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Autore: aresian    01/01/2008    9 recensioni
Non è facile per un portiere del Sol Levante "sfondare" in Europa. Lo sa bene Benji, ma quest'occasione non vuole proprio lasciersela scappare. Amburgo, l'ultima chance prima di dover dire addio ai sogni di gloria...
Finalmente l'ho portata a termine. Inseriti il cap. 8 e 9 più l'epilogo.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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bg1_hb Desclaimer: Capitan Tsubasa, Tsubasa, Wakabayashi, Hiyuga e gli altri personaggi, sono proprietà di Yoichi Takahashi e della Shueisha Inc. Tokyo e per la versione italiana Edizioni Star Comics. Questa fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….

THE BEST GOALKEEPER
By Aresian

CAPITOLO 1
(L’arrivo ad Amburgo)


Finalmente era arrivato. Dopo un viaggio di ore, e tre cambi di treno, era giunto ad Amburgo. Lì si sarebbe giocato tutte le carte che erano rimaste nel suo mazzo e non le avrebbe giocate a vuoto. Dando una rapida occhiata alla cartina cerco di orientarsi. Bhè! La prima cosa sensata da fare era quella di chiamare un TAXI e farsi portare all’albergo dove aveva prenotato.
Con tranquillità si mise in coda, attendendo pazientemente il suo turno. Una volta salito in macchina diede l’indirizzo al taxista e si rilassò contro il sedile guardando distrattamente fuori del finestrino. Un quarto d’ora dopo, scendeva innanzi all’elegante ingresso dell’albergo sito a poca distanza dal centro sportivo, dove aveva sede la società dell’Amburgo Calcio. Erano le 10.45 aveva tutto il tempo di farsi una doccia tonificante e di ambientarsi un po’. Stando alla cartina, poco distante dall’albergo era sito un ampio giardino l’Alter Botanische Garten, nel pomeriggio aveva tutto il tempo di farci un salto per una breve seduta di allenamento.

Il giardino meritava realmente la pubblicità che, le guide turistiche, gli facevano. Era stupendo e ben tenuto. In un’intera ala era allestito un enorme edificio che accoglieva padiglioni fieristici, mentre in un’altra facevano bella mostra di sé diversi impianti sportivi. Poco lontano, un gruppetto di ragazzi stava allegramente giocando a pallone. Vagamente incuriosito, Benji si fermò ad osservarli. Principianti ma parevano divertirsi sul serio. Cielo, quanto tempo era che non giocava per il puro gusto di farlo? Lo ricordava bene. L’ultima volta era accaduto circa un anno prima e a trascinarlo in quell’allegra partitella era stata la visita improvvisa, e quanto mai gradita, di Tom Becker. Perso nei suoi ricordi non si accorse che il pallone era finito a due metri da lui, almeno finché uno dei ragazzi non richiamò la sua attenzione.
“Ehi! Amico, ci lanceresti il pallone?” chiese un ragazzone dalla zazzera “pel di carota”.
Con un sorriso ironico Benji si avvicinò al pallone di cuoio e, con un colpetto deciso del piede, lo sollevò da terra iniziando tranquillamente a palleggiare.
“Questo?” chiese sornione.
“Ragazzi, avete visto come palleggia quello?” commento uno del gruppo.
“Se non ti spiace vorremmo riprendere a giocare” rispose prontamente il ragazzone, vagamente irritato.
Benji si abbassò la visiera del cappello sugli occhi e con un sorrisetto ironico alzò la palla in verticale, prima di colpirla di collo pieno e scaraventarla direttamente dentro la porta improvvisata, a più di venti metri di distanza, lasciando totalmente annichiliti i presenti.
“Buona partita, ragazzi” disse poi divertito tornando sui suoi passi, avviandosi deciso verso l’albergo.
Dal lato opposto del campo, sotto una rigogliosa quercia secolare, un giovane dai capelli biondi come il grano accarezzava distrattamente il pelo di uno splendido pastore tedesco.
“Interessante” fu l’unico commento che uscì dalle sue labbra.

Quella mattina il suo cellulare aveva suonato insistentemente costringendolo ad uscire precipitosamente dalla doccia.
“Pronto!” aveva risposto, piuttosto infastidito.
“Benji. Si può sapere che fine hai fatto? Sono arrivato a Dresda questa mattina per sentirmi dire che non solo avevi rotto il contratto ma che te n’eri pure andato in fretta e furia dalla pensione. Dove diamine ti sei andato a cacciare?” tuonò la voce preoccupata di Freddy Mashall.
Storcendo la bocca in una smorfia ironica, Price allontanò momentaneamente il telefono dall’orecchio, onde evitare di essere assordato.
“Calmati, Freddy. E’ tutto a posto. Sono ad Amburgo” disse poi in tono pacato.
“Amburgo!!!” il tono del tutore, non che ex allenatore, era quanto mai sorpreso. “E si può sapere che diamine ci fai?”.
“Senti, Freddy. Sono stanco di giocare in squadrette di periferia. All’Amburgo cercano gente nuova. Ci sarà una selezione e non voglio lasciarmi scappare quest’occasione. Se mi va buca, posso sempre tornare in Giappone” disse, in tono amaro.
Dall’altra parte della cornetta ci fu un attimo di silenzio.
“Il trasferimento a Dresda non ti è mai andato giù, vero? Benji, è un azzardo. Hai un grande talento ma difficilmente ti apriranno le porte della primavera di una squadra così importante. C’è posto solo per i talenti tedeschi” disse l’uomo, con tono sinceramente dispiaciuto.
Benji strinse con forza il telefono. Maledizione, la conosceva anche troppo bene quella litania. Neanche non ci avesse mai sbattuto il naso. Ma questa volta avrebbe fatto vedere a tutti quello che valeva. Era stanco, stufo di fare il rimpiazzo di serie C.
“E’ inutile, Freddy. Oramai sono deciso. Non preoccuparti per me. Mi sono sistemato in un ottimo albergo e ho soldi a sufficienza. Ti chiamo a selezioni concluse” disse con face sbrigativo.
“Scordatelo. Dammi l’indirizzo e nel pomeriggio sarò ad Amburgo”. A quanto pareva Marshall non era del suo parere.
“Non è affatto necessario. Ho 19 anni se lo hai scordato. Non ho più bisogno della balia” ribattè seccato il giovane.
“A giudicare dai tuoi colpi di testa direi il contrario. In ogni caso hai bisogno di un Manager. Chi controsiglerà il tuo contratto se sfondi?” disse pratico l’uomo.
Levando gli occhi al cielo, Price si arrese all’evidenza. Freddy Marshall era peggio di una guardia del corpo.
“Essia. Ma ti terrai fuori. Non voglio che intervieni per nessuna ragione. Devo farcela da solo” disse deciso.
“D’accordo. Adesso dammi l’indirizzo”.
Due minuti dopo la comunicazione veniva chiusa.
^Perfetto^ pensò il giovane. Di nuovo Freddy tra i piedi. Ma sul suo volto non c’era alcuna traccia di disappunto, solo un sorriso malizioso. Con tutto quello che aveva combinato da che lo conosceva era davvero sorprendente la sua tenacia nel stargli alle costole.

- continua -
  
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