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Autore: TaliaAckerman    13/07/2013    6 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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9




Dubhne scese le scale che portavano alle cantine con il sorriso sulle labbra. Non avrebbe potuto mangiare cena, quel giorno, ma al momento la cosa non le importava. Avrebbe parlato con Alesha. Finalmente avrebbe potuto risentire la voce della sua migliore amica. Le avrebbe raccontato del curioso incontro di quel mattino, della divisa indossata dal ragazzino e di quanto fossero brillanti i suoi occhi. Non era gente di Célia, la bambina l’aveva capito subito. Ma allora, da dove venivano? E chi erano? Era la prima volta che Dubhne riusciva a scorgere dei clienti del signor Tomson e non aveva idea del popolo a cui potessero appartenere lineamenti tanto aggraziati. Forse Alesha le avrebbe fornito qualche risposta.
Quando giunse nei locali sotterranei della sartoria, la bambina realizzò con orrore che anche Dills, Charlons e gli altri due si trovavano laggiù, probabilmente. Si fermò un istante, il vassoio contenente il pranzo di Alesha in mano. E se quei quattro l’avessero udita? Sarebbe sicuramente stato un ottimo pretesto per prenderla ulteriormente in giro, una volta usciti dall’isolamento. Riusciva quasi ad immaginarsi la scena.
Un ragazzetto con gli occhi blu e una mantella scura? Stai attenta, Dubhne, poteva essere un demone! fece nella sua mente la voce maligna di Dills, e la bambina riuscì persino ad udire gli altri apprendisti ridere di gusto. Ci mancava solo più quello. Poi, però, un pensiero le attraversò la mente. O meglio, una certezza: Dills, Charlons, Norik e Jay erano dei bastardi, subdoli e codardi, ma non erano di certo stupidi. Una volta assaggiata la severità delle punizioni di Tomson e la lealtà di Alesha avrebbero abbassato la cresta. Già.
La speranza si fece strada nel cuore della sventurata ragazzina e così, leggermente più decisa, riprese a camminare fino alle porte delle celle. Bussò alla prima e domandò, con voce sottile: - Al? Alesha, ci sei? Sei qui?
Nessuna risposta. Dubhne andò avanti, e pregando che a risponderle non fossero i quattro ragazzi, ripeté la domanda alla stanza successiva, e a quella dopo ancora. Alla fine, la voce dolce di Alesha le rispose dal buco di una serratura.
– Dubhne? Dubhne, sei tu? Ma… cosa ci fai qui?
Dubhne sorrise, felice più che mai, e attraverso una fessura apposita consegnò il cibo all’amica. – Ma… aspetta un attimo - fece Alesha sorpresa. – Come mai non è venuta Johanna? Non ti sarai cacciata in qualche guaio, spero…
- Stai tranquilla, non è successo niente – Dubhne pronunciò quelle parole senza troppa convinzione, ripensando all’episodio verificatosi nel cortile quel giorno. Poi proseguì:- Mi sono semplicemente offerta di saltare il pasto per portarlo a te e parlarti.
Il vassoio del pranzo rispuntò da dietro la porta. – Allora prendi metà del pane - disse risoluta la giovane Ariadoriana. Dubhne sorrise, un po’ triste per l’amica, ma poi spezzò a metà il pane. Dopo essersi assicurata di lasciare la porzione più grande all’amica, fece scivolare di nuovo il vassoio verso di lei. – Dai, ora mangia e ascolta, Al. Ti devo raccontare una cosa.
– Cosa?- chiese l’altra curiosa, addentando di gusto il proprio pane. Dubhne sospirò, poi cominciò a raccontare:- Vedi, oggi, dopo la… ehm…
lavata…
- Ah, era oggi? – la interruppe subito la ragazza in tono deluso. – Dunque dovrò aspettare un altro mese prima di levarmi di dosso questo lezzo…
- Sì, sì Al, ma… non ci pensare. Non vuoi sentire quello che ho da dirti?- Dubhne non voleva che l’amica si intristisse. -Allora, mi sono assentata un attimo, e mentre tornavo verso il refettorio ho visto… ho visto... non so…
Alesha, che cominciava ad avvertire un lieve disagio, chiese:- Cosa? Cos’è che hai visto, Dubhne? C’era qualcosa che non andava? Riguarda il signor Tomson?
- No, no, lui non centra. È… qualcosa di diverso.
– Avanti, racconta! – dal tono di voce, Alesha sembrò rincuorata. Dubhne cercò di trovare le parole giuste, e si guardò intorno.
– Tranquilla – la rassicurò Alesha come intuendo i suoi pensieri. – Loro non ci sono. Stanno pulendo i pavimenti su al secondo piano.
Sollevata, Dubhne si appoggiò alla porta della cantina, poi disse:- Proprio vicino allo studio del Padrone, c’erano un uomo e un ragazzino. Ma… non erano come me, o Dills, o Johanna, o il signor Tomson… non erano neanche come te.
– Sai che novità…- fece Alesha ironica. – Non è che ci siano poi tanti Ariadoriani da queste parti - sbuffò.
– Non avevo mai visto niente di simile.- riprese Dubhne sovrappensiero. – Non sono riuscita a vedere bene in faccia l’uomo, ma il bambino… aveva il viso pallido, chiarissimo, e gli occhi ancora più limpidi. Azzurri, bellissimi. E non era impacciato come me, o gli altri bambini della mia età. No, era elegante, silenzioso… aveva una voce strana. Leggera, sottile. E…ecco… - non seppe come terminare la frase. Non riusciva a spiegarsi.
Alesha non rispose subito. Dubhne avrebbe scommesso che l’amica si stesse grattando il mento in quel momento, come faceva sempre quando era pensierosa. Alla fine, con tono esitante, arrivò la risposta. Ma non esattamente quella che la bambina aveva sperato.
– Non ho idea di chi possano essere - disse la ragazza in tono piatto. – Di certo non erano Ariadoriani, se avevano i capelli scuri. Però… non hai pensato che il bambino potesse essere un mezzosangue?
- Un mezzosangue?- ripeté Dubhne senza capire. Non aveva mai sentito quella parola.
– Sì, un meticcio – continuò Alesha. – Un figlio di genitori di razze diverse. In Ariador… - e il suo tono si fece d’un tratto sognante – si dice che i mezzosangue abbiano incredibili poteri magici.
– Davvero? – fece Dubhne sgomenta, sgranando gli occhi. – Ed è la verità? Voglio dire, tu che pensi?
- Non saprei – rispose la giovane tornando mesta. – Non so nemmeno se i maghi esistano veramente o se siano solo materiale da leggenda…
- Ma Will Cambrest, lui ha riportato la magia nel continente, duecento anni fa! – esclamò la bambina; quella era la sua storia preferita in assoluto. – Se la sua storia è vera, devono essere veri anche i maghi e le streghe!
- Lo so, ma è passato così tanto tempo… - sospirò Alesha. – E in ogni caso a me non è mai capitato di incontrarne uno.
– Nemmeno a me.
Dubhne tirò su col naso, delusa. Nella sua mente si riaffacciò, ancora vividissima, l’immagine di quel bambino angelico. In quale angolo del pianeta era nato? Chissà… quanti territori, quanti luoghi a lei sconosciuti si estendevano oltre Célia, oltre lo Stato dei Re, oltre Fheriea? Non lo sapeva, ma in cuor suo si promise che avrebbe abbandonato quella città, che appena fosse divenuta abbastanza grande avrebbe viaggiato, girando per paesi remoti, lontana da Célia e dalla crudeltà di quella vita
– Che c’è?- le chiese Alesha ad un tratto. – Sei diventata silenziosa…
Quelle parole riportarono la bambina bruscamente alla realtà. Sorrise sconsolata. Tutte quelle immaginazioni non erano altro che sogni irrealizzabili.
Va bene, si disse, va bene, non è successo niente. Stai calma Dubhne. Piedi per terra.
– Non ho niente - rispose la bambina ad Alesha, forse in modo un po’ più scortese del dovuto. La giovane, tuttavia, sembrò non essersene accorta perché fece finta di niente. Passarono alcuni istanti, poi Dubhne scattò in piedi.
– Cavolo! - esclamò. – Tra poco tempo inizia il mio lavoro pomeridiano! Accidenti, Al, dammi il vassoio! - Fulminea, la ragazzina agguantò il vassoio da sotto la porta, e salutando Alesha corse verso le scale.
– Ci vediamo tra due giorni, Dub!- gridò l’amica. – Non fare sciocchezze, va bene?
– Contaci! - rispose lei da lontano.
Come se fossi così stupida, pensò poi, sorridendo debolmente. Alesha per lei era tutto in quel momento. Contava persino più di Johanna, più dei suoi stessi genitori. Era l’unica che poteva capirla veramente. Era la prima vera amica che avesse mai avuto in tutta la sua breve vita. Con Johanna andava d’accordo, certo, ma solamente ad Alesha poteva rivelare i suoi segreti, raccontarle le proprie paure, e i propri desideri. Mentre raggiungeva la stanza dei ricami, anticipando Heixa e le altre apprendiste di qualche minuto, passò davanti ad una stanza scarsamente illuminata. In ginocchio, sul pavimento, c’era Dills, intento a passare uno straccio bagnato sul pavimento. Non sembrava aver notato la bambina e per questo Dubhne fu molto grata al fato. Rimase un attimo a squadrarlo, guardandolo con odio e disprezzo. E un filo di paura. Poi, delle voci la fecero sobbalzare, e prima che il ragazzo potesse scorgerla, si unì alle altre sarte che si apprestavano ad entrare nella stanza dei ricami.
Mentre intrecciava pigramente i fili del proprio operato, i pensieri di Dubhne vagarono altrove, e nella sua mente riapparve il bambino misterioso. Anche se non aveva idea di chi fosse, provava un certo timore misto ad interesse per la sua figura, e non riusciva a pensare ad altro. Alla fine, l’ago le punse un dito in quel momento di distrazione, e lei fu costretta a concentrarsi sul proprio lavoro. Ancora non era abituata al dolore che le provocavano le dita sanguinanti, ma dopo le sofferenze che le avevano inflitto i quattro ragazzi, un semplice taglietto appariva come una cosuccia da niente. La ragazzina sospirò tristemente.




Note: non ho molto da dire: questo era il decimo capitolo. So che alcuni di essi (riferiti al passato) sono un po' di stallo, ma comunque... Vabbè. Siete sempre invitati a recensire, sia positivamente che negativamente. Se c'è qualcosa che non va nei miei testi ditelo, e proverò a migliorare:) Joanna :3
  
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