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Autore: Kuno84    28/12/2007    11 recensioni
“Biancanera! Come stanno i cuccioli? Vieni qua, bella!”
Accarezzò la cagnetta, che, uditolo, lo aveva accolto festante.
Il ritorno a casa di un Hibiki era sempre un evento.
[ Storia vincitrice del Secondo Concorso di Immaginaria. ]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryoga Hibiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HIBIKI NO UCHI
(CASA HIBIKI)


di Kuno84





Questa Fan Fiction ha vinto il Secondo Contest ufficiale di Immaginaria, indetto da Pé e Izumi, incentrato su drabble e flashfic (e sulla citazione riportata all’inizio). Cliccando sul testo colorato, potrete accedere al link del concorso e alle recensioni dei Giudici.
E' tutto. Ricordandovi, come di consueto, che luoghi e personaggi appartengono a Rumiko Takahashi, vi auguro una buona lettura e… buone feste!





“Non so dove vado,
non so cosa farò da grande
non so neanche cosa mi metterò domani mattina”.
Ciao tu, Masini-Piumini





Il giovane uomo stropicciò, ancora una volta, la carta che la mano libera dal carico impugnava da qualche ora.
Alzò lo sguardo. Il paesaggio gli pareva familiare.
Una delle abitazioni, in particolare, attirò il suo interesse.
Fissò i kanji della targhetta dell’ingresso.
‘Oh, ma è casa mia!’
Ebbene, ne avrebbe approfittato: aveva giusto bisogno di prendere qualche vestito di ricambio, inoltre doveva procurarsi una busta più grande per portare i souvenir.
Fino a poco tempo prima, la sua gli sarebbe bastata. Tuttavia, ultimamente, aveva preso l’abitudine di acquistare non uno, bensì due ricordini per viaggio: così, ora, la vecchia busta stava per rompersi dal peso.

Entrò.
“C’è qualcuno?”
Silenzio.
Nessun residente, nemmeno stavolta.
“Wof!”
Correzione. Nessun residente umano.
“Biancanera! Come stanno i cuccioli? Vieni qua, bella!”
Accarezzò la cagnetta, che, uditolo, lo aveva accolto festante.
Il ritorno a casa di un Hibiki era sempre un evento.

Salì le scale e trovò la sua camera. Posò la busta logora. Aprì l’armadio. Una serie di bandane maculate, tutte identiche, gli sfilò davanti.
‘Uhmmm, quale scelgo?’ si domandò, grattandosi la fronte. ‘Questa! Si abbina sicuramente meglio!’
Mentre la infilava, valutò gli acquisti compiuti. Akari avrebbe gradito il grembiule decorato con sagome di maialini che aveva comprato a Nagano, ne era certo. Più difficile si era rivelata l’altra scelta. Era normale, del resto: faceva regali ad Akane da molto più tempo e, nel suo caso, la fantasia cominciava a scarseggiare.
Alla fine, aveva optato per una specialità gastronomica. L’uiro di Nagoya… o era Shizuoka? Comunque, avrebbe sicuramente fatto la sua figura, quando l’avesse portato dai Tendo.
Eppure, ora si stava quasi pentendo della scelta a sfondo culinario. Forse perché qualcosa gli era rimasto indigesto. Aprì la mano ancora impegnata, dispiegò il foglio stropicciato. Lo rilesse.

Anche se giriamo il mondo in cerca di ciò che è bello, dobbiamo averlo già nella nostra casa: altrimenti non lo troveremo.’

Uno stupido aforisma. Di uno stupido biscotto della fortuna, che quella mattina gli era stato venduto da uno stupido venditore ambulante cinese. A dirla tutta, lui si era rivolto a quel vecchio semplicemente per avere un’indicazione: quello, lesto, gli aveva rifilato il dolcetto pretendendo, simultaneamente, il corrispettivo di duecento yen.

Scese in cucina e raccolse delle provviste da mettere nello zaino. Si arrestò. Già, la busta. Doveva essere nel ripostiglio.
Improvvisamente sbuffò, senza apparente nesso logico.
Come si permetteva, quel biglietto di carta?! Insinuava forse che chi viaggiava fosse un immaturo? Non valeva per lui. La sua dimora era deserta. Non aveva realmente una casa. Doveva cercare la sua meta all’esterno, lui!
Così aveva gridato al venditore ambulante, richiamando l’attenzione dei passanti.
Costui non si era scomposto. Aveva aggiunto semplicemente: “Casa è quella che la tua anima avverte come tale”, prima di dileguarsi. Lasciandolo solo con i suoi pensieri.



Uscì. Scosse il capo.
Aveva con sé la nuova busta. Ma un giorno, si ripromise, quella vecchia sarebbe di nuovo bastata: Ryoga l’avrebbe recuperata e si sarebbe diretto verso casa.
Solo, non era ancora il tempo.



Annotazioni finali:

(1) L’uiro è un dolce tradizionale nipponico fatto di zucchero e farina di riso. E’ una specialità di Nagoya.
(2) L’aforisma, in realtà, è di Ralph Waldo Emerson. Io l’ho un po’ modificato.



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