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Autore: Belles    25/07/2013    2 recensioni
«Raduna il tuo esercito, Pan. Domani sull'Isola che non c'è avrà luogo la più epica delle nostre battaglie»
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Campanellino, Capitan Uncino, Peter Pan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando sentì il tonfo, Diana aprì gli occhi terrorizzata. 
"Cos'è stato?" si chiese mentre scivolava giù dal letto con fare agile e si dirigeva verso la finestra. Proveniva uno strano bagliore dal campo proprio adiacente alla sua abitazione che si stava affievolendo ogni secondo sempre di più. Scostò la tendina per vedere meglio. Era come se quella cosa fosse caduta dal cielo. 
"Oh sì certo, adesso le cose cascano dalle stelle. Ridicolo!" pensò tra sé e sé la ragazzina. Quando lo strano luccichio che ricopriva la cosa si spense del tutto, Diana avvertì un tuffo al cuore, le parve quasi di svenire quando mise a fuoco i contorni della strana statua.
"No!....".
Il naso adunco, il cappello e la lunga piuma sul lato, il mento importante, il busto lungo e magro, la spada perfettamente riposta nella fodera, gli occhi chiusi piccoli e infossati. Diana sapeva che questi dettagli non sarebbero bastati per trarre delle conclusioni, finché il suo sguardo non si posò su ciò che c'era nella sua mano destra, o meglio, su ciò che NON c'era: dal polso della misteriosa statua non si articolavano palmo e dita, ma un affilato e ricurvo uncino. 
«Non è possibile.....», il pensiero di Diana si fece verbo, la sua voce tremava, come il resto del suo corpo.
Hook era tornato. Ma perché? Perché sulla terra? Doveva essere parte integrante del coccodrillo che anni prima l'aveva divorato. Cosa è andato storto? Quando la ragazzina riacquistò il controllo del suo corpo e del suo cervello fu invasa da uno stato d'angoscia e di terrore, ma con la poca lucidità che le era rimasta pensò a quale fosse l'unica via da prendere. 
"Devo avvertire Peter Pan". Aprì l'anta scorrevole del suo gigantesco armadio a muro per cercare l'unico strumento che le poteva permettere un contatto tra il mondo reale e quello regnato dal bambino che non voleva crescere. Guardò in tutte le scatole, nei cassetti: niente.
"Non posso averlo perso! Dove cavolo l'ho messo?". Diede le spalle al suo armadio e, come folgorata da un lampo, corse verso il suo letto, si accovacciò e sollevò una delle assi di legno. "Eccoti qua" pensò con un respiro di sollievo. Il flauto si era sbeccato all'estremità, quando era ancora di proprietà di sua nonna Jane: «Tienilo con cura» le disse, porgendoglielo «Solo chi crede nella magia della polvere di fata può scatenare la sua vera potenza. Un giorno ti servirà per chiamare Peter». Diana era stata sull'Isola che non c'è solo una volta, ma Peter non mancava mai a un loro incontro fugace sul balcone di quella che era casa Darling; sembrava che tra i due ci fosse chimica, perché chiamarlo "amore" a 13 anni sembrava un po' troppo prematuro. Le aveva raccontato di quanto fosse noiosa la sua vita sull'isola ora dopo la dipartita di Capitan Uncino; un giorno le disse che, secondo lui, era il momento di diventare grandi.
«No Peter! Tu non puoi crescere!»
«E perché non posso?»
«Perché sei Peter Pan!».
La discussione era finita lì, anche se in cuor suo Diana avrebbe dato qualunque cosa pur di passare le giornate insieme a un ragazzino pieno di audacia e di coraggio come lui.
Diana si mise a suonare il flauto proprio come le aveva insegnato la nonna, poi si mise a contare. «Uno, due, tre, quattro, cinque... Ciao Trilly!». Campanellino svolazzava nella stanza, seguita a ruota dal ragazzo folletto. 
«Ciao Peter!», il suo salutò fu quasi disperato, carico d'angoscia.
«Ehi, Didi che succede?» disse Peter planando a terra con tutta la sua grazia.
«Uncino.. Uncino è tornato, Peter! È una statua! È precipitato nel campo dei girasoli qui dietro!». Peter la guardava con occhi sbarrati, a metà tra l'incredulità e lo spavento.
«Didi non può essere lui! È stato digerito da Cocò davanti ai miei occhi!»
«Se non mi credi allora seguimi!» disse Diana, mentre si dirigeva verso la finestra che dava sul campo. Trilly fu la prima a constatare che quello che aveva appena raccontato la ragazzina era vero.
«Vecchio stoccafisso..». Peter non voleva credere ai suoi occhi. «Dovevi essere defunto».
I sei occhi stettero a guardare il corpo immobile del Capitano fino a quando Uncino non mosse l'uncino; Peter e Diana indietreggiarono, Trilly si nascose dentro il cassetto della cancelleria.
«Dobbiamo andare via di qua Peter!» urlo Diana. In un attimo Campanellino cosparse di polvere dorata la giovane e i tre si librarono in aria uscendo dalla finestra. Peter lanciò uno sguardo a dove prima era adagiato il corpo del suo nemico più acerrimo, ma lui non c'era più.
"Ma dove...?". Non fece in tempo a pensarlo che qualcosa, o, peggio ancora, qualcuno, afferrò la sua caviglia e lo trascinò a terra.
«Peter!!» urlo glacialmente Diana.
Quando il ragazzino toccò il suolo la prima cosa che vide furono gli occhietti piccoli e infossati di Capitano Uncino.
«Ci rincontriamo, Pan!», disse con un ghigno malefico, «finalmente ti ho trovato!».
«Cosa vuoi, Uncino? Hai avuto la possibilità di uccidermi troppe volte e non hai mai colto l'attimo! Fallo ora, avanti. Fai vedere che uomo sei!». Era la seconda volta in vita sua che Peter stava davvero temendo per la sua vita, sensazione che svanì alla risposta del Capitano.
«Pan, come ben sai sono un gentiluomo, quindi vorrei creare un'atmosfera consona per celebrare la tua morte». Fece una pausa poi proseguì: «Ho viaggiato per intere galassie per ritrovarti e, anche se ora ti ho in pugno, non voglio che questo attimo venga sprecato in una frazione di secondo.
Raduna il tuo esercito, Pan. Domani sull'Isola che non c'è avrà luogo la più epica delle nostre battaglie».
  
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