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Autore: Noth    30/07/2013    24 recensioni
Sette audiocassette contenenti le tredici ragioni per le quali Blaine Anderson si è suicidato. E queste cassette stanno facendo il giro delle tredici persone colpevoli di aver distrutto la vita di Blaine. Quando arrivano a Kurt, però, lui non sa cosa aspettarsi e non capisce cosa possa c'entrare. Eppure è in una di quelle cassette, e prima o poi verrà il suo turno. Ascoltandole, Kurt comincerà un viaggio che lo porterà ad una nuova consapevolezza, ad una scoperta di emozioni e sentimenti che aveva dato per scontate e che, invece, non avrebbe dovuto.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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13 Reasons Why
Cassetta E Lato 10








Parti, parti, parti, parti, parti, mi dicevo, mentre a malapena riuscivo a mettere il nastro al suo posto e a schiacciare quel maledetto pulsante. Non avevo neanche il tempo di pensare, non volevo pensare, volevo sapere e volevo capire. O forse no. Non mi importava di niente, tutto ciò che davvero era importante, in quel momento, era dentro quella cassetta.

Play.

Non prendertela con me Kurt, davvero, non te la prendere. Non è stata colpa tua. Non del tutto. Sono io. Sono sempre stato io. È solo che... eri tu.

Cosa significava quell'introduzione? Negli altri nastri era sempre stato molto deciso su quello che doveva dire, come se lo avesse preparato in anticipo per un sacco di tempo; ora sembrava solo confuso.

Mi ero ripromesso allo stesso tempo sia di parlarti di tutto questo, sia di non farlo. Immagino di stare mantenendo entrambe le promesse. Kurt. Kurt. Una persona come te che ci fa in mezzo a questo schifo? Non dovresti essere qui, non dovresti mostrare a nessuno quanto, con un po' di impegno, potremmo essere migliori. Eri tutto ciò che avrei voluto essere ed avere. Fiero, forte, tenace, con una bella famiglia ed un fratello che ti amava. E poi immagino che volessi anche te. Te che eri stato così gentile con me da farmi sentire come se ci fosse stato uno spiraglio in quella mia discesa a chiocciola nel buio. Pessima idea, sai?

So che lo hai fatto con le migliori intenzioni, ma non puoi andare da un alcolista a sbandierargli quanto sia bella la vita senza l'alcol, con una bella moglie ed un tetto sopra la testa.

Però ti ho amato tanto per averlo fatto. Perché sarebbe stata la spinta giusta per smettere di piangermi addosso e aggrapparmi a te con ogni fibra del mio essere e ricominciare, dimenticare, farmi scivolare tutto addosso.

Perché non lo hai fatto?

Ma erano tutte fantasie. Non ne ero capace. Era così bella quell'immagine, così pura, così idealizzata. Ma no.

Non dirlo. Non dire no.

Vorrei ricordare solo due episodi, due singoli episodi prima di chiudere anche questo nastro.

Quali? Cosa ho fatto? Quando? La mia mente urlava a velocità disumana, sovrapponendo gemiti e grida come fosse l'apocalisse. Cosa avevo fatto. Niente. O forse tutto. Forse era tutta colpa mia.

C'era stata quella volta che eravamo entrambi alla festa ed ero ubriaco. La maggior parte delle nostre conversazioni sensate erano da ubriachi. Ti ricordi quando mi sono seduto sul divano accanto a te? Quando stavo per cadere per terra? Dio, se mi veniva da vomitare. Avevo visto così tanta gente spalmarsi la saliva in faccia che non sapevo più dove guardare e devo ammettere che la testa mi girava come una giostra. Poi notai quello spazio vuoto accanto a te. Avevi un bicchiere rosso in mano e lo dondolavi con aria poco interessata.

Ero ubriaco, perché non parlarti per una volta? Perché no? Era la mia occasione. Potevo provare a vedere cosa si provava ad essere te. Allora mi sedetti, barcollando. Diciamo che capitolai su quello spazio e finsi di non vedere niente perché mi ero già dimenticato tutte le cose che volevo dirti.

« Bella festa. » dicesti, e come darti torto. Era una festa. Era già tanto che fossi stato lì, ho già detto che non ero di certo il ragazzino popolare che partecipava a tutti quei party che sarebbero stati storie da raccontare poi agli amici di una prossima vita.

Mi tremavano le mani perché mi ricordavo tutto. Mi tremavano perché avrei potuto agire in modo da portarlo via con me. Perché non mi aveva mai parlato prima? Perché non lo avevo fatto io? Perché eravamo stati bloccati da delle stupide convenzioni sociali? Guarda dove ci avevano portato. Dannazione! A chi potevo gridare quest'ingiustizia, adesso? A qualcuno che non avrebbe ascoltato?

Ricordo che sorrisi, senza motivo. Perché avrei dovuto sorridere? Ah, le benedizioni dell'alcol. Meglio che piangere sulla tua spalla, suppongo.

« L'unica. » risposi, sperando di risultare abbastanza ambiguo da non sembrare un povero idiota senza vita sociale. Volevo che ti interessassi a me e, allo stesso tempo, volevo tenerti a debita distanza. Perché sapevo ciò che mi avresti fatto.

Ci sono delle persone delle quali percepisci perfettamente quale effetto riusciranno ad avere su di te. È come se la chimica tra particelle cercasse invano di mandarti delle piccole scosse per segnalarti il pericolo, ma cosa c'è di meglio di una bella scossa all'anima? Soprattutto alla mia.

Non voglio ascoltare.

Tu rispettasti tutti i convenevoli e mi chiedesti: « Come stai? »

Non potevi fare domanda peggiore, e immagino che ormai tu lo avrai capito se avrai avuto la forza di stare a sentire tutti i nastri prima del tuo. Ma all'epoca come potevi saperlo? Come potevano saperlo tutti? Nessuno poteva, d'altra parte.

Avevo pensato a quell'episodio poco prima, durante la cassetta dedicata a Quinn, se solo avessi saputo i suoi pensieri. Se solo. Se.

« Da urlo. » risposi, e tu sorridesti. Era un urlo di solitudine il mio. Hai presente quello che fai nel mezzo di una folla perché nessuno ti vede o ti sente e vuoi dimostrare al mondo che sei vivo, ma ancora nessuno sembra notarti? Quello era il mio urlo. Era un incubo e, poco dopo, sarebbe peggiorato ancora di più. Immagino che ormai tu lo sappia.

Sì, sì lo so ora. E se fossi rimasto lì con me più a lungo magari non sarebbe successo.

Questo genere di pensieri ti divora e non ti porta da nessuna parte.

« Bene. » rispondesti. Wow, mi ricordo questa cosa molto meglio di quanto mi aspettassi. In ogni caso volevo disperatamente continuare quella conversazione che sembrava irrimediabilmente destinata a morire nell'imbarazzo e nella mancanza di argomenti, quindi ti feci la stessa domanda, e tu rispondesti:

« Non mi lamento eccessivamente. » e sembrava una risposta così pesata che mi venne voglia di ridere. Di solito mi trattenevo, ma quella volta decisi di assecondarmi. Era divertente.

Rise anche in quel momento. Non riuscivo a capire se per il ricordo o in maniera amara.

Sentivo la bile ribollirmi dentro, perché quella risata non era ormai altro che una cassetta. Una stupida audiocassetta che avrebbe per sempre portato le ultime parole di Blaine Anderson, un ragazzo meraviglioso, che però si era chiamato fuori.

« Nessuno si lamenta mai abbastanza. » avevo risposto. Per qualche secondo ero riuscito a dire qualcosa di sensato, ma sapevo che significava entrare in confidenza e non potevo farlo. Non lì, non in quel momento. Volevo, sapevo che doveva succedere, ma non...lì.

Mi iniziai ad agitare, sentivo il respiro farsi più corto, ma lottavo per non darlo a vedere. Non volevo pensassi fossi un pazzo.

Troppo tardi, forse. Ah, me misero, mi sa che ho rovinato tutto.

Poi dicesti qualcosa che faceva intendere che capivi il peso della situazione, e capivi che non era il caso. Tu capivi. E io lo sentivo. E questo fu un colpo di grazia. Se esistevano persone come te, perché non venivano a salvarmi? E chi ero io per contaminarti?

Tutti discorsi da ragazzino ma, che posso dire, io sono ancora un bambino, suppongo.

No, Blaine, tu sei cresciuto troppo in fretta e non hai un equilibrio. Non in te stesso. Lo cercavi in me, ma non siamo riusciti a crearlo. Non sai quanto mi dispiace.

Mi accasciai sul letto, morsicandomi le guance per non far sentire i singhiozzi che mi risalivano la gola come pugni pronti a sfondare la barriera delle mie labbra.

Non sapevo nemmeno come mi sentivo, sapevo solo che non avevo voglia di fare niente.

Ti ricordi cos'è successo poi?

« Se tutti si lamentassero adeguatamente, sai che tristezza. » dissi, in contemporanea con la cassetta.

Sorrisi mentre una lacrima mi correva lungo il labbro.

Già. Ma a me era già passata la voglia di ridere. Sai cosa vuol dire stare bene con una persona ma non stare bene con te stesso né con tutto il resto? Le soluzioni sono due: o diventi dipendente da questa persona o vuoi starci lontano a tutti i costi perché avere davanti la soluzione non fa altro che male. Non la puoi prendere. Non la puoi toccare. E poi non sarebbe giusto.

Perché?

Perché lasciamo tutti delle impronte sulle vite che tocchiamo, e anche io le avrei lasciate su di te. Mi sentivo come un imbianchino su una tela di Van Gogh. Non potevo rischiare di rovinarti, ti pare?

No, Blaine, no, io sarei stato forte abbastanza e avrei sopportato le tue impronte e ti avrei aggiustato. Magari non da solo. Magari ci sarebbe voluto un po', ma avrei potuto farlo. Davvero, Blaine, potevo. Perché non mi hai lasciato farlo.

Mi morsi le guance più forte.

In seguito ci eravamo già visti più volte. Un po' al parco vicino casa, un po' a scuola, un po' per strada, un po' a mensa, un po' in giro. Avevamo conversato, addirittura, a volte. Riso. Parlato. Chissà se te lo ricordi. Suppongo di sì.

Idiota, ovvio.

Kurt.

« Mh? » risposi ad alta voce, ma non stava parlando davvero con me.

Un sospiro nelle cuffie.

« Non piangere. » sussurrò.

Avevo un nodo in gola che mi stava strozzando.

Ti ricordi la volta dell'altalena? Bé, non è stata molto tempo fa, credo che la tua memoria non sia così breve. Eravamo alla festa di Jacob e ormai era tardi. Io ho provato ad evitarti tutta la serata, principalmente perché ero ubriaco e non mi fidavo affatto di me stesso.

Non rovinare le cose, continuavo a ripetermi.

A poco serviva.

Voi tutti che state ascoltando solo per un po' di gossip ora, vi divertono le avventure di un ragazzo morto?

Aveva queste uscite così arrabbiate, così aggressive, che riuscivo perfettamente a percepire il suo stato d'animo e lo detestavo.

Alla fine erano tutti finiti in piscina, ma io non so nuotare. Mi diressi verso l'angolo più lontano del giardino, vidi un'altalena, barcollando mi appoggiai a uno dei pali di sostegno e notai che c'eri tu. Eri seduto lì, ti dondolavi piano.

Mi ricordavo benissimo quella serata.

Non andare avanti.

Non andare avanti.

« Forse dovresti sederti tu. » dicesti.

« Forse dovresti andare in piscina. » consigliai. Postosbagliatopostosbagliatopostosbagliato.

Facesti spallucce.

« Non voglio bagnarmi i capelli. » ammettesti.

Ridacchiai.

Quella risata mi risuonava ancora nelle orecchie se mi concentrvo abbastanza.

« Avrei dovuto immaginarlo. » risposi, prima di rendermi conto di quanto potesse sembrare offensivo, ma tu facesti una smorfia divertita.

« Sì, probabilmente sì. »

Cercai di stare in piedi lì davanti a te, a guardarti mentre ti dondolavi, così, solo perché mi rilassava, ma mi girava la testa – tanto – quindi caddi per terra, gemendo e mormorando cose che non ricordo. Spero nemmeno tu.

Allora ti sei alzato dall'altalena e ti sei abbassato su di me.

« Blaine, non dovresti stare disteso in questo stato, davvero, tirati su. » mi consigliasti, cercando di alzarmi.

Ho dei flash confusi di questa cosa, ma so che successe.

Dimmi che ti ricordi.

Sì.

« Non voglio, tanto peggio di così. » gemetti.

Ricordavo quella conversazione. Era stato il momento in cui avevo realizzato molte cose.

In cui avevo realizzato Blaine.

« Peggio di così? » domandasti. Ricordo che mi focalizzai sul modo in cui aggrottasti le sopracciglia ed arricciasti il naso.

Scusa se ti sto dicendo tutto questo, ma se non lo faccio adesso non ne avrò più l'occasione.

« Penso di essere arrivato al capolinea. » spiegai. Oh, ricordo che ormai avevo rinunciato a zittirmi. Parlare sembrava molto facile.

« Di cosa? » domandasti. So che ti ricordi.

« Di me. » risposi. Avevo già l'idea. Avevo questo tarlo orribile, dentro di me, che mi diceva 'basta'.

Tu non avevi detto cose come “non dire idiozie” o “ma finiscila”. Dicesti:

« Perché? » e come potevo spiegartelo?

« Perché 'basta'. » risposi. Scoppiai a ridere, perché mi veniva da piangere. Tu ti distendetti accanto a me.

« 'Basta' è una scusa. » mormorasti. « Perché io posso dirti 'prova ancora'. »

Mi voltai verso di te, e fu allora che mi vedesti. Lo so, avevo gli occhi lucidi. Non me ne ero accorto, scusa.

Il flash della scena mi arrivò addosso come un mattone sulle tempie.

« 'Prova ancora' non è abbastanza! » risposi. Tu arretrasti di qualche centimetro.

« Lo è, perché finché continui a provare puoi sperare che succeda qualcosa di meglio! Se non lo fai, grazie al cazzo! »

Oh, sì, stavamo litigando.

« Non sai cosa significa vedere le proprie aspettative rimanere deluse ogni volta! Non puoi capire, non puoi! » gridai sottovoce, stringendo i denti perché coloro che erano nella piscina non ci sentissero. In lontananza potevamo sentire i loro schiamazzi.

« Non si tratta di me, si tratta di te! Si tratta del fatto che tutti possono farcela, Blaine, è da codardi lasciare tutto e pensare che possa essere una soluzione! »

« Infatti non è una soluzione! » gridai.

Stava arrivando.

« E cosa sarebbe una soluzione, allora? » domandasti.

« Io... io non... »

« Può una persona essere una soluzione? » chiedesti di nuovo.

« Io non lo so. » biascicai, cercando di voltarmi dall'altra parte, ma troppo confuso per farlo. Tutte quelle grida mi avevano fatto venire un mal di testa atroce.

« Se hai bisogno, Blaine, io posso provarci, io posso... »

Ricordavo quel momento. Ricordavo che avevo pensato fosse il momento di dirgli che mi ero affezionato. Che c'era qualcosa in lui, non so cosa nemmeno adesso, che mi diceva che dovevo restare. D'altra parte per queste cose non deve esserci una ragione, ed io la avevo cercata inutilmente. Mi ero esposto, mi ero proposto, e avrei dato tutto ciò che avevo per un suo segno di assenso. Invece non fu quello che mi aspettavo.

Ti baciai. Per farti stare zitto, sì, per quello. Perché avevi ragione ma non potevo permettermi di trovare una soluzione. Non potevo intaccarla, non se si trattava di una persona come me. Non ha senso far marcire una bella mela per aiutare un'altra a stare un po' meglio. Ti baciai perché mi piacevi tanto, perché mi facevi sentire normale, e mi facevi arrabbiare. Perché non eri né Quinn, né Finn, né Puck, né Rachel, né Tina, né nessun altro. Perché volevi davvero aiutarmi, ma non potevo lasciartelo fare.

Quindi ti chiedo scusa, ti chiedo scusa per la mia esistenza fottuta, ma se non potevo avere una soluzione, allora era il momento di dire basta. E quello fu il campanello per me.

Non bastavi neanche tu.

Avrei potuto, idiota. Avrei potuto. Dovevi lasciarmi del tempo.

Custodivo il ricordo di quell'istante gelosamente. Le labbra che si scontravano, il battito del cuore che accelerava come fosse stato nel bel mezzo di una corsa, il sangue che pulsava in tutto il corpo e qualcosa di bagnato sul viso, perché Blaine stava piangendo, e non sapevo cosa fare.

Credimi. CREDIMI se ti dico che avrei voluto poter restare fermo così. Fermo. Immobile. Ma la vita va avanti, e non sono abbastanza forte da solo per fermarla, ed è per questo che ti spinsi via. Mi sentivo così bene che non potevo sopportarlo. Non riuscivo a respirare. Non potevo nemmeno pensarci, non doveva esistere, non era un'opzione. Era più importante quello che ho detto prima. Era più importante quel 'basta'.

E' stato lo scalino che mi ha fatto capire che non avevo altre alternative. E allo scatto definitivo mancava veramente un nonnulla. Ma non è colpa tua, hai capito? Non è colpa tua.

Perchè mi hai inserito in queste cassette, allora?

Sei in questo nastro perché dovevo dirtelo. Dovevo essere sincero con te, per una volta. Volevo solo questo. Sei una delle ragioni, è vero, ma sicuramente sei l'unica che non rimpiango.

Kurt, davvero. Non piangere. So che lo stai facendo.

Lo hai fatto anche quella sera, mentre correvo via e nessuno, a parte te, se ne accorgeva.

Ma ora è finita, quindi shh, non piangere.

Click.

Stop.

La cassetta era finita, si era esaurita, e tutto ciò che io avrei voluto fare era rimetterla da capo e riascoltare quelle ultime frasi.

Riascoltare.

Riascoltare.

Desideravo come un pazzo poterlo sentire dal vivo.

Mi levai le cuffie e gridai sul cuscino.
















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Spazio Autrice:

Scusatemi da morire il ritardo, davvero. Sono pessima.
Ho perso dei pezzi di cuore a scrivere questo capitolo, facevo pause continue perchè mi sentivo proprio male.

Spero vi piaccia, manca poco alla fine della storia.

Un Bacio,

Noth

   
 
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