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Autore: wari    01/07/2013    8 recensioni
«Il piccolo cosa?» riesce solo ad esalare Sasuke, la testa che pulsa. Lui non avrà un figlio di nome Jiraiya, è fuori discussione! Lui non avrà un figlio in generale, ma se mai dovesse averne uno non si chiamerà Jiraiya!
Fa per esternare il pensiero a voce alta, ma Naruto se l'è di nuovo tirato vicino, il braccio attorno al suo collo troppo sottile.
«E guarda, quello è Itachi! E poi c'è la piccola Kumiko!»
«Chi?» soffia Sasuke, sconfortato. Non che sia particolarmente importante: non rispetto alla constatazione che la sua pancia si sia trasformata in un dannato condominio, almeno.
[Non riesco a capire se sia anche OOC, oltre che perdutamente demenziale, quindi nel dubbio ho messo l'avvertimento. So solo che non è mpreg, anche se lo è. Chiaro, no? *fissa l'orizzonte* Intanto è per il compleanno di quella santa di annamariz, questo lo so per certo XD]
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Kiba/Hinata, Naruto/Sasuke
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg | Contesto: Dopo la serie
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Dovrebbe esistere un colore apposta per il demenziale. Tipo un bel verde acido, in riferimento alle sostanze assunte dall'autrice durante la stesura.
Comunque, siamo qui (?) per festeggiare il compleanno della sempre adorabile annamariz. Quindi auguri e scuse. Più scuse che auguri, ecco.
Oh, attenti all'OOC! L'avete visto? E' lì, sapevatelo XD Il senso logico invece latita <3
(Piuttosto, non posso credere di aver dovuto selezionare un CONTENUTO FORTE: non riesco a smettere di ridere XD)



Sasuke non legge, studia. O almeno a Naruto quella roba sembra tutt'altro che il genere di cose che lui leggerebbe – romanzi, fumetti – e molto più simile ai pesi cartacei che Sakura ha sempre appresso: tomi, libroni o libriccini piccoli scritti fitto con titoli lunghi che iniziano di solito con “Studio su” o qualche parolone difficile di cui a stento riesce a decifrare i kanji. Sasuke li manda giù con le sopracciglia un po' aggrottate e girando le pagine senza fretta; di solito – da quel poco che ha capito – sono di argomento specialistico riguardo cose estremamente ninja. Il genere di cose che Naruto capisce solo una volta che gliel'hanno mostrate e dopo che lui stesso ha provato ad imitarle, altrimenti addio.
Quella è una rara mattinata libera in cui Sasuke si è alzato in un qualche momento della notte per non tornare più. Naruto l'ha trovato seduto sul pavimento in cucina, a farsi scivolare nozioni nella testa al ritmo stanco degli occhi che vanno su e giù sulla pagina di un grosso manuale rilegato.
«Dovresti non so, dormire» lo saluta, un po' in pena.
Sasuke non si scomoda neanche ad alzare gli occhi dal libro.
«Si dice “buongiorno”» fa presente, come se non fosse lui, quello davvero sgarbato tra i due.
L'eroe di Konoha sbuffa di fastidio e va ad accaparrarsi il suo latte, prima di lasciarsi cadere davanti al tavolo con la discutibile tazza a forma di rospo – si chiama Gamajiro e c'è parecchio affezionato – e i biscotti a forma di dinosauro. Sa che Sasuke biasima entrambe le cose, ma evidentemente l'argomento lo ha preso oppure – altrettanto plausibile – ha troppo sonno per biascicare il suo disappunto e cominciare una sterile lite mattutina.
«Le ragazze stanno organizzando una specie di festa per Hinata chan» annuncia Naruto, aprendo il pacco con energia per tuffarci subito la mano dentro. «Per il bambino, prima che nasca» aggiunge, davanti all'occhiata chiaramente disinteressata di Sasuke.
«E quindi?» domanda l'ex nukenin, astenendosi diligentemente dal domandare chi diavolo siano “le ragazze”, perché ne ha una vaga idea – un'idea rosa, bionda e squillante – e teme la conferma.
«E quindi ci vieni anche tu e ti anticipo la quota per il regalo che mi restituirai quando torni. Le compriamo un passeggino, uno di quelli fighi che si possono montare in tre modi diversi».
Sasuke gli scocca un'occhiataccia che palesi la sua disapprovazione, ma poi lo grazia con un democratico «Fa' come ti pare», prima di tornare al suo libro.
Naruto resta a guardarlo pensoso, masticando dinosauri con metodo. È che Sasuke partirà nel pomeriggio per un'altra missione e lui ha quest'idea che gli ronza in testa da un po', bussa a giorni alterni e lo fa rigirare nel letto: è il caso di sputarla fuori per vedere che effetto fa a voce alta, se sembra campata in aria o se funziona.
«Sai, pensavo...» comincia, mandando giù uno stegosauro al cioccolato. Sasuke solleva un poco le pupille e a Naruto sembra che le occhiaie stiano remando per tirarlo giù, faccia contro il tavolo.
«Non fare cose a cui non sei abituato, potrebbe essere pericoloso» soffia e schiva un tirannosauro per un pelo.
«Che stronzo» bofonchia il jinchuuriki, sentendosi però più carico: se Sasuke bisticcia, significa che il suo umore non è pessimo nonostante la prospettiva di una festa comprensiva di Hinata chan e cricca di ninja d'élite in ferie. Forse ha contribuito la tazza vuota – di un un sobrio, monotono blu – seduta davanti al libro: l'ex nukenin è intrattabile, se prima non ha messo in circolo una caraffa di caffeina amara; così Naruto recupera baldanza e intinge con rinnovato vigore un altro dinosauro nel latte.
«Dico» ricomincia, anche se Sasuke è tornato già con gli occhi sul libro. «Stavo pensando di diventare un ANBU».
Lo butta lì, nel mezzo, e sinceramente il silenzio glaciale che scende in cucina il momento dopo lo spiazza.
Gli occhi di Sasuke fissano immobili la pagina per un lunghissimo secondo, prima che finalmente il loro proprietario decida di alzare il viso e puntarli dritti in quelli di Naruto.
«Stai scherzando».
Quelli dell'eroe di Konoha si fermano un momento, stralunati, e poi fanno un giretto per la stanza, prima di tornare su Sasuke.
«No. Perché dovrei?» ribatte, stringendosi nelle spalle e sgranocchiando un triceratopo; abbozza un sorriso poco impegnativo. «Mi pare una buona idea... È un modo come un altro per difendere il villaggio, e poi forse avremmo anche qualche missione insieme e...»
«Perché non fai il sensei?»
Le sopracciglia di Naruto si aggrottano a metà strada e la voce si rompe.
«Il... Cosa?» domanda, perché gli sfugge proprio il collegamento. Il tirannosauro sbriciolato al fianco di Sasuke lo fissa così come fa l'ex nukenin e sembrano entrambi molto sicuri di loro. Naruto si guarda attorno in cerca di soccorso, ma la cucina è felicemente deserta, così finisce per indicarsi il mento ed emettere uno «Eh?» vacuo.
Sasuke sfoglia un'altra pagina, seguendo gli ultimi caratteri in basso come fossero incollati alle sue pupille.
«Il sensei. Mocciosi da scarrozzare in giro, hai presente?» argomenta assieme al frusciare della carta. «Come Kakashi».
Naruto ha presente, sì, però non può comunque impedirsi di boccheggiare un po'.
«Sì, sì che ho presente» si ripiglia, ridacchiando. «Ma non so mica se sarei capace, voglio dire...»
«Se non sei capace tu» commenta l'altro in un tono che Naruto lì per lì non riesce a decifrare, perso a immaginare uno scenario inimmaginabile.
«È una cosa difficile. Bisogna saper spiegare le cose e quindi sapere le cose e poi bisogna avere pazienza e bisogna essere anche il genere di persona che i ragazzini ti guardano e fanno “wow”, credo. Una cosa tipo dare l'esempio» si ingarbuglia, rischiando di rovesciare il latte. «E poi è mica una responsabilità da poco e-»
«Perché, fare l'Hokage è una cosa da poco?» lo interrompe Sasuke, placidissimo. Sembra una pantera ammansita, stamattina, e Naruto non riesce a ricordare quando sia stata l'ultima volta che hanno parlato seduti a due lati di un tavolo così, senza tirarsi qualcosa – il tirannosauro non vale mica.
«Beh, no ma...»
«E allora. Se non sei capace tu» ripete di nuovo e Naruto finalmente afferra quel “allora tutti gli altri possono pure fare seppuku” che è una di quelle cose all'incirca lusinghiere che una parte di Sasuke magari pensa senza neanche essere in grado di formulare il pensiero a parole e che ogni tanto schizzano fuori così, sbattute in faccia a sorpresa. A Naruto sembrano sempre qualcosa di molto vicino al più grande complimento del mondo.
«Il sensei, io. Insomma, io...» borbotta l'eroe di Konoha, la testa leggera. «Sarebbe bello, credo. Come Kakashi sensei».
«E poi come ANBU avresti fatto schifo» chiosa Sasuke, perché sia mai che riesca ad essere lusinghiero fino in fondo.
Naruto gli tira in faccia l'intero pacco di biscotti preistorici.




Incredibilmente radioso



Il villaggio della Foglia è un covo di schifose comari ciarliere, un ricettacolo di imbecilli travestiti da ninja e Sasuke lo odia.
E non lo dice perché è di cattivo umore, ha un mal di pancia da svenimento e vorrebbe solo andarsene a dormire: lo dice perché è vero, punto.
«Oi, sicuro di stare bene?»
Gli occhi di Naruto lo scrutano con genuina preoccupazione. Non che Naruto gli abbia mai, in vita, mostrato un'espressione che non sia genuina: va dalla genuina rabbia furiosa al genuino entusiasmo, alla genuina amarezza alla genuina gioia-d'essere-vivo, quello là. Se la storia del trovare i bambini sotto un cavolo fosse vera, Sasuke è sicuro che lo Yondaime e Kushina dovessero essere gli orgogliosi proprietari di un orto biologico.
Comunque, i bambini purtroppo non nascono sotto i cavoli, ma dalle pance ingombranti di donne incredibilmente radiose nonostante l'ottavo mese di gravidanza. Le stesse donne radiose all'ottavo mese di gravidanza che costringono gli amici e gli amici degli amici – categoria nella quale rientra Sasuke, che sinceramente lì in mezzo si sente amico di Naruto e basta, ad allargarsi forse giusto un po' di Sakura – a presenziare a intollerabili momenti di aggregazione sociale per ragioni che esulano dall'umana comprensione. Specialmente l'umana comprensione che concerne Sasuke, la sua consueta indisposizione d'animo verso tutte le creature e il mal di pancia fulminante che si porta dietro da quand'è tornato dalla missione, ovverosia due ore prima. Neanche il tempo di raggiungere la porta e si è ritrovato davanti quella macchia accecante di Uzumaki Naruto impegnata a berciare cose incomprensibili su feste prenatale e quote per il passeggino e portare cibo e passare a prendere Sakura chan.
Sasuke gli ha risposto sbattendogli sul muso la porta del bagno, buttandosi direttamente dentro la vasca a peso morto e rimanendoci per i successivi trenta minuti, nella speranza che il coso arancione fosse nient'altro che un'allucinazione dovuta alla stanchezza e alla mancanza di sonno; però quando finalmente, per nulla rinvigorito, ha trovato la forza materiale di uscire dall'acqua e strisciare a vestirsi, l'eroe di Konoha era ancora lì, vispo e sul punto di mettersi a saltare dalla gioia come durante l'arco dei precedenti mesi, da quando Kiba si era fatto Konoha a cavallo di Akamaru per urlare a tutti che sarebbe diventato padre.
Notizia che sembra aver infettato di imbecillità – più del solito – un intero gruppo di shinobi d'élite.
Più per questo – sentire Ino e Sakura che emettono strilletti galvanizzati davanti a calzine, tutine, scarpine e altre terrificanti cose che terminano per ine – che per lo stato sofferente delle sue budella, Sasuke decide di rispondere con un grugnito poco compromettente e borbottare «Vado a prendere una boccata d'aria», liquidando l'offerta di appiccicume simbiotico di Naruto con un gesto spiccio della mano.
Si allontana silenzioso in direzione della finestra che dà sul balcone, lasciandosi alle spalle la voce di Sakura che subito bisbiglia preoccupata «Tutto bene?» e la successiva risposta tranquillizzante di Naruto, prima che entrambi ritornino ad occuparsi di cinguettare attorno ad Hinata tra cumuli di carta regalo e roba per neonati.
All'esterno tira l'aria fresca della sera e Sasuke ci rabbrividisce dentro sentendosi meglio e peggio insieme; disturbato, si appoggia alla balaustra e guarda giù, la nausea che ondeggia tra le orecchie, un coltellaccio ficcato in pancia e gli occhi persi a vagare tra le vie sgombre del villaggio.
Sobbalza quando il pannello dello shouji scorre alle sue spalle, ma muove solo gli occhi, aspettando che passi leggeri lo raggiungano.
«Sei schifosamente asociale, Uchiha» sentenzia la voce canzonatoria di Hanabi.
«Da che pulpito. E tu sei la sorella, eh».
Lei borbotta qualcosa su «Appunto, io sarò quella poveraccia che dovrà spupazzarsi il nipotino e altre amenità, fammi godere la calma prima della tempesta» e poi sbadiglia, lasciando crollare la testa tra le braccia incrociate sulla balaustra. Erano nella stessa squadra, in missione – tra l'altro Hanabi ha passato gli ultimi tre giorni a fingere disperatamente non essere in ansia al pensiero di perdersi la nascita del primo nipote , avranno dormito dieci ore in tutto divise tra lei, Sasuke stesso, il capitano Yamato e Sai; Sasuke crede che le sue viscere si stiano ribellando al corpo e Hanabi sembra altrettanto prostrata dalla vita: decisamente il momento meno indicato per organizzare una festa prenatale, qualunque cosa sia una festa prenatale.
«Io ho sonno, dannazione! Ma poi che diavolo è una festa prenatale?» esclama la kunoichi, evidentemente persa nel suo stesso ragionamento. Sasuke si limita a bofonchiare un assenso, dolorante. «Quel fottuto passeggino multiuso costa un capitale e siamo pieni di tutine. Anche Hiashi è impazzito dietro alle tutine, l'altra volta l'ho beccato che fissava una scarpina con espressione trasognata. Neji poi sembra sul punto di guardia neanche Hinata dovesse partorire salendo le scale e Kiba, non parliamo di Kiba! Il cognato più imbecille dell'universo, io davvero non so come... Stai male?»
Sasuke riapre gli occhi di scatto, colto in fallo. È che ha proprio la sensazione di essere lui a dover partorire qualcosa di enorme che gli si deve essere abbrancato all'intestino.
«Sto bene» decide di dire, nonostante l'occhiata canzonatoria e scettica di Hanabi basterebbe a chiunque per battere in ritirata spogliato della propria dignità: ma ci ha fatto il callo; alla fine Hanabi, pur col suo essere una stronzetta dalla lingua biforcuta e le palle perennemente girate, è un buon ANBU e il genere di persona che tendenzialmente si fa i fatti propri. Inoltre chiunque consideri Inuzuka un imbecille integrale è automaticamente qualcuno verso il quale Sasuke possa, diciamo non provare simpatia, ma con cui possa
quantomeno intrattenere civili rapporti.
Ad avallare la tesi, Hanabi non approfondisce la questione e si volta invece verso la finestra, lì dove è appena spuntata la testa di Sai, che sembra altrettanto devastato: veramente un giorno pessimo per una festa. Più espressivo del solito proprio per via della stanchezza, lo shinobi avvisa che «Mi hanno mandato a dirvi che c'è la torta», che poi è un modo carino – messo in atto da Ino o Sakura, con tutta probabilità – per intimargli di rientrare.
«Evviva, la torta» emette Hanabi, palesemente sarcastica. Scivola avanti fermandosi solo per brontolare: «Muoviti, Uchiha, non ti azzardare a rovinarci la festa», prima di sparire di nuovo dentro, nel chiacchiericcio.
La pancia di Sasuke si tende dolorosamente quando azzarda un passo, ma l'ex nukenin resiste, stoico: non può essere peggio che rientrare e vedersi offrire un qualche genere di dolce pannoso coperto di glassa colorata, dopotutto.


La torta è peggio di quanto pensasse e averne avuta una fetta sotto il naso per sette secondi – il tempo che ha impiegato per riceverla dalle mani sollecite di Kurenai sensei e posarla subito dopo sul primo angolo di tavolo disponibile – ha solo aggravato la sua nausea. O meglio: probabilmente se vede qualcun altro ficcarsene una cucchiaiata in bocca vomiterà, anche se si tratta di Naruto che, al solito, mangia come un incivile parlando e gesticolando incurante d'avere un piatto in mano.
Hinata, seduta accanto a lui, non pare toccata da simili inezie: sorride fulgida nella sua maternità e, nel caos di chiacchiericcio, vivande e amici fin troppo zelanti, sembra un sistema a sé: c'è qualcosa in lei che annulla l'entropia.
Una stilettata di dolore colpisce Sasuke a tradimento mentre è ancora lì, in piedi a guardarli parlare: non emette fiato, ma deve chiudere gli occhi per un momento, perché ha la netta impressione che se non trova subito un piano orizzontale crollerà svenuto – o, peggio, vomiterà davanti a tutti proprio dentro il nuovissimo passeggino barra carrozzina barra qualcos'altro che hanno regalato alla gestante.
Principalmente si avvicina al divano perché in cerca di appoggio, non per una qualche masochistica volontà di ascoltare davvero i dialoghi edificanti prodotti dalle meningi di quel cretino di Naruto e di una tizia con cui avrà interagito sì e no una volta e mezza e sempre solo per colpa del cretino in questione.
Quando è abbastanza vicino, realizza che tra tutine, scarpine e cosine per lui non c'è proprio posto e ormai la sua sopportazione ha superato i livelli sostenibili: lui se ne torna a casa, ha fatto fin troppo trascinandosi lì. Tanti saluti, auguri e figli maschi.
Avanza di un altro passo, deciso a comunicare la decisione a Naruto, giusto per avvertire qualcuno, quando carpisce parti di un discorso che sembra piuttosto intimo.
«Insomma, non so se riuscirei...» sta dicendo l'eroe di Konoha, impacciato; Hinata scuote la testa e poggia la mano chiara sulla sua più grande, in un impeto spontaneo.
«Tu saresti eccezionale, Naruto kun! E poi se potrò farlo io, tu ci riuscirai due volte meglio» emette, con un'enfasi imbarazzata che fa aggrottare le sopracciglia di Sasuke e distendere invece quelle di Naruto.
«Lo credi davvero, Hinata chan? È che tu sembri fatta apposta, l'ho sempre pensato... Sei cosi paziente. A me piacerebbe averne di miei, ma...»
«Fidati, saresti eccezionale» e sorride luminosa, carezzandosi il pancione.
Per qualche ragione, quando Naruto ridacchia – un po' gongolante, un po' titubante – qualcosa dentro Sasuke emette un gemito sordo d'agonia. Si accorge di averlo in realtà prodotto con le labbra quando la vista ha già cominciato ad offuscarsi, sfrigolando di nero.
L'ultima cosa che inquadra sono due occhi azzurri spaventati, voltatisi di scatto verso di lui; l'ultima cosa che pensa è che Naruto Uzumaki è un deficiente e lui lo odia.


Fa caldo in maniera sottile e appiccicosa, di quel caldo un po' malato e umidiccio delle prime ondate estive. Sasuke avverte il petto pesante alzarsi a sbuffi per espellere tutta quell'aria e si sente terribilmente stanco. E gonfio e strano.
Sa di essere sotto un soffitto. Il soffitto, quello di casa sua: può riconoscere le assi scheggiate e macchiate d'umido. Aggrotta le sopracciglia e volta il capo di lato: a destra c'è il suo comodino, immobile e silenzioso; dall'altra parte, invece, c'è una porzione sterminata di letto.
«Eh?» domanda al nulla. Resta ancora un momento giù, finché non ammette, dopo aver aperto e chiuso le palpebre più volte, che effettivamente da quell'angolazione il letto – sul lato sinistro, il lato di Naruto – sembra decisamente troppo ampio.
Decide di puntellarsi sui gomiti con immane sforzo di volontà e ci riesce fino ad un certo punto, nonostante una schiena dolorante. Al che, emette un gemito strozzato di puro orrore e il cervello gli si inceppa, ingolfato tra all'incirca tre cose che non tornano affatto. Uno, il letto è davvero grande anche da lì, sembra un letto a due piazze – un matrimoniale, per Hashirama! – e non si capisce perché diavolo ci dovrebbe essere un letto a due piazze sotto il soffitto della sua stanza accanto al suo comodino.
Non sa chi ce l'abbia messo e chi ci abbia messo lui sopra, tra l'altro, ed entrambe le domande aprono inquietanti scenari. Come se non bastasse – e due – qualcosa ha frusciato sul cuscino, quando ha sollevato il capo: c'è qualcosa che penzola contro le sue spalle, qualcosa che sta sparso anche sul suo petto che – oh, questo non l'aveva notato – che è... beh. Come descriverlo. Non è il petto giusto. E comunque la cosa più ansiogena resta il fatto che la sua pancia sia esplosa.
Perché quello, quel cucuzzolo gonfio che tende la stoffa scura di cui è vestito, è la sua pancia. Sembra abbia mangiato Chouji, si sente come se avesse mangiato Chouji e non c'è nulla che vada bene in questo, avere le tette passa quasi in secondo piano.
«Ah, un incubo» si rilassa, ricadendo sul cuscino. Stupidi incubi vividi, un giorno lo ammazzeranno; respira lentamente e conta fino a dieci, convincendosi che il modo migliore per tornare a dormire sonni tranquilli sia calmarsi e accettare che gli incubi sono, appunto, solo incubi. Non c'è nulla che non vada in lui e tra dieci secondi aprirà gli occhi solo per trovarsi Naruto o quel cretino del gatto – o entrambi addormentati addosso: è per questo che ha sognato di avere una pancia enorme e il letto matrimoniale è solo il frutto dell'inconscio desiderio d'avere più spazio vitale. Lineare, logico, c'è quasi da congratularsi con se stesso per l'analisi.
Quando riapre gli occhi il soffitto è sempre lo stesso, il che è potenzialmente rassicurante e sconfortante in egual misura, così decide di fare la prova del nove guardando giù, verso la pancia.
È ancora lì che svetta, una roba enorme e gonfia.
Seriamente: Sasuke non vuole avere un attacco di panico, perché sarebbe indecoroso e anche poco produttivo, ma adesso preferirebbe davvero svegliarsi urlando, quindi dov'è la parte dell'incubo in cui il cadavere di Itachi sorride grondando sangue come una spugna? Potrebbe quasi sembrargli confortante abitudine, a quel punto.
Forse è perché stava pensando a figure umane grondanti di sangue, ma quando una figura umana compare sulla porta si trattiene a stento dal cacciare un grido, limitandosi a sgranare gli occhi, ancora spiaggiato supino.
«Ehi, tutto okay?» domanda Naruto, dolce.
Le sopracciglia di Sasuke fremono, mentre le pupille scivolano ad inquadrare l'eroe di Konoha in tutta la sua atletica freschezza mattutina, le mutande arancioni, i capelli devastati dal cuscino e uno sbaffo di dentifricio sulla guancia. Si avvicina leggiadro come un mulo zoppo e si accomoda lì, sul letto, con un rumoreggio lieve del materasso.
«Che c'è, non stai bene?» domanda, ora preoccupato.
Sasuke, confuso, resta immobile per un altro lungo secondo, almeno finché lui non avvicina una mano per scostare una ciocca dei suoi lunghi capelli neri dal viso.
L'ex nukenin aggrotta le sopracciglia: c'è decisamente qualcosa che non torna.
«Sasuke?» chiede quel Naruto-onirico, ancora terribilmente concreto lì accanto.
«Tu non esisti».
«Eh?»
Sasuke non si farà mettere sotto dalla sua immaginazione: scatta a sedere tanto in fretta che Naruto caccia un urlo isterico e quasi cade giù dal materasso; resta in equilibrio precario sul bordo, sconcertato.
«Ma sei scemo, come ti viene in mente di... Sasuke?»
Ma Sasuke non lo sente, perché sta guardando la sua pancia, che è proprio una pancia: una pancia enorme. E i piedi che scorge da lì sono dei piedi strani e assolutamente non suoi, così come le mani, le dita troppo lunghe e sottili e il peso che gli bascula sulle spalle, lo sa, sono capelli, e quelle, cavolo, quelle sono tette. Grosse, gonfie tette. Tette!
«Credo che vomiterò» annuncia, anche con un certo astio nei confronti della sua testa ingarbugliata che gli sta sistematicamente impedendo di rinvenire il senso, benché, ne è certo, ce ne sia uno incastrato da qualche parte; forse l'ha mangiato e ora gli occupa la pancia: non sembra improbabile. Si lascia dietro un Naruto completamente sconcertato e fila in bagno, che almeno è nello stesso posto in cui è sempre stato, o così gli sembra. Chiude la porta alle proprie spalle e scivola giù, schiena al fusuma, contro cui inizia a battere cadenzati colpi di nuca, prima di riacquistare sufficiente autocontrollo per smettere di produrre pensieri ossessivo-compulsivi sull'assurdità insita nell'essere il nuovo proprietario di un paio di ragguardevoli tette.
Riapre gli occhi e per poco non soffoca scorgendo il suo tremulo riflesso nelle mattonelle lucide; non sente Naruto che bercia qualcosa con voce veramente preoccupata, là fuori, preso com'è dal tentativo di trarsi in piedi – è terribilmente faticoso con quel peso sullo stomaco e quell'assurdità in testa.
Naruto sta ancora gridando quando finalmente Sasuke riesce a portarsi eretto e a sbirciare cauto nello specchio, sopra il lavandino. Ed è solo perché a gridare è Naruto che lui non si mette a sua volta a strillare come una ragazzina, anche se sarebbe appropriato, considerato il riflesso davanti ai suoi occhi.
Opta invece per accasciarsi muto contro il pavimento e cominciare a rimuginare.


«Per favore, Sasuke, mi sto preoccupando!» supplica Naruto, da fuori.
Sasuke ringhia, frustrato.
«Ti ho detto di chiudere il becco!» e la sua voce continua ad essere terribilmente poco sua. «Sono io quello con le tette, io sono preoccupato!» bercia, con lo stesso tono di una Sakura isterica e anche lo stesso timbro vocale.
Seduto contro la tazza del gabinetto, ode chiaramente la testa di Naruto accasciarsi un altro poco contro il fusuma.
«Dai teme, se è uno scherzo non è divertente!»
«No che non lo è! Non c'è niente di divertente è...» avvicina timoroso un dito al seno: ballonzola come un budino di soia sotto la maglietta tesa. «Raccapricciante».
«D'accordo, senti, sono sicuro che non riusciremo a risolvere nulla se continui a stare chiuso in bagno».
«Non credo che sarò meno incinto, scendendo in cucina, imbecille!» incinto. Esisterà il maschile di incinta? Ma soprattutto, esiste qualcuno a cui interessi una cosa del genere?
«Dai Sasuke esci da lì. Guarda che sfondo la porta!»
Sasuke non è certamente rilassato – è il contrario di rilassato ed è troppo nervoso per cercare la parola giusta per definire il suo attuale stato d'animo – ma davvero, non pensa che Naruto sfonderà veramente la porta. È per questo che quando lui effettivamente lo fa, urlando di spostarsi e buttandola giù col piede, Sasuke grida e poi grida ancora perché la voce gli è uscita uguale sputata a quella di una Ino o una Sakura o – porco Hashirama – sua madre. Se sua madre fosse stata una persona avvezza alle grida, Sasuke è sicuro che avrebbe gridato così.
Insomma, ha la voce di sua madre, è seduto sul pavimento di un bagno ed è incinta davanti ad una porta rotta e a Naruto Uzumaki in modalità distruttiva; i capelli lunghi gli ricadono sulle spalle e i seni sono due sfere grosse contro la maglietta.
E, porca miseria, deve assolutamente fare pipì.


Stupido tè. Quando succede qualcosa, tutti lì ad offrire tè, manco fosse la panacea. Con tutto che Sasuke sente che se beve un altro sorso dovrà di nuovo correre – cioè, trascinarsi, non vede come possa fare davvero le scale in quelle condizioni pietose – a svuotare la vescica.
«Mi hai messo incinto. Incinta. Incinto. Mi hai ingravidato» comincia, per ricapitolare. Riesce però solo a concludere con l'ennesimo «Naruto, io ti ammazzo» pronunciato con la sua soave voce da Mikoto Uchiha isterica, le dita stretta attorno alla tazza di tè – che tra l'altro decide di incrinarsi.
Naruto non lo degna di uno sguardo, sta muggendo suoni sofferenti con la testa tra le mani, seduto lì di fronte al tavolo. Si scompiglia i capelli e caccia l'aria fuori dalle narici, con forza.
«Sì, ma questo è successo otto mesi fa» rispiega, per la terza volta. «Otto mesi fa, questo... Abbiamo già passato la fase angst in cui eravamo in preda al panico, adesso siamo nella fase fluff!»
Sasuke non vuole sapere cosa sia una fase angst e il suono della parola fluff – qualsiasi cosa significhi – gli provoca orticaria così, a pelle; scosta la tazza con una rudezza che poco si addice ai suoi polsi sottili e ringhia.
«Naruto, mi sono svegliato incinta. Ieri non ero incinta, altrimenti me ne sarei accorto, suppongo».
«Sì che lo eri... Per il Fuoco! abbiamo passato un mese a discutere se esistesse o meno il maschile di incinta!»
La testa di Sasuke ondeggia: è il delirio, se è un incubo che qualcuno lo svegli, non è possibile che non...
«È un genjutsu» risolve infine, dandosi dell'idiota per non averci pensato prima. Deve essere finito in un qualche genere di genjutsu. Il genjutsu di una persona con problemi, probabilmente un amante delle sit-com demenziali. Sta per alzarsi e provare a lanciare un contrattacco – sia mai che si faccia mettere sotto da un genjutsu, proprio lui –, ma fa in tempo giusto ad attivare lo sharingan che qualcuno nell'ingresso sfonda la porta, devastando la sua già labile concentrazione.
La copia di Naruto si precipita in cucina con tanta fretta da inciampare sul gatto: scivola a terra e sparisce in una nuvola di fumo dalla quale, trafelata, emerge Sakura.
La kunoichi scaccia gli ultimi rimasugli con le mani, agitatissima, e poi saltella con lo sguardo da Naruto a Sasuke, neanche si fosse aspettata di ritrovarsi nel mezzo d'un apocalittico scenario di guerra.
«Sono qui!» annuncia, in un grido. Sembra che gridino tutti, Sasuke ha un'emicrania poderosa parcheggiata sul lobo frontale sinistro; probabilmente partorirà pezzi di cervello, invece che un marmocchio. Si porta una mano alla testa, nauseato e sbircia Sakura che, dietro le dita, sta discutendo concitata con Naruto.
«Oi» fa Sasuke, deciso a fingere di non sentire la disturbante voce femminile che gli esce dalle labbra. Quelli ignorano bellamente il suo immane sforzo, tutti presi a dialogare di cose incomprensibili ed eccessivamente rumorose: il mostro a due teste composto dai suoi presunti migliori amici ha questa brutta tendenza a blaterare a briglia sciolta dimenticandosi completamente di lui, quando c'è qualunque problema.
«Oi, idioti!» si decide a sbottare, più forte. Il mostro si volta di scatto, coi suoi due paia d'occhi blu e verdi; subito dopo quegli stessi occhi si scambiano un'occhiata significativa, che nel loro linguaggio segreto di superamici significa “abbiamo un problema, ma sono qui, non ti agitare e proviamo a risolverlo” – con un dattebayo! personale nel caso del blu – prima di tornare su di lui, seri.
«Stiamo calmi» dice Sakura, e a Sasuke sale irrefrenabile la voglia di prenderla a testate. Solo che poi immagina la scena – lui e la sua pancia enorme e Sakura coi suoi capelli rosa che rotolano sul pavimento della cucina prendendosi a schiaffoni – e perde le forze, ammansito come una fiera sedata. Forse prenderà a testate il tavolo, ecco.
«Si può sapere qual è il problema Sasuke? C'è qualcosa in particolare che ti turba?» domanda la kunoichi, in tono terribilmente comprensivo, da medico-tutto-sotto-controllo.
Sasuke solleva lo sguardo dalla porzione di tavolo su cui l'aveva ostinatamente puntato e aggrotta le sopracciglia, traendo un profondo respiro.
«No, figurati» comincia, e se non fosse prima di tutto folle, sentire la voce di Mikoto nell'aria sarebbe anche una stilettata al petto. «Mi chiedevo solo perché mi fossi svegliato nel corpo di una donna gravida, ma pare che come al solito io sia quello che fa i drammi per nulla».
«Ma è stata Hinata chan!» esclama Naruto, gesticolando incontenibile. «Non ti ricordi? Hinata chan te l'ha attaccato!»
«Me l'ha attaccato?» ripete lui, perso.
Non pensava si potesse restare incinti per contagio. Ma deve essere possibile, visto che è incinta – incinto. Incinta. Gravido, gravida... ARGH!
«Madara, se ci sei batti un colpo!» tenta, tornando all'ipotesi del genjutsu. Probabilmente è il diabolico piano di un supercattivo: niente di cui preoccuparsi, ordinaria amministrazione. Lo stende e se ne va a dormire per un paio di mesi, ché ne ha seriamente bisogno.
L'orrendo mostro a due teste però sembra di tutt'altra opinione e pure particolarmente preoccupato.
«Sasuke, Madara è morto, ricordi?»
«Ma è in stato confusionale?»
«Forse dovremmo portarlo all'ospedale, eh!»
«Forse dovrei riempirvi di botte» li interrompe Sasuke che – non è possibile, deve essere un incubo – sente d'essere sull'orlo delle lacrime. Non sa perché, ma ha questa sensazione d'essere in apprensione, agitato e ormonalmente impazzito: c'è del nonsense pesante che galleggia nell'aria, soprattutto quando Naruto scavalca sollecito l'intero tavolo e gli si accovaccia davanti, prima di abbracciarlo – tra l'altro senza alcun rispetto per le sue tette o per la balena che ha ingoiato.
«Non preoccuparti, sistemeremo tutto!» blatera, senza senso, strofinandogli la guancia contro. Sasuke, sull'orlo dell'ipossia, coi capelli del cretino nel naso, riesce solo a sibilare un gemito sconfortato e a scambiare un'occhiata costernata col gatto, che sta abbrancato alla credenza e li guarda come fossero dei poveri spostati. Come dargli torto.
Quando finalmente Naruto decide di scollarsi, restando però seduto praticamente addosso a lui, Sakura non pare per nulla indisposta davanti a quelle effusioni gratuite e assolutamente non richieste e sta piuttosto lì a trafficare con mucchi di fogli in cartellette dall'aria seriosamente ordinata, spuntate fuori da chissà dove – sembra che siano sempre state lì, effettivamente.
Sta ancora blaterando «È normale essere scombussolati nelle tue condizioni» e «Dovresti però cercare di mantenere la calma, non è il caso di farsi prendere dal panico», quando spiccia gli lascia tra le mani del fogliame dai curiosi disegni che lì per lì Sasuke non riesce propriamente a focalizzare, sembrano solo macchie.
«Ecografie» annuncia, neanche gli avesse messo sotto il naso un piatto di riso. Sasuke non si degna neanche di portare gli occhi ad inquadrare i fogli, si limita solo a guardare Sakura come le fosse comparso un Kakashi nudo sulla testa. Tanto ci pensa Naruto a riportare l'attenzione sul cartame, tutto preso com'è a gorgogliare giulivo nell'orecchio di Sasuke.
«Eh, vedi il piccolo Jiraiya com'è vispo?»
L'ex nukenin volta il collo, orripilato, ma quello sembra completamente serio mentre scruta amorevolmente la Macchia, neanche sui maledetti fogli ci fosse disegnato un cucciolo.
«Il piccolo cosa?» riesce solo ad esalare Sasuke, la testa che pulsa. Lui non avrà un figlio di nome Jiraiya, è fuori discussione! Lui non avrà un figlio in generale, ma se mai dovesse averne uno non si chiamerà Jiraiya!
Fa per esternare il pensiero a voce alta, ma Naruto se l'è di nuovo tirato vicino, il braccio attorno al suo collo troppo sottile.
«E guarda, quello è Itachi! E poi c'è la piccola Kumiko!»
«Chi?» soffia Sasuke, sconfortato. Non che sia particolarmente importante: non rispetto alla constatazione che la sua pancia si sia trasformata in un dannato condominio, almeno.
«Eh, tu volevi chiamarla Mikoto, io Kushina, così...»
Sasuke, ipoglicemico e in stato confusionale, non può sinceramente credere di aver tenuto una conversazione del genere con Naruto – con nessuno al mondo, in verità – né di aver davvero acconsentito alla creazione di un ibrido sillabico che puzzi di complesso edipico in modo tanto raccapricciante. Oltretutto quelle macchie sembrano solo macchie, perché mai- cribbio, è una mano, quella? Non sa se la reazione più consona sia svenire o precipitare tutti in un genjutsu truculento: Naruto, Sakura e i suoi fogli e magari anche il gatto.
«Visto? Tutti sani e forti!» si congratula la kunoichi, come se ci fosse qualcosa di cui congratularsi, invece che correre per le vie del villaggio urlando a cavallo di Akamaru. Okay, Sasuke non correrebbe mai per le vie del villaggio urlando, men che meno a cavallo di Akamaru, ma prenderebbe volentieri a pugni una montagna, un parente ottuagenario redivivo, un demone con molte code o Naruto Uzumaki.
Chiude per un momento gli occhi. Decide di tenerli chiusi per altri due secondi interi, ancora vagamente speranzoso di aprirli e scoprirsi nel suo letto a una piazza, peccato che poi qualcosa si muova.
Sasuke sgrana gli occhi e trattiene il fiato, inorridito.
«Oh, si sono mossi!» cinguetta Naruto, e dalla faccia non sembra disgustato, sembra anzi completamente rapito, sembra entusiasta come Sasuke ha pensato di vederlo solo con un cappello da Hokage sulla zucca; e invece niente, non ha nessun cappello, ha solo la mano sulla sua pancia – sì, grandioso, la sua pancia –, la guarda come fosse il mondo o anche una svendita di ramen precotto o non lo sa: la guarda come fosse importante e poi alza gli occhi per incrociare i suoi e nel mezzo di tutte quelle sensazioni improbabili, Sasuke avverte finalmente qualcosa di familiare, ed è senso di colpa. Lo inghiotte in un grumo pesante che rimane incastrato da qualche parte nel petto, mentre gli idioti hanno già ripreso a ciarlare di cose che l'ex nukenin non assimila. Parlano di un passeggino multi-qualcosa e delle calzine e di altre cose che terminano per ine e Sasuke riesce solo a stare lì fermo con questa cosa che si muove nella pancia e gli fa venire una voglia immane di sedersi sulla tazza – perché sì, la pipì deve farla da seduto – e rimanerci accasciato sopra fino alla fine dei suoi giorni.
Si alza in piedi ballonzolando e annuncia «Vado al cesso» a quella mostruosità bicefala composta dai suoi amici, che lo ignorano: parlano di saccarosio, adesso, di una torta e di avvisare Kakashi sensei perché dovrà spupazzarsi i nipotini, e altre amenità.
Sasuke si ferma un momento a fissarli, già sulla porta, e qualcosa di folle e sbagliato nella sua testa gli impedisce di urlare su Naruto, quel Naruto così luminoso e completamente felice, di smetterla di dire merdate.
«Sì?» fa quel Naruto, e sorride tanto da illuminare la cucina. «Ti serve aiuto?»
Ha un tono zuccheroso che fa rabbrividire. Sasuke riesce solo a scuotere piano il capo – i capelli lunghi frusciano morbidi contro le spalle –, prima di scivolare in corridoio e arrancare sulle scale, fino al bagno.


Pipì: più ne fa più ne vuole fare.
Sasuke si chiude la porta del bagno alle spalle mentre ancora lo sciacquone gorgoglia portandosi giù la sua urina piena di improbabili ormoni.
Aveva lo specchio lì e l'ha fatto: si è tirato su la maglietta per fissare costernato quel marsupio pieno di marmocchi – marmocchi che si muovono, se ci passi un dito sopra si rovesciano e scalciano – ma non ha avuto abbastanza forza d'animo per guardarsi una tetta. Già è tragico sembrare la stupida tecnica erotica di Naruto così, da vestito, figurarsi approfondire la faccenda. Lui le tette non le ha mai volute né gli sono mai interessate: proprio non ha capito cosa ci trovi la gente, nelle tette. Se Naruto voleva degli stupidi marmocchi, poteva farsi contagiare lui. O poteva chiedere direttamente a quella dannatissima Hyuuga di farli per lui, poi magari sposarsela e andare a vivere con Hanabi e Hyuuga Neji e Hyuuga Hiashi per contemplare insieme calzine e scarpine e altre cose ine, porco Hashirama.
«Maledizione» sputa, schiena al fusuma. Serra le palpebre – dal piano di sotto arriva parlottio, perché Naruto e Sakura se non li spegni continueranno a cianciare in eterno – e posa le mani sulla pancia: qualcuno gli tira un pestone e il suo fegato soffre. «Jiraiya. Fossi in te sarei incazzato anche io, a chiamarmi Jiraiya» borbotta, lugubre.
Riapre gli occhi per scoprire di non riuscire neanche a vedersi i piedi, cosa che rende la deambulazione assai faticosa, e poi torna a guardare vacuo il corridoio, quell'angolo di letto matrimoniale che fa bella mostra di sé dalla porta aperta di camera sua.
Aggrotta le sopracciglia e gira il collo lentamente: i suoi occhi l'avevano registrato, ma il suo cervello no. Invece eccola lì, la stanza, ed è aperta pure quella. Sasuke la fissa confuso, cercando di ricordare cosa dovrebbe esserci lì. Quello che è sicuro non dovrebbe esserci è esattamente quello che c'è.
Avanza piano, basculando come un'oca zoppa, e raggiunge il fusuma; fa scorrere del tutto il pannello consunto e resta lì, accostato allo stipite con la spalla, a guardare la culla e il gingillo ridicolo che c'è sopra, uno di quegli aggeggi con le api e le farfalle che girano e cantano. Sasuke ci si avvicina quasi sospettoso e si appoggia al bordo della culla, per sporgersi a farlo dondolare. Piazza il viso sul palmo della mano e sbuffa, vagando con lo sguardo; dimentica di dover di nuovo fare pipì quando inquadra il pupazzo verde, ammonticchiato assieme ad altre stupidaggini nell'angolo: infila il braccio nella culla e lo raggiunge un po' a fatica, impacciato dalla pancia enorme.
Esce dalla stanza così, portandosi dietro il coso e rigirandoselo tra le mani: è veramente brutto, verde e crede di conoscerlo, anche se conoscerlo non è la parola adatta quando si parla di un discutibile peluche a forma di coccodrillo. Forse è un dinosauro; qualcosa che dovrebbe essere un rettile, comunque. Non ha un'espressione molto intelligente, pensa Sasuke, guardandolo negli occhi fissi.
«Oh, ecco il festeggiato!» esclama di colpo il pupazzo, con la voce di Naruto.
Sasuke per poco non se lo fa schizzare dalle mani, ma in compenso abbassa le braccia e si ritrova la faccia di Naruto davanti al viso: ha su il suo sorriso-Uzumaki e della torta in mano. Preso dall'entusiasmo, quasi gliela sbatte in faccia, quando lo afferra per il polso e se lo tira dietro con una certa inciviltà, considerata l'incintitudine di Sasuke, che comunque lo segue incapace di articolare verbo.
Anche perché ci sarebbe poco da articolare a parte un rantolo sofferente: il soggiorno è infatti improvvisamente popolato. Sasuke non l'ha sentiti arrivare e in tutta sincerità al momento gli interessa poco il perché ci sia mezza Konoha nel suo salotto, ed è più concentrato sul come mandarli via.
«Naruto, cosa cazz...» comincia, molto tentato di soffocarlo col dinodrillo di peluche, lasciarlo agonizzare sul pavimento e liberarsi del problema per mezzo di Amaterasu.
Il problema, nella fattispecie, ha appena esclamato «Sorpresa!» corale, in un tono che Sasuke non si è mai visto rivolgere, se non a qualcosa come il suo quinto o sesto compleanno da un paio di vecchie zie riunite in cucina per l'occasione, e neanche allora ne era stato troppo entusiasta; di conseguenza, trovarsi circondato da glassa rosa e capelli rosa – per qualche ragione Sakura ha difatti ritenuto necessario abbracciarlo – ed in generale da un tripudio stupidamente colorato di carta regalo e festoni – roba che la casa non era così agghindata da quando le ANBU ci avevano messo le strisce gialle dopo lo sterminio – lo trova ben disposto come davanti ad un ultimatum di guerra.
«Cosa cazzo...» ritenta, giusto perché prima nessuno se l'è filato.
«La festa prenatale! Visto che bella?» gli fa Naruto, spingendolo per le spalle esattamente nella direzione in cui Sasuke non vuole andare. «Ha organizzato tutto Hinata chan, non è stata gentile?»
Sasuke guarda prima il sorriso di lui, che proprio sta lì e continua ad abbracciare la stanza con lo sguardo come se tutta la questione fosse un'utopia di pace e virtù, invece che un delirio da peperonata, e poi inquadra il viso dolce di Hinata, seduta sul divano. Lei gli sorride, rilassata. Tiene in braccio un fagotto silente, un coso piccolo che indossa una tutina e calzine e scarpine e altre cose ine. Si muove un poco, emettendo qualche vagito breve subito sedato, non appena Hinata abbassa lo sguardo e smuove leggera la coperta che lo avvolge.
Sasuke resta a fissarla ipnotizzato finché non ricompare Sakura, che decide arbitrariamente di piazzargli un cappello a punta sulla testa approfittando del suo momento di vuoto e del fatto che praticamente sono alti uguale; se ne libera subito, prima ancora che lei riesca ad infilarne un altro sulla zucca vuota di Naruto, che invece ride e se lo tiene, tutto contento.
Così, col cappello ridotto ad una cartaccia stretta in pugno, Sasuke si ritrova di colpo catapultato in un mondo in cui ci si siede sul divano per scartare pile di cosine. Ha una tutina in mano e non sa come ci sia finita, sa solo che è una tutina arancione, piccola e morbida, e che Yamanaka gli sta cinguettando accanto, deliziata: Sasuke va dalla tutina alla cretina e ha l'impressione che la mascella gli cadrà in grembo, rimbalzerà sul pancione e finirà sepolta nel mucchio di carta regalo e coccarde che ha ammonticchiato ai piedi.
Alle sue spalle, dietro il divano, ci sono Tenten e Rock Lee che ridono mangiando torta; parte di quella enorme torta glassata che troneggia sul kotatsu, circondata da cosine. Più in là, dei bambini dalle fattezze hyuugose – piccoli Neji vivaci –, fanno a gara a chi riesce a saltare Akamaru, placidamente steso a terra davanti al televisore sintonizzato su un programma di cucina. Naruto si unisce a loro e sembra idiota come a dodici anni e felice come a dodici anni, mentre ride e salta e cerca di coinvolgere un piccolo Nara biondo a partecipare, invece che rimanere lì seduto a sonnecchiare.
Dinanzi a quell'inesplicabile spettacolo, nella gola di Sasuke si forma il deserto di Suna – nella sua vescica, in compenso, già da un po' rombano le cascate di Taki.
«Vuoi prenderlo in braccio, Sasuke kun?» fa di colpo una voce, musicale.
Sasuke, che ha la testa annebbiata e deve di nuovo fare pipì, mette a fuoco Hinata con una certa fatica, quando lei ha già scostato cartacce per sederglisi accanto. I due tentativi che gli ci vogliono per scollare la lingua dal palato lo costringono ad accettare l'offerta in silenzio: si ritrova con la cosa in mano, senza sapere come ci sia arrivata. Pesa niente ed è spaventosa: Sasuke la guarda fisso per un lungo momento, appena prima che il bebè spalanchi la bocca.
Comincia a piangere così, senza ragione e tanto improvvisamente che Sasuke si lascia sfuggire un gemito: alza gli occhi terrorizzati da quella faccia deformata di rosso e vagiti acuti e, invece del caos, trova gli occhi di Hinata che lo guarda sorridente, l'immagine della pazienza. Quando allunga le braccia per riprendere la creatura piangente, sembra nata per fare quello: il bambino smette di frignare non appena lo tocca, come avesse rilasciato una tecnica o qualcosa di simile; Sasuke è così abbagliato che rimane con le mani in alto, mentre lei gli sfila il figliolo dalla stretta. Quello le vede, le sue dita rimanere sospese e, invece di tornarsene a dormire in braccio alla mamma, gliene azzanna uno.
Il grido che esce dalle labbra di Sasuke perde parecchio di femminilità quando ci aggiunge una sonora imprecazione che fa scattare Naruto a coprire svelto e sollecito le orecchie di un piccolo Hyuuga; gli altri bambini – c'è anche un marmocchio incappucciato che Sasuke aveva scambiato per un abat-jour, e che invece si rivela essere un bozzolo d'Aburame – sgranano gli occhi e lo fissano come fosse un Oni.
«Mi ha morso!» si difende il pericoloso ex nukenin gravido, sventolando il dito.
«Eh, un vero Inuzuka!» gioisce Kiba, prendendo la famelica belva dalle braccia della consorte. Lo culla tutto contento e cantilena «L'ometto di papà ha già dei bei canini, non è così? Non è così?» come un totale deficiente. Sasuke si scopre incapace di fare alcunché; si sente in verità parecchio confuso e ci mancava solo che gli facesse male anche il dito, adesso.
Sospira e sprofonda la schiena nel divano, fissandosi la pancia – sarà mica cresciuta ancora? Sembra più grande di prima –, circondato da tutto quell'illogico caos. Sai sta elogiando in tono didascalico le virtù di un passeggino multiuso ad un annoiato Shikamaru, Sakura continua ad offrire nauseabonda torta pannosa e cosine, ci sono cosine ovunque.
Avverte il divano spostarsi di un paio di centimetri e i cuscini cedere, quando il fondoschiena del grasso jinchuuriki che l'ha ingravidato si parcheggia contento al suo fianco, un braccio casualmente attorno alle sue spalle, come fossero due adolescenti imbranati al cinema.
«Non è meraviglioso?» comincia, gli occhi persi a guardare quella festa prenatale che si nutre di torte e carte e risate e cinguettii inteneriti fioriti nel mezzo di sterminati campi di cosine che coprono il tatami.
Sasuke, che ha ancora il dinodrillo accanto, ne stritola la testa con veemenza.
«No, direi di no».
Naruto sembra sorpreso e anche un po' ferito. Ritira il braccio e si gratta la nuca.
«Ma...» ricomincia, più piano. «Sono stati gentili a venire tutti, no?»
«Mica devono partorire loro» sbuffa Sasuke, nauseato. Davvero, era così grande la pancia, prima?
«Ma...! Eri tu che...» Naruto lo guarda, coi suoi occhi blu da idiota integrale e la faccia terribilmente delusa. «Insomma, eri tu che volevi ricreare il clan, no?»
«Sì- no» fa Sasuke e si perde, confuso. Okay il clan, ma questo non era contemplato. Proprio no. Cerca di raccogliere le idee, convinto che ci sia qualcosa che continua a sfuggirgli – forse più di qualcosa, gli sfugge quasi tutto –, ma Naruto lo precede, infervorandosi.
«Eri tu che lo volevi! Ora cosa, non vuoi più? Arrivati a questo punto?»
E Sasuke esplode, furioso.
«Non sono capace! Dovevi chiederlo a lei!» e indica Hinata, ruggendo. Perché è questa la verità: lui non è fatto per una cosa del genere, e non lo dice solo la biologia. Lo dice tutto, proprio non funzionerebbe. Il condominio verrà su deviato, diventeranno dei criminali sociopatici e poi come glielo spiega che li ha partoriti? E non sa come si cambino i pannolini, Sasuke: non sa niente di quelle cose, di come si faccia il genitore, di come si faccia ad essere come Hinata, che spegne e accende il pargolo e sorride sempre ed è così amabile. Non lo sa come si fa, Sasuke: non è una cosa che ha imparato, quel poco che sapeva è morto, annegato in una patetica pozzetta di sangue sotto il cadavere di sua madre e Naruto sta messo peggio di lui: secondo il Grande Eroe Del Villaggio, il ramen è un pasto completo ed equilibrato; per il Magnifico Futuro Hokage, le verdure sono quelle robe incartate nelle bustine di condimento del ramen istantaneo. Sasuke non è neanche sicuro che Naruto sappia di preciso come si fa un bambino, anche se ora che ha scoperto che la gravidanza si prende come il raffreddore non è che si senta molto ferrato in materia, anche lui. A maggior ragione non c'è speranza, non riuscirebbero a fare niente ed è tutto sbagliato perché è sempre tutto sbagliato, e bagnato è tutto bagnato.
«Oh, merda».
Stavolta nessuno copre le orecchie di nessun marmocchio o, se lo fa, Sasuke non se ne accorge: tutta la sua attenzione è focalizzata sui suoi piedi, lì dove acqua è colata contro le gambe, giù sul tatami, sopra la cartacce che contenevano cosine. Non sa come funzioni, ma capisce che non va bene quanto comincia ad avvertire un dolore come un kunai piantato nel bassoventre e la seria necessità di accartocciarsi a terra; cerca Naruto ma lui sta parlando con Hinata: tiene in braccio il pargolo Inuzuka e Sasuke pensa di dirgli che deve fare attenzione o lo morderà, anche se ormai è scivolato a terra tra le cosine e l'acqua si è rotta e partorirà e fa un male cane. Non gli importa perché il cosino Inuzuka non sembra più molto Inuzuka: è biondo e insaccato in una tutina arancione e ride, come ride Naruto e come ride Hinata lì accanto, e sembra che tutti abbiano qualcosa da ridere e Sasuke non pensava di poter più riuscire a provare un odio così spiccato per la felicità di qualcun altro, specialmente se quel qualcun altro coincide con la persona di Uzumaki Naruto, ma adesso sente di odiare con un'intensità dimenticata; odia Naruto e odia Hinata e odia Konoha e anche quel bambino biondo che ride e che non lo riguarda minimamente, mentre lui se ne sta accasciato lì a farsi squarciare la pancia dall'interno o non lo sa. Il salotto è sempre più lungo e largo, le voci si confondono tra le cartacce di cosine finché non diventa tutto un marronastro vomitevole che ondeggia mangiandosi via ogni cosa, anche Naruto.


Devono essergli cresciute delle tette anche sulle palpebre, altrimenti non si spiega perché sollevarle sia tanto difficile.
Trae un sospiro pesante, disturbato; c'è un rumore in lontananza, acuto e continuo: è una linea di azzurro vivido, qualcosa di sfrigolante e frastagliato come il chidori. È il pianto di un neonato.
Sasuke spalanca gli occhi così di colpo che per un momento le sue pupille non vedono niente e si è già portato quasi seduto, prima che una fitta lo costringa a ripiegarsi in avanti come una chiocciola.
«Ma sei scemo?» sbraita una nota voce arancione lì accanto, assieme al grattare metallico della sedia, che deve essersi spostata di mezzo metro mentre Naruto sussultava colto alla sprovvista.
Sasuke finalmente focalizza i piedi del suo letto e la parete bianca lì di fronte, prima che la faccia di Naruto entri nella sua visuale e le mani del solerte jinchuuriki lo spingano di nuovo su quel letto che chiaramente è un letto d'ospedale: è bianco, sottile, scomodo e piccolo.
«La gente normale prima apre gli occhi e poi si alza, eh!» lo ammonisce la voce di Naruto, e peccato che sembri pallido e spettinato o quella forse sarebbe potuta anche somigliare ad una battuta.
Sasuke, comunque, è troppo distratto a corrugare la fronte in cerca di un senso per prestare attenzione allo stato arruffato del compagno.
Lo guarda in faccia per un lungo momento e smette di respirare mentre focalizza il problema.
«E i bambini?» domanda a due occhi azzurri che si sgranano e lo studiano come se stesse delirando.
«Bambini? Quali bambini?»
«Il piccolo Jiraiya e...» inizia Sasuke, i suoni che gracchiano secchi nella gola. «I bambini, usuratonkachi, i bambini!»
«Jiraiya... Che c'entra Jiraiya? Quali bambini... ? Sakura chan!» chiama lui, cercando di liberare la felpa dalla presa ferrea di Sasuke, che sta cercando o di soffocarlo o di attirare la sua attenzione nel modo sbagliato.
Nessuna Sakura si manifesta in corridoio ma, in compenso, ricomincia il pianto. Le dita di Sasuke lasciano la stretta tanto rapidamente che il contraccolpo quasi fa cadere Naruto dalla sedia; recupera poggiandosi sul letto e seguendo il profilo dello psicopatico che punta la porta come un setter da caccia – e se possedesse orecchie mobili, sarebbero sicuramente ritte in ascolto.
«Il bambino, Sasuke» ritenta Naruto in un tono calmo venato appena di preoccupazione; gli poggia una mano sulla spalla e lo spinge di nuovo sul cuscino, sembra tentato per un momento di legarcelo: lo guarda dritto negli occhi, fermo. «Il bambino di Hinata chan, ricordi? Cioè, non lo ricordi perché sei svenuto, ma poi ad Hinata chan si sono rotte le acque e... Beh, hai scelto un bel momento per svenire, in effetti!» e ridacchia, avvicinando nuovamente la sedia al letto con un barrito che fischia tra le orecchie doloranti di Sasuke.
L'ex nukenin chiude un momento gli occhi, nauseato, solo per aprirli di scatto e guardare giù, colto da un terribile dubbio.
«Niente tette» commenta, quasi boccheggiando.
Naruto emette uno «Mh?» poi uno «Mh», infine deglutisce. «Ed è un male?»
«Prima le ave... No, no che non è un male» si ferma un momento, pensoso, e spia in direzione della finestra accostata: deve essere mattina, non un'ora troppo tarda. Ci sono diverse cose che non tornano, effettivamente – di nuovo.
«Che è successo?» si decide finalmente a domandare e pare sia la domanda giusta, perché anche Naruto sembra un po' rilassarsi sulla sedia; gli sistema un lembo sgualcito del lenzuolo così, come cercasse qualcosa da fare.
«Citando Hanabi chan, sei “l'unico pericoloso ex nukenin delle Cinque Terre che in missione, invece di farsi ammazzare dai nemici, si fa ammazzare dall'appendicite”. Era parecchio agitata per Hinata chan, quindi ha urlato altri insulti e comunque lei lo dice meglio, ma...» si stringe nelle spalle, scuotendo la testa come per scacciare una mosca. «Ci stavi rimanendo secco tutto da solo, non mi posso girare un minuto».
Lo fissa con due occhioni da gufo impagliato che ucciderebbero un cuore sensibile: fortunatamente Sasuke non è per niente sensibile e, oltretutto, sta rimuginando.
«Appendicite. Appendicite?»
«Sì, sai... È una cosa tipo un pezzo di intestino che si gonfia e bleah, che ne so... Comunque, Sakura chan l'ha tolto. Ma te la sei vista brutta perché c'era il non so cosa quasi perforato e stavi andando in peritontite...» si ingarbuglia – un disastro medicale – e fortunatamente dall'occhiataccia che Sasuke gli indirizza, afferra che lui sia perfettamente al corrente di cosa dovrebbe essere un'appendicectomia, grazie. «Beh, l'importante è che sia tutto a posto, no?» conclude, battendogli una mano sul braccio con impaccio e delicatezza commovente.
Il capo di Sasuke annuisce per lui, lentamente.
Tutto a posto: potrebbe stare meglio – effettivamente sente ancora il vago bisogno di vomitare, oltre ad uno stordimento diffuso –, ma non ha tette, pance, dinodrilli e Naruto è lì seduto come una bionda fusione tra una chioccia e un cane da guardia, stropicciato ed elettrico.
Quando il pianto riparte, sussultano entrambi come due genin fifoni.
«Il bambino di Hyuuga» commenta Sasuke, teso.
«Sì!» esclama Naruto, di colpo entusiasta «È una bambina, in realtà. Dovresti vederla, è una roba minuscola e stanno tutti lì a dire a chi assomiglia, ma io veramente... Insomma, è tutta grinzosa e strana, non penso che assomigli davvero a qualcuno, forse è troppo piccola... Però strilla veramente forte! È in salute!» ridacchia. «Anche Hinata chan sta bene, sai. Ci ha messo un po' a sfornarla, pare, ma è stata veramente eccezionale».
«Veramente eccezionale».
«Ehi, ma tu stai bene?» lo interroga di colpo Naruto, studiando le sue sopracciglia contratte. «Chiamo Sakura chan. In realtà dovevo chiamarla lo stesso quando ti svegliavi e...» si blocca quando viene afferrato per un polso e squadrato da due serissimi occhiacci neri.
«Tu ne vuoi» davanti alla faccia stralunata di Naruto ha la bontà di aggiungere: «Di bambini. Tu ne vuoi uno. O magari più d'uno».
«Perché» ribatte il jinchuuriki, col tono sbagliato. Si schiarisce la voce. «Mi sono perso, io voglio i bambini? Quali bambini?»
«Un bambino» mugugna Sasuke, quasi offeso. «Insomma, uno. Un bambino... Hai capito!»
Le sopracciglia di Naruto vanno su e poi giù, finché l'eroe di Konoha non si volta verso la sacca della flebo e la soppesa con le dita, turbato.
«Ma che ci hanno messo, qua dentro...» domanda, prima che Sasuke gli assesti un pungo inaspettatamente violento dritto nel fianco. «Oh, ma sei scemo?» protesta l'eroe, piegato in due. «Devono essersi confusi e averti asportato pezzi di cervello, in quella sala operatoria!»
«Rispondi e basta!»
«Non gridare!»
«Non dirmi quello che devo fare! Li vuoi questi diavolo di figli sì o no, non mentire» accusa, lo sguardo affilato e il tono tagliente.
Naruto lo guarda come fosse diventato definitivamente pazzo, gli occhi due palle nella cavità orbitali e le sopracciglia a svolazzare nel mezzo della fronte.
«I figli di chi? Tu vuoi figli?»
Sasuke ricade sul letto, esausto come se avesse appena traslocato; la pancia gli manda qualche fitta di protesta.
«I figli di Hinata... No, i- Tu hai detto ad Hinata che volevi dei figli».
Attende col silenzio che gli ronza nelle orecchie ed è così stanco, tutto d'un colpo, che forse la risposta neanche gli interessa e gli sembra che le cose al solito non si incastrino come si deve: l'universo è un posto senza senso in maniera veramente stressante e quasi gli si sbriciolano gli organi interni a pensare quanto sarebbe molto più giusto avere vicino un Itachi che spieghi tutto con quel suo tono pacato: Sasuke se lo ricorda com'era con Itachi, prima che il mondo impazzisse. Lo stordiva di domande e lui sempre lì a rispondere con pazienza; e non cose buttate a caso, si vedeva che ci pensava seriamente su, anche sulle domande impossibili. Tutti avrebbero bisogno d'un Itachi che risponda alle domande: il mondo diventerebbe un luogo più sensato, senza dubbio.
Sente la mano di Naruto poggiarsi dubbiosa sulla sua fronte e, senza aprire gli occhi, decide che alla fine gli va bene anche così: quella faccenda dei figli è inquietante e lui muore di sonno. Non vuole più saperlo, magari dormirà.
Il jinchuuriki sembra aver deciso che, no, non sta delirando per via di una qualche febbre tropicale, quando si riaccomoda sulla sedia in uno struscio che convince la palpebra destra di Sasuke a sollevarsi di qualche millimetro.
«Io non voglio figli da Hinata» prova a stabilire, cauto. «Perché dovrei?»
L'ex nukenin mugugna, stordito.
«Perché tu l'hai detto...»
«Non da sobrio, spero!» ride Naruto, sconcertato. La baldanza si affloscia davanti all'occhiataccia di Sasuke. «Sasuke, ti hanno appena tolto un pezzo di intestino o qualunque cosa fosse e mi sa che sei un po' confuso».
«Io non sono confuso, tu sei...» si interrompe, con l'indice levato in cerca di un insulto, ma sembra che l'ovatta nel suo cervello gli impedisca di ragionare come si deve; i ricordi di quel sogno vivido si assottigliano sempre più in filamenti di sensazioni vaghe e di colpo pensa che forse sì, forse è davvero un po' confuso.
«Sul divano» ricomincia, sforzandosi di focalizzare. «Tu hai detto a Hinata che volevi figli tuoi».
«Quale divano... Quando è successa, 'sta cosa?»
«Idiota» lo apostrofa Sasuke, docile.
Il silenzio indaffarato dell'ospedale li raggiunge in forma di passi distanti e carrelli che cigolano nei corridoi; si sente sempre il pianto di Inuzuka junior a fasi alterne: quella bambina ha corde vocali portentose.
«Ah, ma!» ride di colpo Naruto, dopo una lunga, profonda cogitazione fatta di smorfie concentrate, alla cui conclusione decide opportunamente di tirare un pugno leggero allo psicopatico. «Ma quanto sei deficiente? Allievi! Allievi, cretino!»
«Allievi» commenta lui, e chiude la palpebra perché tanto non ci sta capendo niente.
«Allievi, non ti ricordi? E dire che l'hai proposto tu...»
Sasuke si incupisce, piccato.
«Io non ho proposto proprio niente».
«Come no, l'altro giorno, a colazione!» ricorda l'aranciosa voce dell'eroe di Konoha, che sta dondolando sulla sedia, a giudicare dal rumore. «E poi ne ho parlato con Hinata chan, e... Io e Hinata vorremmo provare a prendere il diploma da sensei... Cioè, quando la bambina sarà un po' cresciuta, anche lei vorrebbe provare. E anche Lee e pure Shikamaru!»
Quando riapre gli occhi, Sasuke si trova sovrastato dall'espressione assolutamente felice dell'imbecille.
«Allievi» sentenzia, con lontana sorpresa. «Allievi, non figli».
«Non figli».
«No, beh. Non si può mica fare, no? Voglio dire, io e te».
«No».
Naruto annuisce, una mano dietro la nuca.
«Vado a chiamare Sakura chan, okay?» conclude, alzandosi. «Non dirle che abbiamo sbraitato quando eri appena sveglio, eh! Se no mi pesta. Non muoverti!»
Sasuke vorrebbe chiedergli dove diavolo dovrebbe mai andare, mezzo tagliuzzato, ricucito e appiccicato ad una flebo, ma lascia perdere. La macchia arancione ruzzola fuori dalla stanza come una scimmia iperattiva e lui rilascia un sospiro pesante, prima di spalmarsi contro il cuscino e sprofondare.
Fa per chiudere gli occhi, solo per venir colto dall'improvvisa impellenza di sollevare il lenzuolo e sbirciarci un momento sotto.
Sembra tutto okay: di nuovo niente tette. Da quell'angolazione vede poco, ma c'è una grossa garza pulita in basso, sulla destra: appendicite.
«Niente piccolo Jiraiya» borbotta, e non sa se sia sollievo o cos'altro.
Resta in silenzio per un momento, serio.
Il pianto di Inuzuka junior si è chetato, ma dalla stessa direzione arriva un vociare di gente allegra, quello che è un po' strambo sentire in un ospedale; sopra tutti, la voce inconfondibile di Kiba ride trascinante, emettendo versacci a metà tra l'umano e il bestiale che, tecnicamente, dovrebbero provocare l'ilarità della neonata.
Sasuke è quasi certo che i neonati non abbiano senso dell'umorismo e che, se lo avessero, non riderebbero certo dinanzi allo spettacolo d'un genitore spoglio della sua dignità.
Alla fine non c'è niente di speciale nello sfornare creaturine: il mondo fa abbastanza schifo per quelli che ci sono già, non c'è proprio il bisogno di incrementare la natalità solo al fine di incrementare la mortalità. Poi alla faccenda del clan Sasuke non è che ci abbia mai creduto: la questione iniziava e finiva con Itachi, non era neanche contemplato sopravvivere ad Itachi, figurarsi sfornare pargoli in un mondo in cui Itachi è morto in quel modo dopo aver vissuto in quel modo. Fuori discussione, neanche a Naruto dovesse di colpo crescere un utero nel vano vuoto tra le orecchie.
Non è una cosa che serva, quella. La gente è solo ossessionata con la questione del perpetrare la specie umana, ecco tutto.
A lui va benissimo così, non gli serve niente. A lui.
Il secondo dopo, Sasuke e la sua fedele flebo sono arrancati eroicamente – o stupidamente, se si dovesse chiedere il parere professionale di una Sakura a caso – fino alla porta, trascinandosi dietro la sedia di metallo su cui stava Naruto con un fracasso che si somma al perenne vagito inuzukiano.
Finisce imprecando ad aggrapparsi allo stipite ed è sentendosi stupido e insieme molto Uzumaki – quindi sì: stupido – che mette piede in corridoio con una decisione che cozza con lo stato delle sue budella e con l'imbarazzante pigiama ospedaliero in un modo che tra due secondi lo farà pentire d'essere nato; intanto non ci pensa: sbraita un «Naruto!» imperioso, la sacca della flebo a ballonzolargli sulla testa.
Naruto, già fermo in corridoio e voltato per via del frastuono, strabuzza gli occhi e lo fissa.
«Ma tu sei fuo- !» inizia, e ha già coperto due metri con una falcata sola, prima che Sasuke prosegua.
«Se potessi, li vorresti?»
Il jinchuuriki inciampa nei suoi piedi e Iwashi si affaccia dalle scale, con un barattolo sterile vuoto in mano: li fissa per un paio di secondi, poi bofonchia «Torno dopo...» e gira i tacchi.
«Eh?» esala Naruto, gli occhi puntati su quel Sasuke ritto in piedi e solenne come stesse lì a impartire una grande lezione morale all'intero reparto.
«Rispondi e basta. Se potessi, li vorresti?»
«I figli?» geme lui, sconfortato e indeciso se tirargli un destro e ritrascinarlo a letto per i piedi o chiamare Sakura urlando. «Io- Non lo so, voglio dire, non ci ho mai pensato, perché... Perché, tu li vuoi?»
Sasuke guarda la sua faccia di colpo sconvolta e si sente un po' sadico, mentre se ne compiace.
«Neanche morto».
«Okay» fa Naruto, sollevato.
«Però se potessi, tu...»
«Sasuke!» ribatté solo il jinchuuriki, gli occhi strabuzzati.
Si fissano per un momento, lungo: Raido, appena uscito dal bagno con un campione di urina in mano, si ferma indeciso su se azzardarsi ad attraversare il corridoio o meno.
Le sopracciglia di Naruto si corrugano tracciandogli una piega sulla fronte, mentre finalmente prova a concentrarsi con serietà.
«Non lo so, forse sì. Cioè, se uno di noi fosse femmina, ecco. Allora credo di sì, forse ci avrei pensato e l'idea non mi sarebbe dispiaciuta» tituba, l'espressione un po' allucinata un po' persa, forse ad immaginare le sconvolgenti implicazioni – le tette, per esempio.
Sasuke, ancora abbrancato allo stipite della porta e con l'asta della flebo incastrata nella sedia, annuisce. Poi solleva lo sguardo e pensa che Naruto sembra veramente stupido, lì in piedi in corridoio a pensare come sarebbe se uno di loro due avesse un utero e dentro ci fossero dei marmocchi. Forse sta pensando che uno vorrebbe chiamarlo Jiraiya e che dovrà combattere a lungo perché gli sia davvero consentito punire un pargolo con un nome del genere. Non ci sono uteri Hyuuga, nella sua testa, né nei suoi occhi, e Sasuke spera veramente che tra i sintomi dell'appendicite ci siano pure delirio e paranoie, così potrà sentirsi almeno in parte giustificato per tutta quella vomitevole faccenda da ragazzina ormonale.
«Voglio un dannato letto matrimoniale, idiota» mugghia infine, con sommo sdegno.
«Fantastico...» commenta Raido, decidendo di tornare dritto nel bagno e chiudersi la porta alle spalle.
«Un let- Oh» il sorriso di Naruto barcolla un po', allucinato ma sincero. Poi scoppia a ridere. «Matrimoniale? Vuoi un- Okay! Sì, cavolo, compriamolo!»
Sasuke annuisce con tutta la compostezza di cui uno col camice ospedaliero e una scultura postmoderna di flebo e sedia adesa al corpo sia capace e Naruto si illumina tutto, raggiante.


Genma apre la porta che lo sciacquone è ancora in funzione; il barattolino è caldo e puzza e lui decide di studiarselo per bene alla luce del lampadario, con occhio critico.
«Che cavolo ci fai ancora qui?» sbotta, quando dietro il giallo deformante inquadra Raido, che se ne sta appoggiato alla porta con espressione annoiata.
«Non uscire» risponde solo, senza guardarlo. Sospira.
Genma lo fissa come se il collega avesse urinato materia grigia, invece che pipì.
«E perché?»
«Perché Uchiha sta chiedendo a Naruto di sposarlo. O qualcosa del genere».
«Mh» commenta l'altro, lavandosi le mani, le sopracciglia un po' aggrottate e il senbon penzolante. «Pensavo gliel'avrebbe chiesto prima lui».
Raido si stringe nelle spalle.
«Guarda che il matrimonio tra maschi non esiste mica».
«Credi davvero che una simile inezia potrebbe fermare Naruto?»
Il sopracciglio ammiccante di Genma è tutto un programma; Raido appoggia la nuca alla parete e sospira di nuovo, rassegnato.
Se davvero quel Naruto diventerà Hokage, li aspetta un'era in cui sarà difficile annoiarsi.



Nda
Okay, stendiamo un tendone da circo pietoso e se volete leggere una mpreg vera, andate qui: è della festeggiata, che a differenza mia è una persona seria.
Tra l'altro, un po' di colpa va anche ad Aya, benché lei non lo ricordi (pentiti!): nel periodo del boom delle mpreg – davvero, non l'ho sognato, c'è stato un boom delle mpreg sasunaru XD – ha lamentato che nella maggior parte dei casi fosse Naruto quello destinato a PARTORIRE CON DOLORE: è lei ad aver designato la vittima, quindi, la mia stupidità è solo un danno collaterale.
Tanti auguri, anna! Porta pazienza e resta radiosa nonostante le mie cavolate <3


Come sempre, non mi appartiene niente (neanche i biscotti a forma di dinosauro, ora che ci penso... Cioè, tecnicamente sì, ma si trovano prima di tutto in questa flash della solita beneamata slice, oltre che nella mia fantasia. Vorrei dei biscotti a forma di dinosauro in questo momento, uffa).



  
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