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Autore: Diomache    29/12/2007    28 recensioni
Molti si chiedono se Jack abbia mai amato.
Parliamo dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.
Ma non è sempre stato così.
La verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello che conosciamo è avvenuto ben altro.
Prima di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.
Ha amato Lei.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Darkness and Starlight

Sono tornataaaaaa!

Mio Dio ragazzi non sembra possibile nemmeno a me! Mamma quanto tempo è passato!

Mi dispiace, mio nonno ha avuto molti e gravi problemi di salute e per un bel po’ ho dovuto sopportare un bel po’ di stress! Ma adesso diciamo che la situazione si è un po’ normalizzata ed io posso tirare un bel sospiro di sollievo! Sono davvero desolata per tutto il tempo che è passato dal mio ultimo aggiornamento, avrete pensato che la storia sarebbe rimasta senza una conclusione… ma io mantengo fede alle mie promesse e quindi eccomi qui!

Prima di passare ai meritatissimi ringraziamenti, vorrei dirvi che per me questo capitolo è stato molto difficile da scrivere. Un po’ perché è l’ultimo, il che mi causa sempre problemi, un po’ perché ci sono state scene e pezzi che non sapevo come interpretare, spero davvero di aver lasciato tutti IC, mi sono impregnata al massimo affinché sia così.

Spero quindi che non mi facciate mancare i vostri commenti, sono preziosi come l’oro!!

Prima di iniziare vorrei ringraziare di cuore tutte le persone gentili che mi hanno dimostrato tanto appoggio lasciandomi un commento sul capitolo avviso:

Giadina990 ,Tensi,Nassla ,  _Eleuthera_ ,  Black_kisses_,  LillySparrow,  EriS_SaN,  Gaki Grazie!!

E naturalmente un bacio enorme anche a coloro che hanno commentato il precedente capitolo:

LillySparrow (amica mia, quanto tempo! mi dispiace per non averti risposto alla mail purtroppo mi si sono accavallate un po’ di cose da fare e poi alla fine è andata così.. comunque saperti vicina mi ha fatto davvero tanto tanto piacere, grazie ti voglio bene!!^^) Sisya, LauraSparrow, Apple( amica, ci ritroviamo sempre io e te!^^)Blak_kisses_  (Grazie mille per le tue belle parole.. mi hai lasciato a bocca aperta!) MellyVegeta, Luluzza, _Eleuthera_ (Grazie davvero tanto per i complimenti!) Gloria85, Chantal

 

Avrei voluto rispondere per intero alle recensioni di tutti, ma purtroppo il tempo stringe e vorrei lasciarvi al capitolo, avete aspettato tanto!

Un bacio, spero veramente che la conclusione vi piaccia.

Buona Lettura,

Diomache.

 

 

Darkness and Starlight

 

 

 

 

Capitolo  IX:  A Good Man

 

 –part two.-

 

 

 

 

 

 

<< Lasciarsi illudere, diranno I saggi, non è bello.

Non lasciarlo fare, dico io, è ancora peggio.

Chi crede che la felicità dell’uomo dipenda dalle circostanze reali è completamente fuori strada: dipende dall’opinione che si ha delle cose.

La felicità sta in quel che si crede. >>

 

 

Elogio della Follia. Erasmo da Rotterdam.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bloccata.

Si sentiva esattamente bloccata come sospesa in un limbo, un limbo oscuro che era quella stiva, indecisa tra il salire le scale che l’avrebbero portata sul ponte o restare lì, in balia dei suoi pensieri e delle oscillazioni della nave.

La marina Britannica. Quasi non riusciva a crederci.

Aveva pensato che quel giorno non sarebbe mai arrivato.

Inconsciamente e forse anche stupidamente, aveva pensato di essere al sicuro.

La Perla Nera, il tesoro di Cortes, le leggende, gli intrighi a bordo e l’amore stesso che provava per quel depravato di un pirata avevano finito per farle dimenticare la spada di Damocle che pendeva sul suo capo.

Il pensiero della flotta, di suo padre e di tutta la nobiltà inglese che chiedeva il sangue di un’assassina era scivolato via dalla sua mente con una superficialità di cui francamente non si riteneva capace.

Ed adesso la Marina Britannica era lì, imponente, maestosa e terrificante. Non si sentiva pronta per vedere quelle grandi vele bianche, la bandiera inglese che troneggiava sopra l’albero maestro e sentiva un nodo al cuore solo al pensiero di dover vedere altro, come lo sguardo di qualche soldato… di James Norrington per esempio… o peggio ancora quello di suo padre…

Il vociare forte dei soldati che annunciavano il rapido avvicinamento della nave nemica la distolse da tutti i suoi pensieri.

“è l’Interceptor!” gridava qualcuno con la voce tinta di timore e rispetto insieme. Quel nome così familiare suscitò in lei un turbine di pensieri e di emozioni che la spinse a compiere il grande passo e a salire in fretta quelle scale.

Non si curò del forte vento che imperversava e mitigava un sole quasi accecante perché i suoi sensi erano tutti attirati da quella grande calamita che era l’Interceptor, la nave che l’aveva vista nascere e crescere...

“JACK SPARROW!” Il grido forte di un uomo che si sporgeva dall’Interceptor con lo sguardo fiero, acuto e l’uniforme inglese si elevò sopra la confusione. Era sconvolto dal vento che gonfiava impetuoso le vele delle due navi spingendole e sballottandole al ritmo del mare che si stava rapidamente ingrossando.

Il cielo era grigio e gravoso come lo sguardo del capitano inglese ma allo stesso tempo anche fiero e spavaldo come quello dell’americano, di Sparrow, che si era fatto avanti e con un gesto quasi teatrale aveva allargato le braccia verso il suo interlocutore.

“Ci conosciamo?” domandò con la finta allegrezza di una fanciulla che vuole allontanare uno spasimante poco gradito.

Serpeggiarono risa tra i pirati. L’unica a non condividerle era lei, che se ne stava un po’ in disparte con gli occhi bassi, le mascelle serrate per l’agitazione e i denti che premevano impietosi sulle sue labbra.

“Miss Smith...- la voce bassa di Turner la colse alla sprovvista.- nascondetevi.”

Evelyne sapeva che quella sarebbe stata la cosa giusta da fare. Ma non riusciva ad allontanarsi da lì. Sarebbe stato così facile entrare in cabina e chiudere gli occhi sotto le coperte… eppure non ci riusciva e si odiava per questo.

Perché si sentiva incollata al pavimento come se il legno della nave le trattenesse i piedi  e il corpo fosse immobilizzato dall’abbraccio forte del vento. 

Perché la tentazione e al contempo la paura di vedere suo padre era troppo forte. Si sentiva come quando da bambina si trovava di fronte ad una scena brutta: si copriva la mano con gli occhi, ma poi sbirciava tra le dita.

Il capitano inglese, Letray, uomo che lei conosceva bene, signore distinto, lucido e bellicoso rispose al pirata con la stessa sfrontatezza. “No non ancora capitano! Infatti manca giusto il vostro scalpo alla mia personalissima collezione…”

“Oh, che peccato non potervi aiutare…”  con un gesto quasi inconsapevole Jack si toccò titubante l’attaccatura dei capelli..

“Non fa nulla!- gridò l’altro.- credo che rimedierò molto presto.”

“Bene.- la voce autorevole e competente di Barbossa si fece sentire tra il gruppo. Subito dopo l’uomo emerse dal mucchio indistinto dei suoi uomini e si affiancò a Sparrow. – fa sempre piacere ammazzare un po’ di Inglesi..”

“O schiavizzarne altri.” Questa volta però non proveniva affatto dal Capitano Letray, bensì da un uomo appena comparso sulla sua sinistra.

“James Norrington.” Sussurrò piano Evelyne, accennando un sorriso.

Questi sguainò la spada e la puntò contro i loro nemici. “Sappiamo che tenete in ostaggio Evelyne Jane Smith.” 

Gli occhi di tutti gli uomini furono improvvisamente su di lei.

“Effettivamente..- la voce di Sparrow suonò di nuovo ironica.- le siamo molto affezionati, ci mancava un tocco femminile.. avrete notato, credo, che bel ponte lucido…” Gli uomini della Perla risero tutti lasciando intendere agli inglesi qualcosa di recondito e lascivo che fece innervosire Norrington.

“Sapete la giovane è molto cara anche a noi” interloquì Letray prima che Norrington potesse farlo. “Anche se la vostra nave è la collocazione giusta per una assassina, la signorina Smith deve ritornare in Inghilterra dove avrà un ulteriore processo...”

Si insinuò l’incredulità tra i pirati, la giovane sentì sulla pelle le occhiate strane, altre curiose. Molti annuivano perché ci avevano giurato che era una poco di buono, altri sorridevano fieri, molti però digrignavano i denti perché quella donna non solo aveva infiacchito l’animo del loro capitano ma stava rallentando la loro missione con quest’intoppo e volentieri l’avrebbero vista appesa con il cappio al collo.

L’Isla de Muerta era ogni minuto più lontana per loro e più vicina per Gattopardo e i suoi.

Barbossa inarcò un sopracciglio. In cuor suo non poteva nemmeno sperare che le cose andassero meglio. 

“Vi offriamo un cambio, signori.- il capitano parlava più piano ora, sicuro che tutti, comunque, l’avrebbero ascoltato attentamente. – infondo noi vogliamo solo la gentile signorina Smith.”

Il gigante nero scagnozzo di Barbossa prese Evelyne per un braccio e la trascinò di peso fino ad arrivare alla sinistra di Sparrow, ben visibile da tutti. 

“Tre mesi.- continuò.- tre lunghi mesi di tregua, signori.”

Era una richiesta troppo grande, troppo vantaggiosa perché i pirati potessero rifiutarla.

Sparrow spalancò gli occhi. “Tregua. È una parola difficile da capire:  vuol dire tregua, tregua o...”

“Vuol dire che se starete alla larga dalle coste dell’Inghilterra noi non alzeremo dito.” Ribadì il soldato incrociando le braccia. “Ovviamente mi serve la vostra parola. Noi vi offriamo la possibilità di far ciò che volete nel mondo alla sola condizione.- sottolineò la parola sola con la maestria di un demagogo.- che voi navighiate lontano dall’Inghilterra. E naturalmente rivogliamo indietro la signorina Smith.”

Quasi nessuno poteva credere a ciò che udiva. Quella ragazzina che si erano accodati era così richiesta che per tre mesi l’Inghilterra avrebbe anche potuto chiudere un occhio su quanto accadeva nei Caraibi?

Il signor Gibbs si lasciò andare ad un piccolo esulto e con lui gran parte della popolazione pirata della nave.

“Saccheggi, rapine…” Raghetti era a dir poco emozionato.

“E non solo..- continuava il compare, Pintel,- tesori, gioielli…”

“Potrei comprarmi un occhio nuovo!”

Evy sentiva quei discorsi, quelle parole e tutto ciò la trapassava come una piccola spada affilata. Il suo destino era quindi quello di ritornare sull’Interceptor, tra la sua gente, poi in Inghilterra, a casa sua, e quindi in tribunale e un nuovo processo. Si accorse che non aveva nessuna importanza la sentenza. Anche se l’avessero assolta non sarebbe cambiato poi molto.

Dopo l’esperienza sulla Perla.. dopo Jack.. non sarebbe stata più la stessa persona.

Istintivamente i suoi occhi andarono su di lui e s’accorse che il suo sguardo la stava fissando già da parecchio. Le sorrideva con quel che di enigmatico e di seducente che lei aveva da sempre adorato in lui.

“No.”

La voce del Capitan Sparrow ebbe il potere di zittire tutti quasi immediatamente. Lo aveva detto senza staccarle gli occhi da dosso, fregandosene delle esultanze degli altri, fregandosene dello sguardo tagliente e soddisfatto di Barbossa.

La giovane spalancò appena le labbra e sgranò gli occhi, incredula. Era impazzito??

Il capitano inglese inarcò le sopracciglia e tutta la ciurma spalancò la bocca, in un incredulo

“Cosa?”

Jack tossicchiò leggermente, si schiarì la voce e ribadì il suo “No” agli Inglesi.

“No, noi non accettiamo. Perché…-  i suoi occhi trovarono per un istante quelli di Evelyne che gli lanciavano fulmini per lui inspiegabili.- … perché non sono uno sciocco. Sono il Capitan Jack Sparrow e so che questi gentili signori ci stanno allegramente prendendo per il...”

“Bada alle tue parole pirata.- la voce di Letray suonò stridula come lo strisciarsi tra due coltelli.- tra me e te sei tu il pirata, quindi è la mia parola che vale di più.”

“Mi sembra ragionevole..” commentò il signor Gibbs con una alzata di spalle.

“Davvero? Beh a me non sembra affatto che lo sia.- iniziò Sparrow con un piglio quasi offeso.- credete forse che sua maestà Interceptor, Duntless e tutte le santissime bagnarole del re ci daranno carta bianca per scorrazzare felici e tranquilli sulle loro colonie? Io dico di no. Dico invece.- ricominciò gesticolando.- che questi signori prima vorranno il nostro ostaggio, poi ci dichiareranno guerra e dovremmo sprecare preziose palle di cannone per ammazzarli. E avremmo perso il nostro ostaggio. E una buona dose di tempo il quale, signori, è altresì molto prezioso. Allora, dico io, perché non ammazzarli subito? Sì, sprecheremo sempre le nostre preziose palle di cannone, ma non perderemmo meno tempo che sprecandole dopo aver accettato e ceduto il nostro ostaggio?”

“Craa vento alle vele, vento alle vele!” svolazzò Cotton e Jack, compiaciuto, si voltò verso di lui, giungendo le mani a mo’ di preghiera. “Grazie mille..”

“Rifiutate, dunque?” il tono dell’inglese preludeva la battaglia.

Jack inarcò un sopracciglio. “E poi.- continuò.- non vi sembra strano? Tanto ardore per una donna…” Evy inarcò un sopracciglio ma lui non se ne curò affatto. “è un’assassina graziosa ma è per sempre un’assassina. L’Inghilterra è disposta a tanto solo per un’assassina? Non credo proprio. Allora, qui le cose sono due. O questi inglesi oltre ad essere dei molluschi, sono anche tutti eunuchi… opp..”

“Jack ha ragione!” La voce di Sputafuoco fu quanto meno provvidenziale. “Non possiamo fidarci di questi sporchi inglesi!” concluse sputando a terra.

Barbossa in un angolo sorrideva.

Jack fece cenno a Gibbs di dire qualcosa pure lui. L’uomo sugli inizi sembrò non capire poi però all’ennesima occhiata afferrò il messaggio e con aria piuttosto incerta e la bocca amara per il fallimento dell’accordo, urlò anche lui. “Si!! Ha ragione il capitano!”

Fu una piccola reazione a catena, piano piano tutti iniziarono lentamente ad annuire e a fare cenni d’assenso, parallelamente a ciò che avveniva nella nave inglese dove il capitano, nervoso per il suo fallito tentativo di mediazione, interruppe il mormorio dei suoi soldati.

“Come desiderate bastardi… -ringhiò- Uomini ai cannoni!!!!”

“Orsù gente- gridò di rimando Sparrow.- che inizi la musica!”

Non occorse dire altro. In pochissimo tempo si scatenò esattamente la tremenda musica dei cannoni che sparavano e le palle di metallo che si infrangevano nel legno della nave alzando nubi di schegge. Intanto il mare s’ingrossava per effetto di quel vento disastroso che non accennava a diminuire e che agitava le imbarcazioni menandole a destra e a sinistra come dei burattini nelle sue grandi grinfie blu.

Ma se l’ondeggiare della nave non faceva smettere lo sparare continuo dei cannoni, rendeva invece molto difficile puntare con il fucile. Mirare era pressoché impossibile a causa del movimento ondulatorio della Perla e si rischiava di sprecare solo tempo e munizioni.

“Dannazione…” imprecò il capitano gettando il fucile a terra dopo l’ennesimo colpo che invece che conficcarsi su quel dannato Letray centrava in pieno l’albero maestro.

“Capitano!” Gibbs lo raggiunse sulla destra, trafelato e preoccupato. “Le munizioni stanno finendo e il tempo sta peggiorando, signore!”

“Questi inglesi mi hanno stancato, leviamo le tende!” ordinò prendendo velocemente la bussola dal taschino e cercando la rotta da seguire per l’Isla de Muerta.

L’ago di ferro roteò velocemente poi puntò sud-ovest. Jack alzò gli occhi e vide che gli Inglesi erano proprio in quella direzione.

“Che rotta capitano?” domandò il signor Gibbs faticando a farsi sentire per il vento e tutto il resto.

Sparrow richiuse velocemente la bussola, l’agitò per bene e la riaprì di botto. Di nuovo sud-ovest.

Beh? Era impazzita? Lui voleva l’Isla de Muerta non andare dritto verso le fauci della Marina Britannica. I suoi occhi seguirono quella strana direzione e vide poi che non c’erano solo gli inglesi da quella parte. Alla sua sinistra c’era anche Evelyne, accovacciata e nascosta, con le mani sopra le orecchie, gli occhi chiusi e stretti come quelli di una bambina cresciuta troppo in fretta.

Sorrise appena e riprovò una terza volta. Come se la bussola avesse capito solo ora verso quale direzione non il cuore ma la ragione del capitano premeva in quel momento, segnò rapidamente direzione est.

“Est!”

Il fragore assordante di un tuono irruppe nell’aria proprio in quell’istante, accompagnato dall’ennesima oscillazione della Perla che fece perdere l’equilibrio a tutto e tutti per cui in pochi istanti i pirati si ritrovarono con il sedere a terra. Sul pavimento della Perla rotolava di tutto, palle di cannone, proiettili e perfino l’occhio di Raghetti che disperatamente lo rincorreva da un lato all’altro della nave.

La Perla iniziò a muoversi ma proprio in quell’istante videro che gli Inglesi attaccavano di nuovo e questa volta con un arrembaggio: decine di corde trasportavano veloci gruppi di nemici sulla loro nave.

“Tiro al bersaglio, gente!!” sogghignò Barbossa mentre centrava decine di inglesi, sotto le risa generali. Ci fu parallelamente uno sguainare di spade e il combattimento corpo a corpo tra inglesi ed americani, tra soldati e pirati.

Tutti si battevano con spade, lancie, pistole a mo’ di clave perché scariche mentre Jack se ne stava placidamente al timone a tenere la nave che altrimenti sarebbe stata sballottata dal vento e dal mare. Poi, ogni tanto, quando qualcuno si avvicinava, gli sparava con la nonchalance di quando si ammazza una mosca fastidiosa.

Evelyne lo osservava dal suo nascondiglio e se non fosse stato per la distanza, avrebbe creduto persino che fischiettasse.

Ci fu l’ennesimo tuono e un’onda più grande delle altre, che investì la Perla, facendola riempire d’acqua salmastra che inondò i due schieramenti. Anche Evelyne si trovò nella mischia, senza nemmeno accorgersi di com’era accaduto.

Subito si adoperò per rialzarsi, si puntellò sulle ginocchia, si sfregò gli occhi per cercare di vedere qualcosa ma non appena riuscì a rizzarsi in piedi si sentì afferrare velocemente da qualcuno e potare via, lontano.

S’accorse realmente di ciò che stava accadendo solo quando rimise piede sulla nave. Ma non sulla sua nave, la Perla. Sull’Interceptor.

 

 

Sia Jack che Gibbs avevano visto il rapimento. Rapimento? Beh, insomma, quello che era.

“Dannazione.” Commentò il pirata sgozzando un inglese. “Bisogna andarla a riprendere, capitano?”

“Ci andremo tutti!- sorrise Sparrow.- uomini andiamo a fare una visita agli uomini di sua maestà! All’arrembaggio!”

 

 

 

“Nooo!” gridò Evy divincolandosi dall’uomo che l’aveva rapita, dirigendosi verso il bordo della nave dal quale vedeva la Perla in subbuglio dal combattimento.

“Evelyne, ferma.” L’uomo la prese forte per un polso e la costrinse a voltarsi verso di lui.

Era James.

“Che hai fatto?” gli urlò contro, battendo i pugni sul suo petto. “Sei impazzito, che hai fatto?”

L’uomo riuscì ad immobilizzarla in un paio di mosse e le sussurrò all’orecchio, in modo che gli altri non potessero sentire. “Evy, Evy, tuo padre ha chiesto la grazia per te, l’ha chiesta al Re! Non lo sa ancora nessuno ma stai tranquilla, non morirai!”

La ragazza si distanziò da lui e James vide bene che nonostante le sue parole l’odio nei suoi occhi blu non era diminuito affatto. “Evelyne..” sussurrò, confuso, poi non resistette e l’abbracciò forte, come ai tempi passati, quando lei era la ragazza di suo fratello. Anche lei lo strinse ma fu per pochissimi istanti perché furono presto investiti dal fragore dei pirati che piombavano su di loro.

Norrington affidò velocemente Evelyne ad un suo sottoposto. “Presto! Portala nei miei alloggi, corri! E avverti suo padre!”

L’uomo l’immobilizzò e cercò di condurla via ma Evelyne si dimenava urlando come una leonessa. Riuscì a mollare una gomitata al suo carceriere e vide stupefatta che quello crollava a terra, stecchito. Poi, voltandosi, scorse Jack che soffiava via il fumo dalla pistola.

“Signorina Smith.- sorrise mentre teneva nella destra una corda.- la vostra carrozza è arrivata.”

Esultando, sotto gli occhi increduli di Norrington, Evelyne si precipitò verso il capitano pirata, circondò il suo corpo con le braccia e si lasciò condurre via, sospesa a mezz’aria, finché non si ritrovò sulla Perla di nuovo.

Vide che quasi tutti i bucanieri piombati sull’Interceptor erano tornati indietro, mentre sulla nave pirata c’era ancora qualche soldato inglese.

“Allora - gridò Jack recuperando il suo cappello tra gli uomini in lotta.- su, che questa brezza ha cominciato a stancarmi! Cazzate a babordo!”

Alla faccia della brezza, quel vento iracondo s’ingrossava sempre di più e minacciava di cappottarli davvero. Ma Barbossa non si dava per vinto gridava nel vento con la voce forte di un generale.

“Alzate l’ancora di tribordo, cazzate a babordo, abbassate le vele altrimenti il vento ci sbatterà su un lato, branco di idioti” gli uomini eseguivano faticosamente e lui in quattro balzi s’appropriò del timone, iniziando la virata che l’avrebbe portati via da lì.

Molti della ciurma alzarono un sopracciglio, voltandosi verso Jack. “Oh, gliel’ho detto io, ovviamente.” Giustificò l’altro, ripromettendosi però solennemente di fare un bel discorsetto a Barbossa riguardo quello che un primo ufficiale poteva o non poteva fare. Diciamo che questa volta avrebbe soprasseduto giusto perché era una situazione d’emergenza.

La Perla cominciò a muoversi e a scappare e gli inglesi ancora vivi che si trovavano in territorio pirata s’affrettarono a ritornare sulla loro nave. Tutti tranne un uomo che ancora combatteva ferocemente e sembrava non volerne sapere d’andarsene.

“Curioso come la gente si voglia suicidare al giorno d’oggi.” Commentò Jack con un mezzo sorriso accanto a Barbossa.

Quest’ultimo strappò un fucile da un pirata e lo puntò sull’inglese. “Andiamo Jack. Vince chi lo centra per primo. è un po’ che non andiamo a caccia…” disse ridendo in un modo così agghiacciante che fece venire i brividi perfino a Sparrow. Egli con un sorriso tirato e non potendo tirarsi indietro prese il fucile pure lui con un entusiasmo pari a zero.

I due mirarono.

Jack mise mano al grilletto ma si bloccò seduta stante quando vide che quell’uomo gridava un nome che tutti conoscevano bene. Calò il fucile e osservandolo vide che combatteva urlando il nome di Evelyne.

In quell’istante se ne accorse anche lei. La voce aspra ed acuta di quell’uomo che gridava il suo nome superò le barriere della confusione. La donna si rizzò in piedi con il cuore in gola e quella voce così familiare che le rimbombava nelle tempie, gli occhi che cercavano avidi l’uomo che la stesse chiamando così disperatamente.

Quell’uomo.

Lo riconobbe subito.

Suo padre.

In un attimo dimenticò ogni cosa. Dimenticò che lui le aveva addossato la colpa per la morte della madre, dimenticò il male, il dolore di quel tradimento che fino a poco prima le aveva fatto ribollire il cuore di rabbia, dimenticò i suoi occhi lontani e la sua voce fredda e apatica, mentre lei saliva al patibolo.

Non era nient’altro che suo padre in quell’istante.

Jack aveva esitato. E Barbossa se ne approfittò seduta stante. Senza lasciare nemmeno tempo per un respiro puntò velocemente il fucile e fece lui quello che Sparrow non aveva il coraggio di fare. La pallottola raggiunse precisamente il petto di quel bastardo inglese.

“Peccato, Jack, poteva essere un bel giochetto..” ghignò l’uomo stringendo tra le mani la canna del fucile.

La Perla intanto si allontanava veloce e la ciurma gettava in mare i cadaveri.

Turner e Cotton afferrarono quello di Smith ma la voce argentina di Evelyne li fermò a mezz’aria. “Fermi!”

I due uomini si bloccarono immediatamente, lasciarono l’uomo a terra e fecero un passo indietro.

C’era fragore sulla Perla, ormai si erano allontanati dai nemici e tutti gridavano fieri della battaglia, ignorando la giovane che si faceva lentamente largo e raggiungeva quell’uomo agonizzante, sdraiato sul freddo legno della nave. 

Il proiettile gli si era conficcato nel petto e dalla ferita aperta stillava fuori, come vino da una botte, sangue vivo a grandi fiotti: era vicinissima al cuore. Si sentiva distrutta, spaesata, ingannata dal destino che gli aveva ridato il padre e l’affetto per lui solo per pochi secondi e poi glielo aveva sottratto bruscamente. Non aveva avuto il tempo nemmeno di realizzare.

Era lì adesso, ai suoi piedi, morente. Senza quasi più la forza di parlare, Evelyne si inginocchiò accanto all’uomo.

“Papà…”

La sua destra, tremando, toccò appena l’attaccatura dei capelli del genitore, quei capelli che un tempo erano stati d’un nero intenso proprio come lo erano adesso i suoi. Khun Smith sentì la carezza, sentì quel tocco così delicato, un tocco quasi angelico. Si riscosse appena, aprì gli occhi e Dio gli concesse di vedere l’angelo che era chinato su di lui.

Con i capelli sconvolti dal vento e gli occhi dalle lacrime, lì vicino a lui, c’era sua figlia.

Un piccolo sorriso si stampò sul volto dell’uomo. Aprì la bocca. Voleva parlare. Voleva chiederle perdono, voleva dirle quanto le era mancata e quanto era pentito delle sue azioni. Voleva dirle che il desiderio di essere un uomo onesto e rispettoso delle leggi non valeva quello di essere un buon padre… ma non disse nulla. 

Fu un attimo perché la vita gli sfuggì dalle labbra esattamente come un rivolo di sangue e il suo capo che si era sollevato appena ricadde pesantemente all’indietro.

Morto.

“Miss Smith.- la voce roca e cavernosa di Turner suonò quasi dall’oltretomba.- dovete lasciarlo andare.”

“Avete sentito o no?” era Barbossa ad urlarle adesso. “Gettate quell’inglese a mare, ne ho abbastanza di questi piagnistei!”

Alla voce di Barbossa seguì l’immediata esecuzione del gigante nero che le prese il padre da sotto il naso e senza che lei potesse dire o fare nulla, lo gettò in mare come un sacco di carbone.  “Nooo!” la giovane si lanciò verso la sponda lignea della nave e, quant’è vero Iddio, si sarebbe buttata se la provvidenziale stretta di Sparrow non l’avesse fermata. “Evy..” le sussurrò piano tra i capelli mentre lei osservava il genitore scomparire come un sasso nel mare ancora grosso e vociante.

“è morto.”

Evelyne stava per scoppiare a ridere e a piangere insieme. “è morto. È morto, è morto non è incredibile? Ah, è ridicolo! Non trovi ridicolo quell’uomo? Prima vuole uccidermi poi muore per rivedermi…” tirò su con il naso e Jack con un mezzo sorriso gli porse il suo fazzoletto.

Evelyne fece per prenderlo ma poi vide che era tutto annerito di polvere da sparo. Lui alzò le spalle. “Ho dimenticato di fare il bucato..”

Rise mentre le lacrime le scivolavano sulle guance. Poi con uno scatto improvviso si lanciò verso Sparrow e gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte. Si distanziò subito però, quasi vergognandosi di quel gesto. “Mi dispiace, Jack.” Disse inclinando appena il viso. “Mi dispiace tanto.”

E prima che il pirata potesse chiederle spiegazioni, l’inglese era già sparita tra la ciurma.

Gibbs e Turner si avvicinarono al capitano, lisciandosi il mento. “Strana.”

Jack strinse gli occhi. “Strana.”

 

 

La Perla dondolava ancora. Fuori dalla sua cabina Jack sentiva bene il vento urlare forte increspando l’immenso oceano blu su cui la loro piccola nave si agitava tanto.

Sorseggiava rum mentre con un compasso piuttosto antiquato misurava la distanza precisa della rotta e faceva misurazioni, calcoli, in vista dell’arrivo all’Isla de Muerta. Per la verità ci sarebbero voluti ancora quattro o cinque giorni, secondo la direzione che la bussola gli indicava e secondo quei computi di cui lui solo, come capitano, era a conoscenza.

Notte placida, nonostante il rombo del mare e la luce che nelle lanterne si muoveva di continuo seguendo la monotona danza da destra a sinistra della nave.

Di tanto in tanto pensava ad Evelyne. Le parole che uscivano da quella boccuccia adorata non erano mai sparate a caso, questo lo sapeva bene, e lui non era ancora riuscito a trovare un senso riguardo il loro ultimo colloquio. Per che cosa doveva dispiacersi?

A dire il vero erano molte le cose che non quadravano, ultimamente.

C’era l’atteggiamento freddo dei suoi marinai, ad esempio, c’erano gli sguardi complici di Barbossa con altri tizi della sua stessa risma e c’era Evelyne. Evelyne con i suoi occhi lucidi senza una motivazione plausibile… lei che quando lo toccava, lo accarezzava, lo faceva come una donna che sta dicendo addio al suo uomo.. come se facesse tutto per l’ultima volta.

Forse era in ansia per lui perché aiutandola si era esposto all’odio dei suoi uomini?

In effetti li aveva sentiti i mormorii, i brusii, le occhiatacce a causa del rifiuto di quella vantaggiosissima offerta inglese. Dannazione, i suoi uomini si erano così eccitati solo al pensiero di poter fare scorribande senza controlli, che la sua scelta li aveva fatti invelenire come iene.

Sapeva di non avere più un buon ascendente su di loro da molto tempo e di sicuro la sua posizione si era aggravata.

Fece un buon sorso di rum mentre i suoi occhi viaggiavano sulla cartina ingiallita arrivando sino ad una piccola protuberanza, quella piccola penisola vicino alla quale era avvenuto l’episodio del Virago. Da lì i rapporti con la ciurma si erano deteriorati man mano e nonostante lui s’adoperasse con tutto se stesso per essere un buon capitano, sembrava che qualsiasi vittoria, qualsiasi bottino non valesse più la loro stima.

Chi aveva concentrato su di se tutto ciò che Jack aveva perso era stato Barbossa.

Abile, bastardo ed ottimo stratega, Hector Barbossa si era guadagnato i favori di moltissimi all’interno della Perla, in questi anni, e nemmeno la carica di primo ufficiale che Jack si era inventato per poter catalizzare tanta popolarità, sembrava essere bastata né a Barbossa, né ai suoi.

Il vento stava cambiando nella sua nave. La stella di Barbossa cresceva al pari di quanto diminuiva la sua. Ma questo fino a quanto incideva nel comportamento di Evelyne? Per quanto fosse sensibile come ogni creatura femminile sulla faccia della terra e per quanto vicina a lui, perché era così preoccupata dall’idea che lui facesse qualcosa contro la ciurma?

Sentì l’improvviso bussare alla porta della sua cabina.

La porta s’aprì un po’ sgraziatamente e proprio lui, Barbossa, fece il suo ingresso, reggendo nella destra una buona mela verde da cui aveva fatto un morso. “Felice sera, Capitano.” A passi lenti e cadenzati l’uomo s’accostò al suo tavolo e si sedette accanto a lui.

Gettò la mela, prese il rum e fu solo dopo tre sorsi che riprese parola. “Gran bella battaglia”

“Splendida.” La voce di Jack suonò lievemente sarcastica mentre i suoi abissali occhi neri scrutavano l’interlocutore con il piglio attento di uno stratega che indaga il nemico. “Ho apprezzato molto il tuo intervento..” disse con un falsissimo sorriso, riferendosi a quando Hector aveva preso il timone ed iniziato a dare ordini a destra e a manca.

“Ma davvero..” continuò l’altro, sulla stessa falsa riga. “Credo che dovrei ringraziarvi, mi onorate.”

“Di nulla.”

Se non fossero stati due pirati in lotta per lo stesso titolo di capitano, sarebbero sembrate due comari della buona società che si fanno falsissimamente i complimenti a vicenda.

“In virtù di questo.- proseguì Barbossa, arrivando finalmente al nocciolo della questione e abbandonando, almeno in parte, l’ironia.-  io credo che il primo ufficiale dovrebbe aiutare il suo capitano in ogni cosa e per questo…”

“Molto bene. è finito il rum. Va a prenderne un’altra bottiglia.”

Barbossa si zittì subito. Poi scoppiò malvagiamente a ridere e così anche Jack. Fu una sghignazzata che finì non appena Barbossa smise di farlo.

“Divertente. Ti sarà sempre molto utile questo sarcasmo, Jack, credi a me.”

Dietro quella semplice, velenosa frase si celava una condanna a morte. Sparrow sentì un brivido attraversargli la schiena.

“In realtà.- riprese il primo ufficiale puntandogli addosso i suoi piccoli occhi grigi.-  dicevo che il capitano non dovrebbe avere segreti con il suo primo ufficiale. Dovrebbero condividere ogni informazione, in modo tale da permettere al primo ufficiale di aiutarlo nel modo migliore possibile.”

Seguì un piccolo attimo di silenzio.

Jack non si chiedeva più dove volesse arrivare.

“Qual è la rotta per l’Isla de Muerta, Jack?”

Sparrow sorrise, abbassando gli occhi e il viso. Ora tutto era molto più chiaro.

Aveva capito.

 

 

Doveva essere da poco passata la mezzanotte quando Evelyne sentì, dalla sua cabina, l’improvviso scrosciare di grida ed urla ed aprì di scatto gli occhi, accorgendosi di essersi addormentata, seduta sul letto e le spalle appoggiate al muro.

L’ammutinamento.

S’alzò di scatto ma non fece in tempo ad arrivare alla porta perché questa ricadde pesantemente ad un passo dai suoi piedi, sfondata. “Ciao bambolina.”  E al di là c’erano Pintel e Raghetti armati fino ai denti. “Muovetevi. Il capitano vuole parlarvi.”

Evy sospirò appena. Poi portò le braccia in avanti mostrando i polsi per le catene. I due scoppiarono a ridere, indicandole semplicemente di muoversi ed uscire, senza far cenno a nessuna corda o catena.

“Beh, non mi legate?”

“Il capitano ha detto che voi l’avreste detto. E…”

“Oh, il vero Capitano ovviamente. Capitan Barbossa!” s’intromise Raghetti con un moto d’esclamazione.

“Come stavo dicendo!- riprese, irritato.- ha detto che l’avreste detto. E ha detto di dirvi che non permetterebbe mai che la sua più fidata collaboratrice venga legata. Quindi seguiteci e senza fiatare.” I due risero con la stessa intensità con cui lei avrebbe voluto invece mettersi a gridare dalla rabbia. Con uno scatto s’alzò dal letto e li precedette lungo il corridoio di legno con i pugni serrati dall’ira.

Sapeva che Barbossa non avrebbe taciuto con Jack e gli altri del suo comportamento meschino ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato al punto di vantarsi la sua collaborazione

Man mano che si avvicinavano al ponte sentiva le acclamazioni degli uomini crescere d’intensità e nello stesso tempo cresceva in lei il desiderio di sparire e nascondersi dalla vergogna. Esitò quando arrivò alle scale, si fermò di fronte quegli scalini che la portavano dritta dritta a fare i conti con la realtà delle cose.

Sarebbe scesa nell’inferno piuttosto che salire quei gradini.

Ma lo fece.

Si ritrovò sul ponte.

La notte era buia e molto fredda tuttavia le luci delle torce e fiaccole illuminavano bene il ponte della nave, gremito di tutta la ciurma, anche quella che si vede di rado, in coperta o nelle cucine. C’erano tutti, disposti ai lati, appoggiati ai bordi che gridavano e ridevano con una voce agghiacciante che nemmeno tutti i demoni di lucifero insieme sarebbero stati capaci.

Poi Evelyne vide che c’era il signor Gibbs, posto ad un lato, e legato come un salame, e poco più in là SputafuocoBill Turner non legato ma con l’aria di chi è in netta disapprovazione.

I suoi occhi viaggiarono attraverso la ciurma, in un’ansia sempre più crescente.. dov’era Jack?

“Ma bene! Ecco qua la mia dolcissima Miss Smith..” esclamò Barbossa verso di lei. Fece per prenderle la mano ma la giovane nonostante la confusione fu abbastanza sveglia da ritrarsi in tempo.

Barbossa rise e con lui tutta la nave. “Allora, mia signora.- riprese - desidero che voi mi rendiate omaggio, come nuovo Capitano della Perla. L’ho chiesto a tutti i miei uomini e a parte qualche eccezione…- il riferimento a Gibbs e Jack era palese- si sono tutti dichiarati parte della nave. Dato che voi non siete un pirata ma siete su questa nave voglio anche la vostra fedeltà. E la voglio ora.”

Lei stette a guardarsi intorno ancora per qualche istante poi con il respiro corto chiese. “E Jack? Dov’è?”

L’uomo sorrise malvagiamente, godendo della sua preoccupazione. “L’avete sentita? Vuole sapere dov’è Jack!” inutile dire quante risate aveva scatenato quella battuta e più i pirati ridevano più s’insinuava in lei il dubbio e la paura per la sorte di Jack. Si sentiva così stupida improvvisamente.. aveva taciuto tutto per salvarlo, fidandosi della parola di Barbossa, ma come ci si poteva fidare di un pirata e per di più di un pirata ammutinato?

Con uno scatto di rabbia gli si gettò addosso ma non arrivò nemmeno a sfiorarlo perché il gigante nero, Murder, la bloccò in tempo prendendola per le spalle.

“Siete un mostro!!!” gridò lei cercando di divincolarsi dalla presa d’acciaio dell’uomo.

Barbossa si avvicinò al suo viso ghignando. “Com’è vero che la stupidità è femmina.”

“Voi avevate promesso che sarebbe stato salvo.”

“Osate pungermi sull’onore, milady?- con uno scatto le prese i capelli facendola sibilare dal dolore.- quello spiantato di Jack è al sicuro. Per ora.” La lasciò con uno sussulto e lei ricadde all’indietro tra le braccia di Murder.

“Allora, Miss. La vostra fedeltà?” era più che altro una provocazione.

“E della vostra fedeltà, Barbossa?- ribatté lei.- la fedeltà che voi giuraste a Sparrow?”

“Non rinvanghiamo il passato, Miss, siamo pirati.- un risolino sommesso circolò nella Perla.- avanti, sto aspettando.”

Evelyne sputò a terra, proprio ai suoi piedi. Era un gesto audace e sconsiderato che fece sgranare gli occhi perfino al signor Gibbs che pure si era rifiutato di navigare sotto le vele di Barbossa. Il capitano adesso era livido di rabbia e non gliel’avrebbe lasciata correre tanto facilmente.

“Ma bene.- ringhiò- portate questa sgualdrinella in gattabuia.”

In un secondo si ritrovò trascinata per i sotterranei della Perla attraverso le segrete della nave che, scoprì, contavano di un congruo numero di celle. Murder ne aprì una e la spinse dentro sgarbatamente, tanto che lei perse l’equilibrio e si ritrovò a sbattere le ginocchia nel duro legno della nave.

Sentì la risata aspra di Murder allontanarsi, poi sparire del tutto. Era rimasta sola.

Si rialzò in piedi e con un tuffo al cuore vide che non lo era affatto. Fu come se riprendesse il respiro in quel momento, quando si accorse che nella cella accanto alla sua c’era Jack.

Non osò chiamarlo.

Era voltato verso l’oblò che dava visione sul mare nero della notte, lo sguardo perso, la destra appoggiata sulla parete che si muoveva avanti ed indietro come se stesse accarezzando la superficie lignea della sua nave. Evelyne chiuse gli occhi e si avvicinò alle sbarre che la dividevano da lui, prendendole fra le mani, senza avere il coraggio di dire nulla in realtà.

Incredibilmente fu lui ad interrompere il silenzio. “Questa nave.- sussurrò, carico d’ira.- me la diede Davy Jones. Capisci?” si era voltato verso di lei, puntandole addosso i suoi occhi intrisi di odio.

No, non capiva ma non osò ribattere.

“Io sono addirittura in debito con lui per questa nave!- era arrabbiato ma c’era qualcosa nel suo tono che non lo faceva mai apparire realmente tale. Come se anche nell’ira la sua ironia non riuscisse proprio a farsi da parte.- e adesso sono non solo in debito con lui, ma anche senza nave!”

“Jack mi dispiace.”

Non disse altro. Jack corse verso le sbarre e le prese il collo nella destra, avvicinandola alla grata.

“Tu.- disse a metà tra il sorriso e il ringhio.- … pirata...”

Lei lo fissò negli occhi. La sua stretta non faceva male. Era come se lui volesse punirla ma non ne avesse intimamente il coraggio e quindi la teneva per il collo e basta, senza nuocerle veramente.

“...”

“Hai stretto un accordo con Barbossa.”

“L’ho fatto per te.”

“L’hai fatto per me! E che cosa ti ha fatto pensare che io mi fossi stancato di fare il capitano, è? Ti ho forse detto ‘Trovami un sostituto, voglio cambiare vita perché in mare c’è troppa umidità e mi si arricciano i capelli!’ te l’ho forse detto? E se io non te l’ho detto che io non volevo più essere capitano della Perla non spingendoti quindi a fare accordi con quel traditore muffito di Barbossa, tu non avresti dovuto fare accordi con suddetto traditore, comprendi?”

Con uno scatto di rabbia la spinse verso di se, facendole sbattere la fronte sulla grata. “E invece l’hai fatto! Ma che razza di logica seguite voi donne??”

Lasciò la presa intorno al suo collo, voltandole le spalle.

Dopo attimi di silenzio lei riprese. “Ho scoperto che si stavano ammutinando quasi per caso.- riferì.- .. volevo parlartene ma poi..”

“Avanti. Poi…”

“Poi venne da me Barbossa. E strinsi un accordo con lui. Lui ti voleva uccidere ed io promisi di mantenere il silenzio, in cambio della tua vita.”

“Che nobiltà d’animo- il sorriso di Jack sapeva di puro sadismo.- e che cosa ti fa pensare che Barbossa non lo farà ugualmente? O meglio.- Sparrow alzò l’indice avvicinandosi con la sua andatura ciondolante.- che cosa ti fa pensare che io voglia vivere comunque lontano dal mare?”

Deglutì. “Ho pensato che da vivo avresti potuto vendicarti, un giorno.”

Lui la fissava intensamente negli occhi, leggendo quasi il futuro in quelle iridi blu che ora si stavano tingendo della solita fierezza. “Che diamine.- mormorò lei.- sei il capitano Jack Sparrow, no? Te la riprenderai!”

Si avvicinò bruscamente a lei afferrandola per un braccio. “Puoi giurarci, dolcezza.”

Di nuovo la grinta nella sua voce; gli occhi di Jack brillavano della stessa intensità di sempre. La verità è che non riusciva ad odiarla per troppo tempo. Quel dannato mostro che albergava dentro di sé non accennava a lasciarlo in pace in nessuna maniera. Si risvegliava, ruggiva ogni volta che incrociava i suoi occhi e quindi s’acquietava, come se il nutrimento di quella fiera malvagia fosse proprio Evelyne che in pochissimo tempo era stata capace di sconvolgere tutta ma proprio tutta la sua esistenza.

Il rumore sordo di una cella che s’apriva e si richiudeva forte fece sobbalzare la giovane: anche il signor Gibbs era stato imprigionato, nella cella accanto a quella di Jack.  

“Che sia stramaledetto quel vigliacco furfante!” brontolò estraendo il flaconcino di rum e facendone un sorso.

“E adesso?” domandò lei stringendo le grate tra le mani. “Che accadrà adesso?”

Jack e il signor Gibbs si scambiarono una rapida occhiata.

Loro sapevano.

 

 

 

 

Era ancora notte inoltrata. Ed era difficile dormire.

Jack si trovava seduto, con le gambe incrociate, la mente che si arrovellava alla ricerca di una soluzione, una soluzione che non c’era affatto. Perché da pirata sapeva troppo bene quale era la sorte che gli era destinata: sapeva che cosa aspetta ad un capitano fatto da parte.

I suoi occhi si posarono un istante su Evelyne. Dormiva, appoggiata alla grata che li divideva. Sorridendo, intenerito, le si avvicinò e dosando i movimenti per non svegliarla, le accarezzò i capelli.

È incredibile pensare quanto i capelli di una donna possano essere morbidi, nonostante il mare, il sole, la salsedine. Quante sensazioni possano trasmettere, quanto calore passi nella pelle al solo tocco, e poi dentro, in profondità.

Era inebriante.

Ed era l’ultima cosa che gli sarebbe rimasta di lei, probabilmente.

Quella era la vera fine. Lui in qualche modo se l’avrebbe cavata. Possibile che non sarebbe riuscito a trovare un paio di tartarughe marine in qualsiasi posto dimenticato da Dio e dagli uomini in cui Barbossa l’avesse scaricato? Naa, lui era pur sempre il capitano Jack Sparrow.

Ma lei, quella scavezzacollo, traditrice di una inglese, lei.. non sapeva come se la sarebbe cavata. Era una ragazza forte quanto fragile. Era iraconda molte volte, estremamente irascibile altre ma per lo più era… indifesa.

Indifesa come lo è una piccolo cucciolo di tigre che è dovuto crescere troppo in fretta ed ha sviluppato un forte senso dell’attacco ma che in realtà ha solo bisogno di una carezza tra le orecchie e di qualcuno che si prenda cura di lui.

Lui si era preso cura di Evelyne. Era la prima volta in tutta la sua vita che si prendeva cura di qualcuno.

“Evelyne… Evelyne…” la scosse improvvisamente, con urgenza, come se stessero naufragando in quel momento. La ragazza infatti si svegliò con il cuore in subbuglio e la sua voce impastata dal sonno suonò bassa, nella umida cella della Perla Nera. “Jack..- era giustamente stralunata.- Jack.. che c’è..” mormorò rizzandosi e faticando a trovare i suoi occhi per il buio del luogo.

“Evelyne..- riprese lui, quasi forzandosi a parlare.- mancano poche ore all’alba.”

“Lo so..”

“Dormivi?”

Lei aggrottò la fronte. “Certo che dormivo!”

“E dormivi bene? Eri tranquilla?”

“Jack ma che diavolo di domande sono? No che non dormivo bene, non sono affatto tranquilla, sono in una prigione e non so che accadrà, come posso esserlo?”

“Beh, io vorrei che tu lo facessi.” Ribatté lui. “Vorrei che tu dormissi bene, Evelyne.”

C’era molto di più nel suo discorso.

Un senso profondo, nascosto tra quelle parole amare. E lei lo capì benissimo… era il modo più dolce che aveva per dirle che teneva a lei. Che sentiva qualcosa per lei, espresso nel suo rude linguaggio piratesco. Jack Sparrow era un uomo che desiderava che lei dormisse bene.

“Hai… hai mai visto il sole che non tramonta mai?- lei negò con il capo, quasi ipnotizzata.- io molte volte.” la sua bocca si contorse in un piccolo sorriso. “Ho visto anche la notte perpetua quando il sole non spunta mai, ma in compenso le stelle sono così visibili che sembra quasi di poterle toccare…. Ho visto quando su questi cieli si tingono di verde e rosa… e quel colore si rispecchia anche su ghiacciai alti fino al cielo - i suoi occhi neri luccicavano.- e poi, dall’altra parte del mondo, Evelyne. Dove è così caldo che daresti l’anima per un sorso d’acqua..”

“Non di rum..?” sorrise lei, ad un soffio da lui se non fossero state le sbarre.

“Anche di rum, dolcezza. Anche di rum.”

“E poi..” lei l’incitò ad andare avanti mentre la sua mano si avventurava nella cella di lui, andando a stringergli il polso. “ E poi, Jack..”

“E poi ho visto la libertà, tesoro. La libertà vera. Sai cos’è la libertà vera?- lei negò velocemente.- avrei voluto che tu la vedessi, Evy. Avrei voluto portarti all’orizzonte.”

Sospirando le prese il viso nella destra, quasi avidamente, e le accarezzò la guancia disegnando il contorno delle sue labbra con il pollice.

Lei deglutì, sentendo improvvisamente gli occhi pieni di lacrime. “Grazie.”

Era la più bella dichiarazione d’amore che avesse mai udito.

Sparrow l’avvicinò di più alle sbarre e passando un braccio attorno alla sua nuca, le baciò le labbra, amaramente, in un bacio tanto lungo quanto disperato, esattamente come un bacio d’addio. Quando si distaccarono Evelyne lo fissò intensamente come a volersi memorizzare ogni cosa di quel volto, per non lasciarselo mai sfuggire dalla mente.

“Dormi adesso.- disse lui, con la voce più roca.- Il sole sorgerà tra poco.”

Evelyne avrebbe voluto scoppiare a piangere ma strinse forte le labbra e, come stregata dalle sue parole, annuì, riprese la sua posizione iniziale e sprofondò di nuovo nel sonno.

 

 

 

 

 

Era appena sorta l’alba quando Sputafuoco Bill venne alla loro cella, accompagnato da altri tre pirati. Jack era disteso lungo sul suolo con le braccia incrociate dietro la nuca. Evelyne era ancora appisolata, Gibbs ronfava della grossa stringendo il suo rum come un pupazzetto di pezza.

“Sveglia!” tuonò mastro Twigg battendo la pistola contro le grate della segreta.

“Sh!” li rimproverò Sparrow portandosi un dito alla bocca ed ammiccando nella direzione della ragazza che ancora giaceva addormentata, al contrario di Gibbs che il botto aveva risvegliato dal suo sonno profondo.

“Jack.- esclamò Turner con voce colpevole e bassa.- è l’ora.”

Il capitano s’alzò d’un balzo. “Lo so.” Disse, stringendo i lati della bocca. “Lo so benissimo.”

I suoi occhi si fissarono l’ultima volta su Evelyne. Sorrise. Ricordò di averla vista per la prima volta in una prigione, a Port Royal. E adesso la salutava per l’ultima volta, sempre in una prigione. Tutto andava come si deve quindi.

Ecumenicamente… grammaticalmente..

“Jack.- lo richiamò Gibbs.- buona fortuna.” Disse porgendogli il pugno. Jack annuì battendo il proprio con quello dell’amico.

“Su, muoviti.” La cella si aprì e Jack ne uscì via, camminando fieramente come si conviene ad un capitano, anche se sconfitto. No, lui non era uno sconfitto. Era temporaneamente sconfitto.

Fu condotto all’aria aperta, sul ponte. Era una giornata stupenda, il sole era caldo, il cielo azzurro all’inverosimile e un vento dolce muoveva i capelli di tutti.

“Buongiorno Jack. Fatto buon sonno?” domandò Barbossa con palese aria di scherno, seguito dalle risa di tutti.

“Non c’è male. Il mio è il sonno del giusto.”

“Oh Jack ti prego, non rimproverarmi.- continuò quello.- non voglio che ci separiamo arrabbiati. Voglio rimediare. Visto che non puoi più essere capitano della Perla, abbiamo deciso di farti governatore di un’isola tutta per te!” gli mostrò un piccolo fazzoletto di terra, lontano dalla nave di poche decine di metri.

“Sei molto gentile.- sorrise Jack deglutendo a fatica.- ma preferisco rimanere nell’anonimato. Dopo un po’ il potere dà alla testa, voglio prendermi un po’ di tempo per me.”

“Ne avrai quanto vorrai, di tempo. Pensi che l’eternità possa bastarti?- Sparrow rimase ammutolito.- Portate a Jack la sua pistola e mi raccomando: che abbia un solo colpo!”

L’ordine fu eseguito. Jack fu dotato della sua pistola e gentilmente invitato a scendere dalla nave, saltando su un trampolino. “Giù.” Gli intimò Barbossa, sguainando la spada e puntandogliela alla schiena, contornato dai cori di ‘Salta Salta’ di tutti i pirati.

Jack percorse il trampolino ma poi si fermò prima di saltarlo.

“Signori.” esordì con aria teatrale cercando di mantenere l’equilibrio su quell’instabile pezzo di legno.

Barbossa alzò gli occhi al cielo.

“Confido che questo giorno resterà nella memoria di tutti come il giorno in cui vi siete quasi ammutinati”

“E perché quasi, di grazia?”

“Perché non si sono ammutinati tutti.”

Logica di ferro.

Il trampolino cominciò a traballare per il peso. “è il giorno che vi perseguiterà nei vostri sogni.- continuò quello faticando sempre di più a rimanere in piedi.- perché quando la mia vendetta giungerà voi vi rammaricherete di aver seguito questo signore ammuffitoo..- cominciava a non stare più in piedi- è il giorno in cui….. Capitan Jack Sparrowwww….”

Un sonoro splash concluse quelle parole.

Barbossa sospirò. Finalmente.

“Su, siete rimasti imbambolati!?- gridò alla sua ciurma che ancora osservava il trampolino vuoto.- avanti, levate l’ancora, alzate le vele! Andiamocene il più in fretta possibile!”

“Si Capitano!” intonarono tutti.

 

 

Evelyne aprì gli occhi molto più tardi quando sentì il rumore sordo della sua cella che veniva aperta da Pintel e Raghetti. Li osservò, un po’ perplessa.

“Su, bambolina.- esordì Pintel.- il capitano ha detto che potete uscire, se volete.”

Anche Gibbs era stato liberato. Lei si alzò di scatto non appena vide che la cella di Jack era vuota. Si avvicinò con un balzo a Gibbs. “Dimmi di Jack.- era quasi un ordine.- che cosa gli è accaduto.”

“è stato abbandonato.- rispose Raghetti roteando l’occhio.- su un’isola deserta. E con la sua pistola, ovviamente. Barbossa è un uomo d’onore, non ha mancato di dargli il suo colpo.”

La ragazza non capiva nulla e spazientita riprese, all’indirizzo di Gibbs. “Ma che significa?”

“Ragazza.- iniziò questo, con tono grave.- quando si abbandona un pirata gli si lascia sempre la sua pistola. Con un solo colpo, un colpo. Non che serva a cacciare o a farsi soccorrere. Ma dopo giorni e giorni senza cibo né acqua, quel colpo assume un’aria molto attraente.- fece una piccola pausa.- È il codice.”

Evelyne spalancò le labbra, incredula. “Oh Dio.” Con uno scatto li sorpassò, correndo uscì dalle segrete, facendo le scale due a due, attraversò i dormitori schivando le amache dei pirati, poi passò lungo il corridoio con le cabine e quindi salì di nuovo le scale, ritrovandosi sul ponte, invaso dal vento  e dal sole.

Corse a perdifiato fino alla poppa della nave, aggrappandosi al bordo della Perla, con tutte le sue forze.

Lontanissima da loro, una piccola, piccolissima isola.

“Se la caverà.”

La voce cupa di Turner la raggiunse dietro le spalle.

Lei si voltò di scatto, gli occhi lucidi lucidi. “Sì.- annuì, tornando a guardare l’isola.- Si. – ripeté- è pur sempre Jack Sparrow, no?” poi, come se Jack stesso l’avesse rimproverata di aver omesso qualcosa, si corresse da sé. “oh,sì. Il Capitan Jack Sparrow.”

 

 

 

Jack stava ancora ad osservare la Perla allontanarsi, aveva deciso che l’avrebbe fissata finché non sarebbe scomparsa del tutto.

Guardava Barbossa allontanarsi con la sua nave. E la sua donna.

Il pensiero di lei lo fece sorridere appena. “Addio, gioia.”

 

 

 

 

Evy si sfiorò appena il ciondolo di corallo che pendeva dal suo collo.

L’isola era scomparsa dalla loro visuale.

“Addio..”

 

 

 

 

 

 

Molti si chiedono se Jack abbia mai amato.

Parliamo dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.

Ma non è sempre stato così.

La verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello che conosciamo è avvenuto ben altro.

Prima di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.

Ha amato Lei.

 

 

Fine

 

 

Epilogo:

 

 

 

Jack scovò presto un carico di rum detenuto illegalmente su quell’isola e lo tracannò beatamente per tre lunghi giorni.

Poi la leggenda racconta che trovò tartarughe marine in quel piccolo posto paradisiaco, le legò insieme con peli umani che si staccò e scappò via, di nuovo libero.

Non accadde precisamente così ma confidiamo che sarà proprio lui, in futuro, a raccontarci come andarono veramente le cose.

 

 

Barbossa, uomo d’onore, non torse un capello ad Evelyne. Prima di giungere all’Isla de Muerta fecero porto in un piccolo villaggio e lì la scaricarono assieme a Gibbs.

Precisamente, di lui raccontano che dopo una lunga bevuta in un bordello, si sia ritrovato il giorno dopo arruolato nella marina britannica.

Sappiamo però che la sua indole piratesca riemergerà un giorno o l’altro.

 

 

Di Evelyne si perdono le tracce.

Tuttavia un uomo è pronto a giurare di aver visto una ragazza corrispondente in tutto e per tutto alla sua descrizione che cercava una nave per Tortuga.

 

 

Per quanto riguardano le sorti dei bucanieri della Perla, beh, loro adempirono la loro missione, scovarono l’Isla de Muerta e il bramato Tesoro di Cortes.

Poi, maledetti e felici, ripresero il mare ma l’ammutinamento aveva lasciato strascichi soprattutto in Bill Turner che, entrato di nuovo in contrasto con la ciurma e il suo capitano, morì, ucciso proprio per mano di Barbossa il quale ordinò poi che lo legassero ad un cannone lo gettassero in mare.

Se ora riposi in pace o se la sua anima abbia fatto un’altra fine, questo non lo sappiamo ancora.

 

 

Molti raccontano infine di aver visto Jack aggirarsi nelle vie di Port Royal e magari voler rubare una nave. Anzi, requisire una nave. Termine nautico.

 

Ma questa è un’altra storia.

 

 

 

 

 

Diomache.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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