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Autore: Honey Tiger    16/07/2013    20 recensioni
[Parole citate dal quinto capitolo]
«Lasciami bere, tanto nessuno mi cercherà più» evitò di rispondere alla domanda posta da lui e, seria in volto, si portò alle labbra la bottiglia bevendo per l’ennesima volta.
....
«Hai visto mia madre? Non mi ha degnato neanche di uno sguardo nonostante mi fossi resa bella per lei. E mio padre?» un sorriso di disgusto dipinse il suo volto. «Lui ha finto di essere un altro uomo per tutta la serata. Desiderava farsi bello agli occhi degli altri e a quanto sembra ci è riuscito tirandomi in ballo. Lexie qua, Lexie là, Lexie è brava in quello è da lodare; Lexie, fa’ quello è da punire» fece lei assumendo il tono più duro e autoritario, quasi a voler copiare la voce del padre. «Ma Lexie vuole solo un abbraccio. Lexie non vuole i soldi, non vuole i vestiti costosi e le macchine veloci, lei vuole solo un abbraccio sincero e una spalla su cui poter piangere» cominciò a piangere come una bambina. «Lexie non vuole tutto questo, lei vuole solo un'amica». Con uno scatto di ira, prese la bottiglia tra le mani e la scagliò contro il muro, frantumandola in mille vetri.
Genere: Avventura, Erotico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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[Capitolo betato da: Malika]

 

                                                                                                               
 2. Bunnies e le regole da seguire. 

 



      Sfrecciare lungo le vie notturne di Washington a centonovanta chilometri orari era il passatempo preferito della ragazza rossa: amava quel genere di pericolo, l’adrenalina che le pulsava nelle vene e la gola secca per la paura di sbagliare.
La maggior parte del tragitto, l’aveva attraversato prima in classifica, ma poi, all'ultima curva, quella che la fotteva in tutte le gare, l’inquietudine e la paura le bloccarono il respiro e finì per decelerare, andando a inseguire il ragazzo del corso.
Il traguardo si avvicinava sempre di più, ogni secondo che passava, ma qualsiasi cosa lei cercasse di fare non era abbastanza per farle sorpassare il ragazzo senza nome.
«Che tu sia dannato!» borbottò, provando un'ultima volta a superarlo a destra e, quando il ragazzo abboccò al suo tranello, lei si spostò nella corsia opposta. Entrambi erano primi pari merito, entrambi stavano per raggiungere la linea bianca disegnata provvisoriamente per la gara, e vincere. "Ultimo sforzo..." La rossa non fece in tempo a finire il pensiero, che la moto del ragazzo, con un'ultima accelerata, la superò.
La gara era terminata e lei aveva perso.
«Caspita, per un attimo ho davvero pensato che mi avresti superato e il mio portafoglio sarebbe stato svuotato! Stavi per vincere! Complimenti!» disse il ragazzo del suo corso con un'espressione divertita in volto mentre allungava la mano e stringeva quella della sua avversaria.
«Non importa se vinci di un centimetro o di un chilometro, l'importante è vincere! E tu, amico mio, sei un grande pilota!» sbucò dal nulla la testa di Scott che si mise a congratularsi con il ragazzo.
«Non puoi copiare le frasi di Dominic Toretto! Sono squallide se vengono pronunciate da te!» intervenne la rossa allungando la mano e afferrando il mazzetto della sua scommessa con il riccio.
«Togliti il casco che vorrei vedere il volto della ragazza che stava per farmi il culo!» intervenne il ragazzo del corso con un sorriso.
«Si, certo...» gli fece un occhiolino lei per poi accelerare bruscamente e lasciare dietro di sé soltanto una striscia nera.
«Dove pensi di scappare Angioletto?» si domandò lui usando lo stesso nomignolo affibbiatogli da Scott.

Alle sette in punto, Lexie, stremata e indebolita, era distesa nella vasca da bagno con tanto di schiuma e bollicine che, delicate come le piume, le accarezzavano la pelle.
La sera prima era riuscita a scappare dal college senza farsi notare da nessuno per poi a notte tarda, rifugiarsi all'interno di una discoteca situata al centro della città. Aveva bevuto e ballato fino allo sfinimento, lasciandosi alle spalle tutta l'estate. Alle sei, con il sorgere del sole, aveva attraversato la strada a piedi e aveva cercato di raggiungere il suo dormitorio senza ottenere il risultato da lei desiderato: non aveva la tessera e non poteva neanche richiedere una copia, altrimenti si sarebbe fatta scoprire con le sue stesse mani. Cosi, senza pensare due volte, aveva raggiunto la stanza del suo amico e si era rifugiata da lui.
«Lex, ti prego muoviti, altrimenti entro senza chiudere gli occhi!» la voce assonnata di J.J. si fece sentire attraverso la porta chiusa, mentre Lexie, con movimenti lenti e occhi semiaperti, si avvolgeva intorno un asciugamano pulito e apriva la porta sbadigliando.
«Sono distrutta» sbadigliò un'altra volta e si strofinò gli occhi come una bambina. «Posso rimanere qui a dormire fino alla fine delle lezioni?» chiese buttando la testa sulle spalle dell'amico.
«Certo che no! Ray e Stephen si sveglieranno a momenti e tu in quel preciso istante dovrai essere pronta a portare il tuo culetto fuori dalla mia stanza. Conosci il regolamento!»
«Si mamma! Prestami una maglia e un paio di pantaloni da indossare intanto, non ho niente se non gli stracci di ieri e con quelli non mi posso far vedere in giro.».
«Conosci la strada. Muoviti, però!»
Lei e Jack erano amici di vecchia data, ma si trovavano nel college per due motivi differenti: lui era rinchiuso lì per volontà dei genitori, mentre per lei significava libertà di scegliere, anche se la maggior parte delle persone che la conoscevano davvero ritenevano che lei si nascondesse dalla vita reale. Lexie reputava la scuola come una casa, nonostante avesse più nemici che amici: tutto a causa del suo difficile carattere che non permetteva quasi a nessuno di avvicinarsi.
Nella stanza regnava la confusione più totale: vestiti sparsi ovunque si posassero gli occhi, libri ammucchiati sopra la scrivania posta vicino la finestra e un armadio che occupava un’intera parete, con dei poster fissati sulle ante, al cui interno c’era il caos – era la parola più adatta per descrivere il macello che ci regnava. In qualche modo, Lexie riuscì a trovare un paio di pantaloni larghi che abbinò ad una camicia senza maniche, insieme al top che aveva indossato la notte appena trascorsa.
Si stava aggiustando i capelli quando J.J. rientrò nella stanza indossando soltanto dei boxer neri: «Possibile che anche con degli stracci del genere riesci ad essere cosi sexy?»
«Colpa di madre natura!» rispose lei, alzando leggermente la camicia e svelando il piccolo oggetto che le pendeva dall'ombelico.
«Piercing? Se lo vede tuo padre sei morta, bambola!» Si chinò ed esaminò al meglio l’oggetto a forma di una piccola lacrima.
«E' per questo che il secondo non l'ho fatto sul labbro ma sulla lingua».
«Come, quando e dove?»
Lexie sorrise e tirò fuori la lingua, dove in mezzo brillava un piccolo brillantino bianco, impossibile da notare se non si faceva particolare attenzione.
«Tu sei pazza! Manca solo un tatuaggio e avrai trasgredito a tutte le regole del vecchio».
«Più o meno» - aprì la finestra che conduceva al campo sportivo. - «Ci vediamo alle lezioni, forse. E comunque è meglio se ti vesti: credo che Stephen mi abbia vista entrare qui dentro con soltanto l’intimo e non vorrei che si facesse delle strane idee».
«Mi procuri soltanto dei guai. Adesso sparisci per favore! Ah, dimenticavo» - prese un paio di occhiali da sole da sopra il mobile e li buttò addosso a lei. - «Mettiti questi se non hai i tuoi, ma quelle lenti le dovresti buttare!»
Per un attimo la ragazza sembrò sulle nuvole e poi, come se si fosse ricordata di qualcosa d’importante, si diede una leggera botta sulla testa: «Cazzo, mi ero dimenticata!» Sorrise e indossò gli occhiali che le coprirono la metà della faccia.
Da oltre un anno, Lexie aveva cominciato ad avere una diversa percezione dell’ambiente che la circondava, la vista era diminuita fino al punto di dover indossare degli occhiali, anche se lei preferiva di gran lunga le lenti a contatto.
«Buongiorno a tutti gli studenti e le studentesse della George Washington University. Qui è la preside, Katherine Rutherford, che vi annuncia che le lezioni avranno inizio fra cinque minuti. Siete pregati di non tardare. Inoltre, un avviso per la signorina Lexie Blackett: è pregata di presentarsi in presidenza. Grazie e buon proseguimento delle lezioni».
«Che cazzo vuole adesso?» sbottò Lexie e sbuffando, si diresse nella presidenza come le era stato richiesto.
Il campus era diviso in tre grandi strutture, due delle quali erano i dormitori maschili e femminili collocati ai lati opposti dell’edificio nel quale si svolgevano regolarmente le lezioni. Nello spazio circostante, l’area verde circondava qualsiasi cosa, come ad esempio la biblioteca, rifornita di molti libri, la piscina, la palestra con gli assistenti e i professionisti per poter tenere d’occhio tutti gli studenti e far in modo che nessuno corresse pericolo, il teatro e altri luoghi dove Lexie non aveva ancora messo piede.
L’edificio dove si svolgevano le lezioni, chiamato anche “cuore del college”, era a quattro piani dove al primo erano situate sala d’attesa, presidenza, reception e sala professori, controllata ventiquattrore da due sorveglianti visto che all'interno erano rinchiusi i test e i risultati degli esami.
«Blackett, prego, faccia come se fosse a casa sua e si tolga quei occhiali, non siamo al mare» la riprese la preside Rutherford, non appena Lexie entrò nella stanza senza bussare e senza chiedere il permesso: si era buttata letteralmente sulla poltrona nera. Preoccupata di essere stata in qualche modo scoperta, si tolse gli occhiali e lì buttò dentro la borsa, cercando intanto, una scusa plausibile per il colore dei suoi occhi.
«Da quando in qua il colore dei tuoi occhi è» – si avvicinò ulteriormente a lei per poter osservare al meglio. – «Castano tendente al giallo?»
“Come pensavo! Mai che si facesse un po’ dei cazzi suoi!” «Ho perso le lenti mensili e avevo soltanto quelle di Halloween» rispose con la prima cavolata che la sua mente aveva elaborato.
«Si, certo...» fece la preside, lasciando la frase in sospeso, mentre si alzava dalla sua postazione e chiudeva la porta per non essere disturbata. « E dimmi un po’, dove sei stata questa notte?»
«Nel mio comodissimo lettino, successo qualcosa?» chiese lei, senza mostrare un ben che minimo di interesse, fingendo di non sapere di che cosa si trattasse: aveva imparato a recitare e non c'era ormai nessuno capace di leggerle negli occhi se non il suo migliore amico. «E mi spieghi come sei riuscita ad entrare senza avere la tua tessera?» aprì la mano, rivelando una chiave collegata ad una carta.
«Va bene, va bene! Dirò la verità basta che non ci va di mezzo J.J., cioè Jack Jackson, ecco, ieri sera sono uscita per una nuotata notturna e quando cercavo di rientrare, ho notato che non avevo più con me la tessera, quindi, ho pensato di passare la notte da lui senza farmi scoprire».
«La tessera è stata trovata nell'erba all'entrata, ma non credere di passarla liscia, sei in punizione!» Il sorriso che si disegnò sul volto della preside fu l’unica cosa che spaventò la piccola Lexie Blackett.
Finita la riunione con zia Kate, Lexie si dovette affrettare di raggiungere l'aula di calcolo, dove il professor Ralph Krueger, un uomo con oltre quarant'anni di carriera sulle spalle, con gli occhiali con le lenti più spesse di un fondo di bicchiere e i capelli che l'avevano salutato anni or sono, non attendeva altro che lei per iniziare la sua lezione.
«Scusi il ritardo, ma la preside mi ha trattenuto più del dovuto». Bugia, per strada era passata nel bar per fare la colazione, senza contare poi, che era tornata nella sua stanza e si era tolta le lenti scure, ma senza preoccuparsi di prendere i libri per le lezioni.
«Si, si accomodi per favore che iniziamo un nuovo argomento, state attenti e prendete appunti, tutti!»
"Più vecchio è, più rompe le palle" pensò Lexie mentre si dirigeva all'unico banco libero, dove l'altra metà era occupata da un ragazzo che dormiva beatamente. «Scusa amico, ma questo serve più a me che a te» estrasse il libro da sotto le mani della bella addormentata e poi con un sorriso, cominciò a seguire la lezione.
Tutto procedeva a meraviglia almeno finché una ragazza un po’ distratta, buttò a terra un dizionario pesante. «Buongiorno anche a te che m'hai svegliato!» fece il ragazzo con voce assonnata alla tipa che gli sorrideva.
"Di nuovo lui".
«E guarda un po’ chi ho piacere di avere al mio fianco, Lexie Blackett, la ragazza che non sa tenere la lingua a freno» disse lui divertito mentre allungava la mano e si riprendeva il libro.
«Ehi! Perché non torni a dormire e mi lasci seguire?» chiese a sua volta Lexie, mostrandosi forte e senza esitazioni, cercando in tutti i modi di mascherare la sua soggezione nei confronti di lui.
«La prossima volta, magari portati il libro» ribadì lui, sbadigliando tranquillamente, senza coprirsi la bocca.
«Signorini laggiù, silenzio per favore!» la voce del professore s'intromise nella chiacchierata dei due ragazzi e a meno che non intendessero passare il resto dell'ora in presidenza, dovevano chiudere la bocca e seguire le lezioni, almeno finché non fossero giunte al termine.
«Lexie Blackett e Mathew White, ho una punizione da assegnarvi».
«Cosa?» la voce di entrambi gli studenti richiamati si alzò di un ottava non appena la parola punizione uscì dalle labbra del professore.
«Si, la Rutherford ha richiesto espressamente che voi due rimaniate nella sala e svolgiate questo compito» si avvicinò a loro, mentre gli altri studenti uscivano senza preoccuparsi di nulla.
«Un test di matematica? Ma stiamo scherzando?» chiese a quel punto la ragazza, senza disturbarsi delle conseguenze che avrebbe potuto portare il suo tono di voce.
«Signorina, la prego di abbassare il tono della voce e sbrigarsi a completare il test entro la fine della ricreazione, altrimenti, parole della Rutherford stessa: vi rimanderà nella materia di calcolo e, sinceramente, io non ho niente incontrario» Il professore raccolse il suo materiale e uscì dalla sala, lasciando i due studenti da soli a decidere del loro destino.
«Che cosa ho fatto questa volta?» si chiese Lexie mentre rifletteva su che cosa potesse aver sbagliato, di nuovo. La punizione per aver dormito da J.J. consisteva nel fatto di dover aiutare Erick King, il professore di pianoforte a tenere sotto controllo i ragazzini del primo e aiutarlo con le prime dieci lezioni.
«Che cosa ha fatto il gruppo di scienziati di Blackett? Guarda, ha il tuo stesso cognome questo pazzo! Forse avete qualcosa in comune» scherzò Matthew, mentre con calma stava già passando alla seconda pagina del test. Che dire, due pagine su quindici, era decisamente più avanti di lei.
«Fottiti» fu l'unica risposta di Lexie, mentre prendeva i fogli dal banco e usciva dalla sala sculettando leggermente.
«Culetto niente male, come anche il caratterino bambola, ma vedremo che cosa penserà Sebastian di questo» Con un ghigno divertito continuò a compilare i fogli.

«Siamo solo al secondo giorno di scuola e sei già stata da zia Kate per ben due volte, i miei complimenti cara» fece J.J. non appena le si avvicinò, posandole il braccio intorno alla spalla.
«Non è colpa mia, è lei che non riesce proprio a stare lontano» scherzò Lexie con naturalezza.
«Che fine hai fatto ieri? Dopo la ramanzina non sei più tornata a lezioni, successo qualcosa?» chiese a quel punto il ragazzo, osservandole gli occhi. Era l'unico in grado di scoprire se mentisse, bastava soltanto uno sguardo ai suoi occhi e la verità veniva a galla.
«Ho chiamato a mamma e gli ho chiesto se mi lasciava uscire per il pomeriggio, dovevo acquistare nuove scarpe, sai com'è» rispose lei, continuando a camminare.
«Si, certo, questa è la scusa per lei, dove sei stata?»
«Dal meccanico» sussurrò piano, quasi non si volesse far sentire, peccato che J.J. non era sordo e non si perse d'animo a tirarle leggermente i capelli biondi: «Sei una ragazza e non un marmocchio, come fai a passare tutto quel tempo chiusa dentro quelle umide e» - fece un'espressione schifata. - «Puzzolenti autofficine?»
Lexie si mise ridere, infilando la mano negli capelli di lui. «E' l'unica cosa che mi permette di stare in pace con me stessa e poi, a me piace e questo ti dovrebbe bastare!»
«Tu sei l'unica donna che conosco alla quale piacciono i motori. Alla fine non m'hai nemmeno detto che macchina ti sei comprata».
«Una Lamborghini Aventador, bianca, è in grado di raggiunge cento chilometri orari in tre secondi. Devi vederla, è assolutamente bellissima e ieri, grazie a Maikol, sono riuscita a portarla oltre duecentocinquanta chilometri orari» rispose con un strano luccichio negli occhi.
«Chi è Maikol?» fu l'unica cosa che chiese il suo amico.
«Il mio meccanico, niente di speciale, ma con quelle mani è in grado di fare tutto!» Un sorriso malizioso spuntò sulle labbra di Jack. «No, non ci sono mai andata con lui» si affrettò ad aggiungere.
«Che cosa sono quei fogli?» chiese J.J. cambiando radicalmente il discorso.
«Boh, la zia Kate ha minacciato me e il nuovo arrivato che se non compiliamo questo test entro la fine ricreazione, ci abbassa il voto in calcolo» fece le spallucce e continuò il suo cammino verso la mensa del college.
«E quando pensi di farlo? Sono quindici pagine di» - sfogliò i fogli e guardò alcune domande. - «Teoria e calcoli e mancano precisamente» - guardò poi l'ora sul telefono. - «Quarantacinque minuti. Io ti consiglio di iniziare a compilarlo».
«Si, dopo...» scacciò il resto della frase con la mano come se fosse una mosca fastidiosa. « E poi, la colazione di stamattina faceva letteralmente schifo, quindi, prima provvedo al mio pancino» - sorrise e si mise la mano sullo stomaco che, non appena aveva iniziato a parlare di cibo, aveva incominciato a brontolare. - «E poi, se avrò del tempo, faccio anche questo stramaledetto test».
«Mi chiedo ancora oggi come riesci a mascherare questa tua personalità a casa. Forza, andiamo a mangiare che poi devi sforzare il cervellino e compilare questi fogli».
Il college, secondo la mente di Lexie, aveva un lato positivo e uno negativo; quello positivo si concentrava sul fatto che tutti, escluso i novellini, la conoscevano e di conseguenza non la giudicavano per la famiglia da cui proveniva. Si avvicinavano soltanto se costretti dai professori o, quelli più coraggiosi, se desideravano avere un appuntamento con lei. Le ragazze difficilmente l'affiancavano visto che faceva parte del gruppo delle Bunnies, ovvero delle quattro reginette più desiderate e ambite della George Washington University. Poi c'era il lato negativo, ovvero quelli che erano appena arrivati e di conseguenza la giudicavano soltanto per i soldi che aveva nelle tasche, come gran parte dei ragazzini del primo anno che le lanciavano sguardi maliziosi e sussurravano sottovoce.
Fino a quel punto era in grado di trattenersi, accettava con un enorme sforzo di essere sulle bocche di ragazzi visto che aveva un corpo da desiderare e, anche se la maggior parte delle volte si vestiva da stracciona o con indumenti da buttare assolutamente, riusciva ugualmente ad attirare l'attenzione.
«Ieri ti sei salvata, vedremo se anche oggi andrà cosi» fece J.J. aprendo la porta della mensa.
La sala in cui misero i piedi era grandissima con tanto di tavoli stracolmi di studenti, chi a mangiare e chi a studiare. «Prendiamo da mangiare dai, non ascoltare» disse Jack, accarezzandole la vita e trascinandola dietro di sé.
«Tranquillo J.J., non ho paura» gli mostrò il suo sorriso più bello, ma nonostante si fosse sforzata tantissimo, J.J. capì il suo stato d'animo e si affrettò a cercare un tavolo vuoto.
«Proprio oggi dovevano occupare tutti i posti?»
«Andiamo di sopra, Alyx e Amy non sono ancora rientrate dalle vacanze e Sophie, dovrebbe essere alle lezioni extra, quindi non ci dovrebbero essere problemi» suggerì Lexie attraversando la mensa con naturalezza.
«Sicura che poi Alyx non mi uccide? Sai com'è, ci tengo alle mie parti basse» fece preoccupato il ragazzo, cercando di coprire le voci che avevano già iniziato a circolare: "Lei è la figlia di Sebastian Blackett", mentre una ragazza poco più che quindicenne, senza preoccuparsi minimamente del tono della voce aggiunse: «Figlia di Blackett? Scommetto cinquemila dollari che è una zoccola!» e poi, cominciò a ridere senza curarsi dello sguardo che Lexie le aveva riservato, ma senza fermarsi, almeno finché la stessa voce non aggiunse: «Oddio, si porta dietro anche un cagnolino?»
Impulsiva, ecco un'altra parola che descriveva alla perfezione il carattere di Lexie. Con un ghigno malefico, allentò il passo e si avvicinò al tavolino di un gruppo dei ragazzi del quinto anno che tenevano posati sul tavolo delle sigarette. Infilò nella manica un piccolo oggetto senza farsi notare per poi far l'occhiolino al ragazzo che la guardava stupito. «Tagliato i capelli Ray?» chiese al coinquilino di Jack, mentre si allontanava piano e osservava un ragazzo poco più piccolo di lei che consigliava alla mora di stare al proprio posto se non desiderava di avere dei guai. Peccato che, non gli diede ascolto, infatti disse: «E' solo viziata, tranquilli, non morde.»
«J.J. mi è venuta un'improvvisa voglia di ritornare da zia Kate, ma sai, non le piace ricevere visite senza un valido motivo» si avvicinò alla sconosciuta e si mise tranquilla sopra le sua gambe, mentre osservava l'espressione stupita della sua prossima vittima. «Allora tesoro, che ne dici di dirmi quello che pensi di me, in faccia? Cosa sono secondo te?» chiese con voce sottile, senza far trasparire il suo divertimento, guardandola dall'alto come se fosse un moscerino da schiacciare. La ragazzina abbassò gli occhi, ma rimase in silenzio senza proferire parola. «Come pensavo, tesoro» le diede due buffetti sulle guance e si alzò in piedi, per poi allontanarsi verso Jack.
«Troia».
«Oh tesoro, non ci speravo più!» tornò sui suoi passi e, tutta sorridente, si rimise nella posizione precedente: «Grazie, mi hai reso questa giornata stupenda, forse non avrò neanche bisogno di una settimana per far cambiare l'opinione su di me!» le prese alcune ciocche dei capelli e avvolgendoseli delicatamente attorno le dita, rivolse la sua attenzione sul resto del gruppo. «Allora ragazzine, vi spiego alcune regole fondamentali per non avere dei guai con le Bunnies. La prima, potete chiamarmi in qualsiasi modo ma non troia, zoccola o con qualsiasi altra parola che significa sempre la stessa cosa, perché, come dire» - fece portandosi la mano sotto il mento. - «Se lo fate, abbiate almeno la decenza di dirlo in faccia, odio chi parla alle spalle e forse a quel punto sarò meno vendicativa. Seconda regola: non permettetevi in nessun modo di infastidire il mio gruppo o il mio amico, perché credetemi, sarei disposta a tutto, anche essere espulsa» la ciocca scura dei capelli che Lexie aveva avuto tra le mani cadde a terra, lasciando dietro di sé soltanto una scia di fumo e la puzza di bruciato. «Perché vedete, so essere cattiva se qualcuno mi fa arrabbiare».
«I miei capelli! Mi hai bruciato i capelli! Brutta troia, io ti faccio cacciare da qui!» cominciò a urlare mentre tutti gli studenti presenti nella mensa cominciavano a ridere.
«Lexie! Non spaventare i ragazzini e porta il tuo culetto qua sopra! Ti devo parlare, da sola!» parlò qualcuno da sopra le scale e fece intendere con un'unica frase di non voler nessuno fra i piedi, il suo migliore amico compreso.
«Tranquilla, sto con Ray e il gruppo» sussurrò Jack porgendogli i fogli del test e una penna nera. «Mi raccomando, compila questi se non vuoi avere dei guai con i tuoi genitori» le sorrise, lasciandole un delicato bacio sulla guancia.
«Sophie, sempre a rovinare i miei momenti migliori!» si lamentò Lexie non appena la raggiunse al secondo piano.
Le quattro ragazze avevano fatto in modo che i loro genitori lasciassero un bell'assegno con tanti di zeri per far costruire un ambiente soltanto per loro, per le quattro reginette della scuola. L'opera che era stata creata permetteva di osservare tutta la mensa. Un mobile in fondo la stanza con tanti di libri, una dispensa rifornita con ogni bontà e un divano di pelle, dove la ragazza che aveva parlato, stava seduta comodamente con le gambe posate sopra il tavolino di vetro.
«Vuoi essere cacciata? La Rutherford non accetta un comportamento del genere e le Bunnies non vanno in giro a bruciare i capelli alle ragazzine» la voce autoritaria, ma con un leggero accento francese, uscì dalle labbra sottili della ragazza mora.
«Sophie! Stiamo scherzando vero? Quella mi ha chiamato troia e tu pensi che io resti senza fare nulla?» fece Lexie sdraiandosi sopra le gambe della ragazza.
«Non riesco a capire come abbia fatto a stare senza le tue pazzie in questi tre mesi!» esclamò Sophie alzando gli occhi al cielo.
«Portandoti a letto il tuo ragazzo, credo, stai ancora con quello?» chiese a quel punto Lexie, afferrando una brioche e con gli occhi luccicanti, mangiarla come se fosse la cosa più buona del mondo.
«Voglio sapere come fai a mangiare tutte quelle schifezze e rimanere sempre in linea! Comunque sia, quest'estate, Marco mi ha portata con sé sul set fotografico di sua madre, in Italia! Vedessi che foto ci ha fatto» cominciò a raccontare la sua estate, mentre Lexie, un po’ distratta, compilava i fogli da riconsegnare.
«La vuoi sapere ultima? Alyx e Amy, a quanto sembra, sono state richieste per recitare in un film, e indovina? Tornano fra un mese come le nuove star del cinema e…» - guardò Lexie, tutta concentrata sugli fogli davanti il tavolino. - «Che cosa stai facendo? Cosa sono questi?»
«La mia punizione per non so cosa ho fatto» rispose, passando alla pagina successiva. «Continua, ti stavo ascoltando».
«Vuoi una mano?» chiese Sophie con un sorriso, allungando la mano e afferrando le ultime due pagine. «Ok, ritiro la mia offerta» aggiunse subito dopo.
La ragazza dai lunghi capelli castani si aggiustò la camicia bianca e si stirò i pantaloni neri che le fasciavano a perfezione le gambe snelle. Il colore della pelle, olivastro, metteva in risalto gli occhi castani, mentre le labbra rosee, sottili e seducenti si stiravano in un sorriso. «Perché continui a indossare quei stracci se puoi avere a disposizione i capi più costosi di questo mondo?» chiese a Lexie, ma il ticchettio dei tacchi distrasse quest’ultima dal compito, che infatti si lamentò: «Odio quel rumore! Togli i tacchi o stai ferma! Ti prego!»
«Oddio, chi è quello?»
«Non lo so e non m’interessa, devo finire questo test entro cinque minuti o la mia media su calcolo si abbasserà e i miei non saranno tanto contenti» parlò Lexie senza alzare la testa.
«Sembra invece che lui conosca a te, sta salendo le scale e si avvicina sempre di più.»
«Blackett! Ma stiamo scherzando? E' da venti minuti che ti cerco, hai finito questo stramaledetto test? Non posso andarmene nel dormitorio se non lo consegniamo insieme e in più, la Rutherford ha detto che sei di nuovo in punizione per non aver ascoltato il professor Krueger!» fece il ragazzo, guardandosi intorno, per poi prendere una mela e portandosela alla bocca.
«Tesoro, smetti di mordere quella mela e mordi me, per favore...» Una voce sensuale arrivò alle loro spalle, mentre sulle labbra di Matthew si dipingeva un sorriso a trentadue denti.
«Alyx? Non dovevi tornare fra una settimana?» chiese Sophie abbracciandola stretta, mentre la rossa non staccava gli occhi dal ragazzo.
Capelli rossi come il fuoco, occhi chiari che brillavano e un sorriso malizioso, tutto abbinato ad un vestitino corto che a malapena le arrivava fino le ginocchia, un paio di scarpe con il tacco alto e una borsetta sulle spalle. Bastava una parola per descriverla: sexy.
«Ho terminato ieri le ultime riprese, è Amy che torna fra un mese!» - poi si avvicinò al ragazzo, scrutandolo attentamente: - «Tu invece chi sei?»
«Chiunque tu voglia che io sia» sussurrò Matthew avvicinandosi pericolosamente alle labbra della ragazza rossa, peccato che proprio all'ultimo Lexie si intromise in mezzo e l'abbracciò stretta a sé. «Preferisci un sconosciuto a me?» chiese lei sottovoce.
«Certo che no, però, guarda che culo!» Sussurrò Alyx all'orecchio dell'amica mentre lei si girava e assumeva un'espressione divertita.
«Se lo dici tu, ho visto di meglio» rispose con uno sbuffo.
«Allora me li devi presentare! Assolutamente!»
«Blackett! Ti dai una mossa o devo poltrire qui insieme a te?» chiese il ragazzo alzando i suoi fogli in aria.
«Si eccomi, che rottura di palle che sei!»
«Non ti puoi immaginare quanto lo sei tu!»
«La signorina Lexie Blackett e il signorino Matthew White sono pregati di presentarsi in presidenza entro cinque minuti» l'avviso risuonò per tutto il college mentre Lexie, svogliata, salutava le amiche e scendeva le scale.
«Ti vuoi muovere?» chiese a quel punto a Matthew che si era incantato ad osservare Alyx.
«Sì, eccomi» Si girò e assorto nei suoi pensieri raggiunse Lexie in due passi che si era fermata ad allacciarsi la scarpa slacciata.
«Quelle scarpe...» sussurrò piano il ragazzo, osservandola al meglio, soffermandosi poi sugli occhi.
«Qualcosa non va?» disse Lexie con un sorriso e riprese a camminare sicura di sé stessa. Convinta che non ci fosse niente che potesse andare storto.

 

 

Angolo della piccola Autrice 

Ed ecco il secondo capitolo, appena sfornato xD.
Non sono brava con le parole quindi ringrazio semplicemente tutti: chi ha letto, chi ha recensito e chi ha inserito la storia tra le preferite/ricordato/seguite
Ringrazio tutti e sono davvero felice di poter condividere questa storia con voi. Spero di poter avere vostre notizie anche in questo capitolo.

Alla prossima miei cari lettori, un bacione a tutti.
Krystal

   
 
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