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Autore: Rucci    25/01/2008    10 recensioni
Le fiabe non saranno più le stesse, e la vostra infanzia verrà stravolta. O almeno questo è quello che spero.
{Barbablù} [RHADAMANTIS/KANON]
{Biancaneve} [AIOROS/SAGA]
{Cappuccetto Rosso} [DEATH MASK/APHRODITE]
{La bella addormentata nel bosco} [MILO/CAMUS]
{Cenerentola} [HYOGA/SHUN]
Genere: Parodia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Gemini no Kanon

« Once Upon A Time » Pictures presents...

 

 

 

Gemini Saga & Sagitter Aioros in

 

« Biancaneve »

 

 

      « Caro fratello,

      qui in città la vita scorre piuttosto monotona, senza di te. La signora nostra madre non fa che chiedermi tue notizie, anche a proposito della festa di Natale di cui ci hai parlato nella scorsa lettera. Le nostre sorelle stanno bene e sono impazienti di rivederti, perciò facci sapere al più presto. Saremo onorati, per Natale, anche dalla presenza del tuo consorte? Intendiamo presentarci con un regalo degno di lui, perciò non esitare nel caso ti vengano in mente consigli e suggerimenti a proposito.

      Come ti dicevo prima, nulla di rilevante è accaduto, a parte le poche scaramucce di cui ti accennavo nella scorsa lettera. Ikki ha scatenato una nuova rissa, ma sostiene di non averne la colpa. Ad ogni buon conto, ha massacrato tutti gli assalitori. Nulla di cui preoccuparsi, come vedi. Senza contare che Amelia, nostra sorella, ha finalmente trovato un corteggiatore degno di tale nome, che la sommerge di regali. Pare si sia definitivamente ripresa dallo spavento di “Barbablù”. Tutto a posto, quindi.

      Tuttavia, durante una delle mie lunghe passeggiate, mi è capitato di imbattermi in qualcosa di strano. Ora che tu sei altrove, ho più tempo per stare da solo e pensare, camminando, scoprendo ogni volta nuovi itinerari che spesso mi conducono oltre il limitare del bosco. L’episodio di ieri però è stato veramente singolare. Addentrandomi sempre di più nella selva, fiducioso, ho proseguito seguendo il mio istinto sino a raggiungere delle voci che già mi era parso di udire in lontananza, e ho scoperto che lì, nel punto più profondo del bosco, vi era un’intera comunità di persone. E che persone! Dovresti vederli, fratello: la loro testa non mi arriva alla cintola, portano tutti lo stesso copricapo e parlano una lingua incomprensibile, contorta e cupa, ma alla mia vista si sono come illuminati. Certo per via della mia incomprensibile altezza, si sono radunati tutti attorno a me farfugliando qualcosa in questa loro lingua credo piuttosto primitiva, e mi hanno trattato con molto riguardo. Volevano a tutti i costi farmi rimanere con loro – si toglievano il copricapo, meravigliati, non facevano che parlare, tra sé e con me, in maniera molto concitata, e avrebbero voluto trattenermi in tutti i modi. Mi hanno offerto dei doni, quando ho fatto segno di andarmene, e ho dovuto accettare manciate di pietre preziose dalle loro mani scure. Pietre pregiatissime, fratello! Loro stessi le cavano dalle loro miniere, tutte scavate nelle profondità della montagna che svetta sul bosco. Loro la considerano al pari di una divinità, e ne parlano con grandissimo riguardo, ma mostrano quasi la medesima deferenza al mio cospetto.

      Sono molto confuso, devo confessare. Suppongo che dovrei indagare a fondo su questa faccenda, ma, credimi, al momento non so che cosa pensare. Credo che tornerò presto a controllare, ripercorrendo la stessa strada, se quello di ieri è stato solo un sogno o un miraggio… eppure ne ho ricordi così vividi! D’altro canto, non so come comportarmi.

      Ti spedisco con questa mia uno splendido zaffiro, lucente come il mare stesso – questo paragone il tuo sposo potrebbe apprezzarlo – che era tra i doni dei misteriosi nani che ho incontrato. Fatico ancora a credere che non si sia trattato di una visione, voglio che anche tu tocchi con mano la testimonianza di quest’avventura così strana.

      Consigliami, Kanon – spero di avere presto una lettera in risposta. La signora nostra madre e le nostre sorelle si uniscono a me nel porgere i nostri saluti a Lord Rhadamantis. Nell’attesa di tue notizie, ti abbraccio.

 

                                                                                                                      Saga

 

      P.S. Mi chiamavano con un nome tutto particolare, di cui nonostante la grande fatica non sono riuscito a farmi spiegare il significato: Alles, Aires. Non saprei riscrivertelo. Ti giuro, fratello, che sono molto confuso. »

 

 

 

      « Caro fratello,

      anche a palazzo la vita è piuttosto noiosa, ti dirò. Per questo già progettavo la festa di Natale. Ti prometto che non appena avrò sistemato gli ultimi dettagli vi spedirò direttamente gli inviti ufficiali. Ne verrà recapitato uno anche a Ikki, a patto che non si porti dietro anche il fratello minore. Non per lui, quanto per i suoi amichetti. Non mi va di avere per casa il codazzo dei mocciosi al gran completo. Ovviamente Rhadamantis presenzierà alla festa. Approfitta di questa lettera per ricambiare cordialmente i saluti che gli avete inviato, e si unisce a me nell’augurarsi che possiate essere tutti nostri ospiti. Ci sarete tutti, vero? Amelia può portarsi dietro il suo galoppino, se lo desidera.

      Ti confesso che la tua storia mi ha parecchio incuriosito, e sono andato a documentarmi – per questo ci ho impiegato tanto a risponderti. Sei già tornato dai nanetti? Io ci sarei tornato. Voglio sapere al più presto che cosa ti hanno detto di altro. Fratello mio, è evidente che costoro ti hanno preso per una divinità! Io non avrei dubbi. L’esistenza di questo popolo era data per leggenda, ma ho trovato chi me ne ha parlato: gli anziani a palazzo li conoscono, non hanno un nome, sono semplicemente chiamati “i nani”. La gente crede che siano figure leggendarie, ritenuti i folletti che creano le pietre preziose. Adesso so che non è così. Sono operosi nanetti che si sono costruiti delle gran belle miniere: lo zaffiro che mi hai spedito era pregiatissimo. L’ho fatto stimare. Gran bel colpo.

      A proposito del nome che ti hanno attribuito, ho avuto un bel da cercare tra i libri della biblioteca. Sono poche le parole note della loro lingua, il che è comprensibile se essa suona davvero oscura come me la descrivi. Comunque, stando a quanto ho dedotto, la cosa più simile al nome che mi hai scritto potrebbe essere un composto di due parole, har-les, o ar-les “neve-bianca”. Non c’è da stupirsi, tu così chiaro in confronto alla loro pelle bruna, sarà stata la prima cosa che avranno notato assieme alla tua altezza.

      Praticamente ormai sei il loro dio, fratellone! Perché non torni a far loro visita? Sfrutta il carisma che la natura e in questo caso il fato ti hanno donato! Il conte necessiterebbe giusto un esercito di fanteria minore ben attrezzato. Facci un pensierino sopra, me lo prometti? Non è un’idea da buttar via. Il mio sposo si è mostrato notevolmente interessato, quando gliene ho parlato. Aveva quel luccichio sinistro negli occhi.

      Basta che non mi prometti di farti prendere dalle manie di onnipotenza e arrivare a tentare il colpo di Stato, siamo d’accordo, fratellone? Prima di arrivare a Sua Maestà o Sua Grazia il Principe dovresti marciare contro di noi, e non sarebbe bello. Lasciami almeno il tempo di radunare il mio esercito, o non potrò esserti d’aiuto nella tua scalata al trono.

      Ti abbraccio. Saluta mamma e le sorelle.

      Stammi bene,

                                                                                                                      Kanon »

 

Saga ripose la lettera che aveva ricevuto in risposta con uno strano turbamento nel cuore. Le parole di Kanon l’avevano riempito d’inquietudine.

Inizialmente se la rigirò tra le mani, più volte, poi finì per richiuderla in un cassetto, nervosamente. Diede un giro di chiave. Passeggiava in lungo e in largo su e giù per la stanza, senza riuscire a capacitarsi di quella strana ansia che si sentiva addosso. Se voleva essere uno scherzo, lo trovava abbastanza fuori luogo – di cattivo gusto, quasi.

Ma era quell’accenno al principe a suonare veramente sinistro. Saga aveva avuto in gioventù l’onore di fare la conoscenza del principe, e di essergli stato formalmente presentato. Quell’incontro era rimasto impresso nella sua mente con la forza di una luce abbagliante, tanto quanto il volto del nobile giovanetto, la sua grazia, la sua saggezza, la sua nobiltà d’animo. Ancora nei ricordi, il suo volto risplendeva come incorniciato da un’aureola.

Sarebbe morto, piuttosto di arrecare un danno a Sua Grazia il principe.

No, Kanon non poteva essere serio. Ma quella disinvoltura gli metteva come sempre i brividi. Saga si era sempre ben guardato dalla malizia che il proprio gemello ostentava più liberamente di lui. Distoglieva lo sguardo da un sogghigno più marcato degli altri, perché quel viso era identico al suo. Se lui…

Scosse la testa, a sopprimere una voce fastidiosa che gli era germogliata dentro. Si spaventò. Maledizione, Kanon!, si ripeteva. Non avrebbe mai dovuto chiedergli consiglio.

Normalmente l’avrebbe preso da parte e, dopo una bella lavata di capo, l’avrebbe rinchiuso a chiave nella sua stanza di modo che gli si rinfrescassero un po’ le idee. Da ragazzini una volta l’aveva tenuto un’intera giornata nello sgabuzzino, per colpa di qualche cattiveria che aveva detto. Una volta uscito, Kanon si era lamentato per giorni, neanche l’avesse segregato dietro le sbarre di una fossa marina, lasciandolo in balia dell’alta marea. Ad ogni modo, le attuali condizioni non glielo permettevano: Kanon era altrove, e decisamente ben protetto.

Decise di non rispondere al gemello, finché non gli si fossero schiarite le idee. Di certo, a scanso di tentazioni, quella lettera sarebbe rimasta ben chiusa dentro al cassetto.

 

La lettera rimase ben chiusa dentro il cassetto.

Ciò non impedì a Saga di raggiungere nuovamente il profondo del bosco, radunare i suoi nuovi adepti ed assoggettarli tutti al suo volere. Abbandonati i picconi, i coriacei e determinatissimi nani formarono uno squadrone d’élite che permise al suo condottiero di riportare numerose vittorie lungo lo sviluppo della sua politica espansionistica.

Con un input minimo, la parte oscura del giovane si era risvegliata, e pareva determinatissima a dare il peggio di sé: il nome dell’onnipotente Arles cominciò a spargersi a macchia d’olio tra tutte le autorità locali, allarmate da questa nuova comparsa. Era una stella in ascesa, poteva essere una cometa che sarebbe passata senza lasciare tracce dietro di sé tanto quanto una supernova in procinto di esplodere, coinvolgendo tutti – ed era sorto dal nulla, come se fosse il personaggio di una leggenda, destinato alla gloria e all’immortalità.

Saga osservava il suo volto allo specchio, inanellandosi attorno alle dita ciocche di capelli che per uno strano gioco ottico parevano di tonalità più cupa – quasi fossero grigi – e si compiaceva della fama che il suo nome acquisiva di giorno in giorno. Nemmeno l’arrivo dell’inverno lo preoccupava. L’inverno avrebbe ammantato i prati di quella bianca neve tanto innocente che era diventata il suo nome di battaglia. I nani ormai erano creature soggiogate. Marciavano, combattevano, roteavano asce e lanciavano frecce dalle loro balestre. Erano resistenti e tenaci come muli, e non osavano ribellarsi a lui. Lui d’altro canto – sogghignò, l’iride iniettata di sangue – era la loro divinità, o no?

Fu con l’arrivo dell’inverno, contrariamente a quanto chiunque si potesse aspettare, che decise di sferrare l’attacco decisivo, senza preamboli. I ripetuti successi militari l’avevano inorgoglito in maniera spropositata, e in quel momento più che mai si sentiva invincibile. Si era organizzato: la sua squadriglia era completamente soggetta al suo volere, in più aveva già provveduto a contattare due abilissimi ed esperti sicari, di cui nemmeno i nomi si sapevano con certezza. Le trattative con “Lupo” e “Cappuccetto Rosso” erano a buon punto. In aggiunta, vagheggiava di corrompere un ufficiale dell’esercito che sapeva molto vicino a Sua Grazia il principe. Aveva già steso l’incipit della pericolosa lettera, quando ebbe uno scatto nervoso e dovette uscire all’aria aperta.

“Servi!” chiamò, uscendo dalla tenda attorno alla quale era costruito l’accampamento – la più grande, composta da diverse stanze. Il tono della sua voce, come sempre, era un decreto. “Voglio che al più presto sia disponibile un messo per recapitare una lettera urgente al capitano delle guardie reali! Il capitano Shura deve avere questa lettera in mano entro sera, mi sono spiegato?”

I nani si agitarono, come sempre quando lo vedevano in quello stato. I suoi occhi erano terrorizzanti. Non avevano mai imparato a parlare la sua lingua, ma la comprendevano sin troppo bene. Due tra i più coraggiosi si fecero avanti, e condendo i gesti più delicati di cui erano capaci con il loro solito incomprensibile borbottio, condussero gentilmente il loro comandante all’interno della tenda.

“Mi sono spiegato?” ripeté Saga, la cui ira sfidarono i due nanetti nell’insistere a farlo rientrare. Ai due si aggiunse immediatamente un terzo, con un paniere coperto che reggeva tra le sue mani come fosse un tesoro o una sacra reliquia.

“Che cos’è quello?” sbottò il feroce condottiero, mettendo da parte la lettera. Stava ancora ragionando sulle righe che andava vergando mano a mano. Il nano si affrettò a scoprire il contenuto del paniere, rivelando frutta in abbondanza. Era raro trovarne in pieno inverno. Aspettò, intimorito, finché gli fu fatto un seccato cenno di avvicinarsi.

“Con il capitano Shura dalla mia parte, nulla mi sarà precluso.”

Saga vi mise mano con un gesto brusco, fissando ancora con astio l’inchiostro nero che andava asciugandosi. Contemplò la bellissima mela, rossa come il sangue, attorno a cui le sue mani si erano strette. Sogghignò: nulla; il reame, il potere, le ricchezze, e…

“Nulla.”

Addentò il frutto con malcelato compiacimento. I nani trasalirono. Saga li guardò di traverso, il succo mielato gli pizzicava le labbra; andò a suggere la curva del pollice, con cui ne raccolse una parte, e quasi se la morse: com’era dolce…

Poi fu tutto nero.

 

“Aioria, fratello mio! Questa è veramente una bellissima giornata!”

Aioria galoppava dietro a Sua Grazia il principe Suo fratello, sospirando per il ritmo che era costretto a tenere per stargli dietro.

“Vostra Grazia, fratello, non così veloce!”

“Sono impaziente di giungere a destinazione! Oggi è veramente una piacevole giornata.”

“Fratello, sono obbligato a ricordarvi che questa non è una scampagnata, sebbene sia per iniziativa vostra che ci stacchiamo dalle file reali senza scorta, ed inoltre…!”

“Il dovere mi chiama, Aioria.”

Era inutile ragionare con il Sua Grazia il principe. Egli, fendendo i rovi con un colpo di spada quando essi intralciavano il cammino, portava luce nella boscaglia. Aioria non si sentì per niente stupito quando raggiunta la meta del loro breve viaggio il fratello scese con un balzo dalla cavalcatura e si risistemò dei riccioli che erano già impeccabilmente al loro posto, e nemmeno quando consegnò con sconvolgente naturalezza le redini di Chirone ad un turbatissimo nanetto, che quasi se le fece sfuggire. Tutti i suoi compagni cominciarono a parlottare tra loro, gli occhi spalancati: quell’uomo risplendeva di gran lunga di più del loro signore quando esso era giunto ad illuminare il loro villaggio. Aioria si ritrasse leggermente alla strana vista: i nani erano gli esseri più curiosi che gli fossero mai capitati sotto gli occhi; involontariamente aprì la bocca, quasi balbettando. Aioros invece si guardava attorno, scalpitante di pure energia virile, senza capire il motivo di tutta quell’agitazione. Evidentemente le creature erano al di sotto del suo campo visivo.

“Vostra Grazia, fratello… le creature qui…”

“Creature? Oh, sì. Creature!” esclamò Aioros, abbassando finalmente lo sguardo, ma non il mento. Il loro parlottare confuso e ingarbugliato si faceva sempre più alto di volume, tanto che il prestante giovane nel vedersi interpellato da decine di nani corrugò le sopracciglia. “Il singolare e formidabile esercito dell’impavido Arles… presto! Portatemi dal vostro condottiero, o valorosi soldati!”

I nani agitavano le mani in segno di diniego. Sembravano spaventati.

“Volete che io chieda prima udienza! Ebbene, la chiedo!”

Nuovi cenni disperati.

“Abbiate perlomeno la creanza di annunciarmi, soldati! Io aspetterò quanto necessario!”

“Fratello, i nani mi sembrano quanto mai sconvolti… evidentemente qualcosa di grave è accaduto…”

“Non chiamarli ‘nani’, Aioria” il fratello maggiore scompigliò affettuosamente i capelli al biondino. “Non è educato. Potrebbero offendersi.”

L’altro ritenne buona cosa rimanere in silenzio a riflettere quest’affermazione. Cinque secondi però erano già troppi: Aioros si stava facendo strada a larghe falcate verso quella che sembrava la tenda più imponente dell’accampamento, osteggiato da gruppi di nani che nulla potevano contro il suo regale incedere. Gli toccò corrergli dietro.

Quale disgrazia!” sentì urlare da dietro la cortina; affrettò prontamente il passo per andare a vedere che cosa mai fosse successo.

Sostanzialmente era successo che i piccoli nani, stanchi delle angherie che erano stati costretti a subire dal demone in cui si era trasformato la loro divinità, avevano deciso di ribellarsi al despota. Ma, non osando levare la mano su di lui, le timorose creature decisero di avvelenare il suo cibo, per poi vederlo crollare in un mortale sonno in cui ritornò, almeno d’aspetto, il bellissimo dio che aveva fatto loro visita nel bosco. Nonostante questo non osarono sotterrare il corpo del giovane, temendo di profanare con la sua presenza la terra e di arrecare danno al suolo e alle pietre preziose che esso custodiva. Per questo motivo avevano operosamente costruito una magnifica bara di cristallo, con la quale speravano di isolare gli influssi maligni che il bellissimo gigante emanava da quando era venuto a farli suoi schiavi.

“Povere creature! Ben comprendo il vostro lutto! Avere perso un sì valoroso condottiero…! Tanto da custodire il suo corpo in questo sacrario! Ma non dovete disperare…” Aioria entrò che il fratello stava per l’appunto scoperchiando l’imponente bara. “Né avreste dovuto perdere la speranza! Non avreste dovuto rinchiuderlo qui dentro! Nessuno vi ha mai insegnato le norme basilari del pronto soccorso?”

“Fratello!” si sgolò Aioria, mettendosi le mani fra i capelli.

I nani scuotevano la testa e agitavano convulsamente le mani, vociando, senza sapere come fare a spiegarsi con l’inarrestabile principe; ma egli aveva prontamente disposto il corpo di Arles, Neve Bianca, in posizione congeniale a praticargli la respirazione artificiale.

“Aioria, fratello! Vieni a darmi una mano col massaggio cardiaco!”

“Vostra Grazia, vi supplico!” si affrettò l’altro, la voce ormai ridotta ad un filo. Poi si coprì gli occhi. Passò i successivi dieci minuti al buio, a ringraziare sentitamente qualsiasi dio avesse concesso al principe erede al trono di non avere spettatori nel raggio di dieci miglia, a parte dei nani sbigottiti.

Fu con il luminoso viso di Aioros che Saga riprese i sensi, e ci mancò poco che gli prendesse una seconda sincope – la luce lo abbagliò, e lui rimase fermo e balbettante dov’era, spalancando gli occhi, mentre gli veniva rivolto uno splendente sorriso.

“Per fortuna sono giunto in tempo, nobile cavaliere! Mi ero recato da voi in tutta fretta per congratularmi sentitamente per i vostri successi militari e per il servigio reso – del tutto spontaneamente, e questo suscita la mia personale ammirazione – a tutto il regno! L’esercito del re era in serie difficoltà sui confini Ovest che voi avete magistralmente difeso, amico mio – se posso avere l’onore di chiamarvi amico – respingendo le invasioni del bellicoso regno tanto spesso ci ha messo in grave crisi! Non sapendo come sdebitarmi per tanto coraggio, tanta lodevole iniziativa, mi sono messo in viaggio per incontrarvi e chiedervi con tutta l’umiltà di cui dispongo se vorreste affiancarvi ai miei generali. E come vi trovo! I vostri fedeli soldati erano tutti in pena per voi, sapete?”

Saga durante tutto quel torrente di parole era stato assalito da un acuto attacco di schizofrenia: la parte malvagia era in fibrillazione, spasimava per avere un pugnale e conficcarglielo dritto nel cuore. Era lì – Aioros – lì – Aioros! – a due centimetri di distanza, vulnerabile come una neonata in culla. Ma trovarselo davanti così inaspettatamente era stato un pugno allo stomaco che aveva risvegliato un’altra parte di lui, quella che sino ad ora si era comportata sempre rettamente, il Saga che si era inchinato davanti a Sua Grazia il principe giurandogli eterna fedeltà. Ed era lì, davanti a lui, che ora sorrideva nuovamente, facendo l’invidia di tutti i testimonial di spot di igiene orale, ed innocentemente passava a chiamarlo per nome:

“Avevo come il presentimento che fossi tu, Saga. Mentre correvo qui c’era il tuo volto nei miei ricordi – ricordi quando ci incontrammo da bambini? Ho saputo da subito che eri tu. Perché prendi il nome da una divinità come Ares, amico mio? Ti si addice per il valore. Ma Ares è un guerriero solitario. Non preferiresti servire la dea della Giustizia?”

Ogni mondezza venne purificata. Nessuno puntualizzò niente a proposito della svista linguistica del principe sul nome di Arles. I nani non sapevano parlare – e a dirla tutta non capivano bene cosa stesse succedendo. Che gli eserciti abbattuti fossero nemici del re, nessuno sapeva che era successo per puro caso. Cosa poteva dunque turbare la felicità di quella scena? Il Saga ambizioso andò in frantumi all’ennesimo sorriso di Aioros; e i suoi occhi commossi non erano in grado di tradirlo, limpidi grazie a quell’apparizione come il cielo d’aprile.

Il primo amore non si scorda mai.

 

      « Caro fratello,

      sono felice nell’apprendere che potremo passare le feste natalizie in famiglia.

      Sua Grazia Ill.ma il principe Aioros ha calorosamente accettato l’invito che gli è stato fatto, e presenzierà al ricevimento a casa del Conte tuo marito. Bada bene di organizzare le cose come si deve! Sono molto emozionato per quest’occasione; la sua presenza sarà un vero evento alla festa. Puoi evitare di ringraziarmi, è tutto merito dell’innata cortesia della reale famiglia, la stessa con cui ha accolto me in veste di generale delle armate.

      Che sciocco sei stato a scrivermi quelle stupidaggini nell’ultima lettera; come se io fossi capace di una cosa simile! I nani, tuttavia, spontaneamente hanno voluto seguirmi, e ora anche loro presso l’armeria reale godono di ottimo prestigio. Sembra siano ancora un poco intimoriti da me, ma dopo un iniziale periodo di diffidenza hanno preso a servirmi con fedeltà. Sono ottimi soldati. Immagino che all’inizio sia difficile abituarsi ad uno stile di vita così differente dal solito. Nonostante ciò, sembra che si trovino bene.

      Sorvolerò anche sugli sciocchi commenti che Amelia nostra sorella mi ha riportato – usciti di bocca tua – a proposito del mio presunto amore a senso unico per il principe Aioros. Non hai il diritto di prendermi in giro. Come sempre, sei infantile. Sappi che il mio unico scopo per ora è quello di servirlo con lealtà, per ricambiare l’infinita gentilezza e i riguardi che ha usato e usa verso di me. Se questo poi dovesse Nel senso Comunque il principe mai penserebbe Insomma, smettila di prendermi in giro, che ne è dell’educazione che abbiamo ricevuto!

      L’onorevole capitano delle guardi reali Shura, Sua Grazia il principe Aioria e Sua Grazia Ill.ma il principe Aioros si aggiungono a me nel porgerti i più rispettosi saluti.

      A presto,

                                                                                                                      Saga »

 

 

 

And they all lived happily ever after. ~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bonus ~

 

      « Caro fratello,

ti confermo con questa mia quanto comunicato precedentemente circa giorno ed orario della festa a palazzo. Bada bene di non sfigurare e presentati assolutamente in uniforme. Farai un figurone, e forse finalmente troverai moglie. O anche no.

      Non badare ad Amelia. Dice solo sciocchezze.

      Per ogni eventualità, comunque, provvederò ad appendere il vischio in punti strategici.

      Con affetto,

 

                                                                                                                      Kanon »

 

   

 

 

 

 

{ Ever after }

 

A Barbablù sono affezionata per svariati motivi, e non è esagerato dire che è stato anche per amor di quel capitolo che ho deciso di riprendere una fanfic abbandonata: è la prima storiella che ho elaborato, mi è uscita di getto praticamente al primo colpo, Kanon seduce Rhada, Rhada seduce Kanon, Rhada possiede dei Wedgwood. Cose così. Però Biancaneve mi abbatte. A questo turno ho dato il meglio di me. Dicono tutti delle robe assurde. Non me ne capacito. Davvero.

Comunque, guardate, guardate, avete visto che c’era un bonus? Eh? Eh? *datele un contentino e ditele che l’avete notato, sarà felice* Eh? *O* <3

  
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