YOU ARE MY SUNSHINE
CAPITOLO TREDICI
“Adesso
che sta succedendo?”
“Si
stanno sparando a vicenda”.
“Oddio,
perché?”
“E
che ne so! Sono nemici!”
Tyler
e Blake
non si poterono impedire di scoppiare a ridere,
così si portarono una
mano alla bocca per cercare di non fare troppo rumore. Erano chiusi in
una sala
del cinema da quasi due ore a guardare un film. O meglio, Blake
guardava e
Tyler seguiva i suoni chiedendo ogni due minuti al suo ragazzo che cosa
stesse
succedendo.
“Oh
no! Hanno sparato al cane!” esclamò Blake ad un
certo punto, smettendo di ridere.
“Quale
cane? C’era un cane?”
“Sì,
era il cane di Hugh. No, non voglio più
guardare. Povero cane. Oh, adesso Hugh si è
incazzato”.
“Perché
gli hanno ucciso il cane?”
“Sì.
Oh, l’altro è morto”.
“E’
morto?”
“Sì
be’, sta per morire”.
I
due ragazzi si zittirono quando i due attori nel
film presero a parlare, al che poi seguirono i titoli di coda e una
dolce
musica che segnarono il termine del film.
Gli spettatori cominciarono pian piano ad alzarsi e ad andarsene, ma
Tyler e
Blake rimasero seduti ancora un po’, sprofondati nelle
poltrone.
“Che
film assurdo”, commentò il rossino.
“L’unica
cosa che ho sentito sono stati i colpi di
pistola”.
“Non
hanno fatto altro che spararsi per tutto il
tempo, effettivamente”.
“Dai,
usciamo”.
Alla
fine anche i due ragazzi decisero di
abbandonare la sala, ridacchiando ad ogni commento del film che
facevano.
***
“Certo
che il film era proprio pessimo”. Blake bevve
un sorso della sua Coca Cola e si guardò attorno. La
pizzeria nella quale erano
venuti per cenare era piuttosto affollata quella sera e non avevano
potuto
avere un tavolo più appartato, così si trovavano
quasi nel mezzo della sala.
“Non andrò più a vedere un film
d’azione”.
“Forse
è meglio evitare del tutto il cinema”,
aggiunse Tyler.
“Hai
ragione. Tutte le volte che ti raccontavo le
scene la signora accanto mi guardava male”.
“Davvero?
Non mi sono accorto di nulla”, scherzò il
moro. Blake gli prese delicatamente una mano e intrecciò le
loro dita.
“Vorrei
che quest’estate non finisse mai”,
sospirò
il rossino, tornato improvvisamente serio.
“Come
mai?”
“Perché
sto così bene. Siamo solo tu e io, senza
altri pensieri”.
“Be’,
continuerà ad essere così”.
Blake
alzò lo sguardo negli occhi azzurri del
compagno e rimase ad osservarlo intensamente.
“Sì,
ma poi ci sarà la scuola. E ciò implica
che…
che ci saranno dei problemi”.
“Ti
riferisci a qualcosa in particolare?” Tyler
inarcò le sopracciglia, curioso e attento.
“No…
però, ho paura che magari certi eventi possano
allontanarci”.
“Intendi
per quello che penseranno i nostri compagni
o gli insegnanti se sanno che stiamo insieme?”
Il
rossino sospirò e attese un po’ prima di
rispondere. “Anche. Per me in realtà non
è mai stato un problema quello che
pensano gli altri. Lo sa tutta la scuola che sono gay. Però
tu…”.
“Neanche
a me importa…”, lo interruppe il moro.
“Ho
smesso di interessarmi a ciò che pensa la gente. Se
avrò voglia di baciarti nel
corridoio o vicino all’armadietto lo
farò”.
Blake
sorrise felice, ma poi si ricordò che l’altro
non poteva vederlo. Così esclamò:
“Davvero?!”
“Certo!”
“Ti
amo”.
“Anch’io
ti amo”.
Si
allungarono sul tavolo per potersi baciare, ma in
quel momento arrivarono le loro pizze.
***
Blake
parcheggiò la moto di fronte al cancello della
casa del suo ragazzo, poi lo prese per mano e lo accompagnò
fino alla porta.
Lì si fermarono, uno di fronte all’altro, il moro
appoggiato al muro e il
rossino di fronte a lui, con lo sguardo fisso nei suoi occhi. Poi prese
a
giocherellare con un bottone della sua camicia bianca.
“Vuoi…
vuoi entrare?” gli chiese Tyler.
“No,
è tardi ed è meglio se torno a casa”.
Fece scivolare
il bottone nell’asola e gli allargò la camicia sul
petto, scoprendo i suoi
pettorali. Con due dita glieli accarezzò. Poi si
alzò in punta di piedi e lo
baciò. L’altro ricambiò il bacio e
cominciarono a giocherellare con le lingue,
pieni di passione e desiderio.
Tyler con una mano avvicinò il ragazzo a sé
premendogli sulla schiena, mentre
l’altra affondava tra i suoi folti capelli. Blake, invece,
teneva ancora una
mano sul suo petto, ma con l’altra aveva circondato il collo
del moro.
Erano talmente presi che non si accorsero nemmeno della porta di casa
che si
apriva.
Soltanto
quando si furono staccati per riprendere
fiato, Blake si voltò trovando la madre di Tyler sulla
soglia che li guardava
come se avesse di fronte due alieni.
“Ehm…
salve, signora”, borbottò con
l’espressione di
un bambino colto con le mani nella Nutella prima di cena.
Anche
Tyler si voltò verso la madre, di colpo
diventato bianco come un cadavere.
“Mamma?!”
esclamò, ingurgitando la saliva.
La
donna, però, non disse niente e il figlio in quel
momento avrebbe dato qualsiasi cosa per poter vedere la sua
espressione. E sprofondare
nel terreno, anche.
Dopo un po’, però, sentì la porta
richiudersi e capì che era rientrata in casa.
“Ty…”,
iniziò Blake con tono basso. “Mi dispiace.
Veramente, io…”.
“Non
importa”, lo interruppe Tyler. “Prima o poi
gliel’avrei dovuto dire. Così almeno mi facilito
le cose”.
“Ora
è meglio che vada. Vorrei poterti aiutare, ma
non saprei che dire”. Il rossino si staccò e mise un piede giù
dallo scalino.
L’altro avrebbe voluto che rimanesse, almeno per dargli il
sostegno morale. Ma
sapeva anche lui che era meglio così, se Blake restava forse
la situazione
sarebbe peggiorata.
Si
diedero un ultimo bacio veloce e poi Blake si
allontanò verso la sua moto.
Tyler
raccolse il coraggio nel cuore che gli batteva
fortissimo e aprì la porta. Oltrepassò la soglia
e richiuse l’uscio subito
dietro di sé, appoggiandosi di schiena alla porta, il capo
chino.
“Mamma?”
chiamò, cercando di mantenere la voce il
più ferma possibile.
“Sono
qui”, rispose la donna. Il ragazzo rialzò
immediatamente la testa senza puntare lo sguardo da nessuna parte in
particolare. Nemmeno dal suo tono riusciva a capire di che umore fosse
la madre
e non sapeva come comportarsi, né che dire. Così
rimase lì fermo, in silenzio,
il cuore che gli batteva fortissimo.
“Siediti!”
sbottò allora sua madre con voce ferma. Tyler
obbedì subito e si staccò dalla porta, andando
verso il divano. Si sedette e
incrociò le gambe. Poco dopo anche Kelly lo raggiunse e gli
si sedette accanto,
sospirando. “Quando avevi pensato di dirmelo?”
“Ecco
io…”, borbottò il figlio, lo sguardo
puntato
di fronte a sé. “Io… te
l’avrei detto. Cercavo solo… solo il momento
giusto”.
“Da
quanto tempo… da quanto tempo va avanti questa
storia?” Ancora Tyler non riusciva a capire se la madre era
triste, arrabbiata
o altro. La sua voce era ferma, impassibile. Sembrava quasi che gli
stesse
facendo un interrogatorio.
“Da
quasi un mese”.
“E
perché non me l’hai detto subito?”
Il
ragazzo attese un attimo prima di rispondere,
come se stesse cercando le parole giuste.
“Perché… perché avevo paura,
credo”.
“Di
cosa?” Finalmente nel tono della donna era
cambiato qualcosa, sembrava celare curiosità e questo era un
buon segno.
“Non
lo so… paura che tu non volessi, che ti
arrabbiassi o…”.
Kelly
capì immediatamente che cosa il figlio
intendesse dire e immediatamente si protese verso di lui per
abbracciarlo.
Tyler, che non se lo era minimamente aspettato, sobbalzò, ma
si ritrovò a
sorridere un poco più sollevato.
“Tesoro,
tu sei mio figlio e puoi dirmi qualsiasi
cosa, non devi avere paura. Non potrei mai cacciarti di casa o cose
simili,
tantomeno per una stupidaggine come questa”.
“Davvero?”
Voltò il capo verso di lei, quasi
commosso.
“Certo.
Non mi importa di chi sei innamorato. Mi basta
solo che tu sia felice”, disse guardandolo dritto negli
occhi.
Tyler,
allora, sentendo come se un grosso macigno
gli fosse appena scivolato di dosso, l’abbracciò e
affondò il viso nell’incavo
del suo collo. La madre ricambiò la stretta, massaggiandogli
la schiena
delicatamente.
“Ti
voglio così tanto bene”.
“Anch’io
mamma”.
***
Kelly,
Tyler e Amanda avevano deciso di andare sulla
spiaggia quella mattina, a rilassarsi un po’ e godersi il
sole.
Si trovavano seduti su un paio di asciugamani, proprio davanti al mare,
in
costume da bagno, a parlare del più e del meno
sgranocchiando patatine.
“Dai,
Ty, raccontami di te e Blake”, sbottò ad un
tratto la zia, mollando una leggera gomitata al nipote e facendo un
occhiolino
alla sorella.
“Ahem…
che vuoi sapere?” Il ragazzo si passò una
mano tra i capelli, sicurissimo che gli avrebbe chiesto qualcosa di
imbarazzante.
“Dai,
non fare il finto tono. L’avete già
fatto?”
Ecco,
come non detto.
“Mandy!”
esclamò lui avvampando, ma divertito. “Questi
non sono affari tuoi”. Pure Kelly era scoppiata a ridere.
“Uff,
sono tua zia”.
“Appunto!”
Amanda
aprì bocca per aggiungere qualcos’altro, ma
improvvisamente vide il nipote cadere sulla sabbia sotto la spinta di
un altro
ragazzo che gli si era lanciato addosso come per abbracciarlo. Tyler
lanciò un
grido completamente colto alla sprovvista e si trovò a
rotolare sulla spiaggia.
“Ciao,
tesoro!”
“Blake,
cazzo! Mi hai appena sfracellato un paio di
costole e perforato un polmone”.
“Eh,
esagerato”. Il rossino premette le labbra
contro quelle dell’altro che le dischiuse leggermente,
ricambiando il bacio.
Qualcuno dietro di loro tossicchiò e i due si staccarono.
“Ciao,
Blake”, salutò la madre di Tyler divertita.
“Ehm…
signore”, ricambiò lui con un sorriso a
trentadue denti, un po’ imbarazzato. Le sue lentiggini
spiccavano molto sotto
il sole.
In
quel momento anche Lucy e Ken li raggiusero, lei
con la tavola da surf sotto il braccio e lui con indosso una maglietta
dei
Rolling Stones.
“Così
lo soffochi, Blake!” rise la ragazza.
Blake
si voltò di nuovo verso Tyler che si era messo
seduto, il sole a illuminargli il viso.
“Toglili,
questi non ti servono”, gli disse il
rossino, portandogli gli occhiali da sole sopra la testa.
“Sì
che mi servono!” si lamentò l’altro,
riposizionandoli davanti agli occhi.
“No!”
“Sì!”
“No!”
E per non farglieli rimettere, Blake lo baciò
sugli occhi e lo spinse di nuovo con la schiena sulla sabbia, dandogli
un altro
bacio sulla bocca.
“Andiamo
a nuotare?” gli chiese poi.
“Va
bene”.
Gli
altri rimasti sulla spiaggia guardarono i due allontanarsi
nel mare, illuminati dal sole che splendeva alto, rendendo calda quella
giornata.
“Comunque
piacere, io sono Lucy e lui è Ken”, disse
allora Lucy, presentandosi alla madre e alla zia di Tyler.
“Piacere,
ragazzi. Siete amici di Blake?” chiese
Kelly.
“Sì,
purtroppo”, scherzò il ragazzo.
“Sedetevi
pure qui, teneteci compagnia”, li invitò
Amanda. I due ragazzi non fecero complimenti e accettarono pure le
patatine che
li vennero offerte.
“Sono
proprio una bella coppia”, disse Lucy dopo un
po’, indicando con un cenno del capo Tyler e Blake.
“Sì,
decisamente”, concordò Mandy.
“Che
fortuna che ha avuto Blake”, iniziò Ken.
“Anche
io lo voglio un ragazzo come Tyler. Cioè, guardate che culo,
che corpo…”.
“Ehi,
non farti
fantasie su mio figlio!” lo redarguì Kelly, ma
aveva un sorrisetto divertito
dipinto in volto per cui non venne presa sul serio da nessuno.
Lucy scoppiò a ridere e diede uno scherzoso spintone
all’amico.
MILLY’S
SPACE
Ebbene,
signori e signore, eccomi qua ad aggiornare
questa fanfiction : )
Credo che il prossimo capitolo sarà
l’ultimo…
Be’, che mi dite? Spero vi sia piaciuto. Finalmente Tyler
è riuscito a fare
coming out con la madre.
Fatemi
sapere con una recensione e venitemi anche a
trovare sul sito di Milly’s
Space. I commenti
me li potete anche lasciare lì o darmi qualche suggerimento
o dirmi se c’è
qualcosa in particolare che vorreste leggere su questa fanfic. Inoltre
ho
pubblicato un paio di nuove foto con Ty e Blake e alcune citazioni.
Dai
dai, non fate i preziosi : )
Baci,
Milly.
FEDE15498:
eh, la fine della scuola è una benedizione per tutti ^^
Ebbene, a quanto pare
Kelly non ci ha delusi e ha accettato l’amore fantastico dei
nostri due eroi. Ehehe,
Mandy l’adoro anche io. Be’,
c’è ancora da attendere un po’ prima di
dire addio
a questa storia, ma sappi che di Millyray non ti libererai mai xD
muahah.
Ok, la smetto di blaterare. Spero di risentirti, un bacione.