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Autore: Walpurgisnacht    16/06/2013    0 recensioni
Terza parte dell'epopea di Secrets. Perché non è vero che le cose belle durano poco. E noi, senza falsa modestia, siamo bbravi e bbelli e ci diamo da fare per voi.
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Non c'è ombra di maretta sulla nuova Nerima. Tizio con Caia, Sempronio con Asdrubala e Bertoldo con Cacasenna. Tutti felici e contenti, tutti accoppiati, tutti soddisfatti.
Sì, certo. Come no.
[Seguito di Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Subutai Khan e Mana Sputachu]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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“Spiegati meglio, Ranma. Cosa vuol dire che hai capito come sconfiggere le amazzoni?”
Nonostante cercasse di mantenere la calma, Obaba era decisamente nervosa. Sperò che quella del codinato non fosse una stupida trovata delle sue, che erano già nei guai fino al collo senza che peggiorassero da soli la loro situazione.
“Esattamente quello che ho detto, vecchia: so come sconfiggerle.”
Tutti in salotto rimasero in silenzio, in attesa che Ranma proseguisse il suo discorso: erano così distrutti dopo essersi lanciati alla sua ricerca in tutta Nerima, quand’era sotto gli effetti del Nekoken, che l’ultima cosa che volevano era litigarsi di nuovo il bagno e la doccia solo perché Ranma amava la suspance.
“Dici che ce la fai a parlare entro sera, che vorrei togliermi di dosso il lerciume?” berciò Mousse, indicando gli abiti ormai da buttare ed esternando il pensiero di tutti.
“Avere paura, è questo il segreto.”
“...non prenderci per il culo. Avanti, cos’hai scoperto.”
Ranma sbuffò. Odiava non essere preso sul serio.
“Non sto scherzando Mousse! Ti ricordi cosa diceva il suggerimento che il nostro misterioso... alleato dalla Cina ci ha dato?”
Obaba sgranò gli occhi, dandosi mentalmente della stupida.
“«Combattere non serve. Abbiate paura»!” gracchiò, “Ma certo, come ho fatto a non capire!”
“Nobile Obaba potrebbe illuminare anche noi?” prese parola Ukyo, alzando la mano “Soprattutto me e Ryoga, che siamo ormai i prossimi in lista...”
“Era così ovvio, eppure non avevo capito” borbottò, camminando avanti e indietro nella stanza “il segreto per vincere il... gioco non è affrontare la propria paura, ma accettarla!”
Tutti si scambiarono sguardi perplessi, tranne Ranma che intervenne per spiegare in maniera più semplice: “Se ho vinto il mio scontro è perché ho ceduto alla mia fobia dei gatti. Quella che ho affrontato era probabilmente la parte di me che è legata al Nekoken - cosa che spiega il perché fosse identico a me” disse “e involontariamente mi ha suggerito come sconfiggerla, cedendo alla paura. Nel momento in cui ho smesso di pensare normalmente e l’ho attaccato lui è sparito.”
“Ok, per Ranma può anche valere” chiese Mousse, perplesso “ma con me e Akane come la mettiamo? Nessuno di noi due aveva paura.”
“Ne sei sicuro paperotto? Dal riassunto che mi avete fatto dei vostri scontri a me sembra proprio di sì.”
“A me non sembra...”
“Davvero? Allora dimmi, mentre eri nel dojo poco prima che arrivasse Akane e i vostri scontri iniziassero, come ti sentivi?”
Mousse rimase un attimo in silenzio, riflettendo.
“Depresso, triste... le parole di Shan-Pu mi avevano davvero ferito e..”
“...e temevi che il suo stato fosse ormai irreversibile. Perdendo tutte le speranze.”
Il ragazzo annuì.
“Quindi avevi già ceduto alla tua paura peggiore, cioè quella di perdere Shan-Pu.”
Mousse sgranò gli occhi, e finalmente comprese.
“Lo stesso vale per Akane” proseguì Obaba, volgendosi verso la ragazza “la cui illusione ha riportato a galla i timori di non essere mai abbastanza per Ranma, o addirittura per suo padre. Esatto?”
Akane annuì, tenendo la testa bassa. Anche se sapeva che la vecchia non voleva punzecchiarla, sentir dire tutto così ad alta voce e davanti a tutti faceva un po’ male.
“Ma alla fine hai vinto” aggiunse l’amazzone, addolcendo il tono “ perché quelle paure le hai accettate molto tempo fa, e sai che sono del tutto infondate. Sii fiera di aver vinto il tuo scontro, bambina.”
Akane sorrise, commossa dalle parole di Obaba.
“Ma allora” intervenne di nuovo Mousse “perché Shan-Pu è stata sconfitta?”
“Perché probabilmente le ha affrontate, come sarebbe logico fare, anziché accettarle” sospirò “e qualcosa è andato storto...”
"Beh, che qualcosa sia andato storto mi pare più che evidente" constatò Mousse, la faccia mesta nel pronunciare queste parole. La sua gattina -e si permetteva di chiamarla così solo nella sua testa, altrimenti erano sberle fotoniche che volavano- era di natura troppo orgogliosa e testa calda per subire passivamente delle allucinazioni e sicuramente aveva fatto resistenza. Finendo com'era finita.
Rabbrividì. Lui e Akane se l'erano cavata per il rotto della cuffia, e a dirla tutta lei non era uscita poi così tanto bene. Anzi. Per quanto gli riguardava, infatti, la situazione si era risolta tutto sommato senza problemi: aveva, seppur del tutto involontariamente, accettato l'idea che Shan-Pu potesse allontanarsi da lui.
Cazzo se siamo stati baciati dalla sorte, stavolta. Potevamo finire in un lettuccio a delirare per chissà quanto tempo. Si scostò una stilla di sudore che aveva preso a colargli lungo la tempia.
Akane, poco distante, stava avendo pensieri simili. La consapevolezza di essersela cavata, pur riportando un danno che le sarebbe rimasto addosso per sempre, sembrava un manto freddo che l'avvolgeva come la copertona della nonna.
Voleva urlare. Voleva buttar fuori quel che provava, anche se non aveva idea di cosa fosse esattamente. Voleva accasciarsi per terra e piangere. Voleva fare un milione di cose, tutte sbagliate o perlomeno mal sincronizzate con la situazione del momento.
Quanto resisterò ancora...
Riuscì, per fortuna, a trattenersi e a rimanere tutto sommato stoica. Anche se il pizzicore alla guancia le ricordava dolorosamente, non tanto a livello fisico quanto emotivo, che non tutto si era risolto per il meglio.
"Pensate possiamo fare qualcosa per lei?" chiese ad alta voce Ryoga, preoccupato. D'accordo, non si sentiva pappa e ciccia con i cinesi ma, alla fine, non è che ci tenesse a vedere Shan-Pu rotolarsi in un letto in preda ad orribili immagini per il resto della sua vita. E poi la parte più egoista di sé premeva per avere una possibile soluzione. Voleva essere sicuro che, se lui od Ukyo non fossero stati all'altezza del compito, potessero almeno metterci una pezza dopo.
"Vai a saperlo, giovanotto. Vai a saperlo" sentenziò Obaba "Come vi ho già detto in più di un'occasione non conosco questa tecnica, o qualunque cosa sia, e non so davvero come potervi porre rimedio. Rimane solo da sperare che il dottore sia più abile di me nel campo e trovi la soluzione magica che sistemi tutto. Altrimenti...".
"Altrimenti?" azzardò Ranma, che per qualche strano motivo temeva una risposta poco piacevole.
"... altrimenti qualche testa rotolerà".
Ecco, poi dicono che non mi devo fidare del mio sesto senso.
“Purtroppo al momento non ho idea di come aiutare Shan-Pu” intervenne il Dottor Tofu, fino a quel momento rimasto in silenzio “è come se fosse ancora intrappolata nella sua illusione... o meglio, crede di esserlo. E al momento le conferme da parte nostra non sembrano essere abbastanza per convincerla del contrario. La sua aura in tal senso è un disastro assoluto, è come...” si fermò un attimo, cercando un paragone che risultasse chiaro a tutti “...come il disturbo statico di un televisore: tremolante, agitata, basterebbe nulla per farla crollare definitivamente.”
“Vuol dire... vuol dire che anche noi...?” balbettò Akane, ma il dottore fece cenno di no con la testa.
“Tranquilla Akane, il tuo ki e quello di Mousse non sono in uno stato così pessimo. Non siete sicuramente al meglio, e il vostro stato psicologico mi è più che evidente dalle vostre auree... ma non dovete preoccuparvi. Quella per cui sono preoccupato di più è quella di Shan-Pu... e anche quella di Ranma.”
Il codinato fece tanto d’occhi nel sentir pronunciare il suo nome.
“Perché? Cos’ha il mio ki che non va?”
“Oh, se potessi vederlo capiresti” sospirò il dottore “la tua aura è terrificante, è come se ci fossero delle... zone d’ombra, se così possiamo definirle, ovunque.”
“Zone d’ombra...?”
“Sì, e credo siano danni causati dalle varie maledizioni che ti porti appresso. È imperdonabile da parte mia essermi reso conto dell’effettiva gravità della situazione soltanto adesso, e nel momento peggiore.”
Tutti i presenti rimasero in silenzio a guardare Ranma, che dal canto suo non sapeva proprio come reagire alla notizia.
“E non... non può fare nulla per sistemarla?”
“Beh il metodo migliore sarebbe rimuovere tutte le tue maledizioni” proseguì il medico, sistemando le lenti sul naso, “e ora come ora non ne siamo in grado. Ma ad esempio, il fatto che un anno fa sia scaduto l’effetto del Baffo del Drago è giù un passo avanti.”
“Oh, non ci pensavo più in effetti” borbottò Ranma, lieto di non dover più lavare i capelli solo in forma femminile.
“Quello che mi preoccupa ora è come il tuo scontro possa aver influito sul tuo ki.”
“Dato che ho vinto non può aver influito in maniera positiva?” chiese il ragazzo, speranzoso.
“Non saprei dirtelo con esattezza. È vero, hai accettato la tua paura e ti sei lasciato andare volontariamente al Nekoken - cosa che spiega perché ricordi tutto dello scontro, ma non so fino a che punto possa essere una buona cosa per la tua aura. E grazie al cielo che c’era Akane con noi, o farti rinsavire da quello stato sarebbe stato un problema per noi ma soprattutto per te...”
“Oh beh avremmo potuto tirargli una secchiata d’acqua e si sarebbe svegliato!” ridacchiò Ryoga, nel tentativo di alleggerire quell’atmosfera così cupa.
“O lanciarlo nel lago del parco! Di solito la trasformazione in donna lo fa svegliare anche dal Nekoken!” lo seguì a ruota Mousse.
“Spero stiate scherzando!” tuonò il Dottor Tofu, e tutti ammutolirono. Se c’era una cosa a cui nessuno era abituato era vedere il mite dottore perdere le staffe.
“Forse potrà sembrarvi divertente” proseguì “ma svegliare Ranma dal Nekoken usando l’acqua è un metodo pericoloso per la sua aura! Se l’aveste fatto poco prima al parco Ranma avrebbe rischiato di riportare danni psichici permanenti peggiori di quelli di Shan-Pu!”
“Dottore sta... sta dicendo sul serio?” balbettò Genma, fino a quel momento rimasto in disparte con Soun.
“Certo che sì” ringhiò il Dottor Tofu “e spero che finalmente si renda conto dell’errore che ha commesso anni fa, signor Saotome.”
Genma non ebbe il coraggio di proferire parola, così si ammutolì di nuovo; Ryoga e Mousse fecero altrettanto, ancora sconvolti dall’aver scoperto che ciò che ritenevano uno scherzo stupido era in realtà tanto pericoloso per Ranma. Quest’ultimo intanto cercava di assimilare al meglio le informazioni appena ricevute.
E quindi sono... sull’orlo della follia?
C’era rimedio a questi danni dell’aura? Poteva uscirne? O avrebbe dovuto conviverci?
Decise che al primo momento di quiete avrebbe preso da parte il Dottor Tofu e gliel’avrebbe chiesto.
“Ok ok, basta discussioni” berciò Obaba, stanca di tanto inutile rumore. “Discutere non serve a nulla, valeva prima come vale adesso, quindi calmatevi. Per oggi ho idea che potremo tirare un sospiro di sollievo, quindi vedete di approfittarne e rilassarvi.”
“E come fa a dirlo?” chiese Ukyo, giustamente in ansia per il suo... turno.
“Perché ben tre prove su quattro sono state superate, e questo di sicuro le avrà indispettite” rispose la vecchia amazzone, pacata “quindi si ritireranno per inventarsi qualcosa di più effettivo di due copie mal riuscite da lanciare contro te e Ryoga”
La cuoca annuì. La cosa aveva senso, in effetti.
“Mentre voi vi date una calmata io torno velocemente al Neko Hanten a cercare qualcosa tra i miei manoscritti più antichi, chissà che non abbia fortuna” disse, zompando fuori in giardino “e soprattutto scoprire qualcosa sui nostri misteriosi alleati. E poi credo di avere un unguento adatto a te, Akane.”
Detto questo, Obaba sparì oltre il muro del giardino. 

(1)
"Quindi sei sicura sicura?".
"Di cosa?".
"Che possiamo parlare... liberamente... di quello che abbiamo appena fatto...".
"Oh diavolo Ryoga, non ti facevo sordo. Sì, ti ho detto che non c'è problema. Non mi va di nascondermi dietro un dito come quegli altri quattro. Siamo fidanzati... diciamo a tutti gli effetti, ecco. Che non voglio essere troppo volgare".
Ukyo sorrise nel dire queste parole. Si sentiva molto più leggera dopo aver... consumato con Ryoga nello sgabuzzino di casa Tendo. Certo, il posto non era stato decisamente dei migliori e avevano avuto un po' di problemi logistici dovuti a spazio ristretto, ostacoli di varia natura e quant'altro. Ma ciò non toglieva che... sì, poteva dire di essersi levata un peso di dosso.
Aver finalmente tracciato una certa linea nel suo rapporto con Ryoga la faceva stare più serena, con se stessa e con lui. Naturalmente non pensava che lui potesse o avrebbe mai potuto farle pressione in tal senso. Non in condizioni normali, perlomeno. Figurati, quel senza spina dorsale che si prende gli attributi in mano e le arriva davanti chiedendole di fare quella cosa lì? Pfffff. Certo. Passami la retina, per piacere, che devo andare fuori a raccogliere i maialini con le ali che stanno piovendo dal cielo.
... a volerla dire tutta, in verità, alla fine l'aveva fatto. Ma con un paio di importanti attenuanti: in primis era stata lei a portare a galla l'argomento, facendosi avanti senza il minimo pudore. In secondo luogo l'intera impalcatura del discorso si reggeva sul loro stato di persone braccate da un branco di macellai cinesi che li volevano sventrare e appendere i loro intestini sopra il caminetto. Diciamo che c'era una buona scusa, ecco.
Lo osservò di sottecchi mentre, con la faccia beata, lo seguiva a breve distanza. Voleva gustarsi il suo uomo in lungo e in largo, non preoccupandosi della prova che ormai pendeva solo sopra le loro teste.
Gli altri ci erano già passati. Chi bene come Ranma, chi maluccio come Akane e chi pessimamente come Shan-Pu. E neanche il codinato, a conti fatti, ne era uscito senza danni, almeno stando a quando aveva detto il dottor Tofu prima della loro ennesima fuga all'avventura.
Si diede mentalmente della sconsiderata ad anteporre i propri istinti primordiali a quel casino in cui le arpie di Joketsuzoku li avevano infilati a forza. Ma oh, a una ragazza nel pieno del vigore fisico ed ormonale sarà concesso pensare a se stessa, una volta ogni tanto. Ho seminato saggezza gratis a destra e a manca, aiutando quegli impediti dei miei amici ad aggiustare le cose fra di loro quando andavano male. Potrò pur dedicarmi al mio benessere, una volta ogni dieci anni.
Se non altro, dovessi fallire come cuoca, so come sbarcare il lunario.
"Eccoci" disse poi a voce alta "siamo arrivati. Adesso vedi di prestarmi attenzione: è vero che ho detto di non nasconderlo e non lo ritratto, ma questo non vuol dire che tu adesso debba entrare in quel salotto e fare il saltimbanco urlandolo mentre ti reggi a testa in giù su una mano sola. Se il discorso dovesse saltar fuori...".
"Oh, va bene. Messaggio recepito. Non sarò io a cominciare".
"Bravo porcellino" e gli tirò le guance per infastidirlo. Lui tentò maldestramente di scacciarla come si fa con le zanzare.
"Pronto, caro?".
"Pronto".
Tornarono facendo finta di niente e non rispondendo alle domande di chi chiedeva dove si fossero cacciati per, si sperava, l'ultima volta.
“Finalmente, ma dove vi eravate cacciati?”
Ukyo alzò gli occhi al cielo, esasperata.
“Saotome ma tu non cambi mai copione?” ringhiò, superandolo per andare a sedersi accanto ad Akane. Una bella sessione di gossip era quel che ci voleva per risollevarle l’umore.
“Ucchan ti ha mica morso una tarantola?”
“Magari un maialino...” sussurrò Ryoga, sovrappensiero.
“Eh?!”
“Nientenienteniente!” balbettò l’eterno disperso dopo essersi reso conto della gaffe. Ma il danno ormai era fatto, e Ranma aveva nasato che qualcosa non andava.
“Ranma non vorrei sembrare petulante” si intromise Mousse, “ma non è che potresti prestarmi qualcuno dei tuoi vestiti dopo la doccia? I miei sono da buttare...”
“Oh ma certo!” sorrise il codinato, cogliendo la palla al balzo “Anzi, è proprio ora di darci tutti una pulita!”
E così dicendo si diresse verso il bagno insieme a Mousse, trascinando per un braccio un disperato Ryoga.
“M-m-ma ma ma cosa c’entro io?!”
“Puzzi, anche tu devi lavarti.”
“M-ma posso farlo d-d-d-opo!”
“Meglio adesso, fidati!”
Akane e Ukyo osservarono la scena senza muovere un muscolo; quest’ultima sbuffò mentalmente, già arresa all’idea che Ranchan e Mousse avrebbero fatto il terzo grado a Ryoga.
Oh beh, problemi suoi. È un maialino adulto ormai. E poi aveva cose di più importanti di cui occuparsi.
“Dimmi Akane” iniziò, con un tono di voce suadente “da quanto noi non...”
“Non... cosa? Con quel tono di voce sembra quasi che tu voglia farmi proposte... oscene...” pigolò Akane, un po’ spaventata dall’espressione di Ukyo.
“Ma che dici, scema! Intendevo dire da quanto io e te non... abbiamo una sessione di gossip!” aggiunse la cuoca a bassa voce.
“Oh! E dillo anziché lanciare allusioni sbagliate!” replicò Akane. “Dunque direi da... beh da quando ti ho detto... quella cosa.”
Ukyo sorrise compiaciuta, poi si guardò attorno: il signor Tendo e il signor Saotome giocavano a shogi, Nabiki e Kasumi erano in cucina, i ragazzi in bagno e il Dottor Tofu era tornato da Shan-Pu. Ok, la stanza era quasi vuota ma c’erano comunque troppe orecchie indiscrete per i suoi gusti. Così si prodigò in una discreta imitazione del codinato e afferrò Akane per il polso, trascinandola di corsa nella sua stanza.
“Ma sei impazzita?!” urlò Akane, una volta dentro la camera. “C’era bisogno di trascinarmi via in quel modo?”
Ukyo appoggiò le spalle alla porta chiusa, prendendo fiato, e la fissò.
“Io e Ryoga. Nello sgabuzzino di casa tua. Scusa per il casino che troverai.”
“Sgabuzzino? Eh?” chiese Akane, che sulle prime non capì “Che ci facevate tu e Ryoga ne... oh. OH. OOOOOOOOOOOOH!”
“Eeeeeeeeeeeh!”
“Dimmi che scherzi!”
“No!”
“Nello sgabuzzino di casa mia?!”
“Preferivi che usassi la tua stanza?”
“No in effetti.”
“Ecco.”
“Oddio, oddio! Parla!”
Ukyo si mise a saltellare sul posto, emettendo versetti indecifrabili.
“Akane è stato così... così... improvviso!”
“Beh improvviso non direi, era un po’ che sembravi piuttosto... arrapata?”
“Akane! Non dire assurdità!” strillò la cuoca, arrossendo vistosamente. “...era così evidente?”
“Un po’” ridacchiò la minore delle Tendo, invitando l’amica a sedersi sul tuo letto, “diciamo che adesso mi spiego tutte le misteriose fughe tue e di Ryoga! Cercavate un nascondiglio?”
“Beh no! Non tutte le volte...” balbettò Ukyo, imbarazzata. “All’inizio era solo per affrontare l’argomento... sai, sentirti con un piede nella fossa ti fa rivedere un attimo le priorità. E anche se era il momento meno adatto mi sono detta che, se dovevo morire, volevo almeno andarmene... soddisfatta.” concluse, maliziosa.
Akane si lasciò sfuggire uno squittio, e Ukyo la seguì a ruota. Poi quest’ultima aggiunse: “E sai la cosa più incredibile qual è?”
“Cosa? Cosa? Parla!”
“...quel maialino ha detto che mi ama.”
Le urla incredibilmente acute delle ragazze riecheggiarono in tutta casa, mettendo in allarme Ranma Mousse e Ryoga che si fiondarono in camera di Akane pronti al combattimento... come mamma li aveva fatti.
"Giuramelo, santi kami! Giuramelo!" disse a voce ultrasonica Akane, che si stava sforzando quanto più poteva di assomigliare ad una bertuccia isterica. Riuscendoci benissimo.
"Te lo giuro su quel che ti pare! Stavamo per appartarci, ancora non sapevamo dove, quando lui si è attardato, mi ha guardata in faccia con quei suoi occhioni da cerbiatto e me l'ha detto. Pam. Così, colpo al cuore diretto. Mi sono sentita come si deve sentire un'ottantenne dopo che le hanno messo otto bypass tutti in una volta sola" si sfogò la cuoca, che sentiva ritornarle addosso la stessa emozione di quei momenti. "Mi sono persino messa a piangere come una bambina...".
"Ma non ci credo" commentò Akane, più intenta a punzecchiare l'amica che realmente incredula. Sapeva che Ryoga non è capace di mentire su cose del genere, e in quell'esatto istante lo sguardo trasognato di Ukyo significava lo stesso.
"E poi? E poi?" proseguì nell'attacco. Dovette fermarsi un secondo perché, come ormai le capitava spesso nelle ultime ore, sentì un fastidio sulla guancia. Ma si impose di ignorarlo, era troppo su di giri per preoccuparsene.
"Eh, e poi... io sono scoppiata come una miccetta, lui si è ammutolito e ho dovuto trascinarlo via. Ci siamo infilati nella prima porta utile e il mondo ha smesso di esistere per una buona mezz'ora".
Il sorriso di Akane avrebbe potuto inghiottire chiunque tanto era largo. Fremeva dalla voglia di conoscere ogni minuscolo, insignificante particolare di quanto era successo. Ma, nonostante tutto, non si sentiva di torchiarla per farle sputare i dettagli. Era comunque una cosa privata e non voleva rischiare di invadere certi confini. Anche se, a ben vederla, era stata lei a fare il primo passo...
Oh, non può venire a raccontarmi notizie tanto ricche senza aspettarsi che io mi incuriosisca.
"Una descrizione così sommaria non basta affatto, cara la mia Kuonji. Dovrai essere più circostanziata di così". Alla fine la sua parte curiosa aveva avuto la meglio, non dopo un'aspra lotta interna.
A Ukyo si riempì la faccia d'imbarazzo. Va bene il dirsi cose personali, ma non sospettava di dover stilare un resoconto dettagliato e venne presa in contropiede dall'intraprendenza di Akane. La quale continuava a fissarla, attendendo vorace di sapere quello che le interessava.
"Devo... devo proprio?" azzardò l'interrogata, sentendosi improvvisamente piccola e nera.
No Akane, sei crudele con lei. Non ci si comporta così. Chiedile scusa, su.
"No, non devi. Ti faccio le mie scuse, non volevo metterti sotto pressione. È solo che... oddio, è una notizia così bomba che non so come faccio a non essere ancora scoppiata". Scoppiò a ridere senza un reale motivo, solo felice di potersi dedicare a cose così frivole in totale libertà.
"Su quello non posso proprio darti torto, no. Ma preferirei evitare di raccontartelo per filo e per segno. Non perché non ti reputi degna di saperlo, ci mancherebbe. Però...".
"Ukyo, mi rendo conto di aver esagerato e mi scuso di nuovo. Davvero, non dovevo. Sono fatti tuoi e di Ryoga ed è giusto che lo restino. D'altronde io non ti ho raccontato di me e Ranma e, senza offesa, non ho tutta questa smania di farlo".
La cuoca sì piccò, ma solo per finta. In lei era emersa prepotente la voglia di tornare ad avere cinque anni. Quindi, per esternarla, non trovò niente di meglio che saltarle addosso per farle il solletico e fargliela pagare.
In tutto questo i ragazzi avevano avuto la prontezza di spirito di non intromettersi. Vuoi perché erano volate parole grosse e gli sguardi di Ranma e Mousse erano fissi su Ryoga, vuoi perché si erano inusualmente resi conto di essere nudi come dei vermi e non era il caso di dare così facilmente spettacolo.
Così tornarono velocemente in bagno, prima che qualcuno rischiasse di scoprirli e...
“Oh cielo!”
“K-Kasumi! Scusaci!”
“Oddiotipregoscusanonvolevoteloggiuroètuttounequivoco!”
“Ohohohoh aspettate solo che metta le mani sulla mia Polaroid!”
“Nabiki! Non azzardarti!”
“Scherzi? Certe foto posso rivenderle a peso d’oro!”
Akane ed Ukyo, talmente prese dai loro discorsi da non accorgersi della comparsata dei tre baldi giovani completamente nudi, rimasero perplesse ad ascoltare i rumori provenienti dal piano di sotto. Poi fecero entrambe spallucce e tornarono al loro gossip.

“Kami, ci è mancato poco...”
“Poco, Ranma? Ci è mancato POCO? Abbiamo quasi fatto venire un infarto a quella poveretta di Kasumi!”
“Mousse non urlare, non sono stato l’unico a fiondarsi nudo fuori dal bagno temendo il peggio!”
“Se le vostre signore la smettessero di urlare come sirene ogni tre minuti nessuno si lascerebbe prendere dal panico, ti pare?”
Ranma non rispose, essendo perfettamente d’accordo con il cinese su quel punto; ma non aveva ancora scoperto come impedire ad Akane ed Ukyo di squittire come scoiattoli, e probabilmente non l’avrebbe mai capito.
“Scusate, è tutto molto bello e commovente, ma RANMA POTRESTI PRESTARCI DEI VESTITI CHE INIZIO A SENTIRMI A DISAGIO per favore?” piagnucolò Ryoga, rannicchiato nell’angolino più appartato della camera di Ranma e cercando disperatamente di nascondere la
poca dignità che gli rimaneva.
“Oh sì, giusto!”
Nel giro di pochi minuti la stanza di Ranma si trasformò nel camerino di un negozio di abbigliamento, con boxer, canottiere e bluse cinesi sparse ovunque.
“Certo che il tuo gusto in fatto di mutande è...” borbottò Ryoga, intento ad osservare un paio di boxer con le rondelline di ramen disegnate sopra.
“Se non ti vanno bene puoi girare per casa col sedere al vento, P-Chan.”
“Scherzavo scherzavo, mamma mia come sei permaloso.”
“Kami, che spettacolo triste...”
Tutti e tre si voltarono verso la porta, dove ad osservarli c’era Nabiki con la fidata Polaroid in mano.
“Nabiki! Ancora!”
“Ranmatipregofallasmettereiohopauradilei!” pigolò Ryoga, nascondendosi dietro il codinato.
“Ma sei sicuro che è parente di Akane? Sarà pure violenta, ma non è una vipera...”
“Il tuo sarcasmo pungente mi ferisce, paperotto” ridacchiò lei, per nulla toccata dal commento di Mousse “ma purtroppo per te la parentrela tra me è Akane è comprovata. E comunque...” proseguì, osservando i tre ragazzi dalla testa ai piedi “ricordami di portare anche te al centro commerciale. Se ho fatto miracoli con quei due cavernicoli dei tuoi amici posso sicuramente sistemare il tuo look.”
Mousse inarcò un sopracciglio, perplesso.
“Perché dovrei voler sistemare il mio look?”
“Perché è un peccato nascondere un fisico statuario come il tuo dentro quelle palandrane che usi di solito” commentò lei, con un sorrisetto che fece arrossire Mousse fino alle orecchie. “Inoltre” proseguì “non siete stanchi di indossare sempre e soltanto vestiti di foggia cinese? Voglio dire, tu sei giustificato ma... voi due? Cosa dite a vostra discolpa? Ranma si rifiuta persino di usare la divisa scolastica, ma non sarebbe ora di vestirvi come normali giovinastri giapponesi?”
I tre rimasero un attimo ad osservare Nabiki, riflettendo sulle sue parole; poi si scambiarono uno sguardo tra di loro.
“...naaaah!”
Detto questo tornarono a rovistare nell’armadio di Ranma in cerca di qualcosa da mettersi.
Nabiki sbuffò, ritenendo di aver sprecato fiato con quei tre buzzurri. Ma almeno avrebbe rivenduto le loro foto a prezzi esorbitanti. E prese a far mulinare la macchina fotografica scattando a destra e a manca e immortalando chiappe, bicipiti e facce maldestramente coperte delle sue attuali vittime.
Mousse e Ryoga si ribellarono solo vocalmente, intimandole con via via maggior intensità di smetterla che li stava mettendo mostruosamente a disagio. Non vi sto a raccontare i risultati di simili, patetiche suppliche perché so che ci arriverete da soli. Ranma, invece, sentì un moto di stizza e la sua ribellione si concretizzò in qualcosa di molto più pratico: con uno scatto riuscì a strapparle la macchina fotografica di mano e la schiantò contro il muro, riducendola in briciole e transistor che emettevano l'ultima scintilla elettrica della loro vita.
"Ooooooooooh. Ecco come si suicida Ranma Saotome" non riuscì a trattenersi Ryoga nel vedere la scena. Per quanto gli avesse fatto piacere che le foto sue e degli altri non sarebbero mai diventate di pubblico dominio, riteneva quel gesto un'implicita richiesta di Ranma di farsi arrostire a fuoco lento da Nabiki.
"Saotome. La. Mia. Polaroid. Costa. Più. Di. Tutte. Le. Vostre. Vite. Assommate" sibilò lei, buttandogli addosso uno dei suoi Sguardi Mortali Nabiki™. Non si esagerava poi troppo dicendo che, quando sfoderava quegli occhi a fessura e quell'attitudine, anche Godzilla se la sarebbe fatta sotto dalla paura.
Ma non Ranma. Non quel Ranma.
"Tendo, il gioco è bello quando dura poco. Hai finito di prenderci per il culo vita natural-durante. Da questo momento ti vieto di perseguitare me, Ryoga o Mousse in una qualsiasi forma. Mi sono spiegato?".
"Ranma... non mi fai ridere".
"Bene. Vediamo se questo ti fa ridere".
Ci fu un rumore come di un lieve fischio. Uno spostamento d'aria. Una goccia di sudore freddo.
Il pugno di Ranma sfiorò appena la tempia di Nabiki.
"Sono stato più chiaro così?".
Santo... cielo...
Ryoga e Mousse si scambiarono uno sguardo inquieto. A quanto pareva il Dottor Tofu non scherzava affatto sulle condizioni di Ranma.
“Allora Nabiki” ringhiò lui “sono stato chiaro?”
“C-chiarissimo, Saotome” rispose la ragazza, cercando di mantenere il suo contegno; poi uscì di fretta dalla stanza. Si appoggiò alla porta chiusa concedendosi un attimo per ripensare all’accaduto: Ranma era sempre stato uno spaccome, ma se c’era un principio a cui non era mai venuto meno era quello di non picchiare le donne. E non era mai arrivato a tanto nemmeno con lei, che in più di un occasione si sarebbe decisamente meritata almeno un ceffone.
Qui è meglio correre ai ripari, ci basta già l’armata amazzone a fornirci la nostra dose giornaliera di squilibrati, pensò.
Riprese controllo di sè, poi corse a cercare il Dottor Tofu. 

La sua ricerca non aveva portato i risultati tanto sperati.
Obaba sbuffò, osservando i cumuli di carta che fuoriuscivano dai bauli.
Aveva trovato vecchi rotoli e manoscritti che contenevano indizi su presunte tecniche usate dalle amazzoni in tempi ormai remoti, ma nulla che somigliasse a quanto si erano trovati davanti; tuttavia decise di portare tutto con sé a casa Tendo, nella speranza di trovarci qualcosa una volta riletto tutto con più calma. Inoltre doveva ancora portare l’unguento ad Akane: quella ragazza si era battuta come una leonessa, meritava un piccolo premio che lenisse almeno in parte le sue pene.
Inoltre c’è la questione irrisolta dei nostri alleati...
Obaba non era certo una che si fidava del primo che le capitava davanti, eppure c’era qualcosa che la spingeva a dar retta a quel misterioso soccorritore... soprattutto se la storia delle rivolte era vera.
Mu-Si, non hai neanche idea di cosa hai combinato! ridacchiò tra sé e sé.
Mentre si avviava fuori dal locale il telefono squillò.
“Pronto?”
All’altro capo del telefono rispose una voce cinese.
“...oh.”
A quanto pare qualcuno teneva davvero alle loro vite. 

“Dottor Tofu.”
Il mite dottore si voltò verso Nabiki, ferma sulla porta.
“Abbiamo un problema con Ranma.”
Un brivido percorse la schiena del dottore, che smise di visitare Shan-Pu per dedicare a Nabiki tutta la sua attenzione.
“Ha fatto qualcosa di strano?”
La ragazza non rispose, ma si limitò a mostrargli i resti della sua Polaroid.
“Beh senza offesa ma potrebbe anche essere dovuto all’esasperazione” rispose lui, sistemandosi le lenti sul naso “te l’ho sempre detto che esageri, era questione di tempo prima che...”
“Prima che Ranma distruggesse la mia macchina fotografica e mi minacciasse con un pugno?”
Il Dottor Tofu ammutolì.
“C’è il rischio che diventi più pericoloso di così?” chiese Nabiki.
“Potrebbe. Sarà meglio che faccia due chiacchiere con lui.”


(1): Pregasi far riferimento alla one-shot Kuonji & Hibiki Premiata Ditta Arrapata Combinaguai, visto che quanto segue da questo punto giunge immediatamente dopo.

   
 
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