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Autore: Chirubi    26/06/2013    6 recensioni
[ Dal capitolo 8 ]
Gli alberi della foresta erano fittissimi, ma non per questo il cielo non era visibile, anzi.
Le chiome dei primi e i ciuffi d'erba erano tinti come d'oro, mentre le parti del fogliame non colpite dal sole parevano d'argento; il cielo si apriva in un trionfo di colori, dal rosa-arancio fino ad una tonalità di azzurro quasi identica a quella del cielo diurno.
Il tutto sembrava dominato da un tempietto di legno bianco con un tetto rosso semplice, senza troppe pretese, mentre alcune foglie auree gli danzavano davanti come spiriti riconoscenti al protettore della foresta.

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La fanfiction è sospesa. Sto lavorando per renderla migliore, spero che mi capirete.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Blue, N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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  • Chapter 21

 

 

 

Goldenrod Radio Tower

 

Feralis&Blue&Eusine&??? vs Team Rocket

 

« What's up, dear, did you miss glory's taste? »

Feralis

 

 

Blue non si sforzò minimamente di nascondere la seccatura nata dopo le fluide parole che mi erano scivolate di bocca come se niente fosse, con la stessa ed estrema semplicità con cui si affermerebbe “Ieri ho mangiato del cremoso di riso con baccauva, faceva davvero schifo”. Sconcertante, alquanto.

  • Perché deve mettersi in mezzo sempre e comunque, quel montato?

Sbuffò, scuotendo il capo con evidente disappunto e serrando con irritazione le palpebre sugli occhi bruni.

Ero tanto distrutta che volentieri mi sarei gettata a terra a piangere, adesso ci mancava solo Blue che non contribuiva all'alleggerimento dell'aria, pressante come una coltre grigia di nubi e pronta a scaricarmi elettricità addosso.

  • Forse perché è generoso e ci vuole dare una mano?

Mi sporsi verso l'infermiera dai capelli rosati per prelevare le Poké Ball, ringraziandola chinando silenziosamente e appena percettibilmente il capo.

Come di consueto quando non eravamo della stessa opinione – ovvero sempre – riaprì gli occhi, giusto per inarcare un sopracciglio scuro ed incrociare le braccia all'altezza del petto con le iridi tanto pungenti che davano l'impressione di volermi avvelenare come un Ariados che brama la sua preda.

Metteva i brividi, e il suo sguardo addosso era insostenibile tanto che mi vidi costretta ad abbassare il mio, chiedendomi come facesse a dominarmi sempre nelle nostre sfide silenziose che prevedevano solo la vista.

Sfide che puntualmente perdevo.

  • Secondo me è solo un parassita montato che si vanta delle sue doti combattive quando in realtà è insulso. Sono stato il Campione di Kanto, potrei anche cavarmela da solo.

Più che un Ariados in quel momento mi parve un Seviper, con la lingua biforcuta e velenosa, pronto ad urtare la mia quiete.

Peccato che quest'ultima ormai per me era come una porta sfondata.

Riposi distrattamente tutti gli oggettini sferici e bicolore in tasca fatta eccezione per quello di Feralis, al quale dedicai carezze leggere con le dita.

  • Perché non vai tu a Fiordoropoli mentre io rimango qui? Per me si potrebbe fare, Campione.

Mormorai, lasciando che un brivido di freddo mi facesse venire la pelle d'oca.

Sarei davvero stata capace di lasciarlo andare via ancora una volta, rimanendo da sola?

Ed escludendo questo pensiero egoistico, l'avrei mai potuto lasciare andare dritto nel covo dei nostri acerrimi nemici, nonostante sapessi quanto lui fosse nettamente superiore?

Certo che no, ma preferii di gran lunga tacere, non gli avrei dato la soddisfazione di sentirgli dire che in effetti avrei sentito la sua mancanza. Non che poi la cosa potesse interessargli, sia ben chiaro.

Blue venne colto in flagrante da un certo irrigidimento, non appena udì la mia ultima parola, sfuggitami involontariamente.

Campione.

Non volevo fargli male, per cui mi sentii terribilmente in colpa nonostante lui non avesse fatto altro che insultarmi negli ultimi mesi.

Del resto non c'è nulla di peggio nel sentire un dito piantarsi nella propria piaga, ed ero certa che quella del Capopalestra fosse una ferita ancora aperta.

Mi fulminò con gli occhi carichi di odio e disprezzo, assottigliandoli di scatto.

Sapevo che per un misero soffio non mi avrebbe strozzata.

  • Come, prego?

Domandò con voce apparentemente pacata.

Non valutò la mia proposta nemmeno un istante, la sua attenzione era concentrata su quella parola che aveva cambiato radicalmente la sua prospettiva, che rappresentava l'amarezza di una sconfitta e dell'umiliazione.

Mi si avvicinò ancora di più, finché nell'arco di un attimo non mi trovai a respirare la sua stessa e precisa aria in quel piccolo angolo circoscritto di mondo, come quando ero sul punto di cedere all'amore che provavo per lui poco prima di inoltrarci nella Via Gelata.

Sentivo il suo respiro irregolare sfiorarmi appena le guance, imporporate per la vicinanza.

Sentivo i suoi occhi su di me, la sua voglia di disintegrarmi, il suo odio nei miei confronti come non mai.

Non disse nulla, rimanemmo semplicemente così, a guardarci negli occhi senza avere altra scelta, mentre il ricordo delle sue labbra faceva capolino da un angolo remoto della mia testa nel momento meno opportuno.

Come se fosse riuscito a leggermi nella mente si allontanò repentinamente, lasciandomi con il fiato sospeso quei pochi istanti prima che potessi accorgermi della sua lontananza.

  • Dimmi cos'è successo quel giorno, su.

Lo esortai, cercando di nascondere la curiosità traboccante che aveva preso a scuotermi invadente, invadente quanto ciò che avevo chiesto a Blue sperando che la confidenza di cinque mesi lo facesse aprire di più con me.

Ero convinta che mi avrebbe rivolto il solito cipiglio iracondo, ma si limitò ad un sorriso amaro.

  • Cosa vuoi che ti dica? Fin dal nostro primo scontro era chiaro chi dei due fosse più fortunato dell'altro, ma comunque riuscii a diventare Campione…

Emise un sospiro vagamente percettibile mentre ripercorreva mentalmente con lo sguardo assottigliato e fulminante i tempi antecedenti al nostro incontro.

  • finché Red non mi spodestò, portandomi via il titolo.

    E da quel momento giuro vendetta, alla ricerca di una qualsiasi tecnica di allenamento che mi permetta di prenderlo a calci in culo.

    Tanto prima o poi quella carica ritornerà mia.

Riuscii a cogliere nella sua voce speranza intrisa d'ira e rancore e le fiamme negli occhi bruni, appena accesi da un fioco barlume. Probabilmente non avevo mai visto Blue ardere tanto per qualcosa, nonostante si trattasse ovviamente della sua grande ambizione, quella di superare il suo storico rivale Red.

Avevo sentito parlare di quel ragazzo solitario e muto che viveva per fatti suoi sul Monte Argento, il rilievo più maestoso di Johto e Kanto, tra Pokémon selvatici non poco temibili e il freddo perenne che si abbatteva sulla sua cima.

In un primo momento le voci mi avevano portata a pensare al fatto che questo fantomatico Campione potesse essere un montato come Blue il cui obbiettivo era quello di suscitare clamore in tutti gli abitanti delle due regioni con la sua teatrale e misteriosa scomparsa di cui nessuno aveva saputo nulla, ma da come mi aveva raccontato il Capopalestra altro non era se non un ragazzo affetto da mutismo – o che almeno non aveva mai ritenuto necessario fiatare, forse per pura presunzione – che non era mai stato attratto in maniera così eclatante dai riflettori, le conferenze stampa e i microfoni.

  • Quindi è per questo che sei voluto venire in viaggio con me, oltre che per avere una compagna di viaggio da insultare gratuitamente e sulla quale riversare le tue frustrazioni.

Notai con un certo sarcasmo, ironizzando sulla mia triste condizione.

Tuttavia fu massacrante sentirgli dire “Allora non sei così scema come pensavo, le cose le capisci.”

E con questo un sonoro venti a dieci mi lampeggiò nel cervello, quella cosa che Blue pensava seriamente non avessi.

 

 

 

 

  • No, no e poi no, mi rifiuto di volare. E poi non vedi che ho un occhio rosso?

La mia protesta riecheggiò per tutta Ebanopoli, spogliata da un inverno pungente e molesto che non ci aveva ancora concesso il privilegio di ammirare la città nel pieno della sua vita, sempre ammesso che ce l'avesse.

Perché sembrava un centro abitato senza tempo, perduto e dimenticato dal mondo, dove l'unica variazione consisteva nell'invecchiamento degli abitanti, o almeno mi presi la briga di presumerlo.

D'un tratto mi ricordai di Fred, il probabile futuro cognato di Blue che in quel momento se ne stava certamente beato sotto strati su strati di coperte, magari con il caminetto accesso ed una cioccolata calda mentre noi davamo l'anima per un minimo di calore per non morire d'ipotermia.

Il ragazzo digrignò i denti, non so se per il freddo o per l'irritazione.

  • Cosa c'entra il fatto che ti sia andato il sapone nell'occhio con il volo? E comunque non abbiamo altra scelta, invece di fare l'idiota mettiti in gioco e combatti, abbiamo una torre dove fare piazza pulita di feccia umana.

Con il naso rosso per il freddo e gli occhi quasi liquidi come caramello frugava distrattamente nello zaino perennemente gettato sulle sue spalle alla ricerca della sua tanto amata e fiera squadra, capitanata dall'ancor più dignitoso Pidgeot, meta delle ricerche del Capopalestra di Smeraldopoli.

Ammetto mio malgrado che avesse ragione, c'era in gioco la salvezza della regione commissionata poi dal celeberrimo nonno, una personalità tanto di spicco nel mondo.

Tanto che qualcosa mi portò addirittura a pensare che fosse quello l'unico motivo per cui avesse tanta fretta, per mostrare il suo valore all'avo.

Di sicuro sconfiggere il Team Rocket gli avrebbe fatto guadagnare parte dei punti persi nella clamorosa ed epica sconfitta contro Red.

  • Lo fai per tuo nonno, non è così?

Borbottai, incrociando le braccia e trattenendo a stento uno starnuto che preannunciava un raffreddore alquanto ingombrante.

Sarebbe stato troppo bello per essere vero, vedere Blue sotto una luce diversa che avrebbe potuto rivelare un suo ipotetico lato umano, ma mi ero solo nutrita di false speranze. Eppure una parte di me continuava a sperare in un cambiamento da parte del celebre Allenatore, forse per renderlo più gradevole ai miei occhi da innamorata senza speranze. E senza materia grigia.

  • Quanta sagacia in una sola Raines, mi stupisci.

Si lasciò andare ad una breve risata davvero macabra, mentre con un lampo di luce rossa si materializzava la grande e maestosa figura alata di Pidgeot.

  • Piuttosto, abbiamo già perso abbastanza tempo. Chiama Nox e arriviamo a Fiordoropoli prima di domattina.

Liquidò rapido l'argomento, ben più pesante di quanto credesse Blue.

Tuttavia preferii rimanere in silenzio, richiamando il grande gufo marroncino e volando via, lasciandomi alle spalle Ebanopoli e l'aria tesa tra me e l'ex-Campione.

 

 

 

 

Nonostante fosse la città più grande dell'intera regione di Johto, Fiordoropoli era regnata dal più lugubre dei silenzi, tant'è vero che anche l'allegro e celebre Centro Commerciale aveva chiuso i battenti.

Figurarsi poi le moderne abitazioni, implose nell'oscurità e nell'assenza del minimo suono, e la pavimentazione dorata che rendeva onore al nome della città, la cui colorazione splendente pareva più opaca che mai.

Di vivo alla giuliva città non era rimasto altro se non il vento, certamente più placido di quello di Ebanopoli, ma pur sempre l'unico soffio di speranza che ci era rimasto.

Mi strinsi nelle spalle, abbracciandomi alla ricerca di un po' di calore dopo che un tremito mi colse repentinamente, alla vista dello scuro edificio funereo che mi si stagliava davanti.

  • Inquietante.

Fu tutto quello che riuscii a mormorare, notando come le uniche luci accese fossero proprio quelle della Torre Radio.

Ed ero più che certa del fatto che i membri del Team Rocket non si stessero godendo uno spuntino di mezzanotte con i loro superiori.

  • Ed è solo l'inizio, Raines.

    Comunque rintraccia il tuo amico stupido. È più in ritardo del previsto.

Sbuffò Blue, riponendo nella sua piccola e sferica dimora il suo amico pennuto e addentrandosi nel posto.

  • Se ci tieni ad aspettarlo ancora, fa' come vuoi. Io ho una reputazione da difendere, a differenza vostra.

E sparì con queste parole, lasciando che le tenebre mi avvolgessero come un'umida e trasparente coperta.

Almeno per pochi secondi.

  • Feralis! Eccoti qua, finalmente!

Parli di Pinsir e spuntano le corna”, mi diceva il Professor Elm.

Proverbio alquanto azzeccato dal momento in cui in pochi secondi mi trovai davanti il più bel paio di occhi che avessi mai visto, quegli inconfondibili occhi cristallini, dal colore così limpido e puro: Eusine era arrivato.

Aveva il fiatone e i palmi delle mani piantati sulle ginocchia, coperte dal consueto pantalone dalla bizzarra tinta violetta.

  • Sono venuto… a cercarti… ma tu… non c'eri…

Il tempo di udire la frase inframezzata da ansiti e di vedere il bel biondino sorridere che capii che si stava spudoratamente arrampicando sugli specchi; tuttavia lo perdonai tacitamente, nemmeno io avevo ancora avuto il coraggio di inoltrarmi nel territorio invaso dai nemici.

  • Eusine, che bello vederti qui!

Esclamai, abbozzando un sorriso e stringendo forte la mia vecchia cotta non appena si rialzò, giusto per la necessità di una certezza in un frangente dove tutto era in bilico.

Eusine sussultò non appena venne accolto dalle mie braccia, tremule e trasudanti pavidità.

  • Ovvio che tu sia lieta di vedermi, cara. Comunque ammetto di essere anche io felice di rivederti.

Curvò le labbra in un dolcissimo sorriso, staccandosi da me giusto quel poco che gli consentì di paralizzarmi con le meravigliose iridi dal colore tanto puro e chiaro.

  • Però credo proprio che non ci sia più tempo per i saluti. Abbiamo un intero edificio da ribaltare, no?

Ero così felice di rivedere il mio caro amico da dimenticare addirittura il vero motivo della mia presenza a Fiordoropoli, al che i miei occhi si sgranarono. Solo allora realizzai che il volo di poche ore prima era l'ultimo dei miei problemi.

Avevo paura, a mantenermi in vita era solo la mia preoccupazione per Blue.

- Non voglio, Eusine. Mi sto accorgendo solo ora quanto sia grave la cosa.

Come risposta mi poggiò un bacio sulla fronte con fare fraterno, accarezzandomi piano un braccio per confortarmi.

  • È tutto a posto, vedrai. Andrà tutto bene. Ci sono io qui, ok?

Acconsentii, abbozzando a mia volta un lieve sorriso.

  • Hai ragione. Grazie, sei il migliore.

Lasciai che un luccicone mi lenisse appena una guancia per la commozione, facendo espandere in tutto il mio corpo una piacevole sensazione di sicurezza e serenità finché non avvertii un insolito moto di agitazione in una Poké Ball nella mia tasca.

Istintivamente prelevai la sfera inquieta, ma non ebbi nemmeno il tempo di provare ad indovinare a quale Pokémon appartenesse che mi esplose in faccia, facendomi atterrare da una figura enorme ed azzurra.

  • Sei il migliore umano, intendo dire.

Pigolai annidata a terra con gli occhi sbarrati, con Feralis che mi squadrava truce e che mi precludeva la vista di Eusine, immobilizzato dall'altra parte del colosso acquatico.

Il titolo di “migliore” e “migliore amico” era sempre appartenuto a lui, ragion per cui dovevo ben ponderare le mie parole per evitare di farmi uccidere da un alligatore di due metri e passa.

 

 

 

 

  • Feralis, Terremoto!

E con quest'ultimo comando terminai l'ennesima battaglia contro l'ennesimo membro del Team Rocket, scatenando una scossa che smosse l'intero edificio e fece crollare sul suolo un Raticate.

L'uomo dalla divisa nera sussultò, richiamando a sé il grosso Pokémon, digrignando i denti e fuggendo imprecando con qualsiasi parola offensiva.

  • Avanti, Eusine, andiamo al prossimo piano.

Mormorai, facendo cenno anche al Mascellone di seguirci con i suoi tonfi sonori sul pavimento della torre.

Poche scale bastarono a mostrarmi l'ordine seguente, che raggiunsi alquanto seccata.

Oramai la missione assegnatami non mi terrorizzava nemmeno più, dal momento in cui fino a quel momento mi ero imbattuta solo in reclute caratterizzate dal possedimento dei medesimi Pokémon.

Fino a quel momento.

Il piano era alquanto stretto e pavimentato con una fantasia a rombi dai colori freddi e le pareti erano tappezzate con una carta da parati bianca, spezzata da due finestre alquanto grandi che mostravano il lato nord e al momento silente della grande città.

Ma sopratutto, cosa più importante, la portata principale del primo piano era un'accesa lotta tra un certo brunetto che non vedevo da un paio d'ore ed un volto familiare risalente al Pozzo Slowpoke: Blue stava sfidando Proton, fiero nella sua divisa da criminale in un acceso Exeggutor contro Golbat.

  • Stai intralciando i piani del Team Rocket, vattene finché sei in tempo, marmocchio.

Sbottò il ragazzo dai capelli colorati d'acquamarina, ringhiando contro Blue.

  • E tu stai intralciando i piani di mezza regione, quindi dovrei dirti la stessa co…

Il Capopalestra venne interrotto dalla visione mia e di Eusine, appostati accanto ai due finestroni.

Avrebbe voluto ribattere e distruggerci i timpani con una ramanzina su quanto fossimo stati lenti, ma nessuno ebbe il tempo di fiatare. Perché un Dragonite si stava evidentemente dirigendo verso la torre, e qualcosa mi disse che per la ventesima volta avrei rischiato la vita in quella giornata.

 

L'impatto non fu dei migliori, dal momento in cui il grande drago arancio sfondò l'intera parete a mo' di ariete volante, facendo violentemente irruzione nella Torre Radio sotto tre paia d'occhi fuori dalle orbite: quelli di Eusine, Proton e i miei.
Ovviamente c'era anche Blue nella stanza, è vero, ma era l'unico rimasto indifferente e soprattutto in piedi, a braccia conserte e con appena un sopracciglio inarcato, con un polverone che provocò svariati colpi di tosse a tutti i presenti, compreso il proprietario del Dragonite.

Questi era un Fantallenatore dai capelli blu notte – stesso colore dei pantaloni – e alzati, probabilmente con venti chili di gelatina, quasi ai livelli di Blue; le scarpe, così come la giacca bordata di bianco, erano cremisi.

Ma non erano né l'abbigliamento bizzarro e né i capelli altrettanto bizzarri ad avermi lasciata di stucco non appena il ragazzo si mostrò, bensì un sorriso tenero e dolce ed una mano a grattargli la giacca all'altezza della spalla, il mio tipico modo di chiedere scusa con un sorriso.

  • Mh… Salve! C'è Blue Oak oppure sono io che ho sbagliato il muro da sfondare?

Il ragazzo si guardava intorno, un po' perso, e si lasciava aiutare da Dragonite, il quale ci scrutava attentamente nonostante la coltre di polvere che non ne voleva sapere proprio di lasciarci in pace.

Il Fantallenatore strano era una conoscenza di Blue, c'era d'aspettarselo.

Mi rialzai a fatica in piedi, con la testa pulsante e pronta ad urlare in faccia al nuovo arrivato. Non so cosa, ma uno strillo sarebbe stato perfetto per accoglierlo, seguito magari da una sfilza di insulti rivolti invece al motivo della visita: l'ex-Campione.

Ma le parole mi morivano in gola, non riuscii a fare altro se non emettere un verso roco con gli occhi persi nel nulla.

Ad un certo punto sentii Blue spostarmi bruscamente di lato per farsi spazio verso la parete sfondata e i nuovi arrivati.

  • Non è la prima volta che ti dico che sfondare le pareti di un edificio pubblico è illegale, Fred.

Con tutta la tranquillità del mondo, il Capopalestra si ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni, alzando lo sguardo sul ragazzo ben più alto di lui e venendo imitato da Exeggutor.

Avrà avuto qualcosa come ventitré anni, su per giù, ma la cosa che mi sconvolse fu il nome. Fred. Quel Fred. Per forza, non credo che esistano tutti questi Fred a Johto.

  • Lo so, lo so, e mi dispiace, ma quando mi hai detto di venire ero così emozionato che volevo arrivare presto. E poi francamente non mi andava di far fuori le reclute del Team Rocket, Dragie li avrebbe potuti spaventare a morte.

Esibì un sorriso alquanto imbarazzato, mentre nel frattempo lasciò intendere, accarezzandole un braccio tondeggiante e arancione, chi fosse Dragie.

Mi intromisi nella conversazione, giusto per evitare che il mio compagno di viaggio insultasse il nostro ospite e per far luce su quanto stesse accadendo.

  • Quindi Fred è… lui?

Esitai un po' sull'ultima parola, facendo cenno col capo all'allegro sconosciuto.

Il tempo di Blue per annuire, che Proton si avventò contro Fred tenendo tra le braccia il suo pipistrello blu mezzo stordito, venendo repentinamente però trattenuto a fatica da Eusine.

  • Tu, come osi distruggere parte della nuova base del Team Rocket! Te la farò pagare cara per questo affronto!

Nel giro di pochi secondi, senza nemmeno che potessi capire qualcosa su quanto stesse accadendo, il generale dai capelli insoliti e con l'uniforme nera tutta sgualcita liberò un enorme Weezing fluttuante e puzzolente che si scagliò senza la minima titubanza contro Dragonite mentre Eusine correva verso di me per poi trascinarmi al piano seguente con Blue.

Peccato solo che lì la situazione non fosse migliore.

Nella stanza dominava una nebbia giallastra che ammorbava l'aria, mentre una voce familiare sbraitava ad un altro individuo “di finirla”.

Sperai vivamente che si riferisse al tanfo dei Koffing, che gioiosi delle condizioni della stanza emettevano versi facilmente riconoscibili.

  • Santissimo Lugia, mi stanno iniziando a bruciare gli occhi.

Tossicchiai lacrimante, coprendomi il naso e la bocca a mo' di mascherina per l'ossigeno.

  • Suicune di sicuro non si presenterà con questa puzza di immondizia, meglio far fuori questo schifo.

Si lamentò Eusine, estraendo di scatto una Poké Ball, facendola roteare su un dito e liberandone infine un grosso, nasuto, tozzo, giallo Hypno alto quanto me, ma non riuscì nemmeno a scagliare una mossa dal momento in cui Blue si intromise, afferrando il ragazzo per un polso.

  • Idiota, sono in due. Meglio che ci pensi anche io.

Facendo uno più uno affiancare Eusine sarebbe stata la cosa migliore da fare per Blue, ma nel frattempo io ero rimasta sola e non avevo di certo un drago che sfonda muri.

Non appena iniziò l'assalto ai Koffing, che poi si rivelarono di un ometto mingherlino, curvo e con i capelli lilla, si mostrò anche Ariana, la donna dai capelli rossi che Blue aveva già fronteggiato a Mogania.

Comunque non mi persi nei dettagli all'inizio dello scontro, perché ero rimasta ipnotizzata dall'ultima rampa di scale dell'edificio. E sono convinta che non avrebbero lasciato una postazione di controllo così succulenta incustodita.

  • Corri all'ultimo piano, disattiva qualcosa se c'è da disattivarlo e togliti immediatamente di mezzo.

Gli occhi nocciola di uno dei titani di Kanto perforavano i miei, completamente assenti.

  • Ho paura, Blue. E se ci stesse qualcuno?

Mormorai, spaventata. Sapevo che non ero nelle condizioni di affrontare un avversario degno del nome di generale del Team Rocket, lo sapevo.

  • Non farmi ridere. Hai sette medaglie, Raines, e significa che non penso che dovresti ritirarti dal mondo della lotta.

Mi limitai a sorridere e ad annuire, allargando le braccia come richiesta di un abbraccio.

  • Ma penso comunque che tu faccia schifo, come Allenatrice. Cogli il lato positivo, anche se sei strana non sei poi così tanto male.

    Comunque, se hai bisogno d'aiuto chiamami e sarò lì.

Ci rimasi abbastanza male quando mi abbassò le braccia inarcando le sopracciglia evidentemente perplesso, ma si trattava pur sempre di Blue e me lo sarei dovuto aspettare.

Però aveva detto che non ero tanto male.

Certo, mi incentrai su quello anche quando mi fece cenno di proseguire per andare ad aiutare Eusine.

Era stato così rassicurante, poco importava se per metà di entrambe le frasi si era ben guardato dal complimentarsi con me, tutt'altro.

Impavida, corsi verso l'ultima gradinata per giungere a destinazione.

Blue, in un certo senso, aveva detto che si fidava di me e che confidava nelle mie capacità. Più o meno.

Comunque l'avrei reso fiero di me e del lavoro che avevamo svolto in quei mesi. Avremmo salvato tutti e quattro la regione come una vera squadra.

Peccato solo che tutti i miei pensieri si azzerarono non appena raggiunsi una sala circolare e circondata da pareti di vetro, la parte più alta della Torre Radio.

Vi era un pilastro attorniato da sediolini arancioni con un ascensore al centro della stanza, per cui pensai di essere completamente sola.

Tuttavia tenni in considerazione la parte che mi era inizialmente visivamente preclusa, per cui preferii di gran lunga camminare con passo felpato sui quadratini marmorei che pavimentavano la sala.

Mi diressi verso sinistra, dove il vetro lasciava la visuale sul Centro Globale che si ergeva alto dietro due fontane che riflettevano la luce lunare come se l'acqua al loro interno fosse argento liquido così come il mare, che riproduceva lo stesso effetto solo su scala più ampia.

Persino l'edificio vitreo scintillava, quel grande punto di incontro tra tutte le persone del mondo.

Era bellissimo e mi stupii di come, presa dalla sete di vittoria, avessi dimenticato sia di darvi un'occhiata la prima volta che visitai Fiordoropoli e sia il senso del mio percorso: viaggiare per il mondo e crescere con i miei Pokémon.

Mi accorsi solo allora di quanto fossi cambiata.

Stavo mutando troppo in fretta, mi stavo perdendo il gusto della vita che non risiedeva in semplici placche di metallo.

Ero diventata una macchina da guerra cieca, che non vede niente e percepisce solo i suoi obbiettivi.

Ormai vivevo chiusa nel mio mondo, da sola, vivevo con il pensiero di dover vincere. Invece quando ero ancora a Borgo Foglianova non contava niente se non l'amicizia del mio Totodile, l'unico che mi sia stato vicino dal principio, il mio unico legame rimasto con la mia famiglia, che sentivo distante anche quando mi era fisicamente vicina.

Stavo cambiando.

A quell'ora sarei stata a Borgo Foglianova a godermi la cena con un coccodrillino che freme dalla voglia di crescere mentre io dipingevo il nostro futuro tra sogni e speranze.

Io quel sogno lo stavo vivendo, ma non era come lo immaginavo.

Pensavo che fosse tutto rose e fiori, che la violenza non esistesse e che tutti quanti trattassero i Pokémon come amici.

Eppure quello era solo l'inizio del mio viaggio.

Sospirai impercettibilmente, scuotendo il capo triste.

Presi la Poké Ball di Feralis e gli chiesi di perdonarmi sottovoce.

Errore fatale.

L'orecchio attento dell'uomo che si voltò brusco nella mia direzione mi colse all'improvviso.

Era molto alto, il viso era caratterizzato da lineamenti ben definiti, penetranti occhi verde acqua, capelli cortissimi della stessa tinta, pelle candida quanto l'uniforme indossata e sottili labbra, curvate in un sorriso tutt'altro che bonario.

  • Guarda guarda, abbiamo un'ospite indesiderata. Quindi tu sei l'ultima dei ragazzini di cui hanno blaterato Proton, Petrel e Ariana, vero?

    Sappi che non ti permetterò di interferire nel mio piano per portare indietro Giovanni e la vecchia gloria del Team Rocket.

Estrasse rapido una Poké Ball dall'uniforme madreperlacea in segno di sfida e ridusse a due fessure gli occhi.

Lo imitai goffamente, senza nemmeno degnarmi di rispondere ad un simile idiota con idee tanto malate e stupide.

La mia prima scelta ricadde su Tyra, la mia Larvitar primadonna, e quando il generale sfoggiò il suo primo alleato capii di aver fatto centro.

Era un Houndour, un Pokémon nero e in minor parte rosso e grigio dalle parvenze canine. Ma soprattutto era di tipo fuoco, escludendo il buio.

  • Perfetto.

Bisbigliai tra me e me, venendo interrotta bruscamente dall'attacco di Houndour.

Ultimamente interrompermi andava di moda, notai bene. Unica pecca: la cosa mi stava seriamente iniziando a dare i nervi, volontaria o no che fosse.

Il Pokémon Buio si avventò contro Tyra con Sgranocchio, azzannandola poco sotto il muso.

Tyra, evidentemente adirata per l'affronto, reagì senza aspettar comandi spedendo contro l'avversario dei massi concretizzatisi dal nulla, colpendogli in pieno le zampe facendolo tentennare per la seconda battuta di attacchi.

  • Tyra, usa di nuovo Frana!

Stavolta fu il soffitto a franare addosso al cagnolino, che perse coscienza sotto le macerie della torre adesso esposta al chiarore della luna.

Uno a zero per me, ma non era il momento di iniziare un'altra guerra a punti dato che quella con Blue era ancora aperta e nel suo pieno svolgimento.

Il ragazzo ritirò nella sfera il Pokémon esanime, lanciando poi un volgarissimo sputo sui resti di quel pezzo di soffitto crollato.

Alla vista di quel gesto a cui non ero certamente abituata arricciai il naso e compresi che Blue non era davvero il peggio in fatto di educazione.

La Ball seguente conteneva un Koffing, ed utilizzare Terremoto era fuori luogo a causa dell'eterno fluttuare del Pokémon Velenuvola.

Già, di quella strana sfera viola con strane sporgenze ed un'espressione inquietante e beata.

Ero molto presa dal fissare con una certa intensità il bizzarro mostriciattolo, per cui non mi accorsi di un bagliore accecante che regalò un po' di luce alla sala che appariva del tutto esangue: Tyra si stava evolvendo, e me ne accorsi solo quando al posto di una vanitosa Peldisasso dalla pelle color oliva mi ero trovata di lato una vanitosa Guscioduro dagli spunzoni di un colore tra l'argento e l'azzurro metallico.

Ma se c'era un elemento invariato, si trattava di sicuro dello stesso guizzo di vivacità nelle piccole iridi color rubino.

  • Ah, caspita!

Sussultai, sgranando gli occhi e grattandomi perplessa una guancia con l'indice.

Un'altra evoluzione nel bel mezzo di una battaglia, bene.

Alzai lo sguardo da terra, approfittandone per puntarlo con aria di sfida sul tizio che “voleva riportare in vita la gloria del Team Rocket”. Come previsto spalancò gli occhi verde acqua, senza tradire altre emozioni.

Non era il momento di perdersi in cose del genere, anche se avrei voluto che il piacevole stupore dell'evoluzione durasse per sempre.

Del resto, prima mi sarei liberata dell'ultimo generale e prima sarei riuscita a dormire di nuovo sogni tranquilli, nonostante l'idea di affrontare l'ultima temibile palestra della regione non mi allettava affatto.

Nonostante al momento fossi in vantaggio su quel tizio di fronte a me sapevo di non essere pronta per l'ultima palestra e avevo paura, avevo paura anche di fallire miseramente. Prima o poi questa grande botta di fortuna sarebbe dovuta terminare.

  • Tyra, Neropulsar.

Solo due parole che mi lasciai sfuggire dalle labbra, persa nei miei più remoti pensieri. Ovvero una brutta abitudine che avrei dovuto perdere quanto prima.

Tyra, nel frattempo, dimostrò di essere ben più energica di me facendo fuoriuscire da una sorta di bocca che segnava il distacco tra la maschera che costituiva il muso e il resto del corpo un raggio nero che sfumava in un viola scuro.

Koffing lo schivò per un pelo, lasciando che una delle sue nuvolette tossiche venisse disintegrata dal raggio oscuro e rispose scagliando del fango contro Tyra, che si lasciò a malapena scalfire.

Il generale avversario sibilò una parola che per decenza non riporto e che ripeté quando Pupitar corse verso la nuvoletta che non abbandonava per nulla al mondo la sua strana espressione, balzando agilmente e sputando a pochi centimetri di distanza un altro raggio scuro.

Due a zero, perfetto.

Sorrisi compiaciuta, ma pochi secondi dopo sentii una Poké Ball fremere: la stessa che fremeva poche ore prima.

  • Sei incorreggibile, Feralis.

Mi abbandonai ad un risolino per poi complimentarmi con Tyra e ritirandola dalla battaglia, con suo grande disappunto.

Scagliai in aria la Poké Ball del mio migliore amico, lasciandola brillare al dolce velo di luce lunare, e in poco e niente un alligatore di due metri rimpiazzò la roccia aguzza alta la metà.

  • Che c'è, caro, ti mancava il sapore della vittoria?

Corsi ad abbracciarlo, felice di rivederlo nel pieno della sua forma.

Non dimentichiamo che l'ultima volta che aveva affrontato un Pokémon la cosa è finita male, ma solo perché si trattava di una delle macchine da guerra di Blue.

  • Amico, la battaglia è già nostra. Dà solo il tuo contributo a questo spettacolare trionfo, ok?

Feralis asserì con uno dei suoi amorevoli ruggiti scuotendo su e giù il capo squamoso.

Con la coda dell'occhio notai che il prossimo Pokémon del ragazzo con i capelli strani era un Houndoom, un Houndour più grande, più cornuto e con una coda nera che terminava con un triangolino tutt'altro che innocuo. Sempre di tipo fuoco, ovviamente.

  • Povero, sei costretto a terminare proprio in bellezza.

Esultai, curvando le labbra in un sorriso festoso e sporgendomi verso il mio avversario con fare poco professionale.

Come se avesse udito un comando, Feralis mi lesse nel pensiero prendendo fiato e sputando acqua con la potenza di almeno tre idranti rotti.

Prima che il compagno volasse giù dalla Torre Radio, il generale ritirò Houndoom.

  • Santo cielo, Feralis. Sei stato poco delicato, sai?

Sospirai, piantandomi una mano sul volto esasperata, ritirando a mia volta il mio alleato ed andandomene alla ricerca di Blue nel piano sottostante.

 

 

 

 

 

Salve salve salve, gente, da quanto tempo! *-* Ultimamente sto sperimentando nuovi font per l'angolo autore che dovrei curare moooolto di più, ma lasciamo stare. XD

 

Ho davvero tantissime cose da dirvi, a parte che mi siete mancati tutti davvero tantissimo!

Inizio col preannunciarvi ufficialmente la seconda serie della fanfiction, ambientata a Kanto.

E va be' che quasi dall'inizio dell'arco di Johto si era capito che ci sarebbe stata una seconda serie, ma lasciamo perdere. :'3

Poi volevo dirvi che ho trovato un'opening per la serie di Johto, A Secret Calling di I-Exist. Non chiedetemi perché, ma ho anche pensato alle opening in questo mese di deprimente assenza.

Volevo ringraziare in particolar modo Orsacchiotta Potta Potta, Euphemia, A q u i l e g i a, Camy27 e naru_22 per aver seguito ogni singolo capitolo fino a questo punto e per il sostegno, grazie di cuore. *___*

 

Ovviamente premetto che il prossimo capitolo arriverà molto più in fretta di questo, coccodrillini adorati, e perdonate il mio immenso blocco dello scrittore svanito solo da pochi giorni. çwç”

 

Baci,

Feralis

   
 
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