del reato, per metà tinto di rosso.
Ranma, liberato dalla sua fonte di agonia, tornò ad essere l'adorabile micione umanoide che sapeva farsi benvolere. Si liberò dall'ingombrante presenza di Ryoga e di Tofu, senza però essere ostile, e non appena vide Akane le saltò addosso per farsi accarezzare.
"Bravo gattino, bravo. Così sì che ci piaci" disse lei, sorridente, dopo essersi disfatta della scheggia. Teneva la sua testa sul grembo e lo accarezzava, ricevendo in cambio delle fusa di piacere che le davano un certo qual brividino.
"Ogni volta che la vedo questa cosa mi lascia sempre di stucco" commentò il dottore di fronte alla scenetta, sistemandosi meglio gli occhiali.
"Oggi sono circondata da attori drammatici, pare" rispose fulminea Akane, che non aveva poi tutta questa voglia di venire presa in giro. Che lui si stesse riferendo solo alla trasformazione felina di Ranma, senza includere anche le successive coccole, a lei non venne proprio in mente.
Ci mise un po' ma finalmente, circa una ventina di minuti dopo, Ranma tornò in possesso di sé.
"Questo mal di testa lo riconosco" esordì tirandosi in piedi "è quello tipico che mi viene quando smetto di essere gatto...".
"Già" confermò per lui la fidanzata "E non solo, questa volta eri pure un randagio con la rabbia".
"Addirittura?".
"Eh sì. Guardati un po' il piede".
"Uh. Non ricordavo di essermi ferito. Ma in compenso ricordo un'altra cosa...".
"E sarebbe?".
"Il modo per sconfiggere le amazzoni".
   
 
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