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Autore: Aching heart    17/06/2013    4 recensioni
"Malefica non sa nulla dell'amore, della gentilezza, della gioia di aiutare il prossimo. Sapete, a volte penso che in fondo non sia molto felice." [citazione dal film Disney "La Bella Addormentata nel Bosco"]
Carabosse è una principessa, e ha solo dieci anni quando il cavaliere Uberto ed il figlio Stefano cambiano completamente la sua vita e quella dei suoi genitori, rubando loro il trono e relegandoli sulla Montagna Proibita. Come se non bastasse, un altro tragico evento segnerà la vita della bambina, un evento che la porterà, quattordici anni dopo, a ritornare nella sua città ed intrecciare uno strano rapporto di amore/odio con Stefano. Ma le loro strade si divideranno, portando ciascuno verso il proprio destino: Stefano a diventare re, Carabosse a diventare la strega Malefica. Da lì, la nascita della principessa Aurora sarà l'inizio del conto alla rovescia per il compimento della vendetta della strega: saranno le sue forze oscure a prevalere alla fine, o quelle "benefiche" delle sette fate madrine della principessa?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. The King is dead

Thomas lanciò il cavallo ad un galoppo ancora più veloce. Non sapeva più neanche lui da quanto tempo stava scappando, aveva perso la cognizione del tempo. Sapeva solo che quando era uscito dalla caverna degli orchi il sole era ancora alto nel cielo, mentre ora era tramontato, lasciando pochissima luce. Il cavallo aveva continuato a galoppare ininterrottamente, ma Thomas sapeva che non avrebbe potuto continuare così ancora per molto. Doveva avere cura della sua unica cavalcatura, ma se aveva qualche speranza di sfuggire agli orchi era quella di sfruttare il più possibile il suo vantaggio. Quelle creature erano ottuse e disorganizzate, ci avevano di sicuro messo molto tempo a dare il via all’inseguimento e ce ne avrebbero messo altrettanto per raggiungerlo, ma una volta che l’avessero fatto sarebbero stati più di lui, più forti e decisamente meglio armati. Doveva giocarsi tutto su quel vantaggio che aveva, e dopo… dopo chissà. La sua direzione era la Montagna Proibita, ma non era sicuro di poterci andare. Se gli orchi fossero riusciti a stargli dietro, lui li avrebbe portati dritti dritti da Elsa e Carabosse, che si rifiutava di mettere in pericolo – ringraziava gli dei per l’accortezza che aveva avuto di non includere anche loro nel resoconto che aveva fatto al capotribù degli orchi–, tuttavia se fosse riuscito a raggiungere in tempo il castello avrebbe potuto organizzare una resistenza. Lì aveva armi a sufficienza e l’edificio, grazie alla sua collocazione, era a dir poco inespugnabile.
Improvvisamente Thomas udì il suono di corno da guerra, identico all’allarme che avevano lanciato gli orchi nella caverna, e voltandosi indietro riuscì a scorgere in lontananza un gran polverone, sollevato da zoccoli di cavalli al galoppo. Dunque l’avevano quasi raggiunto… maledizione! Fortunatamente uno dei suoi inseguitori era stato così stupido da suonare il corno, altrimenti non se ne sarebbe accorto.
Preoccupato, sentì l’andatura del suo cavallo rallentare leggermente. L’animale dava i primi segni di cedimento.

***

-Stupido idiota! – ringhiò il capitano del drappello di orchi che inseguivano Thomas non appena si furono fermati. L’insulto era rivolto ad una delle guardie che, ottusa com’era, aveva suonato il corno come se stessero andando in guerra contro i nemici. Loro il nemico lo stavano braccando, ma evidentemente solo lui riusciva a cogliere questa differenza. D’altronde, la sua intelligenza era superiore a quella dei suoi simili, era pari a quella di un essere umano. Era stato lui a migliorare l’organizzazione e l’efficienza delle sue guardie, permettendogli di partire subito all’inseguimento del fuggiasco; il Re-senza-corona aveva già molto vantaggio, ma erano riusciti, dopo ore di galoppo sfrenato, a distinguere la polvere alzata dal cavallo che aveva rubato. Quella nube di polvere si era fatta sempre più vicina man mano che si avvicinavano, ma poi la loro preda aveva accelerato fino a far perdere le sue tracce. Adesso erano arrivati al confine fra la loro terra e quella degli umani, e al capitano spettava decidere dove andare, anche se non ne aveva la più pallida idea: a parte il fatto che non sapeva se fosse prudente addentrarsi nel territorio degli umani e rischiare di dare un pretesto al nuovo Re Uberto per una guerra, non riusciva a scorgere la sagoma del fuggiasco ovunque guardasse, la semioscurità giocava a suo favore. Eppure doveva essere diretto a casa sua, no?
Fece un cenno all’orco alla sua destra, che smontò da cavallo – con qualche difficoltà, a causa della bassa statura tipica della sua razza – e si accovacciò a terra per studiare le impronte. Il terreno in quella zona era roccioso e quindi difficile da segnare con delle impronte, ma il leggero strato di polvere che ricopriva la superficie non lo era, quindi non c’era dubbio alcuno:
-Sono orme fresche. Il cavallo è andato da quella parte – disse l’orco alzando un braccio per indicare la loro sinistra. Rimontò a cavallo, sempre con difficoltà, mentre il capitano ragionava. Da quella parte, a sinistra, iniziava una foresta di rovi letale per chiunque non conoscesse bene il luogo, mentre andando dritto si andava incontro ad una imponente catena montuosa, nel regno degli umani. L’orco era certo che il Re-senza-corona lo sapesse: era stato lì già altre volte. E allora perché aveva fatto quel cambio di direzione? Li stava forse ingannando?
-Corno-stonato, Figlio-di-vacca e Ascia-che-sibila – disse in qualcosa simile ad un grugnito – con me: anticiperemo l’umano e lo spingeremo in un’imboscata; Spada-corta, Elmo-cornuto e Occhi-di-falco, voi andate avanti nel territorio degli umani e aiutateci a catturare il Re-senza-corona. Ah! – esclamò dando di talloni nei fianchi della sua povera cavalcatura che si lanciò nuovamente al galoppo mentre i suoi sottoposti si dividevano seguendo i suoi ordini.
Il capitano e i tre che aveva scelto proseguirono nella direzione della foresta di rovi, prendendo sentieri impervi attraverso le colline di roccia che avrebbero permesso loro di tagliare la strada a Thomas. Quando però sbucarono su un altopiano videro nuovamente, molto avanti a loro, il polverone sollevato dal cavallo che stavano inseguendo. Non erano riusciti ad anticiparlo, ma almeno il grosso vantaggio che aveva su di loro era stato ridotto di parecchio. E, stranamente, più loro avanzavano più il cavallo rallentava, finché non furono abbastanza vicini da essere certi della loro vittoria, certezza che sfumò quando si avvicinarono ancora di più e videro che in groppa al cavallo non c’era nessuno.

***

Thomas continuò ad avanzare, cauto. Non sapeva se il suo stratagemma avesse funzionato: quando era stato certo di essere inseguito e di non avere molte possibilità in groppa all’animale stanco l’aveva abbandonato, l’aveva lasciato libero di andare dove gli pareva con lo scopo di ingannare almeno temporaneamente i suoi inseguitori, mentre lui aveva proseguito a piedi oltrepassando il confine fra il territorio degli orchi e il suo. Camminava più velocemente che poteva ma con circospezione, sempre stando attento a non farsi scoprire. Era stanco e provato, ma doveva continuare ad andare avanti, e con un po’ di fortuna sarebbe arrivato sano e salvo sulla Montagna Proibita senza essere inseguito. Nonostante la luce fosse quasi del tutto scomparsa riusciva a vedere le sagome delle montagne, che gli dicevano che era quasi arrivato, e il suo udito affinato dalla caccia e dall’addestramento alla guerra gli portava il suono di acque che scorrevano, sicuramente prodotto dal fiume che scorreva vicino alla Montagna Proibita e che costituiva un suono rassicurante che gli infondeva speranza. I suoi abili sensi però gli dicevano anche qualcos’altro: la polvere che ricopriva la roccia e i sassolini disseminati qua e là vibravano impercettibilmente, e in lontananza poteva sentire un rumore regolare di qualcosa che sbatteva ripetutamente a terra. Pensò immediatamente ai suoi inseguitori e alzò il passo. Passarono dei minuti di marcia affrettata prima che Thomas potesse riconoscere, con il cuore in gola, che erano davvero i loro cavalli a produrre quel suono: le guardie erano dunque sulle sue tracce, nonostante il trucchetto.
Thomas non aveva scampo, ma non poteva arrendersi, non dopo essere arrivato fin lì. Se fosse riuscito a raggiungere il fiume avrebbe potuto salvarsi: gli orchi avevano un terrore primordiale dell’acqua, qualcosa di così potente che quelle creature riuscivano ad attraversare i corsi d’acqua solo al riparo dalla sua vista, in un luogo buio e chiuso, possibilmente tramortiti. Di certo non avrebbero passato il torrente a cavallo, e se non avessero avuto archi e frecce, armi troppo raffinate per loro, Thomas avrebbe potuto darsi sicuramente per salvo. Tutto stava nel raggiungerlo, il fiume.
Decise di giocare il tutto per tutto sfruttando il suo vantaggio e forzò le sue gambe ad una corsa disperata, ma in breve tempo gli orchi gli furono alle calcagna; con uno sforzo disumano Thomas accelerò ancora e riuscì a mettere un altro metro di distanza fra sé e gli inseguitori, anche se sapeva di non poter reggere quello sforzo ancora per molto. Ma il fiume era vicino, così vicino… ancora uno sforzo e avrebbe potuto tuffarvisi. Anche gli orchi lo sapevano, perciò affondarono con violenza i talloni nei fianchi dei loro cavalli per raggiungerlo, ma alla vista del fiume a cui si stavano avvicinando il loro coraggio iniziava a venire meno. Si sentivano ribollire il sangue nelle vene ed un istinto potente diceva loro di volgere i cavalli e darsi alla fuga più veloci che potevano. Indubbiamente Thomas voleva buttarsi nell’acqua, e una volta lì sarebbe stato al sicuro. Se volevano ucciderlo, dovevano fare in fretta.
Nello stesso momento in cui Thomas spiccò un salto per tuffarsi nel fiume, un coltellaccio lanciato da uno degli orchi gli si conficcò nella schiena, stroncando la potenza del suo tuffo e precipitandolo in balìa della corrente. All’impatto del corpo con l’acqua, alcuni schizzi bagnarono la porzione di braccio scoperto del lanciatore di coltelli, e la pelle iniziò a sfrigolare, riempendosi di vesciche e procurandogli lo stesso dolore di una scottatura, ma molto più profondo. Questo fece immediatamente indietreggiare gli altri due, mentre il terzo rimaneva immobile, indeciso sul da farsi. Guardò il corpo dell’uomo con il suo coltello piantato nella schiena che veniva portato via dalla corrente, poi la sua pelle martoriata dal contatto con l’acqua.
Tanto è già bell’e morto, pensò, e batté in ritirata insieme ai suoi compagni.

***

Thomas cercava di nuotare, ma era debole, senza forze, e riusciva a malapena a tenersi a galla. Era completamente impotente, nelle mani della corrente che lo trascinava alla deriva. Iniziarono a cadere delle gocce di pioggia che bagnarono le sue labbra esangui, picchiettando dolcemente su di esse… la realtà iniziò a farsi più confusa, e gli sembrò che fosse giorno, con un sole splendente, e che Elsa lo stesse baciando. Sentì la sua voce che lo chiamava, e vide le sue mani affusolate tese verso di lui, che volevano aiutarlo, e con uno sforzo immane le afferrò, ma al tatto si accorse di non aver afferrato le mani di sua moglie, bensì i rami di alcuni arbusti che sporgevano sul fiume. Gemendo fece forza su di esse per trascinarsi fuori dall’acqua, ma tutto quello che riuscì a fare fu riaffiorare fino alla vita e accasciarsi sulla sponda sassosa. Nel farlo scorse la sagoma della Montagna Proibita e del castello, vicinissimi, ed espresse il suo ultimo desiderio: quello di poter rivedere un’ultima volta sua moglie e sua figlia, prima di andarsene.
Non aveva visto la sua disperata Elsa che correva giù per la discesa ripida della montagna seguita dalla piccola Carabosse, scioccata.
La bambina aveva visto dalla finestra a cui si era affacciata una sagoma scura e animata agitarsi nell’acqua del fiume e aveva chiamato sua madre, che aveva ricordato l’incubo che aveva avuto la notte scorsa, in cui ritrovava il cadavere di Thomas nel fiume, e aveva capito. Aveva urlato il nome del suo Re, ma lui non aveva avuto alcuna reazione. Poi entrambe si erano precipitate fuori dal castello, giù per il sentiero che portava al torrente, incuranti della pioggia, ed ecco Thomas, con un coltello nella schiena, abbandonato con la testa sul terreno. Aveva avuto la forza di trarsi in salvo dalla corrente e di tossire fuori dai polmoni l’acqua che gli era entrata dentro, ma aveva già perso molto sangue, e continuava a perderne.
Carabosse si fermò a pochi passi da suo padre, terrorizzata da ciò che avrebbe potuto vedere, mentre Elsa, singhiozzando, si inginocchiò di fianco al corpo del marito, estrasse il coltello dalla ferita e lo sollevò facendogli appoggiare la testa sulle sue gambe. Thomas respirava ancora, anche se a fatica, ed era cosciente, ma il suo viso aveva quella tranquillità di chi sa di essere prossimo alla morte. I suoi desideri però erano stati esauditi: sua moglie e sua figlia erano salve, e aveva avuto la possibilità di rivederle. Sorrise sereno ad Elsa, che stavolta era reale e non un’illusione, e da quel sorriso lei capì che non c’era più nulla da fare: aveva già visto gente morire, quando era giovane. Sapeva riconoscere il volto di un moribondo.
Non riuscì più a trattenere le lacrime, che scesero bollenti sul suo viso confondendosi con le fredde gocce di pioggia, ma Thomas sussurrò:- Non piangere…
-Non sto piangendo – rispose lei in un singhiozzo.
Thomas sorrise come ad una battuta che solo loro due conoscevano. Poi riprese a parlare: -Alla fine sono tornato da te… te lo avevo promesso.
-Sì, e hai mantenuto la tua promessa, come sempre – disse lei, e azzardò un sorriso per lui anche se la sua vista era offuscata dalle lacrime.
-Carabosse… - sussurrò poi Thomas, vedendo che la figlia si era avvicinata.
-Sì, papà – rispose. Anche lei piangeva.
-Sii forte, figlia mia. Sii sempre la principessa che sei. Io sono orgoglioso di te. Sarai una grande regina, un giorno.
-Certo, papà. Ti… ti voglio bene – riuscì a dire fra i singhiozzi.
E mentre Thomas tornava a posare lo sguardo sulla sua amata le forze lo abbandonarono e le sue palpebre si chiusero senza permettergli di vedere Elsa che si copriva la bocca con una mano per impedirsi di urlare, mentre il pianto e i singhiozzi la piegavano sul corpo ormai senza vita dell’uomo che amava.
Il Re era morto. 


*Angolo Autrice*
Bene, ho superato la crisi di EFP che ha deciso di impallarsi proprio quando dovevo aggiornare, ed eccomi qui. Sto aggiornando con le lacrime agli occhi per la morte di Thomas, che mi ha fatto piangere quando l'ho scritta ma anche tutte le altre volte in cui poi l'ho riletta. Magari non è nulla di commuovente e sono io troppo sensibile e piagnona, ma che ci posso fare ç_ç Quello che è certo è che quello di Thomas e degli orchi è il peggiore inseguimento che sia mai stato scritto. Avete tutto il mio sostegno e la mia solidarietà.
Stasera non mi dilungo troppo perché è davvero tardi e anche perché quando sono sull'orlo delle lacrime, come in questo caso, fatico molto a formulare pensieri sensati. Ringrazio tutti quelli che hanno inserito questa storia fra le ricordate/seguite/preferite, i lettori silenziosi e Beauty per aver recensito.
Buonanotte (e, se siete emotive come me, buon pianto) a tutti. Ciao!
   
 
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