A Lily,
affinché passi un meraviglioso compleanno.
Si erano amati per farsi male, in
quell’intreccio assurdo di braccia, gambe e sentimenti, in
quella notte di luna
piena, in quel silenzio spezzato solo dai loro sospiri.
Come fuoco, Rita
aveva sentito le sue labbra
sulla pelle, le sue mani che le penetravano sin nell’anima, i
suoi sussurri
appassionati, forti, misteriosi.
Non
c’era stato null’altro che passione fra
di loro. Ossessione, forse.
Il nero
degli occhi di Rabastan si
rifletteva in tutto ciò che Rita era, in tutto
ciò che scriveva. Era
nell’inchiostro delle sue penne, nella sua borsetta elegante,
nell’abito scuro
che non metteva mai e che, ormai, aveva preso un po’ di
polvere.
La sua voce era
nel silenzio tombale che
copriva casa Skeeter, nel buio della camera da letto vuota.
Cos’erano
stati, in realtà? Solo parole.
Parole sussurrate
a mezzo bacio, parole
urlate in una gelida notte di settembre, parole sputate in risposta a
urla
troppo forti per essere sormontate.
Rita e Rabastan
erano stati questo: urla,
porte sbattute, fogli imbrattati, vasi scagliati. Ed erano stati poi
vestiti
strappati, baci rubati, bottoni saltati. Erano stati polvere da sparo,
pronta a
saltare in aria al minimo contatto, una bomba ad orologeria pronta ad
esplodere
al minimo movimento sbagliato. Erano stati un errore, un errore che
aveva
lasciato un marchio su entrambi: uno
nero come la pece, inciso a fuoco sulla pelle di lui, troppo forte
affinché
quell’amore che amore non era potesse evitarlo; uno rosso
sangue, preciso al
centro del cuore di lei, che lo aveva ridotto in pezzi così
piccoli che neanche
lei, con le sue infinite parole, avrebbe potuto ricucire insieme.
Prima era stata la
follia più totale,
splendida ed esplosiva. La follia di labbra che si incontrano e corpi
che si
conoscono, aiutati dall’infallibile terrore di poter essere
scoperti,
dall’infinito fascino di tenere tutto nascosto, di renderlo
un segreto, una
cosa solo loro. L’inizio era il momento in cui tutto era
più semplice, per
quanto semplice potesse essere un rapporto fra loro; era il momento
delle belle
parole, delle mille sicurezze. Dopo, era arrivato altro. Erano arrivate
le
suppliche di Rita, le sue preghiere, il suo desiderio di non permettere
all’altro di buttare via quel briciolo di autonomia che gli
rimaneva; erano
arrivati i rifiuti di Rabastan, le gelide parole, gli gelidi sguardi.
Era arrivata quella sera.
Rita la ricordava
come un guazzabuglio di
frasi senza senso, che non sembravano sortire più alcun
effetto sull’uomo che
aveva amato – che l’aveva sbriciolata. Si era
sentita impotente, ignorata.
Aveva sentito ribollire il sangue per l’indignazione. Era
ferita, ma aveva una
dignità. Non l’avrebbe persa, neanche per
l’amore. Neanche per lui.
Rabastan si era
fatto marchiare come un
animale, e sulla sua pelle, oltre al Marchio Nero, aveva impresso anche
l’umiliazione di Rita, che lo aveva scongiurato, pregato di
non stare ad
ascoltare le mille promesse e i castelli in aria di quello squilibrato,
di
rimanere solo Rabastan, di non diventare un Mangiamorte. Eppure quel
segno era lì,
impresso sul braccio sinistro dell’uomo, a creare una
barriera insormontabile,
ormai, per Rita, per lui.
«Hai
fatto le tue scelte» aveva detto,
glaciale, vestitasi di quel sangue freddo che la contraddistingueva.
«Ora, è
giunto il momento che io faccia la mia».
L’aveva
fatta, la sua scelta, Rita. Perché,
checché se ne dicesse, Rita Skeeter aveva una
dignità, Rita Skeeter aveva degli
scrupoli, Rita Skeeter aveva un proprio, personale codice.
Era una
giornalista – non era una santa.
Eppure, non era disposta ad essere la segreta amante di un uomo con le
mani
imbrattate di sangue innocente. La sua arma erano le parole, le parole
che
potevano ferire, ma non uccidere. Le sue parole non uccidevano mai.
Era stata una
scelta sofferta, una scelta che
aveva saputo di dover fare, ma che aveva sempre pregato –
ingenuamente – di non
dover compiere. Era la scelta più semplice e ovvia del
mondo, eppure, al
contempo, era la più difficile e distruttiva.
Non si
può combattere contro un cuore
innamorato, men che meno se questo è in combutta col
cervello.
“Ma io ho sempre e comunque una
dignità”.
Se n’era andata,
Rita, se n’era andata senza guardarsi indietro. Lo aveva
lasciato lì, al centro
della stanza, e se n’era andata. No, lui non
l’aveva rincorsa, non si era
scusato, non le aveva preparato una sorpresa per farsi perdonare. Lei
non si
era seduta ad aspettarlo, osservando la luna e logorandosi
l’anima in attesa di
un qualsiasi segno.
Perché
erano questi che erano stati: solo
parole. Parole, sussurrate, gridate, insanguinate. Parole potenti e
insignificanti, ti amo buttati lì, tra le lenzuola
arrotolate, e poi
maledizioni, insulti, ti odio buttati lì, tra vetri spaccati.
Lui
sarebbe caduto nell’abisso e avrebbe
tirato giù anche lei, dopo.
Ora sarebbe andata
a gettarvisi da sola, in
un abisso diverso ma ugualmente doloroso.
Eppure, l’avrebbe fatto per propria
scelta.
Aveva
pur sempre una dignità.
Angolo Autrice:
Salve a tutti! Prima di tutto ci terrei a fare ancora tanti, tanti auguri a Lils - sta diventando vecchietta, eh v.v - e mi vorrei scusare per questa... uhm... cosa, non ho saputo davvero fare di meglio xD La storia è ispirata a tutto ciò che ho letto su questo pairing (ovvero solo qualche sua drabble) e, in parte, anche ad alcune mie drabble su Alice/Rodolphus scritte tempo fa. Diciamo che ho scoperto la Rita/Rabastan davvero da pochissimo, eppure mi intriga tantissimo.In particolare il personaggio di Rita, che ho imparato ad amare grazie ad una one-shot della stessa Lily; scrivere sui personaggi secondari è sempre bellissimo, apre davvero nuovi mondi. Ho voluto ribadire più volte la questione dell'avere una dignità, in questo racconto, perché credo che Rita non fosse davvero una senza scrupoli. Diciamo che la vedo pronta ad usare le parole per indagare, ferire e tutto, perché negarlo sarebbe renderla ooc (cosa che credo di aver comunque fatto, pur cercando di evitaro xD), però appoggiare i Mangiamorte è un'altra questione, è esporsi totalmente, è dire "io la penso così, ciò che fanno è giusto". E benché la loro tresca fosse "segreta", si sa che tutto, prima o poi, viene fuori, e Rita di certo non è una sprovveduta venuta al mondo il giorno prima, dunque lo sa. Spero di riuscire a scrivere di nuovo su questo pairing, magari qualcosa di decente, stavolta xD
Che dire, vi ringrazio per la lettura! :3 E ancora tanti auguri a Lily <3
p.s.
Questa storia è frutto di un delirio notturno, l'ho riletta
solo una volta, quindi potrei aver scritto tante sciocchezze
v.v