Sono
tornataaaaaa!
Mio
Dio ragazzi non sembra possibile nemmeno a me! Mamma quanto tempo è
passato!
Mi
dispiace, mio nonno ha avuto molti e gravi problemi di salute e per un bel po’
ho dovuto sopportare un bel po’ di stress! Ma adesso diciamo che la situazione
si è un po’ normalizzata ed io posso tirare un bel sospiro di sollievo! Sono
davvero desolata per tutto il tempo che è passato dal mio ultimo aggiornamento,
avrete pensato che la storia sarebbe rimasta senza una conclusione… ma io
mantengo fede alle mie promesse e quindi eccomi qui!
Prima
di passare ai meritatissimi ringraziamenti, vorrei dirvi che per me questo
capitolo è stato molto difficile da scrivere. Un po’ perché è l’ultimo, il che
mi causa sempre problemi, un po’ perché ci sono state scene e pezzi che non
sapevo come interpretare, spero davvero di aver lasciato tutti IC, mi sono
impregnata al massimo affinché sia così.
Spero
quindi che non mi facciate mancare i vostri commenti, sono preziosi come
l’oro!!
Prima
di iniziare vorrei ringraziare di cuore tutte le persone gentili che mi hanno
dimostrato tanto appoggio lasciandomi un commento sul capitolo avviso:
Giadina990
,Tensi,Nassla
, _Eleuthera_ , Black_kisses_, LillySparrow, EriS_SaN, Gaki
Grazie!!
E
naturalmente un bacio enorme anche a coloro che hanno commentato il precedente
capitolo:
LillySparrow
(amica mia, quanto tempo! mi dispiace per non averti risposto alla mail
purtroppo mi si sono accavallate un po’ di cose da fare e poi alla fine è andata
così.. comunque saperti vicina mi ha fatto davvero tanto tanto piacere, grazie
ti voglio bene!!^^) Sisya, LauraSparrow, Apple( amica, ci
ritroviamo sempre io e te!^^)Blak_kisses_ (Grazie mille per le tue belle
parole.. mi hai lasciato a bocca aperta!) MellyVegeta, Luluzza,
_Eleuthera_ (Grazie davvero tanto per i complimenti!) Gloria85,
Chantal
Avrei
voluto rispondere per intero alle recensioni di tutti, ma purtroppo il tempo
stringe e vorrei lasciarvi al capitolo, avete aspettato
tanto!
Un
bacio, spero veramente che la conclusione vi piaccia.
Buona
Lettura,
Diomache.
Darkness and
Starlight
Capitolo IX: A Good Man
–part two.-
<<
Lasciarsi illudere, diranno I saggi, non è bello.
Non
lasciarlo fare, dico io, è ancora peggio.
Chi
crede che la felicità dell’uomo dipenda dalle circostanze reali è completamente
fuori strada: dipende dall’opinione che si ha delle cose.
La
felicità sta in quel che si crede. >>
Elogio
della Follia. Erasmo da Rotterdam.
Bloccata.
Si
sentiva esattamente bloccata come sospesa in un limbo, un limbo oscuro che era
quella stiva, indecisa tra il salire le scale che l’avrebbero portata sul ponte
o restare lì, in balia dei suoi pensieri e delle oscillazioni della nave.
La
marina Britannica. Quasi non riusciva a crederci.
Aveva
pensato che quel giorno non sarebbe mai arrivato.
Inconsciamente
e forse anche stupidamente, aveva pensato di essere al
sicuro.
La
Perla Nera, il tesoro di Cortes, le leggende, gli intrighi a bordo e l’amore
stesso che provava per quel depravato di un pirata avevano finito per farle
dimenticare la spada di Damocle che pendeva sul suo capo.
Il
pensiero della flotta, di suo padre e di tutta la nobiltà inglese che chiedeva
il sangue di un’assassina era scivolato via dalla sua mente con una
superficialità di cui francamente non si riteneva capace.
Ed adesso la Marina Britannica era lì,
imponente, maestosa e terrificante. Non si sentiva pronta per vedere quelle grandi
vele bianche, la bandiera inglese che troneggiava sopra l’albero maestro e
sentiva un nodo al cuore solo al pensiero di dover vedere altro, come lo sguardo
di qualche soldato… di James Norrington per esempio… o peggio ancora quello di
suo padre…
Il
vociare forte dei soldati che annunciavano il rapido avvicinamento della nave
nemica la distolse da tutti i suoi pensieri.
“è l’Interceptor!”
gridava qualcuno con la voce tinta di timore e rispetto insieme. Quel nome così
familiare suscitò in lei un turbine di pensieri e di emozioni che la spinse a
compiere il grande passo e a salire in fretta quelle scale.
Non si curò del forte
vento che imperversava e mitigava un sole quasi accecante perché i suoi sensi
erano tutti attirati da quella grande calamita che era l’Interceptor, la nave
che l’aveva vista nascere e crescere...
“JACK SPARROW!” Il grido forte di un uomo che si sporgeva
dall’Interceptor con lo sguardo fiero, acuto e l’uniforme inglese si elevò sopra
la confusione. Era sconvolto dal vento che gonfiava impetuoso le vele delle due
navi spingendole e sballottandole al ritmo del mare che si stava rapidamente
ingrossando.
Il cielo era grigio e
gravoso come lo sguardo del capitano inglese ma allo stesso tempo anche fiero e
spavaldo come quello dell’americano, di Sparrow, che si era fatto avanti e con
un gesto quasi teatrale aveva allargato le braccia verso il suo interlocutore.
“Ci conosciamo?”
domandò con la finta allegrezza di una fanciulla che vuole allontanare uno
spasimante poco gradito.
Serpeggiarono risa tra
i pirati. L’unica a non condividerle era lei, che se ne stava un po’ in disparte
con gli occhi bassi, le mascelle serrate per l’agitazione e i denti che
premevano impietosi sulle sue labbra.
“Miss Smith...- la
voce bassa di Turner la colse alla sprovvista.-
nascondetevi.”
Evelyne sapeva che
quella sarebbe stata la cosa giusta da fare. Ma non riusciva ad allontanarsi da
lì. Sarebbe stato così facile entrare in cabina e chiudere gli occhi sotto le
coperte… eppure non ci riusciva e si odiava per questo.
Perché si sentiva
incollata al pavimento come se il legno della nave le trattenesse i piedi e il corpo fosse immobilizzato
dall’abbraccio forte del vento.
Perché la tentazione e
al contempo la paura di vedere suo padre era troppo forte. Si sentiva come
quando da bambina si trovava di fronte ad una scena brutta: si copriva la mano
con gli occhi, ma poi sbirciava tra le dita.
Il capitano inglese,
Letray, uomo che lei conosceva bene, signore distinto, lucido e bellicoso
rispose al pirata con la stessa sfrontatezza. “No non ancora capitano! Infatti
manca giusto il vostro scalpo alla mia personalissima
collezione…”
“Oh, che peccato non
potervi aiutare…” con un gesto
quasi inconsapevole Jack si toccò titubante l’attaccatura dei
capelli..
“Non fa nulla!- gridò
l’altro.- credo che rimedierò molto presto.”
“Bene.- la voce
autorevole e competente di Barbossa si fece sentire tra il gruppo. Subito dopo
l’uomo emerse dal mucchio indistinto dei suoi uomini e si affiancò a Sparrow. –
fa sempre piacere ammazzare un po’ di Inglesi..”
“O schiavizzarne
altri.” Questa volta però non proveniva affatto dal Capitano Letray, bensì da un
uomo appena comparso sulla sua sinistra.
“James Norrington.”
Sussurrò piano Evelyne, accennando un sorriso.
Questi sguainò la
spada e la puntò contro i loro nemici. “Sappiamo che tenete in ostaggio Evelyne
Jane Smith.”
Gli occhi di tutti gli
uomini furono improvvisamente su di lei.
“Effettivamente..- la
voce di Sparrow suonò di nuovo ironica.- le siamo molto affezionati, ci mancava
un tocco femminile.. avrete notato, credo, che bel ponte lucido…” Gli uomini
della Perla risero tutti lasciando intendere agli inglesi qualcosa di recondito
e lascivo che fece innervosire Norrington.
“Sapete la giovane è
molto cara anche a noi” interloquì Letray prima che Norrington potesse farlo.
“Anche se la vostra nave è la collocazione giusta per una assassina, la
signorina Smith deve ritornare in Inghilterra dove avrà un ulteriore
processo...”
Si insinuò
l’incredulità tra i pirati, la giovane sentì sulla pelle le occhiate strane,
altre curiose. Molti annuivano perché ci avevano giurato che era una poco di
buono, altri sorridevano fieri, molti però digrignavano i denti perché quella
donna non solo aveva infiacchito l’animo del loro capitano ma stava
rallentando la loro missione con quest’intoppo e volentieri l’avrebbero vista
appesa con il cappio al collo.
L’Isla de Muerta era
ogni minuto più lontana per loro e più vicina per Gattopardo e i
suoi.
Barbossa inarcò un
sopracciglio. In cuor suo non poteva nemmeno sperare che le cose andassero
meglio.
“Vi offriamo un
cambio, signori.- il capitano parlava più piano ora, sicuro che tutti, comunque,
l’avrebbero ascoltato attentamente. – infondo noi vogliamo solo la gentile
signorina Smith.”
Il gigante nero
scagnozzo di Barbossa prese Evelyne per un braccio e la trascinò di peso fino ad
arrivare alla sinistra di Sparrow, ben visibile da tutti.
“Tre mesi.- continuò.-
tre lunghi mesi di tregua, signori.”
Era una richiesta
troppo grande, troppo vantaggiosa perché i pirati potessero rifiutarla.
Sparrow spalancò gli
occhi. “Tregua. È una parola difficile da capire: vuol dire tregua, tregua
o...”
“Vuol dire che se
starete alla larga dalle coste dell’Inghilterra noi non alzeremo dito.” Ribadì
il soldato incrociando le braccia. “Ovviamente mi serve la vostra parola. Noi vi
offriamo la possibilità di far ciò che volete nel mondo alla sola condizione.-
sottolineò la parola sola con la maestria di un demagogo.- che voi navighiate
lontano dall’Inghilterra. E naturalmente rivogliamo indietro la signorina
Smith.”
Quasi nessuno poteva
credere a ciò che udiva. Quella ragazzina che si erano accodati era così
richiesta che per tre mesi l’Inghilterra avrebbe anche potuto chiudere un occhio
su quanto accadeva nei Caraibi?
Il signor Gibbs si
lasciò andare ad un piccolo esulto e con lui gran parte della popolazione pirata
della nave.
“Saccheggi, rapine…”
Raghetti era a dir poco emozionato.
“E non solo..-
continuava il compare, Pintel,- tesori, gioielli…”
“Potrei comprarmi un
occhio nuovo!”
Evy sentiva quei
discorsi, quelle parole e tutto ciò la trapassava come una piccola spada
affilata. Il suo destino era quindi quello di ritornare sull’Interceptor, tra la
sua gente, poi in Inghilterra, a casa sua, e quindi in tribunale e un nuovo
processo. Si accorse che non aveva nessuna importanza la sentenza. Anche se
l’avessero assolta non sarebbe cambiato poi molto.
Dopo l’esperienza
sulla Perla.. dopo Jack.. non sarebbe stata più la stessa persona.
Istintivamente i suoi
occhi andarono su di lui e s’accorse che il suo sguardo la stava fissando già da
parecchio. Le sorrideva con quel che di enigmatico e di seducente che lei aveva
da sempre adorato in lui.
“No.”
La voce del Capitan
Sparrow ebbe il potere di zittire tutti quasi immediatamente. Lo aveva detto
senza staccarle gli occhi da dosso, fregandosene delle esultanze degli altri,
fregandosene dello sguardo tagliente e soddisfatto di Barbossa.
La giovane spalancò
appena le labbra e sgranò gli occhi, incredula. Era impazzito??
Il capitano inglese
inarcò le sopracciglia e tutta la ciurma spalancò la bocca, in un incredulo
“Cosa?”
Jack tossicchiò
leggermente, si schiarì la voce e ribadì il suo “No” agli Inglesi.
“No, noi non
accettiamo. Perché…- i suoi occhi
trovarono per un istante quelli di Evelyne che gli lanciavano fulmini per lui
inspiegabili.- … perché non sono uno sciocco. Sono il Capitan Jack Sparrow e so
che questi gentili signori ci stanno allegramente prendendo per
il...”
“Bada alle tue parole
pirata.- la voce di Letray suonò stridula come lo strisciarsi tra due coltelli.-
tra me e te sei tu il pirata, quindi è la mia parola che vale di
più.”
“Mi sembra
ragionevole..” commentò il signor Gibbs con una alzata di spalle.
“Davvero? Beh a me non
sembra affatto che lo sia.- iniziò Sparrow con un piglio quasi offeso.- credete
forse che sua maestà Interceptor, Duntless e tutte le santissime bagnarole del
re ci daranno carta bianca per scorrazzare felici e tranquilli sulle loro
colonie? Io dico di no. Dico invece.- ricominciò gesticolando.- che questi
signori prima vorranno il nostro ostaggio, poi ci dichiareranno guerra e
dovremmo sprecare preziose palle di cannone per ammazzarli. E avremmo perso il
nostro ostaggio. E una buona dose di tempo il quale, signori, è altresì molto
prezioso. Allora, dico io, perché non ammazzarli subito? Sì, sprecheremo sempre
le nostre preziose palle di cannone, ma non perderemmo meno tempo che
sprecandole dopo aver accettato e ceduto il nostro
ostaggio?”
“Craa vento alle vele,
vento alle vele!” svolazzò Cotton e Jack, compiaciuto, si voltò verso di lui,
giungendo le mani a mo’ di preghiera. “Grazie mille..”
“Rifiutate, dunque?”
il tono dell’inglese preludeva la battaglia.
Jack inarcò un
sopracciglio. “E poi.- continuò.- non vi sembra strano? Tanto ardore per una
donna…” Evy inarcò un sopracciglio ma lui non se ne curò affatto. “è
un’assassina graziosa ma è per sempre un’assassina. L’Inghilterra è disposta a
tanto solo per un’assassina? Non credo proprio. Allora, qui le cose sono due. O
questi inglesi oltre ad essere dei molluschi, sono anche tutti eunuchi…
opp..”
“Jack ha ragione!” La
voce di Sputafuoco fu quanto meno provvidenziale. “Non possiamo fidarci di
questi sporchi inglesi!” concluse sputando a terra.
Barbossa in un angolo
sorrideva.
Jack fece cenno a
Gibbs di dire qualcosa pure lui. L’uomo sugli inizi sembrò non capire poi però
all’ennesima occhiata afferrò il messaggio e con aria piuttosto incerta e la
bocca amara per il fallimento dell’accordo, urlò anche lui. “Si!! Ha ragione il
capitano!”
Fu una piccola
reazione a catena, piano piano tutti iniziarono lentamente ad annuire e a fare
cenni d’assenso, parallelamente a ciò che avveniva nella nave inglese dove il
capitano, nervoso per il suo fallito tentativo di mediazione, interruppe il
mormorio dei suoi soldati.
“Come desiderate
bastardi… -ringhiò- Uomini ai cannoni!!!!”
“Orsù gente- gridò di
rimando Sparrow.- che inizi la musica!”
Non occorse dire
altro. In pochissimo tempo si scatenò esattamente la tremenda musica dei cannoni
che sparavano e le palle di metallo che si infrangevano nel legno della nave
alzando nubi di schegge. Intanto il mare s’ingrossava per effetto di quel vento
disastroso che non accennava a diminuire e che agitava le imbarcazioni menandole
a destra e a sinistra come dei burattini nelle sue grandi grinfie blu.
Ma se l’ondeggiare
della nave non faceva smettere lo sparare continuo dei cannoni, rendeva invece
molto difficile puntare con il fucile. Mirare era pressoché impossibile a causa
del movimento ondulatorio della Perla e si rischiava di sprecare solo tempo e
munizioni.
“Dannazione…” imprecò
il capitano gettando il fucile a terra dopo l’ennesimo colpo che invece che
conficcarsi su quel dannato Letray centrava in pieno l’albero maestro.
“Capitano!” Gibbs lo
raggiunse sulla destra, trafelato e preoccupato. “Le munizioni stanno finendo e
il tempo sta peggiorando, signore!”
“Questi inglesi mi
hanno stancato, leviamo le tende!” ordinò prendendo velocemente la bussola dal
taschino e cercando la rotta da seguire per l’Isla de Muerta.
L’ago di ferro roteò
velocemente poi puntò sud-ovest. Jack alzò gli occhi e vide che gli Inglesi
erano proprio in quella direzione.
“Che rotta capitano?”
domandò il signor Gibbs faticando a farsi sentire per il vento e tutto il resto.
Sparrow richiuse
velocemente la bussola, l’agitò per bene e la riaprì di botto. Di nuovo
sud-ovest.
Beh? Era impazzita?
Lui voleva l’Isla de Muerta non andare dritto verso le fauci della Marina
Britannica. I suoi occhi seguirono quella strana direzione e vide poi che non
c’erano solo gli inglesi da quella parte. Alla sua sinistra c’era anche Evelyne,
accovacciata e nascosta, con le mani sopra le orecchie, gli occhi chiusi e
stretti come quelli di una bambina cresciuta troppo in fretta.
Sorrise appena e
riprovò una terza volta. Come se la bussola avesse capito solo ora verso quale
direzione non il cuore ma la ragione del capitano premeva in quel momento, segnò
rapidamente direzione est.
“Est!”
Il fragore assordante
di un tuono irruppe nell’aria proprio in quell’istante, accompagnato
dall’ennesima oscillazione della Perla che fece perdere l’equilibrio a tutto e
tutti per cui in pochi istanti i pirati si ritrovarono con il sedere a terra.
Sul pavimento della Perla rotolava di tutto, palle di cannone, proiettili e
perfino l’occhio di Raghetti che disperatamente lo rincorreva da un lato
all’altro della nave.
La Perla iniziò a
muoversi ma proprio in quell’istante videro che gli Inglesi attaccavano di nuovo
e questa volta con un arrembaggio: decine di corde trasportavano veloci gruppi
di nemici sulla loro nave.
“Tiro al bersaglio,
gente!!” sogghignò Barbossa mentre centrava decine di inglesi, sotto le risa
generali. Ci fu parallelamente uno sguainare di spade e il combattimento corpo a
corpo tra inglesi ed americani, tra soldati e pirati.
Tutti si battevano con
spade, lancie, pistole a mo’ di clave perché scariche mentre Jack se ne stava
placidamente al timone a tenere la nave che altrimenti sarebbe stata sballottata
dal vento e dal mare. Poi, ogni tanto, quando qualcuno si avvicinava, gli
sparava con la nonchalance di quando si ammazza una mosca
fastidiosa.
Evelyne lo osservava
dal suo nascondiglio e se non fosse stato per la distanza, avrebbe creduto
persino che fischiettasse.
Ci fu l’ennesimo tuono
e un’onda più grande delle altre, che investì la Perla, facendola riempire
d’acqua salmastra che inondò i due schieramenti. Anche Evelyne si trovò nella
mischia, senza nemmeno accorgersi di com’era accaduto.
Subito si adoperò per
rialzarsi, si puntellò sulle ginocchia, si sfregò gli occhi per cercare di
vedere qualcosa ma non appena riuscì a rizzarsi in piedi si sentì afferrare
velocemente da qualcuno e potare via, lontano.
S’accorse realmente di
ciò che stava accadendo solo quando rimise piede sulla nave. Ma non sulla
sua nave, la Perla. Sull’Interceptor.
Sia Jack che Gibbs
avevano visto il rapimento. Rapimento? Beh, insomma, quello che era.
“Dannazione.” Commentò
il pirata sgozzando un inglese. “Bisogna andarla a riprendere,
capitano?”
“Ci andremo tutti!-
sorrise Sparrow.- uomini andiamo a fare una visita agli uomini di sua maestà!
All’arrembaggio!”
“Nooo!” gridò Evy
divincolandosi dall’uomo che l’aveva rapita, dirigendosi verso il bordo della
nave dal quale vedeva la Perla in subbuglio dal
combattimento.
“Evelyne, ferma.”
L’uomo la prese forte per un polso e la costrinse a voltarsi verso di lui.
Era
James.
“Che hai fatto?” gli
urlò contro, battendo i pugni sul suo petto. “Sei impazzito, che hai
fatto?”
L’uomo riuscì ad
immobilizzarla in un paio di mosse e le sussurrò all’orecchio, in modo che gli
altri non potessero sentire. “Evy, Evy, tuo padre ha chiesto la grazia per te,
l’ha chiesta al Re! Non lo sa ancora nessuno ma stai tranquilla, non
morirai!”
La ragazza si
distanziò da lui e James vide bene che nonostante le sue parole l’odio nei suoi
occhi blu non era diminuito affatto. “Evelyne..” sussurrò, confuso, poi non
resistette e l’abbracciò forte, come ai tempi passati, quando lei era la ragazza
di suo fratello. Anche lei lo strinse ma fu per pochissimi istanti perché furono
presto investiti dal fragore dei pirati che piombavano su di loro.
Norrington affidò
velocemente Evelyne ad un suo sottoposto. “Presto! Portala nei miei alloggi,
corri! E avverti suo padre!”
L’uomo l’immobilizzò e
cercò di condurla via ma Evelyne si dimenava urlando come una leonessa. Riuscì a
mollare una gomitata al suo carceriere e vide stupefatta che quello crollava a
terra, stecchito. Poi, voltandosi, scorse Jack che soffiava via il fumo dalla
pistola.
“Signorina Smith.-
sorrise mentre teneva nella destra una corda.- la vostra carrozza è
arrivata.”
Esultando, sotto gli
occhi increduli di Norrington, Evelyne si precipitò verso il capitano pirata,
circondò il suo corpo con le braccia e si lasciò condurre via, sospesa a
mezz’aria, finché non si ritrovò sulla Perla di nuovo.
Vide che quasi tutti i
bucanieri piombati sull’Interceptor erano tornati indietro, mentre sulla nave
pirata c’era ancora qualche soldato inglese.
“Allora - gridò Jack
recuperando il suo cappello tra gli uomini in lotta.- su, che questa brezza ha
cominciato a stancarmi! Cazzate a babordo!”
Alla faccia della
brezza, quel vento iracondo s’ingrossava sempre di più e minacciava di
cappottarli davvero. Ma Barbossa non si dava per vinto gridava nel vento con la
voce forte di un generale.
“Alzate l’ancora di
tribordo, cazzate a babordo, abbassate le vele altrimenti il vento ci sbatterà
su un lato, branco di idioti” gli uomini eseguivano faticosamente e lui in
quattro balzi s’appropriò del timone, iniziando la virata che l’avrebbe portati
via da lì.
Molti della ciurma
alzarono un sopracciglio, voltandosi verso Jack. “Oh, gliel’ho detto io,
ovviamente.” Giustificò l’altro, ripromettendosi però solennemente di fare un
bel discorsetto a Barbossa riguardo quello che un primo ufficiale poteva o non
poteva fare. Diciamo che questa volta avrebbe soprasseduto giusto perché era una
situazione d’emergenza.
La Perla cominciò a
muoversi e a scappare e gli inglesi ancora vivi che si trovavano in territorio
pirata s’affrettarono a ritornare sulla loro nave. Tutti tranne un uomo che
ancora combatteva ferocemente e sembrava non volerne sapere d’andarsene.
“Curioso come la gente
si voglia suicidare al giorno d’oggi.” Commentò Jack con un mezzo sorriso
accanto a Barbossa.
Quest’ultimo strappò
un fucile da un pirata e lo puntò sull’inglese. “Andiamo Jack. Vince chi lo
centra per primo. è un po’ che non andiamo a caccia…” disse ridendo in un modo
così agghiacciante che fece venire i brividi perfino a Sparrow. Egli con un
sorriso tirato e non potendo tirarsi indietro prese il fucile pure lui con un
entusiasmo pari a zero.
I due
mirarono.
Jack mise mano al
grilletto ma si bloccò seduta stante quando vide che quell’uomo gridava un nome
che tutti conoscevano bene. Calò il fucile e osservandolo vide che combatteva
urlando il nome di Evelyne.
In quell’istante se ne
accorse anche lei. La voce aspra ed acuta di quell’uomo che gridava il suo nome
superò le barriere della confusione. La donna si rizzò in piedi con il cuore in
gola e quella voce così familiare che le rimbombava nelle tempie, gli occhi che
cercavano avidi l’uomo che la stesse chiamando così disperatamente.
Quell’uomo.
Lo riconobbe subito.
Suo padre.
In un attimo dimenticò
ogni cosa. Dimenticò che lui le aveva addossato la colpa per la morte della
madre, dimenticò il male, il dolore di quel tradimento che fino a poco prima le
aveva fatto ribollire il cuore di rabbia, dimenticò i suoi occhi lontani e la
sua voce fredda e apatica, mentre lei saliva al patibolo.
Non era nient’altro
che suo padre in quell’istante.
Jack aveva esitato. E
Barbossa se ne approfittò seduta stante. Senza lasciare nemmeno tempo per un
respiro puntò velocemente il fucile e fece lui quello che Sparrow non aveva il
coraggio di fare. La pallottola raggiunse precisamente il petto di quel bastardo
inglese.
“Peccato, Jack, poteva
essere un bel giochetto..” ghignò l’uomo stringendo tra le mani la canna del
fucile.
La Perla intanto si
allontanava veloce e la ciurma gettava in mare i cadaveri.
Turner e Cotton
afferrarono quello di Smith ma la voce argentina di Evelyne li fermò a
mezz’aria. “Fermi!”
I due uomini si
bloccarono immediatamente, lasciarono l’uomo a terra e fecero un passo indietro.
C’era fragore sulla
Perla, ormai si erano allontanati dai nemici e tutti gridavano fieri della
battaglia, ignorando la giovane che si faceva lentamente largo e raggiungeva
quell’uomo agonizzante, sdraiato sul freddo legno della nave.
Il proiettile gli si
era conficcato nel petto e dalla ferita aperta stillava fuori, come vino da una
botte, sangue vivo a grandi fiotti: era vicinissima al cuore. Si sentiva
distrutta, spaesata, ingannata dal destino che gli aveva ridato il padre e
l’affetto per lui solo per pochi secondi e poi glielo aveva sottratto
bruscamente. Non aveva avuto il tempo nemmeno di realizzare.
Era lì adesso, ai suoi
piedi, morente. Senza quasi più la forza di parlare, Evelyne si inginocchiò
accanto all’uomo.
“Papà…”
La sua destra,
tremando, toccò appena l’attaccatura dei capelli del genitore, quei capelli che
un tempo erano stati d’un nero intenso proprio come lo erano adesso i suoi. Khun
Smith sentì la carezza, sentì quel tocco così delicato, un tocco quasi angelico.
Si riscosse appena, aprì gli occhi e Dio gli concesse di vedere l’angelo che era
chinato su di lui.
Con i capelli
sconvolti dal vento e gli occhi dalle lacrime, lì vicino a lui, c’era sua
figlia.
Un piccolo sorriso si
stampò sul volto dell’uomo. Aprì la bocca. Voleva parlare. Voleva chiederle
perdono, voleva dirle quanto le era mancata e quanto era pentito delle sue
azioni. Voleva dirle che il desiderio di essere un uomo onesto e rispettoso
delle leggi non valeva quello di essere un buon padre… ma non disse nulla.
Fu un attimo perché la
vita gli sfuggì dalle labbra esattamente come un rivolo di sangue e il suo capo
che si era sollevato appena ricadde pesantemente all’indietro.
Morto.
“Miss Smith.- la voce
roca e cavernosa di Turner suonò quasi dall’oltretomba.- dovete lasciarlo
andare.”
“Avete sentito o no?”
era Barbossa ad urlarle adesso. “Gettate quell’inglese a mare, ne ho abbastanza
di questi piagnistei!”
Alla voce di Barbossa
seguì l’immediata esecuzione del gigante nero che le prese il padre da sotto il
naso e senza che lei potesse dire o fare nulla, lo gettò in mare come un sacco
di carbone. “Nooo!” la giovane si
lanciò verso la sponda lignea della nave e, quant’è vero Iddio, si sarebbe
buttata se la provvidenziale stretta di Sparrow non l’avesse fermata. “Evy..” le
sussurrò piano tra i capelli mentre lei osservava il genitore scomparire come un
sasso nel mare ancora grosso e vociante.
“è morto.”
Evelyne stava per
scoppiare a ridere e a piangere insieme. “è morto. È morto, è morto non è
incredibile? Ah, è ridicolo! Non trovi ridicolo quell’uomo? Prima vuole
uccidermi poi muore per rivedermi…” tirò su con il naso e Jack con un mezzo
sorriso gli porse il suo fazzoletto.
Evelyne fece per
prenderlo ma poi vide che era tutto annerito di polvere da sparo. Lui alzò le
spalle. “Ho dimenticato di fare il bucato..”
Rise mentre le lacrime
le scivolavano sulle guance. Poi con uno scatto improvviso si lanciò verso
Sparrow e gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte. Si distanziò subito
però, quasi vergognandosi di quel gesto. “Mi dispiace, Jack.” Disse inclinando
appena il viso. “Mi dispiace tanto.”
E prima che il pirata
potesse chiederle spiegazioni, l’inglese era già sparita tra la ciurma.
Gibbs e Turner si
avvicinarono al capitano, lisciandosi il mento. “Strana.”
Jack strinse gli
occhi. “Strana.”
La Perla dondolava
ancora. Fuori dalla sua cabina Jack sentiva bene il vento urlare forte
increspando l’immenso oceano blu su cui la loro piccola nave si agitava tanto.
Sorseggiava rum mentre
con un compasso piuttosto antiquato misurava la distanza precisa della rotta e
faceva misurazioni, calcoli, in vista dell’arrivo all’Isla de Muerta. Per la
verità ci sarebbero voluti ancora quattro o cinque giorni, secondo la direzione
che la bussola gli indicava e secondo quei computi di cui lui solo, come
capitano, era a conoscenza.
Notte placida,
nonostante il rombo del mare e la luce che nelle lanterne si muoveva di continuo
seguendo la monotona danza da destra a sinistra della nave.
Di tanto in tanto
pensava ad Evelyne. Le parole che uscivano da quella boccuccia adorata non erano
mai sparate a caso, questo lo sapeva bene, e lui non era ancora riuscito a
trovare un senso riguardo il loro ultimo colloquio. Per che cosa doveva
dispiacersi?
A dire il vero erano
molte le cose che non quadravano, ultimamente.
C’era l’atteggiamento
freddo dei suoi marinai, ad esempio, c’erano gli sguardi complici di Barbossa
con altri tizi della sua stessa risma e c’era Evelyne. Evelyne con i suoi occhi
lucidi senza una motivazione plausibile… lei che quando lo toccava, lo
accarezzava, lo faceva come una donna che sta dicendo addio al suo uomo.. come
se facesse tutto per l’ultima volta.
Forse era in ansia per
lui perché aiutandola si era esposto all’odio dei suoi
uomini?
In effetti li aveva
sentiti i mormorii, i brusii, le occhiatacce a causa del rifiuto di quella
vantaggiosissima offerta inglese. Dannazione, i suoi uomini si erano così
eccitati solo al pensiero di poter fare scorribande senza controlli, che la sua
scelta li aveva fatti invelenire come iene.
Sapeva di non avere
più un buon ascendente su di loro da molto tempo e di sicuro la sua posizione si
era aggravata.
Fece un buon sorso di
rum mentre i suoi occhi viaggiavano sulla cartina ingiallita arrivando sino ad
una piccola protuberanza, quella piccola penisola vicino alla quale era avvenuto
l’episodio del Virago. Da lì i rapporti con la ciurma si erano deteriorati man
mano e nonostante lui s’adoperasse con tutto se stesso per essere un buon
capitano, sembrava che qualsiasi vittoria, qualsiasi bottino non valesse più la
loro stima.
Chi aveva concentrato
su di se tutto ciò che Jack aveva perso era stato Barbossa.
Abile, bastardo ed
ottimo stratega, Hector Barbossa si era guadagnato i favori di moltissimi
all’interno della Perla, in questi anni, e nemmeno la carica di primo ufficiale
che Jack si era inventato per poter catalizzare tanta popolarità, sembrava
essere bastata né a Barbossa, né ai suoi.
Il vento stava
cambiando nella sua nave. La stella di Barbossa cresceva al pari di quanto
diminuiva la sua. Ma questo fino a quanto incideva nel comportamento di Evelyne?
Per quanto fosse sensibile come ogni creatura femminile sulla faccia della terra
e per quanto vicina a lui, perché era così preoccupata dall’idea che lui facesse
qualcosa contro la ciurma?
Sentì l’improvviso
bussare alla porta della sua cabina.
La porta s’aprì un po’
sgraziatamente e proprio lui, Barbossa, fece il suo ingresso, reggendo nella
destra una buona mela verde da cui aveva fatto un morso. “Felice sera,
Capitano.” A passi lenti e cadenzati l’uomo s’accostò al suo tavolo e si sedette
accanto a lui.
Gettò la mela, prese
il rum e fu solo dopo tre sorsi che riprese parola. “Gran bella
battaglia”
“Splendida.” La voce
di Jack suonò lievemente sarcastica mentre i suoi abissali occhi neri scrutavano
l’interlocutore con il piglio attento di uno stratega che indaga il nemico. “Ho
apprezzato molto il tuo intervento..” disse con un falsissimo sorriso,
riferendosi a quando Hector aveva preso il timone ed iniziato a dare ordini a
destra e a manca.
“Ma davvero..”
continuò l’altro, sulla stessa falsa riga. “Credo che dovrei ringraziarvi, mi
onorate.”
“Di
nulla.”
Se non fossero stati
due pirati in lotta per lo stesso titolo di capitano, sarebbero sembrate due
comari della buona società che si fanno falsissimamente i complimenti a vicenda.
“In virtù di questo.-
proseguì Barbossa, arrivando finalmente al nocciolo della questione e
abbandonando, almeno in parte, l’ironia.-
io credo che il primo ufficiale dovrebbe aiutare il suo capitano in ogni
cosa e per questo…”
“Molto bene. è finito
il rum. Va a prenderne un’altra bottiglia.”
Barbossa si zittì
subito. Poi scoppiò malvagiamente a ridere e così anche Jack. Fu una
sghignazzata che finì non appena Barbossa smise di farlo.
“Divertente. Ti sarà
sempre molto utile questo sarcasmo, Jack, credi a me.”
Dietro quella
semplice, velenosa frase si celava una condanna a morte. Sparrow sentì un
brivido attraversargli la schiena.
“In realtà.- riprese
il primo ufficiale puntandogli addosso i suoi piccoli occhi grigi.- dicevo che il capitano non dovrebbe
avere segreti con il suo primo ufficiale. Dovrebbero condividere ogni
informazione, in modo tale da permettere al primo ufficiale di aiutarlo nel modo
migliore possibile.”
Seguì un piccolo
attimo di silenzio.
Jack non si chiedeva
più dove volesse arrivare.
“Qual è la rotta per
l’Isla de Muerta, Jack?”
Sparrow sorrise,
abbassando gli occhi e il viso. Ora tutto era molto più chiaro.
Aveva capito.
Doveva essere da poco
passata la mezzanotte quando Evelyne sentì, dalla sua cabina, l’improvviso
scrosciare di grida ed urla ed aprì di scatto gli occhi, accorgendosi di essersi
addormentata, seduta sul letto e le spalle appoggiate al
muro.
L’ammutinamento.
S’alzò di scatto ma
non fece in tempo ad arrivare alla porta perché questa ricadde pesantemente ad
un passo dai suoi piedi, sfondata. “Ciao bambolina.” E al di là c’erano Pintel e Raghetti
armati fino ai denti. “Muovetevi. Il capitano vuole
parlarvi.”
Evy sospirò appena.
Poi portò le braccia in avanti mostrando i polsi per le catene. I due
scoppiarono a ridere, indicandole semplicemente di muoversi ed uscire, senza far
cenno a nessuna corda o catena.
“Beh, non mi
legate?”
“Il capitano ha detto
che voi l’avreste detto. E…”
“Oh, il vero Capitano
ovviamente. Capitan Barbossa!” s’intromise Raghetti con un moto d’esclamazione.
“Come stavo dicendo!-
riprese, irritato.- ha detto che l’avreste detto. E ha detto di dirvi che non
permetterebbe mai che la sua più fidata collaboratrice venga legata. Quindi
seguiteci e senza fiatare.” I due risero con la stessa intensità con cui lei
avrebbe voluto invece mettersi a gridare dalla rabbia. Con uno scatto s’alzò dal
letto e li precedette lungo il corridoio di legno con i pugni serrati dall’ira.
Sapeva che Barbossa
non avrebbe taciuto con Jack e gli altri del suo comportamento meschino ma non
avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato al punto di vantarsi la sua
collaborazione…
Man mano che si
avvicinavano al ponte sentiva le acclamazioni degli uomini crescere d’intensità
e nello stesso tempo cresceva in lei il desiderio di sparire e nascondersi dalla
vergogna. Esitò quando arrivò alle scale, si fermò di fronte quegli scalini che
la portavano dritta dritta a fare i conti con la realtà delle cose.
Sarebbe scesa
nell’inferno piuttosto che salire quei gradini.
Ma lo fece.
Si ritrovò sul ponte.
La notte era buia e
molto fredda tuttavia le luci delle torce e fiaccole illuminavano bene il ponte
della nave, gremito di tutta la ciurma, anche quella che si vede di rado, in
coperta o nelle cucine. C’erano tutti, disposti ai lati, appoggiati ai bordi che
gridavano e ridevano con una voce agghiacciante che nemmeno tutti i demoni di
lucifero insieme sarebbero stati capaci.
Poi Evelyne vide che
c’era il signor Gibbs, posto ad un lato, e legato come un salame, e poco più in
là SputafuocoBill Turner non legato ma con l’aria di chi è in netta
disapprovazione.
I suoi occhi
viaggiarono attraverso la ciurma, in un’ansia sempre più crescente.. dov’era
Jack?
“Ma bene! Ecco qua la
mia dolcissima Miss Smith..” esclamò Barbossa verso di lei. Fece per prenderle
la mano ma la giovane nonostante la confusione fu abbastanza sveglia da ritrarsi
in tempo.
Barbossa rise e con
lui tutta la nave. “Allora, mia signora.- riprese - desidero che voi mi rendiate
omaggio, come nuovo Capitano della Perla. L’ho chiesto a tutti i miei uomini e a
parte qualche eccezione…- il riferimento a Gibbs e Jack era palese- si sono
tutti dichiarati parte della nave. Dato che voi non siete un pirata ma siete su
questa nave voglio anche la vostra fedeltà. E la voglio
ora.”
Lei stette a guardarsi
intorno ancora per qualche istante poi con il respiro corto chiese. “E Jack?
Dov’è?”
L’uomo sorrise
malvagiamente, godendo della sua preoccupazione. “L’avete sentita? Vuole sapere
dov’è Jack!” inutile dire quante risate aveva scatenato quella battuta e più i
pirati ridevano più s’insinuava in lei il dubbio e la paura per la sorte di
Jack. Si sentiva così stupida improvvisamente.. aveva taciuto tutto per
salvarlo, fidandosi della parola di Barbossa, ma come ci si poteva fidare di un
pirata e per di più di un pirata ammutinato?
Con uno scatto di
rabbia gli si gettò addosso ma non arrivò nemmeno a sfiorarlo perché il gigante
nero, Murder, la bloccò in tempo prendendola per le spalle.
“Siete un mostro!!!”
gridò lei cercando di divincolarsi dalla presa d’acciaio
dell’uomo.
Barbossa si avvicinò
al suo viso ghignando. “Com’è vero che la stupidità è
femmina.”
“Voi avevate promesso
che sarebbe stato salvo.”
“Osate pungermi
sull’onore, milady?- con uno scatto le prese i capelli facendola sibilare dal
dolore.- quello spiantato di Jack è al sicuro. Per ora.” La lasciò con uno
sussulto e lei ricadde all’indietro tra le braccia di
Murder.
“Allora, Miss. La
vostra fedeltà?” era più che altro una provocazione.
“E della vostra
fedeltà, Barbossa?- ribatté lei.- la fedeltà che voi giuraste a
Sparrow?”
“Non rinvanghiamo il
passato, Miss, siamo pirati.- un risolino sommesso circolò nella Perla.- avanti,
sto aspettando.”
Evelyne sputò a terra,
proprio ai suoi piedi. Era un gesto audace e sconsiderato che fece sgranare gli
occhi perfino al signor Gibbs che pure si era rifiutato di navigare sotto le
vele di Barbossa. Il capitano adesso era livido di rabbia e non gliel’avrebbe
lasciata correre tanto facilmente.
“Ma bene.- ringhiò-
portate questa sgualdrinella in gattabuia.”
In un secondo si
ritrovò trascinata per i sotterranei della Perla attraverso le segrete della
nave che, scoprì, contavano di un congruo numero di celle. Murder ne aprì una e
la spinse dentro sgarbatamente, tanto che lei perse l’equilibrio e si ritrovò a
sbattere le ginocchia nel duro legno della nave.
Sentì la risata aspra
di Murder allontanarsi, poi sparire del tutto. Era rimasta sola.
Si rialzò in piedi e
con un tuffo al cuore vide che non lo era affatto. Fu come se riprendesse il
respiro in quel momento, quando si accorse che nella cella accanto alla sua
c’era Jack.
Non osò chiamarlo.
Era voltato verso
l’oblò che dava visione sul mare nero della notte, lo sguardo perso, la destra
appoggiata sulla parete che si muoveva avanti ed indietro come se stesse
accarezzando la superficie lignea della sua nave. Evelyne chiuse gli
occhi e si avvicinò alle sbarre che la dividevano da lui, prendendole fra le
mani, senza avere il coraggio di dire nulla in realtà.
Incredibilmente fu lui
ad interrompere il silenzio. “Questa nave.- sussurrò, carico d’ira.- me la diede
Davy Jones. Capisci?” si era voltato verso di lei, puntandole addosso i suoi
occhi intrisi di odio.
No, non capiva ma non
osò ribattere.
“Io sono addirittura
in debito con lui per questa nave!- era arrabbiato ma c’era qualcosa nel suo
tono che non lo faceva mai apparire realmente tale. Come se anche nell’ira la
sua ironia non riuscisse proprio a farsi da parte.- e adesso sono non solo in
debito con lui, ma anche senza nave!”
“Jack mi
dispiace.”
Non disse altro. Jack
corse verso le sbarre e le prese il collo nella destra, avvicinandola alla
grata.
“Tu.- disse a metà tra
il sorriso e il ringhio.- … pirata...”
Lei lo fissò negli
occhi. La sua stretta non faceva male. Era come se lui volesse punirla ma non ne
avesse intimamente il coraggio e quindi la teneva per il collo e basta, senza
nuocerle veramente.
“...”
“Hai stretto un
accordo con Barbossa.”
“L’ho fatto per
te.”
“L’hai fatto per me! E
che cosa ti ha fatto pensare che io mi fossi stancato di fare il capitano, è? Ti
ho forse detto ‘Trovami un sostituto, voglio cambiare vita perché in mare c’è
troppa umidità e mi si arricciano i capelli!’ te l’ho forse detto? E se io non
te l’ho detto che io non volevo più essere capitano della Perla non spingendoti
quindi a fare accordi con quel traditore muffito di Barbossa, tu non avresti
dovuto fare accordi con suddetto traditore, comprendi?”
Con uno scatto di
rabbia la spinse verso di se, facendole sbattere la fronte sulla grata. “E
invece l’hai fatto! Ma che razza di logica seguite voi
donne??”
Lasciò la presa
intorno al suo collo, voltandole le spalle.
Dopo attimi di
silenzio lei riprese. “Ho scoperto che si stavano ammutinando quasi per caso.-
riferì.- .. volevo parlartene ma poi..”
“Avanti.
Poi…”
“Poi venne da me
Barbossa. E strinsi un accordo con lui. Lui ti voleva uccidere ed io promisi di
mantenere il silenzio, in cambio della tua vita.”
“Che nobiltà d’animo-
il sorriso di Jack sapeva di puro sadismo.- e che cosa ti fa pensare che
Barbossa non lo farà ugualmente? O meglio.- Sparrow alzò l’indice avvicinandosi
con la sua andatura ciondolante.- che cosa ti fa pensare che io voglia vivere
comunque lontano dal mare?”
Deglutì. “Ho pensato
che da vivo avresti potuto vendicarti, un giorno.”
Lui la fissava
intensamente negli occhi, leggendo quasi il futuro in quelle iridi blu che ora
si stavano tingendo della solita fierezza. “Che diamine.- mormorò lei.- sei il
capitano Jack Sparrow, no? Te la riprenderai!”
Si avvicinò
bruscamente a lei afferrandola per un braccio. “Puoi giurarci,
dolcezza.”
Di nuovo la grinta
nella sua voce; gli occhi di Jack brillavano della stessa intensità di sempre.
La verità è che non riusciva ad odiarla per troppo tempo. Quel dannato mostro
che albergava dentro di sé non accennava a lasciarlo in pace in nessuna maniera.
Si risvegliava, ruggiva ogni volta che incrociava i suoi occhi e quindi
s’acquietava, come se il nutrimento di quella fiera malvagia fosse proprio
Evelyne che in pochissimo tempo era stata capace di sconvolgere tutta ma proprio
tutta la sua esistenza.
Il rumore sordo di una
cella che s’apriva e si richiudeva forte fece sobbalzare la giovane: anche il
signor Gibbs era stato imprigionato, nella cella accanto a quella di Jack.
“Che sia stramaledetto
quel vigliacco furfante!” brontolò estraendo il flaconcino di rum e facendone un
sorso.
“E adesso?” domandò
lei stringendo le grate tra le mani. “Che accadrà adesso?”
Jack e il signor Gibbs
si scambiarono una rapida occhiata.
Loro
sapevano.
Era ancora notte
inoltrata. Ed era difficile dormire.
Jack si trovava
seduto, con le gambe incrociate, la mente che si arrovellava alla ricerca di una
soluzione, una soluzione che non c’era affatto. Perché da pirata sapeva troppo
bene quale era la sorte che gli era destinata: sapeva che cosa aspetta ad un
capitano fatto da parte.
I suoi occhi si
posarono un istante su Evelyne. Dormiva, appoggiata alla grata che li divideva.
Sorridendo, intenerito, le si avvicinò e dosando i movimenti per non svegliarla,
le accarezzò i capelli.
È incredibile pensare
quanto i capelli di una donna possano essere morbidi, nonostante il mare, il
sole, la salsedine. Quante sensazioni possano trasmettere, quanto calore passi
nella pelle al solo tocco, e poi dentro, in profondità.
Era inebriante.
Ed era l’ultima cosa
che gli sarebbe rimasta di lei, probabilmente.
Quella era la vera
fine. Lui in qualche modo se l’avrebbe cavata. Possibile che non sarebbe
riuscito a trovare un paio di tartarughe marine in qualsiasi posto dimenticato
da Dio e dagli uomini in cui Barbossa l’avesse scaricato? Naa, lui era pur
sempre il capitano Jack Sparrow.
Ma lei, quella
scavezzacollo, traditrice di una inglese, lei.. non sapeva come se la sarebbe
cavata. Era una ragazza forte quanto fragile. Era iraconda molte volte,
estremamente irascibile altre ma per lo più era… indifesa.
Indifesa come lo è una
piccolo cucciolo di tigre che è dovuto crescere troppo in fretta ed ha
sviluppato un forte senso dell’attacco ma che in realtà ha solo bisogno di una
carezza tra le orecchie e di qualcuno che si prenda cura di lui.
Lui si era preso cura
di Evelyne. Era la prima volta in tutta la sua vita che si prendeva cura di
qualcuno.
“Evelyne… Evelyne…” la
scosse improvvisamente, con urgenza, come se stessero naufragando in quel
momento. La ragazza infatti si svegliò con il cuore in subbuglio e la sua voce
impastata dal sonno suonò bassa, nella umida cella della Perla Nera.
“Jack..- era
giustamente stralunata.- Jack.. che c’è..” mormorò rizzandosi e faticando a
trovare i suoi occhi per il buio del luogo.
“Evelyne..- riprese
lui, quasi forzandosi a parlare.- mancano poche ore
all’alba.”
“Lo so..”
“Dormivi?”
Lei aggrottò la
fronte. “Certo che dormivo!”
“E dormivi bene? Eri
tranquilla?”
“Jack ma che diavolo
di domande sono? No che non dormivo bene, non sono affatto tranquilla, sono in
una prigione e non so che accadrà, come posso esserlo?”
“Beh, io vorrei che tu
lo facessi.” Ribatté lui. “Vorrei che tu dormissi bene,
Evelyne.”
C’era molto di più nel
suo discorso.
Un senso profondo,
nascosto tra quelle parole amare. E lei lo capì benissimo… era il modo più dolce
che aveva per dirle che teneva a lei. Che sentiva qualcosa per lei, espresso nel
suo rude linguaggio piratesco. Jack Sparrow era un uomo che desiderava che lei
dormisse bene.
“Hai… hai mai visto il
sole che non tramonta mai?- lei negò con il capo, quasi ipnotizzata.- io molte
volte.” la sua bocca si contorse in un piccolo sorriso. “Ho visto anche la notte
perpetua quando il sole non spunta mai, ma in compenso le stelle sono così
visibili che sembra quasi di poterle toccare…. Ho visto quando su questi cieli
si tingono di verde e rosa… e quel colore si rispecchia anche su ghiacciai alti
fino al cielo - i suoi occhi neri luccicavano.- e poi, dall’altra parte del
mondo, Evelyne. Dove è così caldo che daresti l’anima per un sorso
d’acqua..”
“Non di rum..?”
sorrise lei, ad un soffio da lui se non fossero state le
sbarre.
“Anche di rum,
dolcezza. Anche di rum.”
“E poi..” lei l’incitò
ad andare avanti mentre la sua mano si avventurava nella cella di lui, andando a
stringergli il polso. “ E poi, Jack..”
“E poi ho visto la
libertà, tesoro. La libertà vera. Sai cos’è la libertà vera?- lei negò
velocemente.- avrei voluto che tu la vedessi, Evy. Avrei voluto portarti
all’orizzonte.”
Sospirando le prese il
viso nella destra, quasi avidamente, e le accarezzò la guancia disegnando il
contorno delle sue labbra con il pollice.
Lei deglutì, sentendo
improvvisamente gli occhi pieni di lacrime. “Grazie.”
Era la più bella
dichiarazione d’amore che avesse mai udito.
Sparrow l’avvicinò di
più alle sbarre e passando un braccio attorno alla sua nuca, le baciò le labbra,
amaramente, in un bacio tanto lungo quanto disperato, esattamente come un bacio
d’addio. Quando si distaccarono Evelyne lo fissò intensamente come a volersi
memorizzare ogni cosa di quel volto, per non lasciarselo mai sfuggire dalla
mente.
“Dormi adesso.- disse
lui, con la voce più roca.- Il sole sorgerà tra poco.”
Evelyne avrebbe voluto
scoppiare a piangere ma strinse forte le labbra e, come stregata dalle sue
parole, annuì, riprese la sua posizione iniziale e sprofondò di nuovo nel
sonno.
Era appena sorta
l’alba quando Sputafuoco Bill venne alla loro cella, accompagnato da altri tre
pirati. Jack era disteso lungo sul suolo con le braccia incrociate dietro la
nuca. Evelyne era ancora appisolata, Gibbs ronfava della grossa stringendo il
suo rum come un pupazzetto di pezza.
“Sveglia!” tuonò
mastro Twigg battendo la pistola contro le grate della
segreta.
“Sh!” li rimproverò
Sparrow portandosi un dito alla bocca ed ammiccando nella direzione della
ragazza che ancora giaceva addormentata, al contrario di Gibbs che il botto
aveva risvegliato dal suo sonno profondo.
“Jack.- esclamò Turner
con voce colpevole e bassa.- è l’ora.”
Il capitano s’alzò
d’un balzo. “Lo so.” Disse, stringendo i lati della bocca. “Lo so benissimo.”
I suoi occhi si
fissarono l’ultima volta su Evelyne. Sorrise. Ricordò di averla vista per la
prima volta in una prigione, a Port Royal. E adesso la salutava per l’ultima
volta, sempre in una prigione. Tutto andava come si deve quindi.
Ecumenicamente…
grammaticalmente..
“Jack.- lo richiamò
Gibbs.- buona fortuna.” Disse porgendogli il pugno. Jack annuì battendo il
proprio con quello dell’amico.
“Su, muoviti.” La
cella si aprì e Jack ne uscì via, camminando fieramente come si conviene ad un
capitano, anche se sconfitto. No, lui non era uno sconfitto. Era
temporaneamente sconfitto.
Fu condotto all’aria
aperta, sul ponte. Era una giornata stupenda, il sole era caldo, il cielo
azzurro all’inverosimile e un vento dolce muoveva i capelli di
tutti.
“Buongiorno Jack.
Fatto buon sonno?” domandò Barbossa con palese aria di scherno, seguito dalle
risa di tutti.
“Non c’è male. Il mio
è il sonno del giusto.”
“Oh Jack ti prego, non
rimproverarmi.- continuò quello.- non voglio che ci separiamo arrabbiati. Voglio
rimediare. Visto che non puoi più essere capitano della Perla, abbiamo deciso di
farti governatore di un’isola tutta per te!” gli mostrò un piccolo fazzoletto di
terra, lontano dalla nave di poche decine di metri.
“Sei molto gentile.-
sorrise Jack deglutendo a fatica.- ma preferisco rimanere nell’anonimato. Dopo
un po’ il potere dà alla testa, voglio prendermi un po’ di tempo per
me.”
“Ne avrai quanto
vorrai, di tempo. Pensi che l’eternità possa bastarti?- Sparrow rimase
ammutolito.- Portate a Jack la sua pistola e mi raccomando: che abbia un solo
colpo!”
L’ordine fu eseguito.
Jack fu dotato della sua pistola e gentilmente invitato a scendere dalla nave,
saltando su un trampolino. “Giù.” Gli intimò Barbossa, sguainando la spada e
puntandogliela alla schiena, contornato dai cori di ‘Salta Salta’ di tutti i
pirati.
Jack percorse il
trampolino ma poi si fermò prima di saltarlo.
“Signori.” esordì con
aria teatrale cercando di mantenere l’equilibrio su quell’instabile pezzo di
legno.
Barbossa alzò gli
occhi al cielo.
“Confido che questo
giorno resterà nella memoria di tutti come il giorno in cui vi siete
quasi ammutinati”
“E perché
quasi, di grazia?”
“Perché non si sono
ammutinati tutti.”
Logica di
ferro.
Il trampolino cominciò
a traballare per il peso. “è il giorno che vi perseguiterà nei vostri sogni.-
continuò quello faticando sempre di più a rimanere in piedi.- perché quando la
mia vendetta giungerà voi vi rammaricherete di aver seguito questo signore
ammuffitoo..- cominciava a non stare più in piedi- è il giorno in cui…..
Capitan Jack
Sparrowwww….”
Un sonoro splash
concluse quelle parole.
Barbossa sospirò.
Finalmente.
“Su, siete rimasti
imbambolati!?- gridò alla sua ciurma che ancora osservava il trampolino vuoto.-
avanti, levate l’ancora, alzate le vele! Andiamocene il più in fretta
possibile!”
“Si Capitano!”
intonarono tutti.
Evelyne aprì gli occhi
molto più tardi quando sentì il rumore sordo della sua cella che veniva aperta
da Pintel e Raghetti. Li osservò, un po’ perplessa.
“Su, bambolina.-
esordì Pintel.- il capitano ha detto che potete uscire, se
volete.”
Anche Gibbs era stato
liberato. Lei si alzò di scatto non appena vide che la cella di Jack era vuota.
Si avvicinò con un balzo a Gibbs. “Dimmi di Jack.- era quasi un ordine.- che
cosa gli è accaduto.”
“è stato abbandonato.-
rispose Raghetti roteando l’occhio.- su un’isola deserta. E con la sua pistola,
ovviamente. Barbossa è un uomo d’onore, non ha mancato di dargli il suo
colpo.”
La ragazza non capiva
nulla e spazientita riprese, all’indirizzo di Gibbs. “Ma che
significa?”
“Ragazza.- iniziò
questo, con tono grave.- quando si abbandona un pirata gli si lascia sempre la
sua pistola. Con un solo colpo, un colpo. Non che serva a cacciare o a farsi
soccorrere. Ma dopo giorni e giorni senza cibo né acqua, quel colpo assume
un’aria molto attraente.- fece una piccola pausa.- È il
codice.”
Evelyne spalancò le
labbra, incredula. “Oh Dio.” Con uno scatto li sorpassò, correndo uscì dalle
segrete, facendo le scale due a due, attraversò i dormitori schivando le amache
dei pirati, poi passò lungo il corridoio con le cabine e quindi salì di nuovo le
scale, ritrovandosi sul ponte, invaso dal vento e dal sole.
Corse a perdifiato
fino alla poppa della nave, aggrappandosi al bordo della Perla, con tutte le sue
forze.
Lontanissima da loro,
una piccola, piccolissima isola.
“Se la caverà.”
La voce cupa di Turner
la raggiunse dietro le spalle.
Lei si voltò di
scatto, gli occhi lucidi lucidi. “Sì.- annuì, tornando a guardare l’isola.- Si.
– ripeté- è pur sempre Jack Sparrow, no?” poi, come se Jack stesso l’avesse
rimproverata di aver omesso qualcosa, si corresse da sé. “oh,sì. Il Capitan Jack
Sparrow.”
Jack stava ancora ad
osservare la Perla allontanarsi, aveva deciso che l’avrebbe fissata finché non
sarebbe scomparsa del tutto.
Guardava Barbossa
allontanarsi con la sua nave. E la sua donna.
Il pensiero di lei lo
fece sorridere appena. “Addio, gioia.”
Evy si sfiorò appena
il ciondolo di corallo che pendeva dal suo collo.
L’isola era scomparsa
dalla loro visuale.
“Addio..”
Molti
si chiedono se Jack abbia mai amato.
Parliamo
dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che
ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi
risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.
Ma non
è sempre stato così.
La
verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello
che conosciamo è avvenuto ben altro.
Prima
di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.
Ha
amato Lei.
Fine
Epilogo:
Jack scovò presto un
carico di rum detenuto illegalmente su quell’isola e lo tracannò beatamente per
tre lunghi giorni.
Poi la leggenda
racconta che trovò tartarughe marine in quel piccolo posto paradisiaco, le legò
insieme con peli umani che si staccò e scappò via, di nuovo
libero.
Non accadde
precisamente così ma confidiamo che sarà proprio lui, in futuro, a raccontarci
come andarono veramente le cose.
Barbossa, uomo
d’onore, non torse un capello ad Evelyne. Prima di giungere all’Isla de Muerta
fecero porto in un piccolo villaggio e lì la scaricarono assieme a Gibbs.
Precisamente, di lui
raccontano che dopo una lunga bevuta in un bordello, si sia ritrovato il giorno
dopo arruolato nella marina britannica.
Sappiamo però che la
sua indole piratesca riemergerà un giorno o l’altro.
Di Evelyne si perdono
le tracce.
Tuttavia un uomo è
pronto a giurare di aver visto una ragazza corrispondente in tutto e per tutto
alla sua descrizione che cercava una nave per Tortuga.
Per quanto riguardano
le sorti dei bucanieri della Perla, beh, loro adempirono la loro missione,
scovarono l’Isla de Muerta e il bramato Tesoro di Cortes.
Poi, maledetti e
felici, ripresero il mare ma l’ammutinamento aveva lasciato strascichi
soprattutto in Bill Turner che, entrato di nuovo in contrasto con la ciurma e il
suo capitano, morì, ucciso proprio per mano di Barbossa il quale ordinò poi che
lo legassero ad un cannone lo gettassero in mare.
Se ora riposi in pace
o se la sua anima abbia fatto un’altra fine, questo non lo sappiamo ancora.
Molti raccontano
infine di aver visto Jack aggirarsi nelle vie di Port Royal e magari voler
rubare una nave. Anzi, requisire una nave. Termine
nautico.
Ma questa è un’altra
storia.
Diomache.