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Autore: TaliaAckerman    20/07/2013    5 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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- Ma che ha Johanna in questo periodo? È strano…- fece un giorno Dubhne rivolta ad Alesha, mentre l’amica passava loro davanti senza neanche salutarle. Era la seconda volta di fila che a tavola non si sedeva vicino a loro; ma se la sera prima pareva esserci stato un motivo – la ragazza aveva fatto tardi dal turno pomeridiano e i posti accanto a loro erano già stati occupati – quella volta non c’erano spiegazioni apparenti: Johanna si era sistemata in un tavolo distante da loro senza dire una parola.
Alesha aggrottò le sopracciglia in modo insolito. Poi la ragazza alzò le spalle. – Non lo so, Dub, ma adesso vieni, avremo tutto il tempo per parlarle stasera.
Dubhne guardò preoccupata la sagoma di Johanna che si allontanava verso la tintoria, ma poi decise di lasciar perdere e raggiunse la sala dei ricami con Alesha.
Mentre svolgeva controvoglia il proprio lavoro, la bambina rifletté: secondo Alesha era soltanto una questione da niente, ma lei non si sentiva tranquilla. E aveva la netta sensazione che Dills e Charlons c’entrassero qualcosa. Cosa le avevano fatto? L’avevano minacciata? Oppure, semplicemente, Johanna non era un’amica come Dubhne la riteneva? Il pomeriggio passò lentamente e faticoso e, quando finalmente Heixa congedò le apprendiste per la cena, Dubhne era sul punto di scoppiare in lacrime.
– Oh, insomma… Ma si può sapere che ti succede?- sbottò Alesha preoccupata, mentre insieme camminavano verso il refettorio.
– Niente - mentì Dubhne. – Voglio soltanto parlare con Jo.
– Ehm… non credo che avrai bisogno di andarla a cercare - la interruppe Alesha. – Sta venendo proprio da questa parte…
La bambina si voltò appena in tempo per vedere Johanna avvicinarsi a lei e prenderla per un polso.
– Ti devo dire una cosa, Dubhne - disse questa in tono serio. Prima che lei potesse rispondere, però, Alesha le mise una mano sulla spalla con fare protettivo. – Che c’è, Jo?
- D-devo parlare con Dubhne - ripeté l’altra con voce agitata, quasi spaventata. La bambina comprese che c’era qualcosa che non andava nelle parole dell’amica e disse:- Tranquilla, Al. Tarderemo solo di qualche minuto.
La ragazza le guardò dubbiosa, ma Dubhne cercò di sorriderle di rimando. Poi si affrettò a seguire Johanna, che si stava dirigendo verso le cantine della sartoria.
– Ma dove vai?- le chiese Dubhne, che cominciava ad essere sinceramente inquieta. La ragazza però non rispose; scese le scale con la bambina al seguito e si fermò solo quando il rumore degli altri apprendisti che andavano a cena si fu spento.
– Senti… - cominciò Johanna dopo qualche secondo. – Io… non posso più esserti amica.
– Cosa?!- esclamò Dubhne sbalordita. Avrebbe potuto aspettarsi di tutto, ma non questo. – Cosa vuol dire che non
puoi?
- Io… Cerca di capirmi…
- No, invece proprio non capisco! - alzò la voce Dubhne, che cominciava ad essere arrabbiata. – Prima non mi parli per due giorni e poi te ne esci con questa storia? Cosa cavolo vuol dire?
- Che ho paura, va bene? - gridò Johanna, e inaspettatamente scoppiò in lacrime, accasciandosi sul pavimento. Dubhne non seppe come rispondere. – Ma che cosa vuoi dire? - chiese infine alla ragazza, sedendosi vicino a lei. Joanna si asciugò le lacrime dagli occhi, poi rispose:- Io qui me la sono sempre cavata bene perché ero amica di Dills. Ci conosciamo fin da quando eravamo bambini, e siamo arrivati alla sartoria insieme. Lui ha conosciuto Charlons, Norik e Jay, e io mi sono unita a loro. Ma ho paura che… se scoprissero che sono diventata tua amica…
- Cosa?
- Non voglio finire per essere picchiata! - esclamò Johanna, piangendo. – Non voglio che tutti mi etichettino come una traditrice!
- Traditrice? - ripeté Dubhne, che davvero non riusciva a capire. – Ma di che cosa stai parlando?
- Del fatto che ho abbandonato Dills e gli altri tre per stare con te! E finché loro tre stavano in cella la cosa poteva anche andare bene, ma adesso non più! Non con quei quattro in giro.
Dubhne aggrottò la fronte, dispiaciuta, e prese la mano dell’amica. – Vedrai Jo, andrà tutto bene.
Quelle parole, pronunciate da lei, suonavano davvero strane.
– Anche Alesha corre gli stessi tuoi rischi. Sempre se così li possiamo chiamare. Ma comunque non credo che loro combineranno altri guai, non dopo le punizioni che gli ha inflitto il Padrone.
– No Dubhne - ribatté la ragazza, allontanandosi di colpo da lei. – Mi spiace, ma questa volta no.
E si rialzò, lasciando Dubhne in uno stato di pura disperazione.


- Si può sapere dove ti eri cacciata? - la accolse Alesha in tono teso, dopo che Dubhne si fu seduta vicino a lei. – Ho visto Jo ritornare senza di te e…
- Per favore – ringhiò Dubhne. – Non. Chiamarla. Jo.
L’amica la guardò, perplessa. – Che cosa è successo?- chiese, alzando in modo quasi impercettibile un sopracciglio.
– Niente. Non è successo niente - rispose la bambina, rigirando il cucchiaio nella minestra di porri e patate talmente forte da schizzarsi i vestiti.
Alesha sembrò leggermente irritata, ma lasciò perdere e disse:- Avanti, sbrigati, tra poco dobbiamo tornare nel dormitorio.
Dubhne terminò la propria cena in fretta e furia, per poi seguire la fiumana di ragazzi che si dirigeva verso la stanza per la notte. La bambina si sfilò il grembiule da lavoro e si infilò sotto le coperte senza mai guardare né nella direzione di Alesha, né in quella di Johanna.
Stesa nel suo letto e avvolta dal buio, Dubhne pianse per la prima volta dopo settimane.
Il giorno dopo, al telaio, Dubhne e Johanna non scambiarono una sola parola. Si limitarono a svolgere il loro lavoro nel modo più accurato possibile, sotto lo sguardo severo di Kall.
Kall era sempre stato il sorvegliate più simpatico a Dubhne, o se non altro, era il più
umano. Era un uomo d’età compresa tra i trentacinque e i quarant’anni, alto e piuttosto magro, dagli ispidi capelli biondicci e sopracciglia ben disegnate. Aveva una voce calma e moderata, e – cosa incredibile – che a Dubhne non suonava fastidiosa.
Una o due volte Dubhne cercò di incrociare lo sguardo di Johanna, ma non ottenne i risultati sperati: la ragazza non alzava gli occhi dal proprio operato. La bambina sbuffò sonoramente, ma non disse nulla. Alla fine, quando Kall diede l’ordine di fermarsi, Dubhne si allontanò dal telaio così bruscamente che questo traballò, ribaltandosi su un fianco e ingarbugliando tutti i fili del tessuto.
– Oh, no! - esclamò Dubhne, ma troppo tardi: il guaio era fatto. Tutti gli apprendisti della sala posarono lo sguardo su di lei, e Kall la fulminò con gli occhi.
– Ma che diavolo ti è… - cominciò adirato, quando la porta si spalancò. Tutti i ragazzi balzarono in piedi quando videro il signor Tomson irrompere nella stanza.
– Kall, devo chiederti un favore…- fece questo ma , appena notò il disastro combinato da Dubhne, si interruppe. – Che cosa hai fatto?- scandì rivolto alla bambina, infuriato.
– Io… ecco io non… - balbettò lei, terrorizzata. Era finita, morta. Che cosa le sarebbe accaduto? L’avrebbero frustata? Messa a digiuno per due settimane?
La bambina si preparò a subire…
- Non è stata colpa sua - intervenne a sorpresa Richard, prima che Tomson potesse scagliarsi su Dubhne. Questa lo guardò con occhi interrogativi, sbalordita.
– E che cosa vorrebbe dire questo? - chiese Tomson, respirando pesantemente.
– Che per sbaglio la ragazzina è inciampata su un’asta del telaio che avevo disposto male... Errore mio – venne inaspettatamente in loro aiuto Kall. Lo sguardo della bambina schizzò su di lui. Ma che cosa diavolo stava succedendo?
– Oh, in questo caso… - disse Tomson, spiazzato. Poi cercò di riprendere in mano la situazione.
– Beh, che non accada più Kall, intesi?, o sarò costretto a ridurti la paga di questo mese.
Il sorvegliante annuì, e fece un piccolo cenno di rispetto mentre il signor Tomson usciva. Dubhne guardò Richard che, inaspettatamente, le rivolse un piccolo sorriso.
Mentre tutti gli apprendisti uscivano Dubhne si avvicinò a Kall.
– Perché mi avete aiutata? - chiese ancora stupita.
– Perché, se ti fossi beccata la colpa, il signor Tomson ti avrebbe praticamente fatta torturare. Anche Richard lo sa; lui è qui da più tempo degli altri. E, sinceramente, ne hai già viste abbastanza da quando sei arrivata.
– Torturare? - ripeté Dubhne sconvolta.
– No, ragazzina, era soltanto un modo di dire. Ma di certo non te l’avrebbe fatta passare liscia - rispose l'uomo stancamente. - In quanto al telaio, domani chiederò a Celes di ripararlo, è lei l’artigiana più esperta in questo campo. Questo lavoretto mi costerà metà della paga del mese, se va bene, ma non importa. E ora vai.
Dubhne uscì dalla stanza quasi ridendo dalla contentezza. Era riuscita a uscire dai guai senza riportare neanche un graffio. E soprattutto, Richard le aveva sorriso. Questo non voleva dire che sarebbero diventati amici, ma almeno ora aveva la certezza che lui non la detestasse come Dills e gli altri. E Kall era stato addirittura buono con lei! Incredibile.
La bambina sorrise, saltellando verso il refettorio.




Note: salve a tutti :D So di aver impiegato un po' tanto ad aggiornare stavolta, ma sono stata in vacanza per qualche giorno, per cui non ho avuto molto tempo. Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo non breve ;) Ne arriverà un altro al più presto, nel frattempo leggete e spero che questo vi piaccia^^ Bye, Joanna.
  
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