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Autore: AryYuna    08/01/2008    2 recensioni
1000 anni fa, quando Sin era tornato per la prima volta, nessuno voleva più partire per un viaggio di non ritorno che non portava a nulla, finché una ragazza non riuscì a ridare coraggio al suo popolo, divenendo la seconda invocatrice della storia.
NOTA: ERRORI SUL CANON!
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shiva
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy X e i suoi personaggi, luoghi e situazioni appartengono alla Square Enix. Mia è solo questa fanfiction, realizzata senza alcuno scopo di lucro


ATTENZIONE: la seguente fanfiction presenta errori sulla trama che ho scoperto solo successivamente alla pubblicazione. Ho in programma di riscriverla per correggere i suddetti errori, in futuro, ma al momento non ne ho il tempo né la voglia. Chiedo scusa

Dea del ghiaccio




Premessa
Ho finito Harry Potter 7! (NdPubblico: e a noi che ce frega?)
Bello, bello, bello come tutti i libri (solo un po’ più melenso e con un'ultimo capitolo che J.K.Rowling deve aver scritto sotto tortura... o magari non è stata manco lei a scriverlo, mi rifiuto di pensare che abbia potuto fare una cosa così mostruosa > <)

Ok, passando alla fic, questa è stata la mia seconda che io abbia mai scritto, ed è di qualche anno fa.
Avevo promesso di postare una fic sulla Prima Invocatrice, ma rileggendola ho notato che ho fatto riferimenti a questa, per cui sono costretta a pubblicarla prima.
Rimando alla fine comunque per alcuni chiarimenti
Comuqnue, spero tanto vi piaccia.
Commentate, please! ^^





Un tempo, quando Sin era tornato per la prima volta dopo essere stato ucciso da Lady Yunalesca, Macalania era una meta turistica che aveva ormai perso il suo fascino, date le numerose visite da parte del mostro.
Le acque del bellissimo lago erano mosse da deboli venti caldi. Molto tempo prima vi si facevano lunghe nuotate, ma da quando era nato Sin era vuoto, e sempre più spesso Sari era costretta a passare il suo tempo a casa a fissare il lago, visto che i suoi amici non ne volevano sapere di uscire con lei. Era pericoloso anche pensarlo.
Quel giorno, era affacciata dietro alla finestra del negozietto che in un tempo futuro sarebbe diventata una filiale della Casa del Viante di Rin, pensando a quando si credeva che Sin era morto, ucciso dalla Grande Invocatrice. Lei non era ancora nata, ma i suoi genitori gliene avevano parlato spesso. Prima che Sin li uccidesse, naturalmente.
Agitava la mano contro il vetro sussurrando l’unica magia che conosceva bene, quella del ghiaccio, nel vano tentativo di gelare il lago per potervi pattinare. Le piaceva il ghiaccio.
Aveva lo stesso colore dei suoi occhi e dei riflessi dei suoi capelli, e poi era così romantico… da quando aveva saputo che i suoi genitori si erano conosciuti tra i ghiacci del Monte Gagazet aveva sempre sognato di innamorarsi lì, in mezzo al dolce freddo e a quei colori così… perfetti. Molti odiavano il freddo, preferendo le belle giornate assolate in cui fare lunghe passeggiate, Sin permettendo, ma lei sopportava il freddo, quasi non lo sentiva. Quando da piccola giocava con i suoi amici, le piaceva farsi chiamare Shiva, la dea del ghiaccio.
–Che combini, sorella?– le chiese Mutha, il suo fratellino. “Fratellino”. Lo aveva sempre chiamato così, nonostante fosse più grande di lei.
–Guardo il lago.
–Fa pena vederlo vuoto. E dire che fino a neanche vent’anni fa, prima che tu nascessi, era strapieno. Odio Sin. Pensavamo che quella Yunalesca lo avesse ucciso, e invece è tornato più cattivo di prima…
–Non parlare così di Lady Yunalesca!– esplose Sari. –Lei ha portato il Bonacciale! Ci ha donato la pace per dieci anni!
–Già, e poi il coso è tornato! Bell’affare!
–Non sei rispettoso– replicò Sari con meno vigore tornando a fissare il lago.
–Sono realistico.
Sari scrollò le spalle.
–Secondo me bisognerebbe tentare una strada diversa– disse Mutha avvicinandosi alla sorella e accarezzandole i lunghi capelli. Avevano lo stesso strano colore azzurro-argento di quelli di lui, ma facevano un effetto diverso, lunghi e stretti in grosse trecce.
–Una strada diversa?– chiese lei.
–Sì. Se è vero che le macchine lo hanno generato, le macchine lo devono uccidere!
–Parli come un Albhed!– si indignò Sari.
Mutha non rispose.
–Un giorno Sin sparirà, ma solo se espieremo le nostre colpe– spiegò Sari ripetendo i precetti di Yevon.
–Sei libera di credere quello che ti pare– borbottò suo fratello lasciandola sola e chiudendosi nella stanzetta dietro il bancone che faceva loro da casa.
–Io vado al tempio!– gli gridò Sari prendendo l’ampio velo color ghiaccio che le aveva regalato sua madre quando aveva compiuto diciotto anni.
–Prendi la mia spada! È molto meglio…– iniziò Mutha dalla camera accanto.
–… delle mie semplici armi, lo so– rispose Sari, –ma sai che non la so usare. Ciao.
Attese la risposta del fratello, ma questa non arrivò.
Gettò uno sguardo alla lunga spada del fratello. Sembrava fatta d’acqua. Le leggende raccontavano che era appartenuta ad un grande guerriero di un tempo passato, ma lei preferiva le sue semplici armi di metallo: meno pesanti e più maneggevoli.
Uscì, avvolgendosi il capo nel velo e correndo verso il Bosco.
Le sue protezioni le permisero di giungere a Bevelle senza problemi.
Entrata al tempio, fece la riverenza e cercò di pregare, ma non riusciva a concentrarsi. “Bene” la voce di Yunalesca erin guai grossi.
Parlava come un Albhed, pensava come un rivoluzionario, si comportava come un pazzo e non credeva in Yevon.
Scosse la testa, chiedendo a Yevon di perdonare suo fratello.
–Sari, come mai qui? Sai che è pericoloso venire da Macalania!– la richiamò con fare paterno il sacerdote.
–Volevo pregare.
Il sacerdote si allontanò senza dire altro, e lei uscì per Bevelle.
Un’ombra oscurò improvvisamente il cielo, mentre il panico si diffondeva più velocemente di quell’insolita eclissi.
Sin passò sopra Bevelle, lanciando le sue scaglie sulla città.
Fu in quel momento che Sari decise: lei avrebbe posto fine a tutto quel dolore. Lei sarebbe stata l’invocatrice che avrebbe sconfitto Sin.
Da quando si era scoperto che la morte di un’invocatore non serviva a distruggere Sin, nessuno più aveva voluto tentare, ma era il momento che qualcuno si decidesse ad agire.
Si parò davanti ad una grossa scaglia che insediava un gruppo di bambini e la distrusse senza troppa fatica.
Sì, lei poteva farlo. Doveva farlo.
Dieci anni di pace.
Invidiò quelli che li avrebbero vissuti, ma qualcuno doveva decidersi.
Due ore dopo, mezza città era ridotta ad un cumulo di macerie, mentre i superstiti piangevano, uscendo timidamente dal tempio in cui si erano rintanati e che era, miracolo di Yevon, l’unico edificio ancora completamente in piedi.
Sari tornò a Macalania, dove suo fratello la accolse preoccupato, avendo visto Sin dirigersi a Bevelle.
–Sto bene. Ma ho preso una decisione: diventerò un’invocatrice.
Suo fratello ammutolì. Poi iniziò a gridare che era diventata pazza, che non gliel’avrebbe mai e poi mai permesso, che se lo poteva scordare e che sarebbe dovuta passare prima sul suo corpo, che Yevon era un idiota, che i suoi precetti erano la più grossa stupidaggine mai raccontata e che mai sua sorella sarebbe diventata una suicida in nome di un dio inesistente e per colpa di un mostro che andava sconfitto con la forza e non con le favole sui buoni sentimenti.
Sari annuì distrattamente per tutto il tempo della sfuriata, aspettando che Mutha si calmasse, poi gli disse brevemente –Diventerò invocatrice il giorno del mio ventesimo compleanno: maggiorenne e libera dalle leggi che ti legano a me come tutore. Buonanotte, Mutha– e andò a dormire.
Dal giorno dopo, iniziò a studiare al tempio di Bevelle, dove si trasferì praticamente a vivere. Suo fratello non le rivolgeva più la parola, ma in compenso l’intera Spira la osannava come colei che avrebbe portato la pace, seppur temporaneamente.

Sei mesi erano passati da quando Sari aveva iniziato a studiare, ed era vicino il giorno dell’esame, quando suo fratello si presentò per la prima volta al tempio chiedendo di vederla.
–Ho incontrato un gruppo di ragazzi con le mie stesse idee. Partirò domani con loro per andare ad allenarmi sulla Via Djose. Uccideremo Sin senza le favole.
Duecento anni più tardi quel gruppo di ribelli sarebbe stato organizzato da un uomo di nome Mihen col nome di Spade Cremisi prima e di Milizia poi, ma per ora era soltanto un gruppo di pazzi che cercava la morte.
Sari lasciò andare il fratello, pregando Yevon perché lo proteggesse.
Uno dei ragazzi di cui aveva parlato Mutha, entrò nel tempio dopo che lui fu uscito, spiando Sari da dietro ad una colonna. Lei non lo vide, e rientrò nel diaconio a studiare. Poco dopo sentì i sacerdoti gridare –Sacrilegio!–, ma non vi diede alcun peso.

–Molto bene, Sari. La prossima settimana potrai sostenere l’esame, esattamente nel giorno del tuo compleanno, come avevi chiesto. Prima di allora, però, dovrai trovare almeno un guardiano che ti accompagni, lo sai, vero?
Sari annuì.
–Molto bene. Fino ad allora sei libera.
Uscendo a testa bassa, Sari si scontrò ad un angolo con un ragazzo. Era lo stesso che l’aveva spiata dopo che suo fratello era venuto a salutarla.
–Scusa, non guardavo…– mormorò
–Hu, climyse di…– rispose lui.
–Come?– chiese Sari.
–Oh, scusa. Ho detto “scusami tu”.
Era un Albhed.
Sari abbassò lo sguardo e si allontanò senza dire nulla.
–Aspetta!– la chiamò lui. Lei lo ignorò, o almeno tentò di ignorarlo.
–Aspetta– ripeté il ragazzo prendendole il braccio. –Sei la sorella di Mutha, Sari…
Lei alzò improvvisamente lo sguardo.
–Ti ho vista quando Mutha venne a salutarti– spiegò lui, ma poi si interruppe, come pensando se dire o meno qualcosa di importante.
–È successo qualcosa a mio fratello?
–No, no, sta’ tranquilla…– la rassicurò lui scuotendo il capo.
–Bene, allora…– disse lei liberandosi e dirigendosi nuovamente al tempio.
–Cae pammeccesy– le disse lui improvvisamente.
Sari si bloccò.
Non sapeva cosa le avesse detto quel ragazzo, ma qualcosa le diceva che non era niente di brutto. Anzi. Si chiese se dovesse rispondere a quell’Albhed, a quell’infedele, ma poi si accorse di quanta gente li stesse fissando borbottando commenti di totale disapprovazione.
Sari scosse la testa per allontanare qualunque dubbio dalla sua mente ed entrò nel tempio, dove s’inginocchiò a chiedere perdono per la sua debolezza.
Non fu l’unica volta in cui si incontrarono, nonostante Sari facesse di tutto per evitarlo. Quando ormai aveva esaurito le strategie, si imbatté nell’Albhed lungo la strada principale.
La folla se era concentrata sul lato opposto a quello dove camminava lui. Sari uscì da un negozio e se lo trovò davanti.
–Ciao– la salutò.
Sari non voleva scappare, non le sembrava giusto… Ma cosa diavolo le passava per la testa? Chiese perdono a Yevon per quello che stava per fare.
–Ciao– rispose.
–Finalmente non mi eviti più.
Sari non rispose.
–Perché non ci facciamo un giro lontano da qui?– propose il ragazzo accennando alla folla disapprovante. Lei annuì.
Si spostarono verso il Bosco, giungendo all’incrocio che portava verso il Lago.
–Mutha mi ha detto che vuoi diventare un’invocatrice.
Sari non rispose.
–Ti servirà un guardiano.
La ragazza lo fissò interrogativa.
–Mutha mi ha chiesto di starti vicino. Lui… beh, è un testone e non ha intenzione di appoggiare la tua scelta, ma vuole che qualcuno di cui si fidi ti protegga.
–Sei… gentile…– rispose lei, –ma…
–… sono un Albhed?
Sari annuì fissando il terreno.
–Beh, Mutha mi aveva detto che credi fermamente in Yevon e che quindi non ti puoi fidare di me, ma… ha anche detto che non gliene importa niente, perché fino alla prossima settimana è il tuo tutore, e quindi qualunque decisione tu debba prendere nel frattempo lui ci può mettere bocca.
Sari non rispose subito. Il sacerdote non le avrebbe mai permesso di avere un Albhed come guardiano… Ma una buona scusa poteva essere che Mutha glielo imponeva… e poi, chi diceva che il sacerdote avrebbe dovuto saperlo?
–D’accordo– disse infine. –Però ad una condizione: devi sembrare un…
–… un non Albhed, ok.
Sari sorrise.
–Bene, invocatrice: il mio nome è Dorchal.
–Piacere, Dorchal… ma per ora sono solo un’apprendista, non un’invocatrice.
–Per quanto io speri che tu non lo diventi mai, so che passerai l’esame.
La ragazza sorrise.

Sari nascose a tutti che il suo guardiano era un Albhed.
Il giorno dell’esame, entrò nel Chiostro della Prova accompagnata dal suo guardiano.
Insieme superarono facilmente le difficoltà, così Sari entrò nel Naos a pregare l’Intercessore.
La camera era rotonda, il pavimento di vetro mostrava la forma della potente creatura che le avrebbe donato il suo primo Eone.
Sari s’inginocchiò e iniziò a pregare l’Intercessore perché si manifestasse.
L’ombra senza peso di un ragazzino le si materializzò davanti.
–Ciao, Sari. Era molto tempo che ti aspettavo. Sei qui per ricevere l’Eone, vero?– la accolse l’intercessore col candido modo di fare di un bambino.
Sari annuì determinata.
–Ma sei certa di voler diventare un’invocatrice? Sai che dovrai morire per portare solo dieci anni di pace?
–Anche se per poco– rispose la ragazza con la stessa determinazione, –dormire tranquilli e senza paure… è la cosa più preziosa. Io voglio donare questa possibilità alla gente di Spira.
L’Intercessore sorrise e chiuse gli occhi, sciogliendosi in lunioli. Questi rimasero sospesi a vorticare sopra la testa di Sari per un bel po’, finché si volsero verso di lei, entrando di getto nel suo corpo. Sari fu spinta indietro dalla forza della spinta. Svenne, mentre in lei iniziava a nascere l’Eone Bahamut.
Quando si riprese, la semplice asta di metallo che aveva portato con sé era cambiata.
L’Intercessore sedeva nel vuoto davanti a lei. Sari si sollevò.
–Ora la tua asta è più potente– le spiegò l’Intercessore con la stessa aria innocente di prima. –Portai invocarmi con quella quando vorrai. Ti starò vicino. Ti aiuterò. Sconfiggeremo Sin insieme, se il nostro legame si rafforzerà abbastanza perché tu riceva l’Eone Finale.
Sari raccolse la sua asta e uscì dal Naos.
Dorchal era lì ad aspettarla.
–Ce l’ho fatta! Ho ricevuto l’Eone! Sono un’invocatrice!
Il ragazzo la prese in braccio per la felicità.
–Insieme porteremo la pace su Spira– le disse.
Sari chiuse gli occhi e sorrise.
La pace.
Avrebbe portato il Bonacciale.
E forse… non sarebbe stato solo per dieci anni.
Appoggiò la testa al petto del suo guardiano, sorridendo al pensiero.
–De ysu…– sussurrò Dorchal troppo piano perché lei sentisse. Ma, in fondo, non voleva che lei sentisse.
All’esterno del tempio si era radunata l’intera città.
Il sacerdote la benedisse in nome di Yevon, e Sari invoco per la prima volta l’Eone Bahamut davanti alla gente esultante.

Il giorno successivo, Sari e Dorchal partirono per la prima tappa: il tempio di Djose.
Attraversarono la regione facilmente, grazie alle grandi doti di guerriero di Dorchal. Passarono a salutare Mutha, e nonostante lui non volesse darlo a vedere, era molto contento che sua sorella fosse venuta a trovarlo, anche se avrebbe sperato certamente che non lo avesse fatto lungo il pellegrinaggio, prima di morire.
Giunsero infine all’ultimo tempio, quello di Besaid, accolti dall’intera Spira festosa.
Dopo aver ricevuto l’ultimo Eone prima di quello Finale, Sari e Dorchal tornarono indietro, diretti a Zanarkand.
Sari aveva sentito molte storie su Zanarkand, la città dei morti. Quando sua madre era solo una bambina, prima della guerra contro Bevelle, Zanarkand era una città immensa, piena di luci e di macchine… la causa della nascita di Sin.
Si raccontava che ora la città fosse abitata da demoni nati dalle anime dei morti, condannate da Yevon per punirli del loro Peccato e che ora vagavano senza coscienza del mondo tra le rovine di una città colpevole. Molti credevano che Sin riposasse lì quando non era in giro per Spira a distruggere città e vite innocenti.
Mentre ripercorrevano quella che centinaia di anni dopo sarebbe stata battezzata Piana della Bonaccia, e che ora era chiamata semplicemente Grande Piana, videro alcuni uomini parlottare tra di loro agitati e poi correre verso il Monte Gagazet. Avvicinandosi, seppero che Sin stava attaccando all’Acervo e che alcuni ragazzi si erano uniti a degli Albhed per combatterlo con le macchine.
Sari e Dorchal corsero all’Acervo, ma quando vi arrivarono era già troppo tardi.
Mutha e tutto il gruppo di ribelli erano stati distrutti.
Sari si inginocchiò piangendo accanto al corpo del fratello.
–Non dovevo permettertelo!– singhiozzò stringendogli la mano. –Mutha…
Pianse a lungo, con Dorchal che le accarezzava i lunghi capelli, finché non capì che avrebbe dovuto trapassare le anime.
Non aveva mai compiuto il Rito.
Si alzò risoluta, piangendo ancora.
–Sari, se non te la senti…– iniziò Dorchal.
–Sono un’invocatrice– rispose lei con la voce spezzata. –Mutha e gli altri devono trovare la pace.
E cominciò a danzare agitando l’asta che le aveva donato l’Intercessore di Bevelle.
Pregò Yevon di darle la forza di sconfiggere Sin per sempre, --- Ieyui --- pensando che comunque tra non molto avrebbe rivisto suo fratello nell’Oltremondo. --- Nobomeno --- Pianse durante tutta la danza, --- Renmiri --- e mentre le anime salivano verso l’Oltremondo, --- Yojuyogo --- sottili colonnine di ghiaccio avvolgevano l’Invocatrice danzante e i corpi dei caduti, --- Hasatekanae --- formando una piccola cripta accanto alla roccia. Nessuno l’avrebbe mai notata, --- Kutamae --- ma sarebbe rimasta per sempre, ricordando a Spira il sacrificio di un gruppo di ragazzi determinato ad eliminare per sempre la punizione di Sin. –Promettimi che quando sarò morta tu tornerai qui a dirlo a mio fratello, e che poi racconterai a tutti, tutti, il coraggio di Mutha e degli altri– mormorò Sari, ferma accanto alla cripta di ghiaccio.
–Sari…
–Promettilo, Dorchal!– urlò.
Dorchal annuì.
–Ban da diddu, Ysuna seu… banlrà huh buccu tende leù lha bnuju?– mormorò quando Sari si inginocchiò accanto alla tomba del fratello, lontano da lui.
Sari rimase ferma a piangere fino a sera tarda, dopodichè insistette per proseguire il viaggio.
Giunsero a Zanarkand con l’alba e si diressero al Duomo.
Lo spirito non trapassato di Lady Yunalesca li accolse.
–Benvenuta, Sari. Hai attraversato Spira solo per portare dieci anni di pace?– le chiese dolcemente.
Sari annuì.
–Dieci anni… Io non sapevo quanto sarebbe durata la pace che stavo portando… Speravo che sarebbe stata eterna. E invece, dopo dieci anni Sin è tornato, rendendo vana la mia morte e quella del mio Amore. Tu, però, ne sei consapevole, e puoi ancora tirarti indietro. Il tuo guardiano ti ama, anche se tu ti rifiuti di capirlo perché hai paura di lasciarlo solo… Vai, salvati e vivi con lui: chi te lo impedisce?– le chiese per testare fino a che punto fosse pronta.
La ragazza si voltò verso Dorchal il suo guardiano.
Yunalesca sentì che non voleva soffrisse per la sua morte.
–Come ti sbagli– le disse. –Il tuo guardiano dovrà unirsi a te, essere il tuo Intercessore per permetterti di invocare l’Eone Finale.


Per Sari fu come uno schiaffo in pieno viso.
–Quando sei pronta, se sei ancora decisa a sacrificarti, vieni nel mio Naos– riprese la donna svanendo in lunioli.
–Non voglio che tu muoia– disse Sari al suo guardiano.
–Sono pronto a seguirti ovunque, Sari.
L’invocatrice scosse la testa.
–Sari…– disse lui.
Le si avvicinò, finché le sue labbra non furono abbastanza vicine a quelle di lei da sfiorarle… e baciarle.
Quando si allontanò, Sari piangeva.
–Tu devi dire al mondo che Mutha è morto lottando per la pace… Non puoi morire con me…
–Shhh– le disse dolcemente il ragazzo. –Io sono pronto a morire con te.
Sari asciugò le lacrime, prendendo per mano il suo guardiano.
–Com’è che si dice nella tua lingua “Ti amo”?
–De ysu.
–Beh, allora… De ysu, Dorchal.
–Ti amo, Sari.
Si baciarono di nuovo.
La loro storia non era mai iniziata… era giusto che finisse ora, era giusto che morissero insieme, per non lasciarsi mai, per recuperare il tempo di cui Sin li avrebbe comunque privati, se non avessero scelto di combatterlo.
–Distruggeremo Sin insieme– mormorò Sari.
Quando entrarono nel Naos, Lady Yunalesca li aspettava.
–Hai scelto, dunque.
Dorchal svanì, mentre una luce potente scaturiva dalle mani tese della Grande Invocatrice.
Sari chiuse gli occhi, accecata dalla luce che non le permetteva di scorgere nulla al di fuori di se stessa.
Quando li riaprì era nella Grande Piana, con l’asta in pugno e i suoi Eoni davanti a sé.
Dorchal non c’era più. Sari rivolse uno sguardo al Gagazet, salutando suo fratello, poi chiamò a sé il suo Eone Finale.
Un guerriero di ghiaccio apparve davanti ai suoi occhi. Aveva le fattezze di Dorchal, ma era più grosso e aveva la lunga spada di Mutha, quella che d’ora in poi le leggende avrebbero tramandato come la Fraternity, simbolo di purezza e potenza, il sacrificio di un fratello donato all’Amore della sorella.
Sari condusse i suoi Eoni a svanire per dare potenza al suo Eone Finale, poi guidò questo contro Sin.
La battaglia durò a lungo, e man mano che il tempo passava, Sari si sentiva sempre più debole e iniziava a disperare che il suo Eone potesse distruggere Sin, quando improvvisamente la Fraternity si conficcò nel terreno. Quando il suo Eone la riprese, il ghiaccio iniziò a ricoprire la Piana partendo dal punto in cui ora si era formata una larga crepa. Quando giunse sotto i piedi della ragazza, lei sentì il suo corpo farsi più leggero e una nuova forza impadronirsi di lei.
Sari gridò, forte del suo nuovo strano potere che investì il suo Eone dandogli la potenza necessaria a sferrare l’attacco decisivo al mostro. Sin svanì, mentre l’Eone Finale che era stato Dorchal spariva fondendosi con lui.
Il ghiaccio si sciolse, mentre Sari cadeva in ginocchio, chiedendosi come mai non fosse ancora morta.
La Fraternity si depose leggera al suo fianco.
Quando lei la impugnò, fu il suo corpo a cambiare come aveva fatto poco prima la Piana. Divenne del colore del ghiaccio, mentre tra le sue mani svaniva la spada. Si fissò le mani, che erano ora trasparenti, come quelle degli Intercessori…
–Ora anche tu sei un Intercessore.
Sari sobbalzò.
–Hai portato la pace, e potrai farlo ancora– disse l’Intercessore di Bevelle apparendo al suo fianco. –Hai desiderato la forza per vincere e tuo fratello te l’ha donata, ma non voleva che tu morissi, ricordi? Ha chiesto che tu vivessi, e l’unico modo perché tu sopravvivessi all’Invocazione Suprema era diventando Intercessore.
Sari non capiva.
Il ragazzino sorrise.
–Cos’è, non sapevi che nell’Oltremondo l’anima può ancora avere desideri?– chiese con quella stessa aria di bambino che l’aveva tanto colpita, la prima volta, a Bevelle. –Mutha ti voleva bene, e non voleva che tu fossi Invocatrice. Ora non lo sei, e vivrai, come voleva tuo fratello.
Quando l’Intercessore svanì, Sari si sentì libera e leggera.
Ringraziò Mutha, e volò a Macalania.
Congelò il lago come aveva sempre sognato di fare, ricoprendo tutto con una soffice coperta di neve che non si sarebbe sciolta mai, come la tomba di suo fratello. Entrò nella pietra dell’edificio sospeso nel vuoto in fondo al sentiero, dove spesso i ragazzi andavano a giocare e gli adulti a pregare.
Quello sarebbe stato il suo tempio, e lei non sarebbe stata più Sari, la seconda Invocatrice della storia, ma Shiva, dea del ghiaccio.



NOTE POST-FIC
DOMANDA: Perché scrivere una fanfiction in cui quella che dovrebbe essere un Eone finisce per diventare un’Invocatrice?
RISPOSTA: Non ne ho idea, mi piaceva solo come suonava “Shiva la Grand’Invocatrice” ^^ Ovviamente poi doveva essere la seconda della storia, perché sennò che pellegrinaggio dovevano fare gli Invocatori se non c’erano Eoni da raccogliere? ^^’
Altra cosa: Shiva in realtà viene definita Regina del ghiaccio, ma Dea mi sembrava più significativo ^^
Detto questo, alcune piccole noticine:
nomi - Il nome di lei, Sari, l’ho preso da un libro che ho letto parecchio tempo fa, “Dramma a Madapoura” di Delly, perché mi piaceva come suonava, e poi perché Sari è un nome indiano come Shiva (dio della distruzione, nella religione indù). Mutha mi piaceva come suonava, mi sembrava adatto a Spira (e finisce per A, iniziale del mio nome). Dorchal… beh, non sapevo più che nomi inventarmi, per cui ho rpemuto le lettere a caso sulla tastiera e ho scelto questo gruppo di lettere. Mi sembra un nome adatto ad un Albhed :-P
età - l’idea dei vent’anni come maggiore età, personalmente non so dove l’ho presa, forse inconsciamente ho pensato che in Giappone si diventa maggiorennni proprio a vent’anni e l’ho inserito così, senza pensarci.
camei - da notare il piccolo cameo del velo che Shiva-Eone lancia a Yuna quando viene invocata, e della Fraternity: mi piaceva che, come Sari era il ghiaccio, Mutha fosse l’acqua, mio elemento preferito, anche visto che volevo che Mutha fosse una specie di ribelle. Quando alla fine Dorchal viene invocato come Eone Supremo, gli ho dato la spada di Mutha, e da qui le ho messo il nome di Fraternity. Fraternity, come fratelli. Mi sembrava fatta apposta per fare questo collegamento.
citazioni - sì, esatto, nel Naos, quando l’Intercessore (io adoro l’intercessore di Bevelle^^) chiede a Sari se è sicura, lei ripete le stesse parole che dirà poi Yuna quando Tidus scopre del Bonacciale. La domanda che le fa l’Intercessore non l’ho scelta a caso. Gli apprendisti devono passare un esame, ma non mi sembrava adatto fare loro un test scritto o un’interrogazione (andiamo, è ridicolo! E poi già dobbiamo sopportarlo noi a scuola che non andiamo a morire, non mi sembrava carino sottoporre degli aspiranti suicidi a quella pratica sadica!), per cui ho scelto la semplice domanda “sei sicura?”, perché mi sembrava anche molto in linea con l’Intercessore di Bevelle, che in fondo è un bambino. Altra citazione è quando Sari trapassa Mutha: ho intervallato le parole dell’inno intercessore, come quando Yuna compie per la prima volta il rito sulle acque di Kilika.



   
 
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