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Autore: Dani85    12/07/2013    2 recensioni
Raccolta incentrata sul rapporto tra Anna e Luca. A cominciare dal loro primo incontro, seguirà lo sviluppo dei fatti così come DdP li ha fatti conoscere e vi ci si inserirà arricchendoli e magari cambiando qualcosina.
Partecipa al The Itten Challange indetto sul Forum di EFP.
Dal I Capitolo:
«Mmm sei capitata in un momento un po' incasinato ma, di solito, c'è sempre un sacco di gente qui! Avrai modo di conoscerli tutti e sono sicuro che ti piaceranno!»
Anna avrebbe voluto dirgli che dubitava che la gente che l'aveva ignorata potesse piacerle ma non lo fece. Il sorriso pieno e gli occhi amichevoli di Luca, mentre le offriva un caffè, le stavano chiedendo di dare una possibilità anche agli altri. Gliela avrebbe concessa, decise, intanto che portava il bicchierino di carta alle labbra. Ma sarebbe andata male comunque, lo sapeva.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto , Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Chiamalo destino
Autore: Dani85 [Dani85° sul forum EFP]
Fandom: Distretto di Polizia
Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto, un po' tutti
Paring: Nessuno
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo
Rating: Verde
Tabella: Rossa
Prompt: Primo bacio
Note: Storia scritta per il "The Itten Challenge" indetto da Edelvais Verdefoglia sul Forum di EFP.
Prima shot della seconda tabella della Challenge: si pone più o meno a cavallo tra la fine di Distretto 6 e l'inizio di Distretto 7. Momento, quindi, temporalmente a random XD
Dunque, nessuna indicazione particolare: siamo già nella casa che Luca e Anna condividono, alle prese con uno spaccato di vita insieme agli amici. Le insinuazioni sul loro rapporto sono state ammesse dalla stessa Anna durante il secondo episodio di DdP7 ("Il branco", Anna e Luca sono in macchina) e quindi sono canon u.u L'episodio citato nell'ultima parte della shot fa invece riferimento al bacio in archivio che i due si sono scambiati sul finire di DdP6.
Il titolo e i versi iniziali di questa shot sono presi da "Noi" di Eros Ramazzotti.
A Sara, come sempre ♥♥
Buona lettura a tutti :*

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Questa nostra stagione

Chiamalo destino

Chiamalo destino

I sogni se ci credi,
non sono che realtà in anticipo
[Noi – Eros Ramazzotti]

Al di là della porta chiusa della propria stanza, Anna poteva sentire la casa prendere vita. Il vociare dei suoi amici le arrivava ovattato e confuso – come il mormorio di una preghiera in chiesa, come la ressa di un popolo in piazza – e la musica le vibrava sotto i piedi nudi, come la scossa di un solletico. La stanza era ingombra di cose, con il letto che era praticamente sparito sotto una montagna di vestiti e un mucchio di scarpe disseminate sul pavimento manco fossero le briciole di Pollicino, eppure Anna vi si muoveva con leggerezza, perfettamente a suo agio in quel caos scombinato. Lo specchio lungo e stretto appoggiato contro una parete le restituì l'immagine di una ragazza in intimo e coi capelli sciolti, l'immagine di una ragazza in ritardo.
In mostruoso ritardo! si corresse mentalmente lei e maledì Luca per tutto il tempo che lui – lui – aveva impiegato per fare quella stramaledettissima doccia. Cioè, tra tutti i difetti possibili, Luca doveva avre proprio quello di impiegarci secoli a prepararsi?
Anna sbuffò mentre raccoglieva i capelli in una coda e li annodava in un improvvisato chignon, una decina di piccole forcine a fermarlo; un attimo dopo era già scivolata in un vestitino a palloncino azzurro cipria e in un paio di ballerine dello stesso colore. Si lanciò un ultimo sguardo attraverso lo specchio, breve quanto bastava per non pentirsi di quel vestito scelto al posto dei jeans, e poi uscì dalla camera. Restò qualche momento appoggiata con le spalle contro la porta chiusa, mentre i rumori della festa risalivano verso di lei fluttuando per il corridoio, poi prese un respiro profondo e si mosse. Non la faceva impazzire per niente l'idea di fare un ingresso in scena plateale: attirare l'attenzione era l'ultima cosa di cui aveva voglia ed entrò in sala in punta di piedi. Luca le dava le spalle e, in piedi accanto allo stereo e con una birra in mano, stava assistendo con Antonio a quella che aveva tutta l'aria di essere un'accesa discussione musicale tra Ugo e Ingargiola che si palleggiavano animati i loro cd tra le mani. Anna sorrise scuotendo la testa e intanto buttò un'occhiata d'insieme al resto degli ospiti. Alessandro se ne stava steso di sbieco su uno dei divani, occupandolo quasi per intero, batteva un piede a terra a ritmo della musica e sgranocchiava noccioline; Vittoria e Irene sedevano sull'altro divano, invece, intente a scambiarsi confidenze; infine, Stefano osservava l'angolo della robusta libreria in legno in cui Luca aveva appoggiato la sua risicata collezione di fumetti.
«Anna!» la chiamò Luca mentre allungava un braccio verso di lei affinché ne afferrasse la mano. «Ecco la padrona di casa!» ridacchiò e lei gli schiaffeggiò piano la mano testa che aveva appena sfiorato.
«Ti sei fatta attendere, eh?» la provocò Alessandro, buttando in bocca l'ennesima manciata di noccioline.
«Non è colpa mia! È che questo qui,» sbuffò spingendo Luca «è stato tre ore in bagno e mi ha fatto fare tardi!»
«Non ascoltatela!» fece lui e gli altri scoppiarono a ridere, mentre Irene tirava l'amica a sedere accanto a sé  e Alessandro se la svignava al tavolo del buffet per divorare, magari, un'altra ciotola di noccioline, o qualcosa di più sostanzioso.
«La casa è bellissima!»  esclamò Irene, anticipando di un soffio Vittoria e la sua identica frase. Le due voci si erano poi sovrapposte e Anna ascoltava i commenti e i complimenti alla nuova casa con l'aria di chi di quella nuova casa è orgoglioso. Trovava con gli occhi ogni cosa le amiche commentassero – dalla stoffa bianca con cui avevano ricoperto i divani alle impronte delle mani sue e di Luca ancora fresche di vernice lì, in un angolo della parete vicino al balcone – e sorrideva fiera. Per la prima volta da un'infinità di tempo ciascuna cosa, ogni singola cosa, della casa in cui si era andata ad infilare le apparteneva. Lei aveva scelto i copridivani bianchi, lei aveva scelto il giallo e il verde per sporcare il muro con le loro mani, lei aveva scelto come mettere i mobili e in quale stanza dormire e i turni da fare con le cene e i piatti da lavare e la spesa da fare. Luca le si sedette accanto, appollaiato sul bracciolo del divano, e le toccò delicatamente una spalla come per riportarla al fiume di parole di Irene e Vittoria, buffamente esaltate. Apparivano quasi frivole mentre discutevano di arredamento e di mobili e di quanto fosse bello il tavolo di vetro che avevano scelto e ad Anna piacevano infinitamente. Era bello sentirsi leggere, lasciare il lavoro al Distretto e vivere. Semplicemente vivere, con le chiacchiere delle amiche nelle orecchie e il calore di Luca a cui si era appoggiata, una spalla e la testa contro un suo braccio, mentre Antonio osservava tutto e apparentemente niente rivolgendole un sorriso da Sfinge, di chi sa e non dice.
«Sì be', bella casa ma mica tanto ordinata!»
La bolla in cui Anna si era inconsapevolmente estraniata si ruppe e la voce di Alessandro le arrivò alle orecchie sinceramente divertita. Un po' troppo divertita.
«Non è disordine!» protestò Luca.
«Ah no?» lo sfidò Berti.
«No, sono semplicemente libri che dobbiamo ancora sistemare!» spiegò lui, il tono che divenne un po' scocciato verso la fine della frase quando vide l'amico accucciarsi sui calcagni e tirare fuori uno dei due scatoloni - gli unici due scatoloni che ancora vagabondavano per casa - da sotto il tavolo.
«Che ficcanaso che sei Alessa'!» commentò Ingargiola e intanto Irene sprofondava un po' di più sul divano con una faccia sconsolata che era uno spettacolo.
«Una noiosa Enciclopedia, romanzi, gialli - uh, questo l'ho letto anche io: bello! - ancora romanzi...»
Alessandro si era messo a rovistare nello scatolone con assoluta nonchalance; senza curarsi di essere invadente, spostava e rispostava i libri, come se cercasse qualcosa ma nemmeno lui sapesse cosa. Luca si era rassegnato subito a lasciarlo fare e nemmeno aveva provato a protestare e, ora, lo osservava appena un po' divertito mentre consumava a piccoli sorsi la birra che ancora aveva in mano. Anna, invece, sembrava stesse ancora decidendo se arrabbiarsi o ridere dell'amico.
«Libri di cucina? No, ma seriamente raga'? Libri di cucina!» esclamò ad un tratto Alessandro, mentre sventolava verso di loro un paio di volumi dalle copertine colorate e rideva. Sì, soprattutto rideva. E, onestamente, Anna non aveva idea di cosa, in dei libri di cucina, divertisse tanto quell'uomo.
«Sono miei quei libri, posali Ale!» saltò su lei, infastidita, il vestitino che le si gonfiava attorno ai fianchi come una nuvola di primavera.
Alessandro scoppiò in una fragorosa risata, ancora acquattato accanto allo scatolone, i libri ricacciati dentro non troppo delicatamente per sottrarsi alla foga oltraggiata di Anna.
«Così li rovini!» protestò, già lanciata all'assalto, ma Luca scivolò dal bracciolo al divano e l'afferrò al volo per un polso.
Anna si ritrovò seduta sulle ginocchia del ragazzo, una mano a tenerle ferme le sue in uno strano mezzo abbraccio. Antonio annegò l'occhiatina complice di Vittoria in un una lunga sorsata di coca cola.
«Non hai visto come li ha ributtati dentro la scatola? Sono libri, si rovinano!» si lamentò di nuovo Anna, assolutamente a proprio agio in quella strana posizione, le braccia ancora bloccate, le spalle contro il petto di Luca e il viso ad un palmo dal suo. Non sembrava essersi minimamente accorta dell'occhiatina in tralice di Irene, né dello sguardo intenerito di Vittoria, né tanto meno di quello inquisitorio di Antonio e di quello dubbioso di Alessandro. Se ne stava tranquillamente seduta in braccio all'amico, a divincolarsi come una bambina dalla sua presa e a ridere, incurante di quella nuova sé che stava regalando agli amici.
«Sì sì, hai ragione! Dai Ale, allontanati da lì, lentamente e con le mani in alto!» scherzò Luca, mentre Anna riusciva a liberarsi e gli si scatenava contro come una piccola furia.
«Non sei divertente!» borbottò, un attimo primo che entrambe le braccia di Luca se la bloccassero contro in quello che era, a tutti gli effetti, un abbraccio.
«Dai Ale, davvero: lascia stare quei libri che, visto come cucina, le serviranno un sacco!» fece lui e Anna boccheggiò presa alla sprovvista.
«Che bel pesciolino!» ridacchiò Irene dal suo fianco, mentre lei liberava a forza le mani e si girava a schiaffeggiarlo piano, su una spalla, sulle braccia, sul petto.
«Guarda che io cucino benissimo!»
Ad ogni parola corrispondeva uno schiaffetto, al tono piccato di Anna si contrapponeva la risata di cuore di Luca. Erano belli. Belli da vedere, belli da sentire, belli da spiare. Belli.
Li trovava belli Vittoria, mentre cercava di capire se tutto quello fosse davvero solo amicizia, se fosse davvero possibile che quella nuova Anna che viveva potesse essere sbocciata da una semplice amicizia.
Li trovava belli Antonio, mentre cercava di capire per quanto quel rapporto speciale sarebbe stato vissuto come semplice amicizia.
Pensava e sorrideva, Vittoria. Pensava e taceva, Antonio.
Il campanello trillò, acuto ed insistente, sopra la musica e tutto il trambusto. Luca fece cadere Anna seduta al posto suo sul divano e andò ad aprire, una linguaccia sfacciata a tutte le sue reiterate proteste.
«Siete ingiusti! Voi nemmeno avete mai mangiato nulla cucinato da me!» accusò Anna, un dito puntato contro Ingargiola, Ugo e Alessandro.
«Questo è vero ma, ad occhio, mi fiderei di Luca!» insistette Giuseppe.
Il cuscino che gli arrivò in faccia fu un pregevole sfoggio di mira da parte di Vittoria.
«Sta' un po' zitto tu!» rise la Guerra e intanto Luca aveva già spalancato la porta.
Una donna minuta con incredibili occhi azzurri e una treccia di capelli bianchissimi sorrideva al ragazzo, le braccia strette attorno ad un gigantesco piatto.
«Ho portato qualcosina per la festa: così, per buono augurio!» esclamò la signora mentre tendeva il piatto a Luca.
«Grazie! Non doveva disturbarsi!» borbottò lui, uno sguardo di sottecchi ad Anna che stava cercando, con scarsissimi risultati, di mimetizzarsi col divano e rendersi invisibile.
Il piatto coi dolcetti regalo finì immediatamente requisito da Alessandro e, se le occhiate avessero potuto uccidere, quella che gli rifilò Luca lo avrebbe stecchito all'istante.
«Un vostro amico?» domandò la donna, contemplando divertita la scena.
«Sì, è anche un collega! E di solito non è così maleducato!» borbottò Luca a denti stretti, «Ma si accomodi, prego, le prendo qualcosa da bere!» aggiunse poi con un gran sorriso.
«Si sieda al mio posto, signora! Io vado a fare due chiacchiere col maleducato!»
Irene di alzò cedendo il suo posto sul divano e avanzò a passo di marcio verso Alessandro. Stefano pregustava già la scena dell'ennesima predica.
«Ciao bella, come stai?»
La signora salutò Anna con due baci sulle guance.
«Oh bene, e lei? Ragazzi, lei è la signora Enrica, la nostra dirimpettaia, mentre vi conoscete un po', io vado a prenderle qualcosa al buffet!» fece Anna tutto d'un fiato, prima di alzarsi di corsa dal divano.
Accanto al tavolo Irene aveva perso qualsiasi cosa voglia di rimproverare Alessandro per il suo comportamento quando, questi, gli aveva infilato in bocca a tradimento uno dei biscotti che aveva portato la signora.
«Sono buonissimi!» bofonchiò a bocca aperta verso Anna, quando se la trovò accanto.
«Mi fa piacere!» si limitò a dire lei, il tono funereo.
«Coraggio, Anna! Ora prendi questo, vai lì e affronti il tuo destino!» le disse Luca intanto che le passava un bicchiere di aranciata e un piattino di stuzzichini.
«Perché, tu non vieni con me?» chiese lei di rimando, una sottile sfumatura di panico nella voce.
«No, io vado a compiere un'altra missione! E poi, tu puoi farcela benissimo da sola!» sorrise lui, un piattino pieno di pizzette e patatine in una mano e un bicchierone di coca cola nell'altra.
Anna sbuffò arricciando le labbra in un'espressione un po' contrariata.
«Ma di che state parlando?» si intromise Alessandro, che di quello strambo scambio di battute non aveva capito assolutamente niente.
«Della signora Enrica!» spiegò Anna indicando con la testa la vecchina seduta accanto a Vittoria. «Abita nell'appartamento di fronte. È tanto carina e gentile eh, ma si è fatta un sacco di idee strane su me e Luca e sul fatto che viviamo insieme e roba così!» raccontò.
«Che tipo di idee strane?» volle sapere Irene.
«Idee strane, Ire'! Credo si sia convinta che io e Luca siamo fidanzati e non c'è verso di farle cambiare idea!» borbottò, mentre piantava lì gli amici e con un gran sorriso – pescato dove non si sa – tornava ai divani.
«Vieni Ale, andiamo a sentire un po' di 'ste strane idee!» rise Irene e, afferrati un paio di biscotti e una manica di Alessandro trotterellò dietro l'amica.

*


Enrica era impegnata in una fitta conversazione con Vittoria quando Anna le tornò vicino con gli stuzzichini e la bibita. Irene le era corsa dietro e si era buttata sul divano accanto ad Antonio, con Ale a rimorchio che aveva cozzato piuttosto dolorosamente con uno stinco contro il bordo del tavolinetto di vetro e ora imprecava tra i denti.
«Tipo curioso, il giovanotto!» commentò la vecchina, il piattino in bilico sulle ginocchia.
«Dica pure idiota, signora!» rincarò Irene roteando gli occhi. Antonio, al suo fianco, soffocò una risatina. Enrica annuì d'accordo, bevve due piccoli sorsi di aranciata e poi batté una mano su quella di Vittoria.
«Di cosa stavamo parlando noi, cara? Ah sì, di quanto siano carini Anna e Luca. Non trova anche lei che siano una splendida coppia!»
Anna provò l'irrefrenabile desiderio di diventare tutt'uno col divano; anche prendere le sembianze di quel povero cuscino che stava torturando non le sarebbe dispiaciuto. Invece, tutto quello che aveva ottenuto era stato arrossire e assumere una deliziosa sfumatura di rosa acceso. Vittoria coprì con l'altro mano quella della signora, con uno sguardo che Anna definì subito inquietante. Prima che l'amica potesse dire qualunque cosa, si affrettò ad anticiparla.
«Enrica, le abbiamo già detto che io e Luca non stiamo insieme!» esclamò con una vocina che risuonò acuta e stridula persino alle sue stesse orecchie.
«Sì sì, bella, lo so!» fece la donna e le batté una mano ossuta sulla spalla. «Sono timidi!» bisbigliò poi, rivolta agli altri. Anna cominciò a pensare che fuggire da lì non fosse una così pessima idea.
«Non siamo timidi: semplicemente io e Luca non siamo fidanzati!» provò un'ultima volta, le parole scandite ben bene una per una.
«E allora perché vivete insieme?» contestò la vecchina di slancio.
«Già, perché vivete insieme?»
Anna si voltò di scatto a fulminare Alessandro.
«Ale!» disse solamente in un bisbiglio sibilante.
«Sì? Dai, ripetimi un po' perché tu e Luca vivete insieme?» insistette Berti, le braccia incrociate al petto e uno sguardo inquisitorio.
Anna, adesso, si sentiva a disagio. Sapeva dove l'amico voleva andare a parare e non ne poteva più. Lei e Luca avevano passato giorni a spiegare ai colleghi – a spiegare ad Alessandro – perché avevano deciso di prendere casa insieme, e avevano passato giorni a spiegare ad Alessandro – solo ad Alessandro – il mucchio di cose che aveva frainteso.
Io e Anna ci vogliamo bene, ma solo come amici. No Ale, ti assicuro che Anna non mi piace nel senso che dici tu. Ale? Io ho altri gusti: le donne non mi piacciono.
Anna ricordava ancora il serrato botta e risposta con cui Luca, alla fine, aveva deciso di smontare i vaneggiamenti dell'amico. Ricordava ancora il suo parlare tranquillo e lo sguardo rassegnato di chi ha già dovuto spiegare se stesso a troppe persone. Ale aveva messo la parola fine a tutto quel discorso con un'alzata di spalle e un «Ah ok, allora solo amicizia tra voi!»
La questione si era conclusa lì, così, qualche battuta a stemperare l'imbarazzo.
Certo, poi ci si era messa quella simpatica di casa a immaginare per lei e Luca, confetti, fiori d'arancio, ciucciotti e pannolini. E Alessandro non aveva bisogno che di quello: qualcuno che vedesse le stesse sue cose – per inciso, cose che non esistevano – per tornare alla carica e fraintendere e insinuare. La cosa davvero inquietante poi, era l'incredibile silenzio che la domanda di Alessandro aveva portato con sé. Irene palleggiava lo sguardo tra i due ragazzi, curiosa e interessata, Vittoria scambiava occhiate complici con la signora Enrica, Antonio la osservava attento, e Ugo, Giuseppe e Stefano si godevano la scena assaltando quello che restava del buffet, all'improvviso la musica in sottofondo sembrò fare un rumore allucinante e Anna lo sentiva rimbombarle nelle orecchie col frastuono cupo di un grantamburo. Avrebbe dovuto rispondere, lo sapeva, e quel discorso lo avevano già affrontato così tante volte che ormai lo aveva mandato a memoria; tutti quegli occhi puntati addosso però le avevano legato la lingua e, istintivamente, si guardò attorno cercando Luca. Non lo trovò: la porta era ancora aperta e lui fuori chissà dove a fare chissà cosa.
«Vivono insieme perché hanno deciso così, Alessandro. Non devono mica spiegarlo a noi!»
Anna si voltò di scatto verso Antonio. Parmesan aveva risposto al posto suo, con una frase tanto semplice quanto incontestabile.
«Be', ora credo proprio che andrò a prendere uno dei biscotti che ha portato la signora Enrica!» parlò ancora, un sorriso cordiale scoccato alla donna mentre si alzava dal divano. Anna sentì la cappa di attenzioni dissolversi come una bolla di sapone e, tirando un sospiro di sollievo, raccattò i bicchieri vuoti dal tavolino e li usò come scusa per allontanarsi. Non le sfuggì il sorrisino strano di Vittoria intanto che si allontanava, ma lo ignorò volutamente.
«Grazie! Mi hai tolto da un bell'impiccio!» sorrise ad Antonio, quando l'ebbe raggiunto al tavolo.
«Niente di che!» minimizzò lui facendo spallucce. «Penso davvero che non siano affari nostri cosa c'è tra te e Luca, sono questioni vostre. A me basta sapere che Luca è felice, ne ha passate così tante...» si lasciò sfuggire poi, lo sguardo che vagava senza meta precisa, «E con te lo è!»
Anna fu spiazzata da quelle parole e dagli occhi gentili di Antonio che parevano sempre sapere qualcosa che tu nemmeno saresti riuscito ad immaginare. Qualunque cosa avesse voluto rispondergli, le parole rimase in bilico, a ballarle sulla punta della lingua, intrappolate in quel qualcosa di caldo che le era scoppiato in petto. Era orgoglio? Anna faticava ad identificarlo, raramente era stata orgogliosa di qualcosa, quasi mai di se stessa. E ora erano bastate quelle poche semplici parole, il fatto che Antonio la ritenesse un motivo della felicità di Luca, a farla sentire fiera di sé. Lei che non era mai stata utile a nessuno.
Con un bicchiere tra le mani e la testa piena di pensieri nuovi, Anna si avvicinò alla porta e si affacciò sul pianerottolo. Luca era lì, seduto sui gradini della scala che portava al piano di sopra, a chiacchierare con un ragazzino che divorava patatine. Anna sorrise a quella scena: quel ragazzino aveva gironzolato continuamente attorno a casa loro durante i giorni del trasloco e spesso li aveva osservati da quelle stesse scale, pronto a sgattaiolare via al prima tentativo di approccio. Finalmente però, sembrava aver ceduto – se non a Luca, almeno all'enorme piatto di pizzette e patatine con cui lui lo aveva blandito.
Erano belli, pensò Anna, seduti lì sugli scalini a cercare un punto d'incontro.
Era bello Luca, pensò Anna, col suo sorriso dolce e gli occhi pazienti, mentre pungolava il ragazzino e gli pizzicava piano un braccio e gli rubava le patatine.
La musica vibrava pigramente alle sue spalle mentre lei si scopriva incapace di spostarsi da lì, incollata allo stipite della porta ad osservare Luca. Le assurde convinzioni della vicina, i dubbi di Alessandro e le maliziose occhiatine di Vittoria le vorticavano in testa, affollandosi attorno alla figura del ragazzo, che sembrava riempire l'intero spazio di quel pianerottolo con la sua sola presenza, arroccato su se stesso, le braccia conserte sulle ginocchia e la testa di lato ad improvvisare un discreto piccolo terzo grado a quel ragazzino. Le voci rimbombavano sul granito delle scale, sottili e profonde insieme, quella del bambino e quella di Luca. Lui bisbigliava, parlava lentamente, come se tutta quella discussione fosse un gran segreto e sorrideva, sorrideva in continuazione.
Non trova anche lei che siano una splendida coppia?
La voce di Enrica e l'occhiata inquietante di Vittoria spazzarono via tutti gli altri pensieri dalla sua mente; come un'onda d'alta marea, cancellarono tutto e rimasero là, ad occupare tutto lo spazio che potevano. Anna sospirò piano, l'attenzione ancora rivolta ad ogni singolo movimento di Luca. Ed erano una cosa istintiva quegli occhi che non riusciva a togliergli di dosso, mentre si chiedeva cosa davvero del loro rapporto potesse essere così fraintendibile. Era la loro complicità? O la loro intesa? Il modo in cui si guardavano o si sfioravano, quasi senza rendersene conto? O era solo il fatto di aver preso quella casa insieme? Anna non capiva, davvero. Niente di tutto quello per lei era equivoco e ringraziò il fato che nessuno dei loro amici – né tanto meno la vicina – avessero la ben che minima idea dell'unica cosa davvero fraintendibile successa tra lei e Luca. Non voleva nemmeno immaginare il tormento che gli avrebbero dato se fossero stati a conoscenza di quel bacio.
Il bacio.
Anna chiuse gli occhi, un istante solo, e l'archivio le apparve davanti, con una marea di carte sulla scrivania e Luca a metterle in mano i fascicoli di ogni singolo caso a cui lei avesse partecipato, ogni pagina con la sua firma, ogni indagine risolta, ogni successo da poliziotta. Era stata quella la sua svolta vera, il momento da cui era finalmente ripartita, ripartita davvero. Niente più a cui dare un volto, un nome, un perché: tutto finalmente chiaro, affilato come il coltello con cui si era difesa da bambina, come quella lama con cui aveva allontanato il mostro.
“Senti, quando eri piccola ti sei sentita abbandonata, e la tua mente ha cercato di proteggerti. Adesso che hai in mano gli strumenti.. Dai! Usali!”
La voce di Luca riaffiorò tra i ricordi, bassa e calda, decisa e incredibilmente dolce, mentre la incitava a non mollare, a credere in sé stessa e nelle sue capacità, a non buttare tutto all'aria proprio quando tutti i suoi fantasmi potevano essere sconfitti.
“E poi tu non sei sola!”
Anna poteva quasi sentire la carezza di Luca sul viso, delicata e lieve come quel giorno, mentre dietro le palpebre chiuse si materializzavano i suoi occhi dolci e il suo sorriso incoraggiante, arrivato a spazzare via tutto ciò che restava dei suoi incubi.
Le labbra di Luca incendiarono inaspettatamente il ricordo, leggere sulla sua fronte e morbide sulla sua bocca, in quel loro primo bacio che era stato anche l'unico e l'ultimo. Anna aprì gli occhi di colpo, una mano artigliata allo stipite della porta e il respiro impercettibilmente accelerato. Si sentiva il viso accaldato e quando si passò una mano sulle guance non si stupì affatto di trovarle calde: era di sicuro arrossita. L'ombra del ricordo sembrò svanire scivolandole addosso. L'archivio sprofondò in qualche angolino della sua mente e lei tornò lì, il pianerottolo di granito tutto intorno, Luca e il ragazzino ancora sugli scalini e un ronzio ovattato nelle orecchie.
«Accidenti!» imprecò Anna sottovoce. Si sentiva una stupida adolescente alle prese con il suo primo bacio e il ragazzo più bello della scuola. Una stupida che aveva appena fatto un paragone idiota. Perché lei non era un'adolescente e Luca non era il ragazzo a cui mezza scuola faceva il filo. E allora per quale assurda ragione il cuore continuava a batterle forte in petto? E perché sentiva ancora il profumo di Luca avvolgerla, come se le avesse appena preso il viso tra le mani? E perché sentiva ancora il suo sapore di caffè e menta sulle labbra? Erano passate settimane – settimane – da quell'episodio, da quel bacio. Perché diavolo continuava a tornarle in mente?
Anna sbuffò, insofferente. Doveva smetterla di pensarci, e cercarvi una spiegazione non aveva senso. Perché un senso non c'era; nessun senso a parte l'unico che lei non aveva alcuna intenzione di considerare. La risata di Luca si mischiò alla musica che usciva leggera dalla casa e calamitò gli occhi di Anna. Lo sguardò si posò sulle sue labbra sorridenti, mentre lei sfiorava le proprie con due dita e sentiva ancora il sapore di quel bacio.
La voce di Alessandro che urlava qualcosa da qualche parte dietro di lei, interruppe il filo dei suoi pensieri e quando si voltò per sbirciare dentro casa incrociò lo sguardo incuriosito di Luca. Lei si voltò appena e lo vide fare lo slalom tra i divani per sfuggire ad un'Irene armata di cuscino.
«È solo Ale!» mimò con il labiale e Luca scosse sconsolato la testa. Lei lo osservò, quel primo e unico bacio che ancora le viveva sulle labbra che diventava un pericolo. Doveva smettere  di ricordarlo e di rivivirlo, perché sennò incolpare gli altri di fantasticare su qualcosa che non esisteva non sarebbe stato altro che ipocrita. Luca era un amico, le voleva bene ma non l'amava e mai avrebbe potuto amarla, quel bacio era stato un incidente di percorso in un momento di grande emotività, tutto qui, nessun grande sentimento dietro, nessuna passione, niente di niente. Un bacio tra amici, null'altro. Anna se lo ripeté – come se lo era ripetuto il giorno dopo in archivio – mentre sorrideva a Luca e qualunque cosa che non fosse amicizia tornava ad essere semplicemente un'insinuazione della signora Enrica.
«Ehi, Anna!» la chiamò lui tendendole una mano, Ti presento il mio nuovo amico!  le sorrise, una mano a circondare le spalle esili del ragazzino.
«Ciao, io sono Anna!» si presentò chinandosi alla sua altezza.
«Nick!» borbottò solamente lui intanto che si lasciava stringere la mano.
E Luca cominciò a raccontarle di quel bambino e del suo piccolo mondo, tutto compreso nello spazio di quella rampa di scale. E Anna si incantò ad ascoltarlo, il suo migliore amico e il suo tono allegro; si incantò a guardarlo, gli occhi tranquilli e il sorriso enorme; si incantò a ricordarlo, solo un po', solo un altro po', lui e l'archivio e quel primo bacio che sarebbe stato anche l'unico e l'ultimo.

  
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