NOTA
DI INIZIO CAPITOLO: attenzione, questo capitolo è
leggermente pornografico XD
“Dentro
qualche cosa urla e canta:
è ancora calda, nella mutanda!”
(10 piegamenti, T.Ferro)
I
Grifondoro rientrarono dal campo di Quidditch
stanchi e sudati.
Avevano appena affrontato un altro estenuante allenamento e
desideravano
soltanto buttarsi su un letto e farsi una bella dormita.
Il loro capitano li faceva allenare fino allo sfinimento, con vento,
pioggia o
neve, non importava. Almeno la prossima vittoria sembrava assicurata.
James
si buttò su una panchina, con indosso solo i
boxer, e chiuse un attimo gli occhi appoggiando la testa sul muro
dietro.
Ma chi glielo aveva fatto fare di entrare nella squadra?
Ah, giusto, suo padre. Gli occhi gli brillavano sempre quando diceva
che gli
sarebbe piaciuto veder giocare almeno uno dei suoi figli e lui non
voleva
dargli questa delusione. Così l’anno scorso aveva
deciso di provarci e
l’avevano fatto entrare nella squadra.
E poi non se la cavava male, soltanto che gli veniva una scaga tremenda
ogni
volta che vedeva un bolide venirgli incontro. Ma almeno
si era fatto un po’ di muscoli
lanciando la pluffa.
I
suoi compagni di squadra stavano facendo un
chiasso terribile, così decise di cambiarsi anche lui; non era una buona idea
addormentarsi lì.
Quando,
però, riaprì gli occhi per poco non gli
venne un colpo. I suoi compagni di squadra erano quasi tutti nudi, nudi
nel
vero senso della parola, così come mamma li aveva fatti.
Essendo tutti maschi
di certo non si preoccupavano di nascondere le loro parti intime e
nemmeno
James si vergognava di queste cose o si preoccupava della pudicizia, da
piccolo
con sua sorella stava anche nudo e lo faceva liberamente anche adesso,
però…
però, c’è qualcosa che non andava nelle
sue parti basse, sentiva qualcosa
premere contro i suoi boxer e non era un buon segno.
Abbassò lo sguardo vedendo ciò che sospettava: un
rigonfiamento lì dove in quel
momento non ci doveva essere.
Si
voltò in direzione del muro e cominciò a
rivestirsi in fretta e furia, prima che i suoi amici notassero
qualcosa. Indossò
i jeans e la felpa, cercando di abbassarla il più possibile.
Ma stava
diventando sempre più fastidioso.
Afferrò la sua borsa e si diresse alla porta.
“James!”
lo chiamò qualcuno da dietro, ma lui era
già troppo lontano.
Era
arrivato nel suo dormitorio praticamente di
corsa.
Per fortuna che la stanza era vuota.
Si spogliò in fretta e si infilò nella doccia,
chiudendo le tendine. Lasciò
scorrere l’acqua regolandola un po’ e
aspettò di essere completamente bagnato. Poi
se lo prese in mano e cominciò a masturbarsi, senza riuscire
a togliersi dalla
testa l’immagine dei corpi nudi dei suoi compagni di squadra.
Ma
che gli stava succedendo?
Che diamine gli stava succedendo?
Alcune
lacrime cominciarono a scendergli lungo le
guance, mischiandosi all’acqua della doccia. Quando
finalmente venne, si pulì
la mano e continuò a lavarsi.
Prima di uscire dalla doccia, una volta finito, si asciugò
le lacrime e cercò
di calmarsi, di scordarsi quello che era appena successo.
Ritornò
nella stanza ancora con i capelli bagnati,
ma proprio in quel momento arrivò anche Nico, probabilmente
di ritorno dagli
spogliatoi.
“Ehi,
James. Sei scappato prima. Ti avevo chiamato,
ma…”, cominciò l’amico,
poggiando la sua borsa sul letto.
“Ah
sì? Scusa, è solo che… dovevo fare una
cosa”.
“Ma
stai bene?” gli chiese Nico, accorgendosi che
l’altro
non lo stava guardando e che aveva le guance un po’ arrossate.
“Sì,
sì, sto bene… sono solo un po’
stanco”.
“Già,
gli allenamenti sono duri, però ne vale la
pena. Il Quidditch è uno sport magnifico”.
“Sì,
è vero”. James non si accorgeva nemmeno di
quello che stava dicendo. Si era vestito, aveva messo a posto la roba
da
Quidditch, aveva sistemato il letto e tutto pur di non guardare
l’amico.
Nico nel frattempo si era buttato sul letto e aveva iniziato a leggere
un
manga.
Vicoire
si trovava nell’aula di Erbologia ad
annaffiare alcune piante. Si trattava di un tipo particolare di fiore
che cresceva
solo se riceveva tanta acqua e poteva diventare alto anche alcuni
metri. Per ora
era spuntato fuori solo un corto stelo verde con alcune foglie e il
professor
Paciock, di Erbologia, aveva affidato ai suoi studenti del terzo anno
il
compito di annaffiarlo tutti i giorni, a turni.
Quel giorno toccava alla giovane Weasley. La grifoncina non era una
gran
appassionata di Erbologia, però svolgeva i suoi compiti
cercando di fare del
suo meglio e l’insegnante aveva detto che quel compito
avrebbe pesato sul loro
voto finale.
“Ciao,
Vicky!” la salutò qualcuno dalla porta. La ragazza si
voltò incontrando gli occhi
castani e il sorriso dolce di Ted. Indossava ancora la divisa
scolastica,
nonostante le lezioni fossero già finite, e quel giorno
aveva i capelli di un
bel blu cobalto.
“Ciao,
Ted!” ricambiò lei, facendo ondeggiare la sua
lunga chioma bionda. Continuò però ad annaffiare
le piante, con molta calma. Il
ragazzo la raggiunse e si sedette sul tavolo dietro di lei.
“Il
professor Paciock vi fa lavorare parecchio?”
“Abbastanza,
però si vede che la sua professione gli
piace”.
“E
tu, hai mai pensato che cosa fare da grande?” le
chiese il ragazzo.
“E’
ancora presto per pensarci e comunque non ne ho
la minima idea. E tu?”
“Mi
piacerebbe curare gli animali”.
“Sì,
secondo me saresti bravo. E poi ti piacciono”. La
ragazza mise giù l’annaffiatoio e si
asciugò le mani sui pantaloni. “Bene, ora
possiamo andare”, concluse.
Ted
scese dal tavolo e porse un braccio all’amica
come un vero cavaliere. Lei infilò sotto il proprio e
insieme si diressero
verso il corridoio.
Alex
aveva abbandonato la biblioteca da qualche
minuto ma teneva ancora alcuni libri sottobraccio. Non sapeva proprio
come
avrebbe superato i G.U.F.O quell’anno, la sua voglia di
studiare era pari a
zero, per non dire di meno.
Andò
in cortile, sperando di rilassarsi un po’ nell’aria
fresca. Novembre era alle porte ma non faceva ancora particolarmente
freddo. Le
foglie, comunque, avevano già iniziato a tingersi di rosso e
giallo e a
staccarsi degli alberi finendo per terra dove, sotto i piedi di qualche
passante, venivano schiacciate o alle volte raccolte.
“Alex!”
la chiamò qualcuno. La ragazza si voltò
verso la voce e subito vide Caleb che le correva incontro. Lei rimase
ferma lì,
ma emise un sospiro di frustrazione. Non aveva molta voglia di parlare
in quel
momento.
“Ciao, tesoro”, la salutò il ragazzo
quando l’ebbe raggiunta.
“Ciao”,
ricambiò lei di malavoglia, alzando gli
occhi al cielo. Detestava quando la chiamavano tesoro
e glielo aveva ripetuto mille volte. Certe volte i ragazzi
erano così sordi. O forse cocciuti.
“Come
stai?” le chiese lui.
“Bene,
tu?”
“Tutto
bene”.
Alex
lo guardò intimandogli con lo sguardo di dire
quello che voleva, ma lui se ne rimase semplicemente zitto. Anzi, le
spostò una
ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio.
“Che
cosa ti serve, Caleb?” gli chiese lei allora.
“Niente”,
rispose lui scrollando le spalle. “Volevo
solo salutarti. È vietato?”
“Non
ho voglia di fare sesso adesso se è questo che
vuoi”.
“Infatti
non era questo che volevo”.
“Ah
no?”
“Possibile
che tu pensi sempre al sesso?” si
spazientì il ragazzo.
“Guarda
che sei tu quello che ci pensi”.
“Be’,
in questo momento non ci stavo proprio
pensando”.
“Sicuro?”
“Ok,
forse un po’”, ammise infine Caleb.
“Comunque
non era mia intenzione chiederti di farlo. Ho mille altre ragazze, non
solo te”.
“Bene,
allora vai da loro. Non ho voglia di parlare
con te ora”.
“Ma
perché sei sempre così acida? E va bene,
ciao”. Non
le lasciò il tempo di dire niente che corse via, di nuovo
dentro al castello.
Alex
proseguì per la sua strada chiedendosi se fosse
stata un po’ scorbutica con Caleb. Scosse la testa e decise
di lasciar perdere.
Ma che le fregava, dopotutto non erano amici, solo compagni di letto.
Poteva
trattarlo come voleva.
Sally
prese il libro che le serviva da uno scaffale
e tornò a sedersi al suo tavolo. La biblioteca non era molto
affollata
quel giorno e
Madame Pince non doveva
intimare ogni due minuti a qualcuno di fare silenzio.
Lanciò
un’occhiata agli altri tavoli. Tutti gli
altri erano seduti in gruppetti, chi studiando in silenzio scambiandosi
qualche
chiacchiera ogni tanto e chi aiutandosi a vicenda nel fare i compiti.
Lei era l’unica
seduta sola soletta.
Studiava meglio da sola, si diceva, così nessuno la poteva
distrarre. Però ogni
tanto un po’ di compagnia le sarebbe piaciuta. Ma sembrava
che nessuno volesse
stare con lei, nemmeno le sue compagne di stanza. Be’, le sue
compagne di
stanza in ogni caso erano antipatiche, nemmeno lei le voleva
frequentare. Per quanto
riguardava gli altri studenti di Hogwarts non li conosceva
granché, sebbene
fosse lì da quasi cinque anni ormai. C’erano i
suoi cugini, Alex e James, però,
ma Alex era troppo scorbutica e di poche parole, di sicuro non una
buona
compagnia con cui passare del tempo e con James… con James
era strano. Le
piaceva stare con lui, anche semplicemente per fare i compiti,
però non avevano
molte cose di cui parlare non avendo quasi niente in comune. E poi lui
se ne
stava quasi sempre con Nico a parlare dei manga. Una volta lei ci aveva
anche
provato a leggerne uno, ma veramente, non riusciva nemmeno a capire da
che
parte leggerlo.
Il che le dispiaceva.
E poi c’erano Ted e Vicky. Ma Vicky le stava antipatica,
anche se la povera
ragazzina non le aveva fatto niente. Era così, a pelle.
Sarà per colpa di quel
suo visino di porcellana, per quegli occhi azzurri come il ghiaccio e i
capelli
lisci e biondi, quasi dorati. A soli tredici anni poteva dire di essere
la più
bella della scuola. Mentre Sally, accanto a lei, si sentiva goffa e
impacciata.
La
ragazza sbuffò e provò a riconcentrarsi sul tema
di Trasfigurazione.
James
era salito fino alla Guferia e si era seduto
su uno scalino, vicino alla finestra. La stanza era vuota in quel
momento, be’,
fatta eccezione per i gufi.
Pensò di scrivere
una lettera ai
genitori, ma non aveva né carta né penna. Magari
a loro avrebbe potuto
raccontare quello che gli era successo quel giorno e che non riusciva a
scordarsi. Forse avrebbe saputo dirgli cosa gli stava succedendo.
Ma no, ma no! Cosa gli saltava in testa? Certo che non poteva dirlo ai
suoi. Non
voleva dirlo neanche a se stesso. Perché
un’ipotesi se l’era fatta, ma era
troppo terrificante per accettarla.
Si
passò una mano sul viso e cercò di pensare a
qualcos’altro. Forse se si distraeva in qualche modo tutta
quella brutta storia
se ne sarebbe andata dalla sua mente.
Mah.
MILLY’S
SPACE
Salve
gente!
Ok, tiratemi pure i pomodori e tutti i broccoli che volete. Lo so, sono
enormemente in ritardo ma la scuola mi ha veramente portato via un
sacco di tempo
e sfibrata come non mai. Ma adesso che è finita finalmente
posso concentrarmi
sulle cose che mi piacciono.
E’ anche vergognoso che io mi presenti, dopo tanto tempo, con
un capitolo così corto
però questo è quello che la mia mente ha
partorito. In realtà, con questa
fanfic mi sono addentrata dentro un campo abbastanza ostico
perché non ci
saranno avventure, guerre o tutte quelle cose che abbiamo visto in
Harry
Potter, per cui sarà tutto un po’ più
tranquillo, ma non per questo
meno emozionante. Le vite dei
protagonisti non saranno certo prive di difficoltà e ho
già in mente un bel po’
di cosucce ^^.
Ma non vi anticipo niente.
Sulla
mia pagina Facebook
(https://www.facebook.com/MillysSpace)
entro
breve posterò le foto di James, Alex, Sally e Co per cui, se
volete vederle,
buttateci un’occhiata ogni tanto.
Grazie
dell’attenzione e buona serata a tutti,
Milly.
FEDE15498:
sì, credo che Hermione post parto non sia proprio
fantastica. Come ogni donna
dopotutto. Piaciuto questo capitolo? Che ne pensi? Fammi sapere. Baci.
PUFFOLA_LILY:
ammirarmi? Ma figurati, zia Row è molto più brava
di me u.u Anzi, il paragone
nemmeno esiste. Coooomunque… eccomi qua con questo capitolo,
in ritardo come
sempre ma meglio tardi che mai, no? Spero ti sia piaciuto. Un bacione.
P.S.
ho visto che stai seguendo la fic di Torchwood. Devo
dire che sono rimasta piacevolmente sorpresa, non me
l’aspettavo. Ma ti dirò
tutto quando l’avrò aggiornata, spero presto.