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Autore: vero_91    02/08/2013    6 recensioni
“Cosa c’è Hawthorne?” Con estrema facilità, troppa per un cacciatore come me, in un attimo mi ritrovo imprigionato tra la parete e il corpo di Johanna, che preme contro il mio. Vorrei allontanarla ma gli arti non rispondono ai miei comandi, così mi ritrovo immobile, come un burattino nelle mani di questa donna: “Non sono queste le mani da cui desideri essere toccato vero? Non sono queste le labbra che desideri baciare vero? Non è questo il corpo caldo che desideri possedere vero?”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Johanna Mason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fuoco e Cenere '
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“Da quanto tempo sei sveglio?” alzo lo sguardo dal giornale e lo poso sulla figura di fronte a me. Johanna mi fissa con aria stizzita, le mani sui fianchi e con indosso solo una misera maglietta bianca. “Allora?” ripete, già sul piede di guerra.
“Johanna non sei mia madre. Dormo abbastanza e non ho avuto incubi, quindi non iniziare con la solita storia del –lavori troppo-, per favore.”  Dico riabbassando lo sguardo sulle ultime notizie dai distretti.
“E tu smetti di comportarti come un incosciente allora. O ti ridurrai come un anno fa, morente nel tuo bagno. Ma stavolta sappi che non ti aiuterò.” Replica strappandomi il giornale di mano e gettandolo sul divano.
“Nessuno ti ha chiesto di farlo infatti.” Dico incrociando le braccia. “C’è altro?” So quanto lei detesti essere liquidata così.
La sue espressione continua a essere stizzita, ma un lampo di sfida passa per i suoi grandi occhi marroni. “Sì, c’è altro.” Dice, mentre con un rapido movimento si posiziona a cavalcioni su di me.
“Johanna, devo andare a lavorare.” Dico, sapendo già dove questo ci porterà.
“L’hai voluto tu, Hawthorne”. Sussurra al mio orecchio mentre la sua maglia finisce sul pavimento. Con mani abili slaccia la cinghia dei miei pantaloni ed io stringo automaticamente uno dei suoi seni prosperosi. “Sai che con me non l’avrai mai vinta.” Dice, muovendo una mano sinuosa verso il mio basso ventre.
Lo so. Eccome se lo so. Da quando sono caduto in questa trappola, non sono più riuscito a trovare una via d’uscita. Non che mi sia dato molto da fare per cercarla comunque. Mi chiedo da quando il cacciatore sia diventato preda; da quando le sue labbra, il suo profumo, il suo sorriso siano diventate delle esche così irresistibili per me. Cerco di autoconvincermi che questa sarà l’ultima volta, anche se è da più di cinque mesi che mi ripeto questa litania.
Mentre assaporo il gusto delle sue labbra che cercano avidamente le mie, sento in lontananza gli squilli del telefono, ma è la voce di mia madre che risuona in segreteria a riportarmi alla realtà:
“Gale sono io, spero di non averti svegliato. Volevo solo ricordarti che io e i tuoi fratelli arriveremo domani con il treno delle 10.25, ti aspettiamo in stazione. Non fare tardi mi raccomando! Be a domani allora, ciao ti vogliamo bene.”
Nel silenzio innaturale che segue Johanna continua a fissare il telefono, come se fosse ancora stupita da quello strano aggeggio inventato da Capitol City, poi esclama: “Lo sapevi?”
Annuisco. “Certo che lo sapevo.” Fingo indifferenza, ma la verità è che cercavo di non pensarci.
“E quando pensavi di dirmelo scusa? Dobbiamo pensare a un sacco di cose!” dice indicando con un gesto della mano la stanza in disordine.
Allaccio i pantaloni cercando di riacquistare lucidità perché so che quello che dirò non le piacerà.
“Johanna tu non puoi conoscere la mia famiglia.” Il mio tono è deciso e diretto, ma quello che vedo mi fa così male che vorrei rimangiarmelo subito. Johanna ha lo sguardo di una persona che è stata pugnalata alle spalle, e dalla fitta di dolore che mi serra lo stomaco quel pugnale sembra aver colpito anche me.
Lo schiaffo arriva così velocemente che a malapena me ne accorgo; poi svelta si rimette la maglia e si dirige in camera sua. “Che cosa ti aspettavi?” chiedo, seguendola.
“Dimmi solo il perché!” la rabbia e il dolore vibrano nella sua voce mentre afferra manciate di suoi vestiti e li butta alla rinfusa in un borsone. “E’ perché sono un’assassina? O perché sono un ex morfinomane? O semplicemente perché vuoi che la tua famiglia creda ancora che starai con Katniss un giorno?”. Johanna chiude con forza la borsa e inchioda il suo sguardo al mio, in attesa di una risposta.
Per tutte queste ragioni e mille altre ancora. Perché non saprei come spiegarlo, perché non so cosa Johanna sia per me: un’amica, un’amante, una compagna di letto, la mia ragazza? Perché mi vergogno ad ammettere di aver bisogno di Johanna per dimenticare Catnip, mi vergogno di aver rinunciato a lei.
“Katniss non c’entra nulla in questo.” Mento, cercando di nascondere il fastidio nella mia voce.
“Ne sei sicuro Gale? Perché io invece ho la sensazione che tutto quello che fai e che dici continui a ruotare sempre intorno a lei.” Johanna afferra la mia mano e inspira profondamente, poi dice quella che sembra essere una verità tenuta nascosta troppo a lungo. “Ti ho mentito Gale. Ti avevo detto che mi bastava avere te e che non ti avrei chiesto nulla in cambio ma la realtà è che non sono così dannatamente forte, io non voglio stare con un uomo che ama un’altra donna. Ho bisogno di sentirmelo dire Gale.  Io ti amo. Tu mi ami?” .
Questa non è la prima volta che una ragazza dice di amarmi: compagne di classe, che mi dichiaravano i loro sentimenti nel cortile della scuola, anche se c’eravamo rivolti a malapena la parola; ragazze sciocche che baciavo dietro alla miniera, che mi donavano il loro corpo e in cambio chiedevano il mio amore.
Da parte mia invece, ho detto ti amo solo una volta.
Guardo Johanna, in attesa, mentre la mano continua a stringere con forza la mia. La guardo e la sua immagine si sovrappone a quella di Catnip quando le dichiarai il mio amore. Alla sua fronte appoggiata alla mia, al suo profumo di fumo e mele.  
So che dovrei risponderle, ma le parole mi muoiono in gola.
So che la perderò se non dirò nulla, ma non riesco a mentirle.
Lei mi ama, e l’unica persona a cui riesco a pensare in questo momento è Catnip.
I secondi passano inesorabili, mentre la consapevolezza si fa strada nell’espressione di Johanna. Abbasso gli occhi, responsabile del dolore che sta provando. Sento la sua mano abbandonare la mia, e stavolta sono io a stringerla. “Io te l’avevo detto Johanna, sapevi che non avrei mai potuto darti questo.” Dico, alla ricerca di una giustificazione.
Johanna scuote la testa. “Non posso più farlo Gale. Non posso più far finta di niente e ignorare i miei sentimenti; finirei con l’odiare me stessa. Devo andarmene da qui.”
“Johanna io…” Diglielo. Diglielo. Diglielo. “… mi dispiace.” Sussurro sconfitto.
“Risposta sbagliata, Hawthorne.” Si libera dalla mia presa, prima di uscire dalla porta senza guardarsi indietro.
 
 
“Non c’è bisogno che ci accompagni, possiamo farcela da soli.” Dice mia madre sorridendo.
“Non preoccuparti, tanto poi devo passare all’ufficio centrale.” Sulla strada del ritorno diretti verso la stazione, i miei fratelli corrono da una vetrina all’altra, entusiasti per le meraviglie che ne vedono dietro. Anche se il distretto 12 è stato ricostruito e la miseria è solo un brutto ricordo, i primi due distretti continuano a essere i più ricchi di Panem.  Io e mia mamma li seguiamo con lo sguardo passeggiando a distanza.
“Sei sicuro di non stare lavorando troppo? Sembri stanco.” L’attenzione di mia madre si sofferma sulle mie occhiaie scure e sull’espressione tesa.
“Mi piace lavorare.” Dico cercando di eludere la domanda. Non posso dirle che stanotte non ho chiuso occhio a causa della lite con Johanna. Non posso dirle che a ogni minimo rumore che sentivo in casa scattavo in piedi sperando avesse cambiato idea. Ma non l’ha fatto. Stamattina la casa era immersa in un silenzio quasi irreale, e di Johanna non c’era traccia.
Mia mamma sospira, richiamando la mia attenzione. “Gale, quando hai intenzione di dirmi della ragazza che vive in casa tua?”
La guardo stupito, troppo sorpreso per riuscire a nascondere la mia espressione colpevole. “Cos’è pensavi che non me ne sarei accorta? In casa tua c’è un tocco inconfondibile di donna: se non fosse per le candele e i fiori sparsi in casa, sono piuttosto sicura che i trucchi e le creme antirughe in bagno non siano tuoi.” Mia madre sorride soddisfatta della sua conclusione, mentre io continuo a guardarla stupito. Troppo preso dalla fuga di Johanna mi ero completamente scordato di nascondere le sue cose. Se fosse qui, probabilmente a quest’ora starebbe ridendo di me.Ben ti sta, Hawthorne.
“Allora dove l’hai nascosta? Mi piacerebbe conoscerla!”.
“Se n’è andata.” Dico fissando un punto indefinito davanti a me.
Per fortuna capisce subito quello che intendo. “Come mai?” chiede.
“Non sono riuscito a darle quello che desiderava.” Rispondo, dopo un attimo di esitazione.
Annuisce, come se sapesse benissimo quello di cui sto parlando. “E lei? Lei è riuscita a darti quello che desideravi?”
“Tutto.” Rispondo subito, le parole escono senza che io possa fermarle. “Io non desideravo più nulla, ma lei mi ha ridato tutto.”
“Allora è proprio un peccato che tu l’abbia lasciata andare.” Conclude e mi lascia solo con questa consapevolezza per raggiungere Posy che le mostra agitata qualcosa dietro a una vetrina.
 
Da quel giorno sono passate tre settimane e di Johanna nessuna traccia. L’ho cercata per tutto il Distretto 2, bussando alle porte dei suoi compagni taglialegna e ai pochi hotel presenti zona, ma di lei neanche l’ombra. In compenso tutte le sue cose continuano a giacere in casa e a coprirsi di un leggero strato di polvere, come a volermi ricordare che il tempo passa e lei continua a non tornare.
E anche se la vedessi, cosa le direi? Stai con me, anche se non ti amo. Perché io non la amo giusto? Se l’amassi sarei riuscita a dirglielo, se l’amassi non avrei pensato a Catnip. Se l’amassi, non l’avrei lasciata andare. Da quel giorno però, una specie di voragine si è aperta dentro di me, e più il tempo passa più mi sembra diventi profonda. So che finché non l’avrò trovata, non riuscirò a darmi pace. Torna, mi manchi.
Possibile che se ne sia già andata dal Distretto 2? Forse è tornata nel suo Distretto, o forse ha raggiunto Annie nel 4… “Signor Hawthorne posso entrare?” solo adesso mi accorgo dell’insistente bussare alla porta.
“Avanti” dico, la testa ancora tra le mani mentre cerco di ritrovare il filo dei miei pensieri.
Carl, l’addetto alla manutenzione, entra nell’ufficio con una serie di mappe e scartoffie, gettandole soddisfatto sulla mia scrivania. “Ecco tutti i progetti che abbiamo intenzione di attuare nei distretti, alcuni sono stati già approvati, per altri purtroppo temo dovremo vedercela con la Presidente Paylor.
“Grazie.” Dico, cercando di ritrovare un minimo di concentrazione. “Abbiamo un capanno degli attrezzi?” chiedo sorpreso indicando l’abbozzo davanti a me.
Carl annuisce. “E’ un vecchio capanno in mezzo al bosco, era usato dai boscaioli come punto d’appoggio nel caso scoppiasse un temporale o facesse troppo tardi per attraversare il bosco di notte. Ora è in disuso però perché sta cadendo a pezzi, pensavamo di abbatterlo e costruirne uno più grande, così da poter ospitare anche un’intera squadra…”
Carl sta continuando a parlare del nuovo progetto, ma i miei pensieri sono di nuovo rivolti a un’unica persona. “Dov’è questo capanno?” chiedo prendendo rapido la mappa del Distretto 2. Carl indica confuso un punto a est del bosco, e mentre mi dirigo quasi correndo verso l’uscita urla: “Gale dove stai andando? Ricordati che abbiamo la riunione del…” Non saprò mai che riunione era. In questo momento l’unica cosa che posso fare è aggrapparmi alla speranza che Johanna sia davvero lì, dopotutto lavorava in una squadra di taglialegna, quindi è possibile che sapesse dell’esistenza del capanno.
Quando arrivo all’incirca nel punto indicato da Carl, lo vedo nascosto dalla boscaglia. Mi avvicino furtivo, ma quando mi trovo davanti all’ingresso ho la brutta sensazione che all’interno troverò solo il vuoto.
Busso ripetutamente mentre la consapevolezza che Johanna se ne sia andata per sempre si fa strada dentro di me. Mi allontano, pronto a tirare un calcio alla porta, più che altro per scaricare la rabbia e la frustrazione, quando sento una voce inconfondibile chiamare il mio nome.
“Gale!” Johanna è di fronte a me con qualche ceppo di legna tra le braccia, il suo sguardo è impenetrabile. “Che cosa ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi?”.
Scruto il suo viso, alla ricerca di qualche emozione: sorpresa, desiderio, dolore, amore qualsiasi cosa che mi dica che c’è ancora speranza.  “Perché sei qui?” ripete più lentamente, come se avesse a che fare con una persona poco sveglia.
“Ti stavo cercando.” Dico, sostenendo il suo sguardo.
“Bene mi hai trovato, buon per te.” Dice scostandomi e dirigendosi verso la porta. “Che cosa vuoi?” chiede mentre armeggia con le chiavi tenendo i ceppi nell’altra mano.
“Sono venuti a prenderti, per riportarti a casa.” Johanna apre con indifferenza la porta, ma dal sussulto delle sue spalle so che non si aspettava questa risposta. “Mi dispiace deluderti Gale, ma è questa la mia nuova casa ora.” Afferma ormai sulla soglia.
“In realtà questo è un vecchio magazzino, e tra pochi giorni lo farò abbattere.” Mi avvicino di qualche passo, accorciando la distanza fra noi.
“Grazie per avermi avvisato allora, è stato molto gentile da parte tua.” Il suo tono è acido quando decide di concludere per sempre questa conversazione sbattendomi la porta in faccia.
“Perché non sei scappata?” chiedo, bloccandola appena in tempo con la mano.
Mi guarda confusa, e nei suoi grandi occhi marroni intravedo quella sofferenza che sta cercando disperatamente di nascondere. “Perché stavi per sfondare la mia porta a calci e…” Scuoto la testa, interrompendola. “No, intendevo perché non te ne sei andata tre settimane fa. Che senso ha continuare a vivere qui se non vuoi più stare con me?” I miei sono occhi ancora nei suoi. Desidero solo sapere che è rimasta per me. Ho bisogno di vedere quell’amore che Johanna Mason ha tanto cercato di nascondermi.
 In pochi secondi le sue espressioni cambiano così rapidamente che faccio fatica a distinguerle tutte: sorpresa, imbarazzo, vergogna, sdegno e alla fine rabbia pura. “Io faccio quello che voglio hai capito?” urla buttando i ceppi che avevo in mano per terra e afferrandomi per l’orlo della maglietta. “E chi ti credi di essere per venire a dirmi queste cose? Solo perché ti ho detto che ti amo non significa che il mio mondo giri intorno a te!” .
Johanna molla la presa e mi da’ uno spintone, mentre cerca di combattere contro le lacrime che le scendono sul volto. “Vattene adesso Hawthorne, razza di egoista presuntuoso…” Il mio bacio blocca la serie d’insulti che ne sarebbe seguita, sulle labbra sento il sapore salato delle lacrime.
Johanna cerca di allontanarsi dandomi un altro spintone, ma io la trattengo per le spalle bloccandola tra il mio corpo e il muro della casa. Continuo a baciarla, mentre lei tempesta il mio petto con una serie di pugni, alternando baci e insulti.
Questa lotta finisce con una fitta di dolore e un morso al mio labro inferiore. “Io credo di odiarti, Gale.” Johanna mi guarda e respira affannosamente, gli occhi arrossati e le labbra sporche del mio sangue.
Afferro il suo viso tra le mani e a pochi centimetri dalle sue labbra dico: “Io credo di amarti, invece.” E stavolta so che è la verità. Le parole mi escono così naturali che mi chiedo da quanto tempo fossero lì pronte per essere pronunciate. Nessuna paura, nessuna forzatura. Nessun dubbio. In questo momento il mio corpo e la mia mente sono pieni solo di lei.
Johanna resta a fissarmi, immobile, i suoi occhi non si staccano dai miei; poi allunga le braccia attorno al mio collo e afferra con forza una ciocca dei miei capelli scuri, avvicinando ancora di più i nostri visi: “Se mi stai mentendo Hawthorne, io giuro che ti ucciderò.” Sussurra prima che le nostre labbra e le nostre lingue si incontrino.
La mia mente inizia ad annebbiarsi mentre afferro Johanna per i fianchi e la porto con ben poca grazia all’interno del capanno, depositandola su un vecchio tavolo di legno e gettando per terra tutti gli oggetti che vi erano sopra con un movimento del braccio. Nel frattempo Johanna stringe le sue gambe snelle e muscolose intorno ai miei fianchi, avvicinando di più i nostri corpi già vibranti di desiderio. Le sue labbra seguono la linea del mio collo, ma in questo momento desidero solo i suoi baci. Così cerco di nuovo la sua bocca, sentendo ancora l’enorme voragine che si era creata dentro di me durante la sua assenza. Se prima la percepivo solo attraverso fitte di dolore, ora  riesco quasi a vederla: il sollievo di riavere Johanna con me e la paura di perderla di nuovo la rendono tangibile. “Johanna…” sussurro, allontanando a fatica le nostre bocche. “ Io ti amo. E anche se non sono bravo con le parole, sappi che sarò disposto a dirtelo ogni volta che vorrai. Quindi non azzardarti ad andartene un’altra volta, intesi?” Non lo sopporterei.
Non so chi dei due bacia di nuovo l’altro per primo, ma stavolta è Johanna a interromperlo. “Dillo, allora.” Sospira sulle mie labbra. “Dillo.”
“Ti amo.” Ci baciamo, trattenendo il respiro. “Dillo di nuovo.” Ci baciamo, le nostre mani s’intrecciano.
“Ti amo.” Ci baciamo, e quando sento sorridere Johanna sulle mie labbra so di aver fatto dopo tanto tempo la cosa giusta.
 
 


 
 
--- angolo autrice ---
Siano ringraziati gli antichi dei!!!  Dopo averlo scritto, cancellato e riscritto tipo una decina di volte, ecco l’ultimo capitolo. Continuo a non essere pienamente soddisfatta, ma questo credo sia il meglio che sono riuscita a fare per ora. Chiedo scusa per l’immenso ritardo, ma ho preferito aspettare e pubblicare qualcosa di decente, piuttosto che una vera schifezza. (cosa che forse lo è anche questa, nel caso non abbiate scrupoli a dirmelo :D.)
Parlando della storia, credo che il problema sia stato che stavolta, oltre a concentrarmi su Gale, dovevo riuscire a trasmettere anche i sentimenti di Johanna, senza farla apparire come la solita ragazzina innamorata, ma comunque desiderosa di essere ricambiata senza il fantasma di Katniss. Gale d’altra parte è troppo confuso e spaventato per ammettere di essersi innamorato di nuovo, quindi all’inizio preferisce rinunciare piuttosto che combattere per i suoi sentimenti.
Ecco queste erano le idee di base per quest’ultimo capitolo: spero, almeno per un minimo, di essere riuscita a trasmettervele. :)
Grazie mille a tutti quelli che hanno commentato, preferito, seguito in questi mesi, e come sapete una recensione è sempre ben accetta!
A presto spero!
 
P.s: l’intera storia era nata come rating rosso, ma alla fine non sono riuscita a scrivere niente del genere per questa coppia. Pace, sarà per la prossima volta, se non sarò buttata fuori a calci da questo fandom! :D
 
  
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