“Spiegati
meglio, Ranma. Cosa vuol dire che hai capito come sconfiggere le
amazzoni?”
Nonostante
cercasse di mantenere la calma, Obaba era decisamente nervosa.
Sperò che quella
del codinato non fosse una stupida trovata delle sue, che erano
già nei guai
fino al collo senza che peggiorassero da soli la loro situazione.
“Esattamente
quello che ho detto, vecchia: so come sconfiggerle.”
Tutti in
salotto rimasero in silenzio, in attesa che Ranma proseguisse il suo
discorso:
erano così distrutti dopo essersi lanciati alla sua ricerca
in tutta Nerima,
quand’era sotto gli effetti del Nekoken, che
l’ultima cosa che volevano era
litigarsi di nuovo il bagno e la doccia solo perché Ranma
amava la suspance.
“Dici che ce
la fai a parlare entro sera, che vorrei togliermi di dosso il
lerciume?” berciò
Mousse, indicando gli abiti ormai da buttare ed esternando il pensiero
di
tutti.
“Avere
paura, è questo il segreto.”
“...non
prenderci per il culo. Avanti, cos’hai scoperto.”
Ranma
sbuffò. Odiava non essere preso sul serio.
“Non sto
scherzando Mousse! Ti ricordi cosa diceva il suggerimento che il nostro
misterioso... alleato dalla Cina ci ha dato?”
Obaba sgranò
gli occhi, dandosi mentalmente della stupida.
“«Combattere
non serve. Abbiate paura»!” gracchiò,
“Ma certo, come ho fatto a non capire!”
“Nobile
Obaba potrebbe illuminare anche noi?” prese parola Ukyo,
alzando la mano
“Soprattutto me e Ryoga, che siamo ormai i prossimi in
lista...”
“Era così
ovvio, eppure non avevo capito” borbottò,
camminando avanti e indietro nella
stanza “il segreto per vincere il... gioco non è
affrontare la propria paura,
ma accettarla!”
Tutti si
scambiarono sguardi perplessi, tranne Ranma che intervenne per spiegare
in
maniera più semplice: “Se ho vinto il mio scontro
è perché ho ceduto alla mia
fobia dei gatti. Quella che ho affrontato era probabilmente la parte di
me che
è legata al Nekoken - cosa che spiega il perché
fosse identico a me” disse “e
involontariamente mi ha suggerito come sconfiggerla, cedendo alla
paura. Nel
momento in cui ho smesso di pensare normalmente e l’ho
attaccato lui è
sparito.”
“Ok, per
Ranma può anche valere” chiese Mousse, perplesso
“ma con me e Akane come la
mettiamo? Nessuno di noi due aveva paura.”
“Ne sei
sicuro paperotto? Dal riassunto che mi avete fatto dei vostri scontri a
me
sembra proprio di sì.”
“A me non
sembra...”
“Davvero?
Allora dimmi, mentre eri nel dojo poco prima che arrivasse Akane e i
vostri
scontri iniziassero, come ti sentivi?”
Mousse
rimase un attimo in silenzio, riflettendo.
“Depresso,
triste... le parole di Shan-Pu mi avevano davvero ferito e..”
“...e temevi
che il suo stato fosse ormai irreversibile. Perdendo tutte le
speranze.”
Il ragazzo
annuì.
“Quindi
avevi già ceduto alla tua paura peggiore, cioè
quella di perdere Shan-Pu.”
Mousse
sgranò gli occhi, e finalmente comprese.
“Lo stesso
vale per Akane” proseguì Obaba, volgendosi verso
la ragazza “la cui illusione
ha riportato a galla i timori di non essere mai abbastanza per Ranma, o
addirittura per suo padre. Esatto?”
Akane annuì,
tenendo la testa bassa. Anche se sapeva che la vecchia non voleva
punzecchiarla, sentir dire tutto così ad alta voce e davanti
a tutti faceva un
po’ male.
“Ma alla
fine hai vinto” aggiunse l’amazzone, addolcendo il
tono “ perché quelle paure
le hai accettate molto tempo fa, e sai che sono del tutto infondate.
Sii fiera
di aver vinto il tuo scontro, bambina.”
Akane
sorrise, commossa dalle parole di Obaba.
“Ma allora”
intervenne di nuovo Mousse “perché Shan-Pu
è stata sconfitta?”
“Perché
probabilmente le ha affrontate, come sarebbe logico fare,
anziché accettarle”
sospirò “e qualcosa è andato
storto...”
"Beh,
che qualcosa sia andato storto mi pare più che evidente"
constatò Mousse,
la faccia mesta nel pronunciare queste parole. La sua gattina -e si
permetteva
di chiamarla così solo nella sua testa, altrimenti erano
sberle fotoniche che
volavano- era di natura troppo orgogliosa e testa calda per subire
passivamente
delle allucinazioni e sicuramente aveva fatto resistenza. Finendo
com'era
finita.
Rabbrividì.
Lui e Akane se l'erano cavata per il rotto della cuffia, e a dirla
tutta lei
non era uscita poi così tanto bene. Anzi. Per quanto gli
riguardava, infatti,
la situazione si era risolta tutto sommato senza problemi: aveva,
seppur del
tutto involontariamente, accettato l'idea che Shan-Pu potesse
allontanarsi da
lui.
Cazzo se
siamo stati baciati dalla sorte, stavolta. Potevamo finire in un
lettuccio a
delirare per chissà quanto tempo. Si scostò una
stilla di sudore che aveva
preso a colargli lungo la tempia.
Akane, poco
distante, stava avendo pensieri simili. La consapevolezza di essersela
cavata,
pur riportando un danno che le sarebbe rimasto addosso per sempre,
sembrava un
manto freddo che l'avvolgeva come la copertona della nonna.
Voleva
urlare. Voleva buttar fuori quel che provava, anche se non aveva idea
di cosa
fosse esattamente. Voleva accasciarsi per terra e piangere. Voleva fare
un
milione di cose, tutte sbagliate o perlomeno mal sincronizzate con la
situazione del momento.
Quanto
resisterò ancora...
Riuscì, per
fortuna, a trattenersi e a rimanere tutto sommato stoica. Anche se il
pizzicore
alla guancia le ricordava dolorosamente, non tanto a livello fisico
quanto
emotivo, che non tutto si era risolto per il meglio.
"Pensate
possiamo fare qualcosa per lei?" chiese ad alta voce Ryoga,
preoccupato.
D'accordo, non si sentiva pappa e ciccia con i cinesi ma, alla fine,
non è che
ci tenesse a vedere Shan-Pu rotolarsi in un letto in preda ad orribili
immagini
per il resto della sua vita. E poi la parte più egoista di
sé premeva per avere
una possibile soluzione. Voleva essere sicuro che, se lui od Ukyo non
fossero
stati all'altezza del compito, potessero almeno metterci una pezza dopo.
"Vai a
saperlo, giovanotto. Vai a saperlo" sentenziò Obaba "Come vi
ho già
detto in più di un'occasione non conosco questa tecnica, o
qualunque cosa sia,
e non so davvero come potervi porre rimedio. Rimane solo da sperare che
il
dottore sia più abile di me nel campo e trovi la soluzione
magica che sistemi
tutto. Altrimenti...".
"Altrimenti?"
azzardò Ranma, che per qualche strano motivo temeva una
risposta poco
piacevole.
"...
altrimenti qualche testa rotolerà".
Ecco, poi
dicono che non mi devo fidare del mio sesto senso.
“Purtroppo
al momento non ho idea di come aiutare Shan-Pu” intervenne il
Dottor Tofu, fino
a quel momento rimasto in silenzio “è come se
fosse ancora intrappolata nella
sua illusione... o meglio, crede di esserlo. E al momento le conferme
da parte
nostra non sembrano essere abbastanza per convincerla del contrario. La
sua
aura in tal senso è un disastro assoluto, è
come...” si fermò un attimo,
cercando un paragone che risultasse chiaro a tutti “...come
il disturbo statico
di un televisore: tremolante, agitata, basterebbe nulla per farla
crollare
definitivamente.”
“Vuol
dire... vuol dire che anche noi...?” balbettò
Akane, ma il dottore fece cenno
di no con la testa.
“Tranquilla
Akane, il tuo ki e quello di Mousse non sono in uno stato
così pessimo. Non
siete sicuramente al meglio, e il vostro stato psicologico mi
è più che
evidente dalle vostre auree... ma non dovete preoccuparvi. Quella per
cui sono
preoccupato di più è quella di Shan-Pu... e anche
quella di Ranma.”
Il codinato
fece tanto d’occhi nel sentir pronunciare il suo nome.
“Perché?
Cos’ha il mio ki che non va?”
“Oh, se
potessi vederlo capiresti” sospirò il dottore
“la tua aura è terrificante, è
come se ci fossero delle... zone d’ombra, se così
possiamo definirle, ovunque.”
“Zone
d’ombra...?”
“Sì, e credo
siano danni causati dalle varie maledizioni che ti porti appresso.
È
imperdonabile da parte mia essermi reso conto dell’effettiva
gravità della
situazione soltanto adesso, e nel momento peggiore.”
Tutti i
presenti rimasero in silenzio a guardare Ranma, che dal canto suo non
sapeva
proprio come reagire alla notizia.
“E non...
non può fare nulla per sistemarla?”
“Beh il
metodo migliore sarebbe rimuovere tutte le tue maledizioni”
proseguì il medico,
sistemando le lenti sul naso, “e ora come ora non ne siamo in
grado. Ma ad
esempio, il fatto che un anno fa sia scaduto l’effetto del
Baffo del Drago è
giù un passo avanti.”
“Oh, non ci
pensavo più in effetti” borbottò Ranma,
lieto di non dover più lavare i capelli
solo in forma femminile.
“Quello che
mi preoccupa ora è come il tuo scontro possa aver influito
sul tuo ki.”
“Dato che ho
vinto non può aver influito in maniera positiva?”
chiese il ragazzo,
speranzoso.
“Non saprei
dirtelo con esattezza. È vero, hai accettato la tua paura e
ti sei lasciato
andare volontariamente al Nekoken - cosa che spiega perché
ricordi tutto dello
scontro, ma non so fino a che punto possa essere una buona cosa per la
tua
aura. E grazie al cielo che c’era Akane con noi, o farti
rinsavire da quello
stato sarebbe stato un problema per noi ma soprattutto per
te...”
“Oh beh
avremmo potuto tirargli una secchiata d’acqua e si sarebbe
svegliato!”
ridacchiò Ryoga, nel tentativo di alleggerire
quell’atmosfera così cupa.
“O lanciarlo
nel lago del parco! Di solito la trasformazione in donna lo fa
svegliare anche
dal Nekoken!” lo seguì a ruota Mousse.
“Spero
stiate scherzando!” tuonò il Dottor Tofu, e tutti
ammutolirono. Se c’era una
cosa a cui nessuno era abituato era vedere il mite dottore perdere le
staffe.
“Forse potrà
sembrarvi divertente” proseguì “ma
svegliare Ranma dal Nekoken usando l’acqua è
un metodo pericoloso per la sua aura! Se l’aveste fatto poco
prima al parco
Ranma avrebbe rischiato di riportare danni psichici permanenti peggiori
di
quelli di Shan-Pu!”
“Dottore
sta... sta dicendo sul serio?” balbettò Genma,
fino a quel momento rimasto in
disparte con Soun.
“Certo che
sì” ringhiò il Dottor Tofu “e
spero che finalmente si renda conto dell’errore
che ha commesso anni fa, signor Saotome.”
Genma non
ebbe il coraggio di proferire parola, così si
ammutolì di nuovo; Ryoga e Mousse
fecero altrettanto, ancora sconvolti dall’aver scoperto che
ciò che ritenevano
uno scherzo stupido era in realtà tanto pericoloso per
Ranma. Quest’ultimo
intanto cercava di assimilare al meglio le informazioni appena ricevute.
E quindi
sono... sull’orlo della follia?
C’era
rimedio a questi danni dell’aura? Poteva uscirne? O avrebbe
dovuto conviverci?
Decise che
al primo momento di quiete avrebbe preso da parte il Dottor Tofu e
gliel’avrebbe
chiesto.
“Ok ok,
basta discussioni” berciò Obaba, stanca di tanto
inutile rumore. “Discutere non
serve a nulla, valeva prima come vale adesso, quindi calmatevi. Per
oggi ho
idea che potremo tirare un sospiro di sollievo, quindi vedete di
approfittarne e
rilassarvi.”
“E come fa a
dirlo?” chiese Ukyo, giustamente in ansia per il suo... turno.
“Perché ben
tre prove su quattro sono state superate, e questo di sicuro le
avrà
indispettite” rispose la vecchia amazzone, pacata
“quindi si ritireranno per
inventarsi qualcosa di più effettivo di due copie mal
riuscite da lanciare
contro te e Ryoga”
La cuoca
annuì. La cosa aveva senso, in effetti.
“Mentre voi
vi date una calmata io torno velocemente al Neko Hanten a cercare
qualcosa tra
i miei manoscritti più antichi, chissà che non
abbia fortuna” disse, zompando
fuori in giardino “e soprattutto scoprire qualcosa sui nostri
misteriosi
alleati. E poi credo di avere un unguento adatto a te, Akane.”
Detto
questo, Obaba sparì oltre il muro del giardino.
(1)
"Quindi
sei sicura sicura?".
"Di
cosa?".
"Che
possiamo parlare... liberamente... di quello che abbiamo appena
fatto...".
"Oh
diavolo Ryoga, non ti facevo sordo. Sì, ti ho detto che non
c'è problema. Non
mi va di nascondermi dietro un dito come quegli altri quattro. Siamo
fidanzati...
diciamo a tutti gli effetti, ecco. Che non voglio essere troppo
volgare".
Ukyo sorrise
nel dire queste parole. Si sentiva molto più leggera dopo
aver... consumato con
Ryoga nello sgabuzzino di casa Tendo. Certo, il posto non era stato
decisamente
dei migliori e avevano avuto un po' di problemi logistici dovuti a
spazio
ristretto, ostacoli di varia natura e quant'altro. Ma ciò
non toglieva che...
sì, poteva dire di essersi levata un peso di dosso.
Aver
finalmente tracciato una certa linea nel suo rapporto con Ryoga la
faceva stare
più serena, con se stessa e con lui. Naturalmente non
pensava che lui potesse o
avrebbe mai potuto farle pressione in tal senso. Non in condizioni
normali,
perlomeno. Figurati, quel senza spina dorsale che si prende gli
attributi in
mano e le arriva davanti chiedendole di fare quella cosa lì?
Pfffff. Certo.
Passami la retina, per piacere, che devo andare fuori a raccogliere i
maialini
con le ali che stanno piovendo dal cielo.
... a
volerla dire tutta, in verità, alla fine l'aveva fatto. Ma
con un paio di
importanti attenuanti: in primis era stata lei a portare a galla
l'argomento,
facendosi avanti senza il minimo pudore. In secondo luogo l'intera
impalcatura
del discorso si reggeva sul loro stato di persone braccate da un branco
di
macellai cinesi che li volevano sventrare e appendere i loro intestini
sopra il
caminetto. Diciamo che c'era una buona scusa, ecco.
Lo osservò
di sottecchi mentre, con la faccia beata, lo seguiva a breve distanza.
Voleva
gustarsi il suo uomo in lungo e in largo, non preoccupandosi della
prova che
ormai pendeva solo sopra le loro teste.
Gli altri ci
erano già passati. Chi bene come Ranma, chi maluccio come
Akane e chi
pessimamente come Shan-Pu. E neanche il codinato, a conti fatti, ne era
uscito
senza danni, almeno stando a quando aveva detto il dottor Tofu prima
della loro
ennesima fuga all'avventura.
Si diede
mentalmente della sconsiderata ad anteporre i propri istinti
primordiali a quel
casino in cui le arpie di Joketsuzoku li avevano infilati a forza. Ma
oh, a una
ragazza nel pieno del vigore fisico ed ormonale sarà
concesso pensare a se
stessa, una volta ogni tanto. Ho seminato saggezza gratis a destra e a
manca,
aiutando quegli impediti dei miei amici ad aggiustare le cose fra di
loro
quando andavano male. Potrò pur dedicarmi al mio benessere,
una volta ogni
dieci anni.
Se non
altro, dovessi fallire come cuoca, so come sbarcare il lunario.
"Eccoci"
disse poi a voce alta "siamo arrivati. Adesso vedi di prestarmi
attenzione: è vero che ho detto di non nasconderlo e non lo
ritratto, ma questo
non vuol dire che tu adesso debba entrare in quel salotto e fare il
saltimbanco
urlandolo mentre ti reggi a testa in giù su una mano sola.
Se il discorso
dovesse saltar fuori...".
"Oh, va
bene. Messaggio recepito. Non sarò io a cominciare".
"Bravo
porcellino" e gli tirò le guance per infastidirlo. Lui
tentò
maldestramente di scacciarla come si fa con le zanzare.
"Pronto,
caro?".
"Pronto".
Tornarono
facendo finta di niente e non rispondendo alle domande di chi chiedeva
dove si
fossero cacciati per, si sperava, l'ultima volta.
“Finalmente,
ma dove vi eravate cacciati?”
Ukyo alzò
gli occhi al cielo, esasperata.
“Saotome ma
tu non cambi mai copione?” ringhiò, superandolo
per andare a sedersi accanto ad
Akane. Una bella sessione di gossip era quel che ci voleva per
risollevarle
l’umore.
“Ucchan ti
ha mica morso una tarantola?”
“Magari un
maialino...” sussurrò Ryoga, sovrappensiero.
“Eh?!”
“Nientenienteniente!”
balbettò l’eterno disperso dopo essersi reso conto
della gaffe. Ma il danno
ormai era fatto, e Ranma aveva nasato che qualcosa non andava.
“Ranma non
vorrei sembrare petulante” si intromise Mousse, “ma
non è che potresti
prestarmi qualcuno dei tuoi vestiti dopo la doccia? I miei sono da
buttare...”
“Oh ma
certo!” sorrise il codinato, cogliendo la palla al balzo
“Anzi, è proprio ora
di darci tutti una pulita!”
E così
dicendo si diresse verso il bagno insieme a Mousse, trascinando per un
braccio
un disperato Ryoga.
“M-m-ma ma
ma cosa c’entro io?!”
“Puzzi,
anche tu devi lavarti.”
“M-ma posso
farlo d-d-d-opo!”
“Meglio
adesso, fidati!”
Akane e Ukyo
osservarono la scena senza muovere un muscolo; quest’ultima
sbuffò mentalmente,
già arresa all’idea che Ranchan e Mousse avrebbero
fatto il terzo grado a
Ryoga.
Oh beh,
problemi suoi. È un maialino adulto ormai. E poi aveva
cose di più importanti di cui occuparsi.
“Dimmi
Akane” iniziò, con un tono di voce suadente
“da quanto noi non...”
“Non...
cosa? Con quel tono di voce sembra quasi che tu voglia farmi
proposte...
oscene...” pigolò Akane, un po’
spaventata dall’espressione di Ukyo.
“Ma che
dici, scema! Intendevo dire da quanto io e te non... abbiamo una
sessione di
gossip!” aggiunse la cuoca a bassa voce.
“Oh! E dillo
anziché lanciare allusioni sbagliate!”
replicò Akane. “Dunque direi da... beh
da quando ti ho detto... quella cosa.”
Ukyo sorrise
compiaciuta, poi si guardò attorno: il signor Tendo e il
signor Saotome giocavano
a shogi, Nabiki e Kasumi erano in cucina, i ragazzi in bagno e il
Dottor Tofu
era tornato da Shan-Pu. Ok, la stanza era quasi vuota ma
c’erano comunque
troppe orecchie indiscrete per i suoi gusti. Così si
prodigò in una discreta
imitazione del codinato e afferrò Akane per il polso,
trascinandola di corsa
nella sua stanza.
“Ma sei
impazzita?!” urlò Akane, una volta dentro la
camera. “C’era bisogno di
trascinarmi via in quel modo?”
Ukyo
appoggiò le spalle alla porta chiusa, prendendo fiato, e la
fissò.
“Io e Ryoga.
Nello sgabuzzino di casa tua. Scusa per il casino che
troverai.”
“Sgabuzzino?
Eh?” chiese Akane, che sulle prime non capì
“Che ci facevate tu e Ryoga ne...
oh. OH. OOOOOOOOOOOOH!”
“Eeeeeeeeeeeh!”
“Dimmi che
scherzi!”
“No!”
“Nello
sgabuzzino di casa mia?!”
“Preferivi
che usassi la tua stanza?”
“No in
effetti.”
“Ecco.”
“Oddio,
oddio! Parla!”
Ukyo si mise
a saltellare sul posto, emettendo versetti indecifrabili.
“Akane è
stato così... così... improvviso!”
“Beh
improvviso non direi, era un po’ che sembravi piuttosto...
arrapata?”
“Akane! Non
dire assurdità!” strillò la cuoca,
arrossendo vistosamente. “...era così
evidente?”
“Un po’”
ridacchiò la minore delle Tendo, invitando l’amica
a sedersi sul tuo letto, “diciamo
che adesso mi spiego tutte le misteriose fughe tue e di Ryoga!
Cercavate un
nascondiglio?”
“Beh no! Non
tutte le volte...” balbettò Ukyo, imbarazzata.
“All’inizio era solo per
affrontare l’argomento... sai, sentirti con un piede nella
fossa ti fa rivedere
un attimo le priorità. E anche se era il momento meno adatto
mi sono detta che,
se dovevo morire, volevo almeno andarmene... soddisfatta.”
concluse, maliziosa.
Akane si
lasciò sfuggire uno squittio, e Ukyo la seguì a
ruota. Poi quest’ultima aggiunse:
“E sai la cosa più incredibile qual
è?”
“Cosa? Cosa?
Parla!”
“...quel
maialino ha detto che mi ama.”
Le urla
incredibilmente acute delle ragazze riecheggiarono in tutta casa,
mettendo in
allarme Ranma Mousse e Ryoga che si fiondarono in camera di Akane
pronti al
combattimento... come mamma li aveva fatti.
"Giuramelo,
santi kami! Giuramelo!" disse a voce ultrasonica Akane, che si stava
sforzando quanto più poteva di assomigliare ad una bertuccia
isterica.
Riuscendoci benissimo.
"Te lo
giuro su quel che ti pare! Stavamo per appartarci, ancora non sapevamo
dove,
quando lui si è attardato, mi ha guardata in faccia con quei
suoi occhioni da
cerbiatto e me l'ha detto. Pam. Così, colpo al cuore
diretto. Mi sono sentita
come si deve sentire un'ottantenne dopo che le hanno messo otto bypass
tutti in
una volta sola" si sfogò la cuoca, che sentiva ritornarle
addosso la
stessa emozione di quei momenti. "Mi sono persino messa a piangere come
una bambina...".
"Ma non
ci credo" commentò Akane, più intenta a
punzecchiare l'amica che realmente
incredula. Sapeva che Ryoga non è capace di mentire su cose
del genere, e in
quell'esatto istante lo sguardo trasognato di Ukyo significava lo
stesso.
"E poi?
E poi?" proseguì nell'attacco. Dovette fermarsi un secondo
perché, come
ormai le capitava spesso nelle ultime ore, sentì un fastidio
sulla guancia. Ma
si impose di ignorarlo, era troppo su di giri per preoccuparsene.
"Eh, e
poi... io sono scoppiata come una miccetta, lui si è
ammutolito e ho dovuto
trascinarlo via. Ci siamo infilati nella prima porta utile e il mondo
ha smesso
di esistere per una buona mezz'ora".
Il sorriso
di Akane avrebbe potuto inghiottire chiunque tanto era largo. Fremeva
dalla
voglia di conoscere ogni minuscolo, insignificante particolare di
quanto era
successo. Ma, nonostante tutto, non si sentiva di torchiarla per farle
sputare
i dettagli. Era comunque una cosa privata e non voleva rischiare di
invadere
certi confini. Anche se, a ben vederla, era stata lei a fare il primo
passo...
Oh, non può
venire a raccontarmi notizie tanto ricche senza aspettarsi che io mi
incuriosisca.
"Una
descrizione così sommaria non basta affatto, cara la mia
Kuonji. Dovrai essere
più circostanziata di così". Alla fine la sua
parte curiosa aveva avuto la
meglio, non dopo un'aspra lotta interna.
A Ukyo si
riempì la faccia d'imbarazzo. Va bene il dirsi cose
personali, ma non
sospettava di dover stilare un resoconto dettagliato e venne presa in
contropiede dall'intraprendenza di Akane. La quale continuava a
fissarla,
attendendo vorace di sapere quello che le interessava.
"Devo...
devo proprio?" azzardò l'interrogata, sentendosi
improvvisamente piccola e
nera.
No Akane,
sei crudele con lei. Non ci si comporta così. Chiedile
scusa, su.
"No,
non devi. Ti faccio le mie scuse, non volevo metterti sotto pressione.
È solo
che... oddio, è una notizia così bomba che non so
come faccio a non essere
ancora scoppiata". Scoppiò a ridere senza un reale motivo,
solo felice di
potersi dedicare a cose così frivole in totale
libertà.
"Su
quello non posso proprio darti torto, no. Ma preferirei evitare di
raccontartelo per filo e per segno. Non perché non ti reputi
degna di saperlo,
ci mancherebbe. Però...".
"Ukyo,
mi rendo conto di aver esagerato e mi scuso di nuovo. Davvero, non
dovevo. Sono
fatti tuoi e di Ryoga ed è giusto che lo restino. D'altronde
io non ti ho
raccontato di me e Ranma e, senza offesa, non ho tutta questa smania di
farlo".
La cuoca sì
piccò, ma solo per finta. In lei era emersa prepotente la
voglia di tornare ad
avere cinque anni. Quindi, per esternarla, non trovò niente
di meglio che
saltarle addosso per farle il solletico e fargliela pagare.
In tutto
questo i ragazzi avevano avuto la prontezza di spirito di non
intromettersi.
Vuoi perché erano volate parole grosse e gli sguardi di
Ranma e Mousse erano
fissi su Ryoga, vuoi perché si erano inusualmente resi conto
di essere nudi
come dei vermi e non era il caso di dare così facilmente
spettacolo.
Così
tornarono velocemente in bagno, prima che qualcuno rischiasse di
scoprirli e...
“Oh cielo!”
“K-Kasumi!
Scusaci!”
“Oddiotipregoscusanonvolevoteloggiuroètuttounequivoco!”
“Ohohohoh
aspettate solo che metta le mani sulla mia Polaroid!”
“Nabiki! Non
azzardarti!”
“Scherzi?
Certe foto posso rivenderle a peso d’oro!”
Akane ed
Ukyo, talmente prese dai loro discorsi da non accorgersi della
comparsata dei
tre baldi giovani completamente nudi, rimasero perplesse ad ascoltare i
rumori
provenienti dal piano di sotto. Poi fecero entrambe spallucce e
tornarono al
loro gossip.
“Kami, ci è
mancato poco...”
“Poco,
Ranma? Ci è mancato POCO? Abbiamo quasi fatto venire un
infarto a quella
poveretta di Kasumi!”
“Mousse non
urlare, non sono stato l’unico a fiondarsi nudo fuori dal
bagno temendo il
peggio!”
“Se le
vostre signore la smettessero di urlare come sirene ogni tre minuti
nessuno si
lascerebbe prendere dal panico, ti pare?”
Ranma non
rispose, essendo perfettamente d’accordo con il cinese su
quel punto; ma non
aveva ancora scoperto come impedire ad Akane ed Ukyo di squittire come
scoiattoli, e probabilmente non l’avrebbe mai capito.
“Scusate, è
tutto molto bello e commovente, ma RANMA POTRESTI PRESTARCI DEI VESTITI
CHE
INIZIO A SENTIRMI A DISAGIO per favore?”
piagnucolò Ryoga, rannicchiato
nell’angolino più appartato della camera di Ranma
e cercando disperatamente di
nascondere la
poca dignità che gli rimaneva.
“Oh sì,
giusto!”
Nel giro di
pochi minuti la stanza di Ranma si trasformò nel camerino di
un negozio di
abbigliamento, con boxer, canottiere e bluse cinesi sparse ovunque.
“Certo che
il tuo gusto in fatto di mutande è...”
borbottò Ryoga, intento ad osservare un
paio di boxer con le rondelline di ramen disegnate sopra.
“Se non ti
vanno bene puoi girare per casa col sedere al vento, P-Chan.”
“Scherzavo
scherzavo, mamma mia come sei permaloso.”
“Kami, che
spettacolo triste...”
Tutti e tre
si voltarono verso la porta, dove ad osservarli c’era Nabiki
con la fidata
Polaroid in mano.
“Nabiki!
Ancora!”
“Ranmatipregofallasmettereiohopauradilei!”
pigolò Ryoga, nascondendosi dietro il codinato.
“Ma sei
sicuro che è parente di Akane? Sarà pure
violenta, ma non è una vipera...”
“Il tuo
sarcasmo pungente mi ferisce, paperotto” ridacchiò
lei, per nulla toccata dal
commento di Mousse “ma purtroppo per te la parentrela tra me
è Akane è
comprovata. E comunque...” proseguì, osservando i
tre ragazzi dalla testa ai
piedi “ricordami di portare anche te al centro commerciale.
Se ho fatto
miracoli con quei due cavernicoli dei tuoi amici posso sicuramente
sistemare il
tuo look.”
Mousse
inarcò un sopracciglio, perplesso.
“Perché
dovrei voler sistemare il mio look?”
“Perché è un
peccato nascondere un fisico statuario come il tuo dentro quelle
palandrane che
usi di solito” commentò lei, con un sorrisetto che
fece arrossire Mousse fino
alle orecchie. “Inoltre” proseguì
“non siete stanchi di indossare sempre e
soltanto vestiti di foggia cinese? Voglio dire, tu sei giustificato
ma... voi
due? Cosa dite a vostra discolpa? Ranma si rifiuta persino di usare la
divisa
scolastica, ma non sarebbe ora di vestirvi come normali giovinastri
giapponesi?”
I tre
rimasero un attimo ad osservare Nabiki, riflettendo sulle sue parole;
poi si
scambiarono uno sguardo tra di loro.
“...naaaah!”
Detto questo
tornarono a rovistare nell’armadio di Ranma in cerca di
qualcosa da mettersi.
Nabiki
sbuffò, ritenendo di aver sprecato fiato con quei tre
buzzurri. Ma almeno
avrebbe rivenduto le loro foto a prezzi esorbitanti. E prese a far
mulinare la
macchina fotografica scattando a destra e a manca e immortalando
chiappe, bicipiti
e facce maldestramente coperte delle sue attuali vittime.
Mousse e
Ryoga si ribellarono solo vocalmente, intimandole con via via maggior
intensità
di smetterla che li stava mettendo mostruosamente a disagio. Non vi sto
a
raccontare i risultati di simili, patetiche suppliche perché
so che ci
arriverete da soli. Ranma, invece, sentì un moto di stizza e
la sua ribellione
si concretizzò in qualcosa di molto più pratico:
con uno scatto riuscì a
strapparle la macchina fotografica di mano e la schiantò
contro il muro,
riducendola in briciole e transistor che emettevano l'ultima scintilla
elettrica della loro vita.
"Ooooooooooh.
Ecco come si suicida Ranma Saotome" non riuscì a trattenersi
Ryoga nel
vedere la scena. Per quanto gli avesse fatto piacere che le foto sue e
degli
altri non sarebbero mai diventate di pubblico dominio, riteneva quel
gesto
un'implicita richiesta di Ranma di farsi arrostire a fuoco lento da
Nabiki.
"Saotome.
La. Mia. Polaroid. Costa. Più. Di. Tutte. Le. Vostre. Vite.
Assommate"
sibilò lei, buttandogli addosso uno dei suoi Sguardi Mortali
Nabiki™. Non si
esagerava poi troppo dicendo che, quando sfoderava quegli occhi a
fessura e
quell'attitudine, anche Godzilla se la sarebbe fatta sotto dalla paura.
Ma non
Ranma. Non quel Ranma.
"Tendo,
il gioco è bello quando dura poco. Hai finito di prenderci
per il culo vita
natural-durante. Da questo momento ti vieto di perseguitare me, Ryoga o
Mousse
in una qualsiasi forma. Mi sono spiegato?".
"Ranma...
non mi fai ridere".
"Bene.
Vediamo se questo ti fa ridere".
Ci fu un
rumore come di un lieve fischio. Uno spostamento d'aria. Una goccia di
sudore
freddo.
Il pugno di
Ranma sfiorò appena la tempia di Nabiki.
"Sono
stato più chiaro così?".
Santo...
cielo...
Ryoga e Mousse si scambiarono uno sguardo
inquieto. A quanto
pareva il Dottor Tofu non scherzava affatto sulle condizioni di Ranma.
“Allora
Nabiki” ringhiò lui “sono stato
chiaro?”
“C-chiarissimo,
Saotome” rispose la ragazza, cercando di mantenere il suo
contegno; poi uscì di
fretta dalla stanza. Si appoggiò alla porta chiusa
concedendosi un attimo per
ripensare all’accaduto: Ranma era sempre stato uno spaccome,
ma se c’era un
principio a cui non era mai venuto meno era quello di non picchiare le
donne. E
non era mai arrivato a tanto nemmeno con lei, che in più di
un occasione si
sarebbe decisamente meritata almeno un ceffone.
Qui è meglio
correre ai ripari, ci basta già l’armata amazzone
a fornirci la nostra dose
giornaliera di squilibrati, pensò.
Riprese
controllo di sè, poi corse a cercare il Dottor Tofu.
La sua
ricerca non aveva portato i risultati tanto sperati.
Obaba
sbuffò, osservando i cumuli di carta che fuoriuscivano dai
bauli.
Aveva
trovato vecchi rotoli e manoscritti che contenevano indizi su presunte
tecniche
usate dalle amazzoni in tempi ormai remoti, ma nulla che somigliasse a
quanto
si erano trovati davanti; tuttavia decise di portare tutto con
sé a casa Tendo,
nella speranza di trovarci qualcosa una volta riletto tutto con
più calma.
Inoltre doveva ancora portare l’unguento ad Akane: quella
ragazza si era
battuta come una leonessa, meritava un piccolo premio che lenisse
almeno in
parte le sue pene.
Inoltre c’è
la questione irrisolta dei nostri alleati...
Obaba non
era certo una che si fidava del primo che le capitava davanti, eppure
c’era
qualcosa che la spingeva a dar retta a quel misterioso soccorritore...
soprattutto se la storia delle rivolte era vera.
Mu-Si, non
hai neanche idea di cosa hai combinato! ridacchiò tra
sé e sé.
Mentre si
avviava fuori dal locale il telefono squillò.
“Pronto?”
All’altro
capo del telefono rispose una voce cinese.
“...oh.”
A quanto
pare qualcuno teneva davvero alle loro vite.
“Dottor
Tofu.”
Il mite
dottore si voltò verso Nabiki, ferma sulla porta.
“Abbiamo un
problema con Ranma.”
Un brivido
percorse la schiena del dottore, che smise di visitare Shan-Pu per
dedicare a
Nabiki tutta la sua attenzione.
“Ha fatto
qualcosa di strano?”
La ragazza
non rispose, ma si limitò a mostrargli i resti della sua
Polaroid.
“Beh senza
offesa ma potrebbe anche essere dovuto
all’esasperazione” rispose lui,
sistemandosi le lenti sul naso “te l’ho sempre
detto che esageri, era questione
di tempo prima che...”
“Prima che
Ranma distruggesse la mia macchina fotografica e mi minacciasse con un
pugno?”
Il Dottor
Tofu ammutolì.
“C’è il
rischio che diventi più pericoloso di
così?” chiese Nabiki.
“Potrebbe.
Sarà meglio che faccia due chiacchiere con lui.”
(1): Pregasi far riferimento alla one-shot Kuonji & Hibiki Premiata Ditta Arrapata Combinaguai, visto che quanto segue da questo punto giunge immediatamente dopo.